Pescatori d'Islanda/Parte IV

Parte IV

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Parte IV
Parte III - Capitolo XVII Parte IV - Capitolo I

Indice Parte Quarta

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PARTE QUARTA


Capitolo Primo.

Gl’innamorati amano sedersi, sul cader del giorno, sui banchi avanti le loro porte.

Yann e Gaud facevano anche essi così. Ogni sera davanti la casa dei Moan, sul vecchio banco di granito, sedevano guardandosi appassionatamente negli occhi.

Altri innamorati hanno la primavera, l’ombra degli alberi, le tiepide serate ed i rosai fioriti. Essi non avevano che dei crepuscoli di febbraio discendenti su un paese marino tutto ginestre, e pietre. Nessun ramo di verdura al di sopra delle loro teste, nè all’intorno, niente altro che il cielo immenso, dove passavano lentamente delle nebbie erranti. E per fiori, delle alghe brune, che i pescatori, risalendo dalla spiaggia, avevano trascinato nella strada, con le loro canne.

Gl’inverni non sono rigidi in quella regione tepida; ma quei crepuscoli portano egualmente l’umidità ghiacciata e impercettibili piccole piogge che si posavano sulle loro spalle.

Essi non si muovevano, trovandosi tanto bene là. E quel banco, che aveva più di un secolo, non si meravigliava del loro amore, avendone visti tanti; ne aveva sentito di parole dolci, uscire, sempre le stesse, di generazione, in generazione, dalla bocca dei giovani, ed era abituato a vederli più tardi cambiati in vecchi tremolanti, sedersi allo stesso posto ma solamente per respirare un poco di aria e riscaldarsi al sole.... [p. 118 modifica]

Di tanto in tanto la nonna Yvonne metteva la testa fuori della porta per guardarli, non perchè fosse inquieta di ciò che potessero fare, ma solamente per affetto, e per il piacere di vederli, qualche volta anche per farli rientrare. Ed allora diceva:

— Fanciulli miei, voi avrete freddo, badate bene che prenderete un malanno. Dio mio, restare al freddo fino a quest’ora; non vi sembra una pazzia?

Freddo!... E avevano freddo essi? E avevano coscienza di qualche altra cosa se non della felicità, di essere vicini l’uno all’altra?

Le persone che passavano la sera, sentivano un leggiero mormorio di due voci, confuso al rumore del mare ai piedi delle scogliere. Era una vocina molto armoniosa: la voce fresca di Gaud si alternava con quella di Yann che aveva delle sonorità dolci e carezzanti nelle sue note gravi. Sul granito del muro a cui erano addossati, si distinguevano le loro figure; prima la cuffia bianca di Gaud, poi tutta la sua forma snella nel vestito nero e, al suo fianco, le spalle robuste di Yann: al disopra di essi la cupola nera del loro tetto di paglia e dietro tutto ciò, gl’infiniti crepuscoli, il vuoto singolare delle acque e del cielo...

Essi finivano per rientrare e sedere presso il camino, e la vecchia Yvonne, addormentata, non annoiava quei due giovani che si amavano tanto. E ricominciavano a parlare a voce bassa. Dovendo rifarsi di quei due anni di silenzio, avevano bisogno di affrettarsi dal momento che la loro felicità doveva durare così poco.

Era stato deciso che abiterebbero con la nonna Yvonne la quale per testamento, avrebbe dato loro la sua capanna; per il momento non vi avrebbero fatto alcun aggiusto, per mancanza di tempo, ma al ritorno dall’Islanda avrebbero abbellito quel povero nido di pescatori così desolato. [p. 119 modifica]

Capitolo Secondo.

.... Una sera egli si divertiva a ripeterle mille piccole cose che avevano fatto o che le erano successe dopo il loro primo incontro; le diceva perfino i vestiti che aveva messo e le feste a cui era andata.

Gaud l’ascoltava con grande sorpresa. Come faceva a sapere tutto ciò? Come immaginare che egli avrebbe fatto attenzione a tante cose e che le ricordasse tanto bene?

Egli sorrideva facendo il misterioso, e raccontava ancora tanti altri piccoli dettagli anche dei fatti che ella stessa aveva dimenticato. Ora senza interromperlo più lo lasciava dire, con un’estasi che la prendeva tutta; cominciava a comprendere: egli l’aveva amata per tutto quel tempo, ella era stata la sua costante preoccupazione! glielo confessava lui stesso!

E allora perchè l’aveva respinta sempre, perchè l’aveva fatta tanto soffrire? Sempre quel mistero che egli aveva promesso di chiarire ma di cui rifiutava sempre la spiegazione con quell’aria imbarazzata e quel principio di sorriso impenetrabile.


Capitolo Terzo.

Un bel giorno con la nonna Yvonne se ne andarono a Paimpol per comprare il vestito del matrimonio.

Gaud avrebbe potuto sceglierne uno tra i vestiti da signorina, che già aveva, ed aggiustarlo per la circostanza senza comprare nulla; ma Yann aveva voluto farle quel regalo ed ella non si era fatta molto pregare; avere un vestito regalatole da lui, pagato col danaro della sua pesca, le dava una gioia immensa, come già fosse sua moglie.

