Pescatori d'Islanda/Parte IV/Capitolo VII

Capitolo VII

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Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo VII
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Capitolo Settimo.


Il pranzo di nozze si fece in casa dei genitori di Yann, perchè la casa di Gaud era troppo povera.

Al primo piano, nella camera nuova, misero la tavola per venticinque persone; le sorelle, i fratelli, il cugino [p. 127 modifica]Gaos il pilota; Guermeur, Keraez, Yvon Duff, tutti quelli dell’antica Maria e che ora