Essi lo scelsero nero, perchè Gaud era ancora in lutto. Ma Yann non trovava niente di bello fra le stoffe che [p. 120 modifica]gli facevano vedere. Aveva l’aria un poco altera verso i mercanti ed egli che, per tutto l’oro del mondo, prima non sarebbe entrato in nessuna bottega di Paimpol, quel giorno si occupava di tutto, anche della forma che avrebbe avuto quel vestito; volle che vi mettessero delle gran di fasce di velluto per renderlo più bello.


Capitolo Quarto.


Una sera che essi erano seduti sul loro banco di pietra, nella solitudine della loro scogliera, mentre cadeva la notte, i loro occhi si fermarono, per caso, su un cespuglio di spine — che cresceva tra due rocce all’orlo della strada. Nella mezza oscurità sembrò loro di distinguere su quel cespuglio dei piccoli tuffi bianchi:

— Si direbbe che è fiorito — disse Yann. E si avvicinarono per assicurarsene.

Era tutto in fiore: non vedendovi bene lo toccarono, verificando con le loro dita la presenza di quei piccoli fiori che erano umidi di nebbia. Ed allora provarono come una impressione di primavera; e pensarono infatti che le giornate si erano allungate e che vi era qualche cosa nell’aria di più tiepido e di più luminoso.

Ma come era precoce la fioritura di quel cespuglio! Da nessuna parte nel paese e all’orlo di nessuna strada se ne sarebbe trovato uno simile. Senza dubbio esso era fiorito là per loro, per la loro festa di amore...

— Oh! noi allora ne coglieremo — disse Yann.

E quasi a tentoni formò un bouquet con le sue mani callose; col gran coltello di pescatore, che portava alla cintola, ne levò accuratamente le spine e poi lo mise in petto a Gaud.

— Là, come una sposa — disse indietreggiando per vederla bene, malgrado la notte. Al di sotto di essi il mare calmo, rumoreggiava debolmente sulla spiaggia, con [p. 121 modifica]un piccolo rumore intermittente, regolare come una refrazione tranquilla; sembrava indifferente, anzi quasi favorevole a quell’amore che si manifestava sotto il suo sguardo.

Aspettando la sera per vedersi, i giorni sembravano loro eterni e, la sera, quando al colpo delle dieci si lasciavano, provavano come uno scoraggiamento di vivere, perchè era tutto finito...

Bisognava sbrigarsi, per le carte, per tutto, altrimenti non sarebbero stati pronti ed avrebbero lasciato fuggire la felicità, e avrebbero dovuto aspettare fino all’autunno.

Essi erano degli innamorati diversi dagli altri, più gravi e più inquieti. Perchè il loro amore, che si svolgeva la sera in quel luogo triste, al rumore continuo del mare, con la febbre ansiosa pel tempo che volava, acquistava qualche cosa di lugubremente caratteristico.

Egli non le diceva quello che, per due anni, aveva avuto contro di lei, e quando la sera se ne andava, quel mistero la tormentava; però egli l’amava: di questo non poteva dubitare.

E’ vero che egli l’aveva sempre amata, ma non come ora: quell’amore aumentava nel suo cuore e nella sua testa come i marosi che salgono sempre fino ad inghiottire tutto. Non aveva mai conosciuto questa maniera di amare.

Di tanto in tanto, sul banco di pietra egli si allungava, quasi si stendeva con la testa sulle ginocchia di Gaud, così per vezzo, per farsi carezzare, ma poi si drizzava subito perchè gli sembrava una sconvenienza. Avrebbe voluto coricarsi per terra là ai suoi piedi e restare con la fronte appoggiata sul suo vestito. Tranne quel bacio di fratello che le dava appena giungeva e appena se ne andava, non aveva più il coraggio di abbracciarla. Egli l’adorava per quel non so che d’invisibile e di spirituale che era in lei, per il suono puro e tranquillo della sua [p. 122 modifica]voce, per l'espressione del suo sorriso, per il fascino del suo sguardo limpidissimo.

E dire che, nello stesso tempo, era una donna di carne più bella e più desiderabile delle altre; ed ella gli apparterrebbe ben presto e più completamente delle sue antiche amanti, senza cessare di essere ciò che era ella stessa!.... Quest’idea lo faceva fremere fino al midollo delle ossa; egli non sapeva concepire prima la oscura voluttà di quell’ebbrezza: pensandovi però sempre, si domandava se egli avrebbe osato commettere quel delizioso sacrilegio....


Capitolo Quinto.


Una sera piovosa, essi erano seduti, l’uno vicino l’altro, presso il camino e la vecchia nonna Yvonne dormiva di faccia a loro. Essi parlavano a voce bassa, come fanno tutti gl’innamorati.

Quella sera però nella loro conversazione — sempre animatissima — vi erano dei lunghi silenzi imbarazzanti. Egli, sopratutto, non parlava ed abbassava la testa con un mezzo sorriso, cercando di sfuggire gli sguardi di Gaud.

Era perchè ella l’aveva stretto di domande, tutta la serata, circa quel mistero, che egli non voleva spiegare, e questa volta Yann si sentiva preso; Gaud era troppo furba e decisa a voler sapere e bisognava risponderle assolutamente.

— Forse avevano malignato sul mio conto? Domandava lei.

Egli cercò di rispondere sì. Malignato di lei? oh! sì e molto in Paimpol e in Ploubazlanec....

Gaud domandò che cosa gli avevano detto. Egli si turbò e non lo seppe dire. Allora ella comprese bene che non era ciò.

— Forse vestivo troppo bene? [p. 123 modifica]Veramente era troppo elegante per diventare la moglie, di un pescatore e anche ciò vi aveva in parte contribuito.

Ma infine fu costretto a confessare che non era questa la sola ragione.

__ Forse perchè in quel tempo noi eravamo ricchi e voi credevate di esser rifiutato?

— Oh no, questo no.

Egli rispose con una sicurezza così ingenua che divertì un mondo Gaud. E poi vi fu di nuovo un silenzio durante il quale si sentì il lungo gemito del vento e del mare.

Mentre ella l’osservava attentamente, un’idea le cominciò a venire:

— Non è niente di tutto ciò, Yann; e allora? lo guardò negli occhi con quel sorriso d’inquisizione di chi ha capito.

Egli girò la testa, ridendo di tutto cuore.

Gaud aveva indovinato; ragioni non ne poteva dire perchè non ve ne erano, non ve ne erano mai state. Semplicemente aveva fatto il testardo (come diceva il piccolo Silvestro) ecco tutto. L’avevano troppo tormentato con quella Gaud. Tutti si erano messi in testa di fargliela sposare; i suoi genitori, Silvestro, i suoi compagni islandesi, perfino Gaud stessa. Allora ostinatamente aveva detto no, sempre no, avendo in cuor suo l’idea di farla sua un giorno, in cui nessuno vi avrebbe più pensato.

E per quella fanciullagine del suo Yann, ella aveva languito, abbandonata per due anni, e aveva desiderato di morire.

Sorridente per la confusione di essere stato scoperto — Yann guardò Gaud con degli occhi gravi che, a loro volta, interrogavano profondamente: gli perdonerebbe?

Egli aveva un rimorso grandissimo — oggi per averla fatto tanto soffrire; gli perdonerebbe?

— E’ il mio carattere, Gaud. Anche con i miei [p. 124 modifica]genitoriè lo stesso. Delle volte quando mi ostino resto per lunghi giorni come in collera con essi, quasi senza parlare a nessuno. E voi sapete quanto io li ami, e finisco sempre per obbedir loro e contentarli in tutto, come fossi un bimbo di dieci anni. E quando pensavo di ammogliarmi il mio pensiero correva a voi come alla sposa prescelta dal mio cuore. — Credetemi Gaud, è così e... perdonatemi.

Oh! ella gli perdonava! Sentiva dolcemente venirle le lagrime agli occhi; l’ultimo residuo del suo dolore antico si dileguava con la confessione di Yann. D’altronde senza tutta quella sofferenza di prima ella ora non sarebbe così felice; ora quasi ne era contenta.

Ecco tutto chiarito tra di loro; d’un modo inatteso, vero, ma completo; non vi era più alcun velo fra le loro anime.

Egli l’attirò contro di sè, e le loro teste vicine, restarono lungamente con le guance appoggiate l’una sull’altra, non avendo più bisogno di spiegare niente, di dirsi niente. E in quel momento la loro stretta era così casta che essendosi svegliata la nonna Yvonne — essi restarono davanti a lei, così, senza alcun turbamento....


Capitolo Sesto.


Mancavano sei giorni dalla partenza per l’Islanda. Il loro corteo di nozze se ne ritornava dalla chiesa di Ploubazlanec, spinto da un vento furioso, sotto il cielo nero e carico di nubi. L’uno al braccio dell’altro erano tutti e due belli, camminando come due re, in testa al loro lungo seguito, procedendo come in sogno. Calmi, raccolti, gravi, essi avevano l’aria di veder niente; di dominare la vita, di essere al disopra di tutto, sembravano essere rispettati anche dal vento; mentre dietro di essi, seguiva quel corteo in un grazioso disordine di coppie ridenti, che le grandi raffiche dell’ovest tormentavano, molte coppie [p. 125 modifica]giovani a cui la vita sorrideva ancora, e molte quasi vecchie, ma che sorridevano anche ricordando il giorno del loro matrimonio ed i loro primi anni di felicità. La nonna Yvonne era anche là e li seguiva al braccio di un vecchio zio di Yann che le faceva dei complimenti antichi; ella portava una bella cuffia nuova che aveva comprata per la circostanza e sempre il piccolo scialle nero, ritinto per la terza volta dopo la morte di Silvestro.

Ed il vento tormentava indistintamente tutti gli invitati; si vedevano le gonne rialzate, i vestiti rivoltati e delle cuffie e cappelli che volavano.

Alla porta della chiesa gli sposi avevano comprato — come era consuetudine — dei di fiori artificiali, per completare la loro toilette di festa. Yann aveva attaccato i suoi, così a caso, sul suo largo petto ma egli era di quelli a cui tutto sta bene. I fiori di Gaud avevano poi l’aria di essere stati messi là da una mano signorile piena di gusto e di capriccio. Il violinista che apriva la marcia, suonava con tutta la sua forza; i suoi motivi nel rumore della burrasca, sembravano una piccola musica ridicola più fievole del grido di una gazza.

Tutta Ploubazlanec era uscita per vederli. Quel matrimonio interessava tutti ed erano accorsi da ogni parte per aspettarli e vederli.

Gl’islandesi di Paimpol, gli amici di Yann erano là fermati e salutavano gli sposi; Gaud rispondeva inchinandosi leggermente come una signorina con una grazia seria, ammirata da tutti. E le casupole, le stamberghe anche quelle di legno, si erano vuotate: i mendicanti erano corsi sulla strada e tendevano i loro cappelli per ricevere l’elemosina che Yann lanciava loro colla sua grande aria nobile e Gaud col suo piccolo sorriso da regina. Vi erano dei mendicanti vecchissimi, con delle facce che, per essere stati sempre rinchiusi, avevano il colore della terna; con gli occhi spauriti essi guardavano passare — senza comprenderla, quella festa di vita casta e superba... [p. 126 modifica]Si continuò a camminare al di là di Pors-Even e della casa dei Gaos. Era per recarsi — secondo l’uso tradizionale — alla cappella della Trinità, che è come in capo al mondo bretone.

Al piede dell’ultima scogliera essa si poggia su di un suolo di roccie basse, vicinissimo al mare, anzi sembra già appartenere al mare. Per discendervi si prende un sentiero di capra tra blocchi di granito. Ed il corteo di nozze scendeva tra le pietre, al suono delle parole allegre o galanti che si perdevano nello strepito del vento e delle reti.

Impossibile arrivare alla cappella: per il cattivo tempo, il passaggio non era più sicuro, a causa del mare troppo grosso che bagnava il principio della strada fino alla cappella.

Yann che era più avanti di tutti, con Gaud al braccio, indietreggiò guardando il mare quasi per presentargli sua moglie; ma il mare non fece bel viso alla nuova sposa. Era geloso — Yann aveva promesso di fare le sue nozze con lui.

Nel voltare la testa vide il violinista che tra due raffiche, cercava di continuare a suonare.

— Finisci la tua musica, vecchio mio, il mare fa una marcia che vale più della tua....

Nello stesso tempo cominciò una grande pioggia che minacciava di venir giù fin dal mattino.

Allora fu un correre pazzo da parte di tutti per arrampicarsi presto sulla grande scogliera e con piccoli gridi di allegria raggiunsero i Gaos.


Capitolo Settimo.


Il pranzo di nozze si fece in casa dei genitori di Yann, perchè la casa di Gaud era troppo povera.

Al primo piano, nella camera nuova, misero la tavola per venticinque persone; le sorelle, i fratelli, il cugino [p. 127 modifica]Gaos il pilota; Guermeur, Keraez, Yvon Duff, tutti quelli dell’antica Maria e che ora erano della Leopoldina, quattro ragazze di onore molto graziose, con le loro cuffie bianche, nuove alla moda, in forma di conca marina; e quattro giovanotti islandesi, ben piantati con dei begli occhi fieri.

Anche abbasso, ben inteso, si mangiava e si cucinava; tutta la coda del corteo vi si era ammassata in disordine, e le donne di cucina, prese a Paimpol solo per quel giorno, perdevano la testa davanti il grande camino ingombrato di padelle e di marmitte.

I genitori di Yann avrebbero voluto per il loro figlio una moglie più ricca; ma Gaud era conosciuta, ora, come una ragazza saggia e coraggiosa; e poi, a dispetto della sua povertà, era la più bella del paese ed essi si rallegravano a vedere quella coppia così bene assortita.

Il vecchio padre, allegro dopo la zuppa, diceva che quel matrimonio avrebbe regalato al mondo dei Gaos; quantunque non ne mancassero in Ploubazlanec!

E contando sulle dita, spiegava ad uno zio di Gaud, quanti ve ne erano; suo padre che era il più giovane di nove fratelli ne aveva avuto dodici, tutti sposati con delle cugine che a loro volta ne avevano avuti un numero anche rispettabile.

— Anche io ho sposato una Gaos, mia parente, e ne abbiamo fatti quattordici.

E all’idea di quella popolazione, si sentiva ringiovanire scotendo la sua bianca testa.

E ne aveva avuto di disagi per educare i suoi quattordici piccoli Gaos!

Anche il vicino Guermeur era in allegria e raccontava tante storielle graziose e tanti brutti tiri giuocati ai Cinesi, mentre prestava il servizio alla marina di guerra.

Ed i vecchi ridevano, seduti a tavola, ridevano con quel loro riso di buoni fanciulli.

Al di fuori il tempo diventava sempre più orribile; il [p. 128 modifica]vento e la pioggia imperversavano più che mai e, malgrado le precauzioni prese, qualcuno s’inquietava del suo battello o della sua barca ormeggiata nel porto e parlava di alzarsi per andare a vedere.

Intanto un altro rumore, più allegro a sentirsi, arrivava dal basso, dove i ragazzi mangiavano; erano i gridi di gioia, gli scoppi di risa dei piccoli cugini che cominciavano a sentirsi stuzzicati dal sidro.

Avevano servito della carne bollita, della carne arrostita, dei polli, molte specie di pesce, delle frittate e dei galletti.

Si era parlato di pesca, di contrabbando, si era discusso dei doganieri che sono, come si sa, i nemici degli uomini di mare.

Cadde il discorso su le case da thè cinesi.

— Oh! sì lo so; aveva interrotto Yann che, anche lui, dopo una lunga traversata, le aveva conosciute, quelle cinesi.

— Dunque quando dovemmo pagare, cerca, cerca, nè io, nè tu, nè lui avevamo un soldo. Allora facemmo le nostre scuse promettendo di ritornare. (E qui egli imitava la faccia abbronzita della cinese sorpresa). Ma la vecchia, niente fiduciosa, cominciò a miagolare, a fare il diavolo ed era per graffiarci con le sue zampe gialle.

Ed ecco i due cinesini due.... infine i due padroni della casa, tu mi capisci — che chiudono la porta a chiave per non farci uscire. Allora noi tre li afferrammo per i codini per metterli con la testa al muro e suonarcene quattro — Ma crac! ne escono quasi una dozzina da tutti i buchi, che si alzarono le maniche per caderci addosso.... Io che avevo la mia.....».

Faceva troppo vento; in quel momento i vetri tremarono sotto una raffica terribile e Yann dovette levarsi per andare a vedere la sua barca.

Un altro diceva:

Quando ero nostromo in funzione di caporale di armi [p. 129 modifica]sulla Zenobia ad Aden, un giorno veggo dei mercanti di piume di struzzo che salgono a bordo.

«Buongiorno, caporale d’armi; noi non ladri, noi buoni mercanti».

— A te buon mercante, dico io, porta un poco....

Ma fu interrotto da uno dei piccoli fratelli di Yann, un futuro islandese, che non si sentì bene per aver bevuto troppo sidro. Dovettero metterlo a letto e così anche questo secondo racconto fu interrotto. Il vento nel camino urlava come un dannato che soffre, ogni tanto con una forza da far paura, scuoteva tutta la casa dalle sue fondamenta di pietra. — Si direbbe che gli dispiaccia che noi ci stiamo divertendo, disse il cugino pilota. — No, è il mare che non è contento — rispose Yann sorridendo a Gaud — perchè io avevo promesso di fare le mie nozze con lui. Intanto una specie di languore strano cominciava a prenderli tutti e due; essi parlavano più basso con la mano in mano, isolati in mezzo alla gaiezza degli altri. Yann — conoscendo l’effetto del vino sui sensi, non aveva bevuto affatto. E arrossiva ora, quel gran giovanotto, quando qualcuno dei suoi compagni islandesi, diceva un frizzo di marinaio sulla notte che avrebbe passata.

Un momento diventò triste pensando a Silvestro.... Si era già deciso inoltre, che per rispetto a lui ed al padre dì Gaud, non si sarebbe ballato.

Si era già al dessert; ben presto sarebbero cominciate le canzoni. Prima però si dissero le preghiere pei defunti; nelle feste dei matrimoni non si mancava mai a quel dovere di religione, e quando si vide il padre Gaos levarsi e scoprirsi la testa bianca, tutti fecero silenzio.

— Questo, disse, è per mio padre Guglielmo Gaos.

E segnandosi cominciò la preghiera latina: [p. 130 modifica]Pater Noster qui es in coelis, sanctificetur nomen tuum....

Quel silenzio profondo si era ora propagato fino abbasso alle tavole allegre dei piccoli. Tutti quelli che erano nella casa ripetevano mentalmente le stesse parole eterne.

— Questa è per Yves e Giovanni Gaos, miei fratelli perduti nel mare d’Islanda... Questa è per Pietro Gaos mio figlio, naufragato a bordo del Zelie.

Poi, quando tutti quei Gaos ebbero ognuno la sua preghiera, egli si voltò verso la vecchia Yvonne e disse: — Questa è per Silvestro Moan....

E ne recitò ancora un’altra. Allora Yann pianse.

— .... Sed libera nos a malo. Amen.

Dopo cominciarono le canzoni. Delle canzoni imparate al servizio, dove vi sono, come si sa, dei bravi cantori.

Gli stornelli erano detti da uno dei giovanotti di onore, così languidamente, con una cadenza, che andava dritto all’anima; e poi il coro era ripreso dagli altri che avevano tutti belle voci profonde.

Ma i due sposi non vi facevano molta attenzione; quando si guardavano i loro occhi brillavano di un chiarore torbido, come delle lampe velate; essi si parlavano sempre più basso, sempre tenendosi per mano, e Gaud abbassava spesso la testa, presa, davanti suo marito, da un timore sempre più grande e sempre più delizioso.

Ora il cugino pilota faceva il giro della tavola per servire del vino suo; l’aveva portato con grande precauzione, carezzando la bottiglia coricata che — come diceva lui — non bisognava smuovere.

Ed il vento continuava il suo strepito pauroso.

Abbasso i fanciulli ballavano in giro; qualcuno si era già coricato. E, sopra, il cugino pilota raccontava la storia di quel vino. Un giorno di pesca una botte fluttuava tutta sola al largo; nessun modo di raccoglierla, essa era troppo grande: allora essi l’avevano bucata in mare [p. 131 modifica]empiendo col suo contenuto tutte le bottiglie che erano a bordo. Non potendo tutto trasportare, fece dei segni agli altri piloti, agli altri pescatori.

Non bisognava parlarne però, perchè egli non ne aveva fatto la rivelazione al signor commissario dell’Iscrizione marittima. Se si fosse potuto curare quel vino sarebbe diventato splendido. Era molto forte e poi aveva un senso salato come l’acqua di mare. Fu trovato molto buono e parecchie bottiglie si vuotarono.

Le teste cominciarono a girare; il suono delle voci cominciava a diventare confuso ed i giovanotti abbracciavano le ragazze. Le canzoni continuarono allegramente; ma nessuno aveva più lo spirito tranquillo per cenare, gli uomini scambiavano tra loro dei segni d’inquietudine per quel cattivo tempo che aumentava sempre.

Al di fuori il rumore sinistro diventava sempre più forte come un sol grido, continuo, minaccioso urlato da mille bestie arrabbiate.

Sembrava pure di sentire dei grossi cannoni di marina, tirare da lontano i loro formidabili colpi sordi; ed invece era il mare che rumoreggiava sinistramente come se imprecasse a quel matrimonio. Gaud aveva il cuore stretto da quella spaventevole musica non richiesta da alcuno per la loro festa di nozze...

Verso mezzanotte in un momento di calma, Yann si levò dolcemente e fece segno a sua moglie di seguirlo.

Dovevamo andarsene a casa loro... Gaud arrossì vinta da pudore, e confusa di essersi alzata. Poi disse che sarebbe stato scortese andarsene così presto e lasciare gli altri.

— No — rispose Yann — è mio padre che l’ha permesso; possiamo andare.

Egli la trascinò, quasi andarono via silenziosamente.

Al di fuori si trovarono nel freddo, nel vento sinistro, nella notte profonda e burrascosa. Si diedero a correre tenendosi per mano. Dall’alto di quella scogliera s’ [p. 132 modifica]indovinava— senza vederlo — il mare furioso da cui veniva tutto quel rumore. E correvano tutti e due, sferzati in viso, col corpo piegato in avanti, contro le raffiche, qualche volta obbligati di voltarsi con la mano avanti la bocca per riprendere il respiro che quel vento loro toglieva lugubremente.

Da principio egli l’aveva presa per la cintola per impedirle di trascinare il suo vestito, di mettere le sue belle scarpe in tutta quell’acqua che scorreva nella terra; poi la prese in collo e continuò a correre più presto....

Non aveva creduto di amarla tanto! E dire che ella aveva ventitré anni, egli ventotto e che fin da due anni prima, avrebbero potuto sposare ed essere felici come quella sera.

Finalmente arrivarono a casa loro, nella loro piccola abitazione umida, sotto il tetto di paglia. Accesero una candela che il vento spense due volte.

La vecchia nonna, che avevano accompagnata a casa prima che cominciassero le canzoni, era là coricata nel suo letto ad armadio di cui aveva rinchiusi i battenti; essi si avvicinarono con rispetto e la guardarono dalle fessure del legno per dirle «buona sera» se non dormiva ancora. Ma videro la fisonomia venerabile che restava immobile ed i suoi occhi chiusi; era addormentata o fingeva di esserlo per non dar loro fastidio.

Allora si sentirono perfettamente soli. E tremarono tutti e due tenendosi per mano. Egli si curvò prima verso di lei per baciarla sulla bocca; ma Gaud girò la testa, non conoscendo quel bacio e, castamente, come la sera del suo fidanzamento, posò le sue labbra sulla guancia di Yann, che era fredda e ghiacciata dal vento.

Molto povera, molto bassa la loro casetta e vi faceva anche molto freddo. Ah! se Gaud fosse rimasta ricca come era prima, sarebbe stata assai felice di preparare una camera più bella. Non si era ancora abituata a quelle mura di granito, a quell’aria di nuda e squallida [p. 133 modifica]povertà; ma il suo Yann era là con lei, e tutto era cambiato, trasformato, dalla sua presenza, ed ella non vedeva più che lui...

Ora le loro labbra si erano incontrate un’altra volta ed ella non aveva girata più la testa. Sempre in piedi, abbracciati fortemente, essi restavano là muti, nell’estasi di un bacio che non finiva più. E mischiavano i loro respiri un po’ affannosi tremando tutti e due più forte, come per una febbre ardente. Sembravano essere senza forza per rompere la loro stretta, e non conoscere, non desiderare niente più al di là di quel lungo bacio.

Ella si liberò alfine e turbata e tutta confusa disse:

— No, Yann! la nonna Yvonne potrebbe vederci!

Ma egli con un sorriso, cercò di nuovo le labbra di sua moglie e, ben presto le prese fra le sue, come un assetato a cui hanno levato la coppa di acqua fresca.

Il movimento che essi avevano fatto aveva rotto l’incanto delizioso. Yann, che al principio, le si sarebbe messo in ginocchi come davanti la Santa Vergine, si sentì diventare selvaggio. Guardò furtivamente dalla parte del vecchio letto ad armadio, seccato di stare così vicino alla nonna Yvonne, cercando un mezzo sicuro per non essere visto; e allora, sempre senza lasciare le labbra squisite, allungò il braccio dietro di sè e col riverso della mano spense la candela bruscamente. Indi prese Gaud fra le braccia, con la bocca sempre appoggiata sulla sua, come un falco coi suoi denti piantati su la preda. Ella abbandonò il suo corpo e la sua anima a quell’abbraccio che era imperioso e dolce come una lunga carezza voluttuosa; egli la portò nell’oscurità verso il bel letto bianco alla moda della città, a quel bel letto che doveva essere il loro letto nuziale......

Intorno ad essi, nella loro prima notte di matrimonio la stessa invisibile orchestra si faceva sentire.

Houhou!... houhou!... Il vento dava quegli stridenti suoni cavernosi, con un tremolio di rabbia. E la grande [p. 134 modifica]tomba dei marinai era là vicinissima a loro, anche essa infuriata, divorante, battendo le scogliere sempre con i medesimi colpi sordi. Una notte o l’altra, bisognerebbe essere presi lì dentro, bisognerebbe dibattersi in mezzo alla frenesia delle onde nere e ghiacciate — essi lo sapevano......

Per il momento erano in terra al riparo da quel furore inutile che ripiombava solamente su se stesso. Allora nella casupola povera ed oscura, dove passava il vento, si dettero l’uno all’altro, senza preoccuparsi di nulla — inebbriati, allettati dileziosamente dall’eterna magia dell’amore.....


Capitolo Ottavo.


Durante sei giorni furono marito e moglie.

In quel momento di partenza tutti si occupavano dell’Islanda.

Le donne ammucchiavano il sale, per la salsedine nei depositi dei battelli, gli uomini disponevano gli arredamenti, e, in casa di Yann, la madre, le sorelle lavoravano dal mattino alla sera per tutto il corredo della pesca. Il tempo era scuro e il mare, che sentiva venire l’equinozio, era mosso e turbato.

Gaud seguiva tutti quei preparativi inesorabili, con angoscia, contando le ore rapide della giornata e, aspettando la sera, quando finito ogni lavoro, avrebbe avuto Yann per sé sola. Negli altri anni sarebbe partito così. Ella sperava di no, ma non aveva il coraggio di parlargliene ancora....

Veramente egli l’amava assai; con tutte le sue amanti non aveva mai conosciuto quello che provava ora; no, era tutt’altro; ora sentiva come una tenerezza fresca, casta, fidente: le stesse strette, gli stessi baci con lei erano altra cosa; e, ogni notte le loro due ebbrezze [p. 135 modifica]d'amore ingigantivano senza mai assopirsi quando li sorprendeva il mattino.

Ciò che la incantava, sorprendeva addirittura, era di trovare così dolce, così tenero, così fanciullo, quello stesso Yann che ella aveva visto sdegnoso con tutte le altre ragazze. Invece con lei era sempre buono ed ella si sentiva impazzire di amore per il suo sorriso.

Presso le anime semplici è sempre quel sentimento innato di rispetto, per la maestà della sposa; un abisso la separa dall’amante che è come una cosa, uno strumento di piacere e di cui si rimpiangono, anche col pensiero, i baci che le si sono dati nella notte. Gaud era la moglie e, nel giorno, egli non ricordava più le loro carezze, tanto essi erano una stessa carne per tutta la vita.

Ella, poveretta, era un poco inquieta della sua felicità, le sembrava qualche cosa di troppo insperato, troppo fugace come nei sogni....

Sarebbe sempre così forte, così grande l’amore di Yann?

Molte volte pensava alle sue amanti, alle sue avventure, ai suoi trasporti, ed aveva paura. Le conserverebbe egli sempre quella tenerezza infinita, quel rispetto così dolce?....

Veramente sei giorni di matrimonio, per un amore come il loro, erano niente; un acconto febbrile preso sul tempo e sull’esistenza — che doveva essere ancora molto lunga per essi! Appena avevano potuto vedersi, parlarsi, comprendersi, che si appartenevano. E tutti i loro progetti di vita comune e di gioia tranquilla, avevano dovuto rimandarli, per forza, al ritorno....

Oh! gli altri anni a qualunque costo non l’avrebbe fatto partire, ma come fare? E come farebbero per vivere così poveri l’uno e l’altra?... E poi egli amava tanto quel mestiere di pescatore!....

Tenterebbe, malgrado tutto, tenterebbe di trattenerlo con tutta la sua volontà, la sua intelligenza, il suo [p. 136 modifica]cuore. Essere moglie d’islandese, vedere avvicinare tutte le primavere con tristezza, passare le estati nell’ansia dolorosa; no, ora che ella l’adorava al di là di ciò che avrebbe immaginato, si sentiva presa da uno spavento troppo grande pensando a quegli anni che dovevano venire......

Essi ebbero una sola giornata di primavera. Era la vigilia della partenza, avevano finito di mettere gli arredamenti in ordine a bordo, e Yann restò tutto il giorno con lei. Passeggiarono, l’uno sotto il braccio dell’altro, pei sentieri, come fanno gl’innamorati, tenendosi stretti e parlandosi a bassa voce. Le buone persone che li vedevano passare li guardavano sorridendo e dicevano:

— E’ Gaud col grande Yann di Pors-Even — Sposi freschi.....

Una vera primavera quest’ultimo giorno; il vento non soffiava da alcuna parte, il mare si era fatto molto dolce, e restava tranquillo.

Il sole brillava con un grande chiarore bianco ed il rude paese bretone s’impregnava di quella luce voluttuosamente; sembrava rallegrarsi e rivivere fin negli orizzonti più lontani. L’aria aveva presa una tiepidezza che ricordava l’estate e si sarebbe detto che essa si era immobilizzata per sempre, e che non si sarebbero avuti più dei giorni scuri e tempestosi. Le baie, i capi su cui non passavano le ombre variabili delle nuvole, disegnavano al sole le loro grandi linee immutabili, e sembravano riposarsi anche essi in quella tranquillità eterna...

Tutto ciò come per rendere più luminosa la loro festa di amore; si vedevano già dei fiori lungo i fossati, specialmente delle violette deboli e senza odore.

Quando Gaud gli domandò:

— Per quanto tempo mi amerai?

Egli rispose stupito, guardandola bene con i suoi begli occhi franchi.

— Sempre, sempre, Gaud mia.... [p. 137 modifica]E quelle parole, dette semplicemente dalle sue labbra selvaggie, pareva avessero davvero il suono dell’eternità. Ella si appoggiava al braccio di lui; nell’incanto del suo sogno compiuto, si stringeva a lui — sempre inquieta — sentendolo fuggitivo come un grande uccello del mare..... Domani avrebbe preso il largo.... E per questa prima volta era troppo tardi e non poteva impedirglielo...

Da quei sentieri — dove essi camminavano, si dominava tutto il paese marino che sembrava essere senza riparo, tappezzato di ginestre rade e seminate di pietre.

Le casette dei pescatori erano posate qua e là sulle roccie con i loro vecchi muri di granito, i loro tetti di paglia, molto gobbi, alti e verdi per lo spuntar del muschio; e, nell’estremo lontano, il mare, come una grande visione diafana, descriveva il suo cerchio immenso ed eterno, che aveva l’aria di avviluppare tutto.

Ella si divertiva a raccontargli le cose stupefacenti e meravigliose di Parigi, di quel Parigi dove era ’stata; ma egli, sdegnoso, non vi s’interessava.

— Così lontano dalla costa — diceva egli — e tante case, tanta gente, Dio mio come deve essere malsano..... Vi debbono essere delle cattive malattie in quella città; no, non vorrei vivere là dentro, certamente no.

Ed ella sorrideva, meravigliandosi come, quel giovanotto fosse così fanciullo e così ingenuo.

Qualche volta si cacciavano in sentieri pieni di alberi alti che bloccavano tutto, ed allora non avevano più alcuna veduta. Per terra vi erano delle foglie morte, delle ginestre verdi, ma tutto era più scuro, tra quegli alberi, con qualche casupola nera e solitaria, crollante di vecchiezza che dormiva là in fondo; e sempre qualche crocefisso si drizzava in alto avanti di loro fra i rami morti, col suo gran Cristo di legno cadaverico, dall’aria di dolore infinito. In seguito il sentiero saliva e di nuovo dominavano gli orizzonti immensi, ritornando l’aria vivificamente delle alture e del mare. [p. 138 modifica]

Egli, a sua volta, raccontava dell’Islanda, le estati pallide e senza notti, i soli obliqui che non si coricano mai. Gaud non capiva e si faceva spiegare.

— Il sole fa il giro, tutto il giro — diceva egli movendo il suo braccio sul cerchio lontano delle acque azzurre.

Resta sempre molto basso, perchè non ha la forza di salire; a mezzanotte si trascina un poco sul bordo del mare, ma subito si rialza e continua la sua passeggiata tonda. Delle volte anche la curva appare all’altro lato del cielo, allora lavorano tutti e due, ognuno dalla parte sua, e non si distinguono molto l’uno dall’altro perchè, in quel paese, si somigliano molto.

Vedere il sole a mezzanotte!.... Come doveva essere lontana quell’isola d’Islanda E come era pericolosa! Quante volte Gaud aveva letto quel nome scritto sulla cappella dei naufragi; le faceva l’effetto di nominare una cosa sinistra.

— Ed i fiordi, riprendeva Yann — delle grandi baie, come quelle di Paimpol per esempio; solamente vi sono intorno delle alte montagne, così alte, così alte che non si vede mai dove esse finiscano, a causa delle nuvole che le ricoprono. Un triste paese, ti assicuro Gaud mia, l’Islanda! Pietre, pietre, niente altro che pietre, e gli abitanti non sanno cosa voglia dire albero. Non ve ne è neanche uno. A metà agosto, quando la nostra pesca è finita e si ritorna, allora le notti cominciano ad allungarsi; il sole cade al disotto della terra senza potersi rialzare e là basso, fa notte tutto l’inverno.

E poi — continuava egli — vi è anche un piccolo cimitero, sulla costa, come da noi, per quelli di Paimpol che sono morti durante la stagione della pesca o che sono scomparsi nel mare; è terra benedetta come a Pors-Even ed i defunti hanno le loro croci in legno, simili a queste con i nomi scritti sopra.

I due Goazdion di Ploubazlanec sono là ed anche Guglielmo Moan, nonno di Silvestro, è là. [p. 139 modifica]Ella credeva di vederlo, quel piccolo cimitero, sotto la pallida luce rosa di quei giorni che non hanno fine, in seguito pensò a quegli stessi morti sotto il ghiaccio e sotto il sudario nero di quelle notti lunghe come gl’inverni.

— E sempre, sempre pescare? senza riposarsi mai?

— Mai. E poi si deve fare la manovra perchè il mare non è sempre così bello come ora. La sera si è molto stanchi, ma la stanchezza dà l’appetito e si divora la zuppa, t’assicuro.

— E non ci si annoia mai?

— Mai — diss’egli con un’aria di convinzione che le fece male — al largo non ho mai il tempo di annoiarmi, mai!

Ella abbassò la testa, sentendosi più triste per quella tragica rivalità del mare.



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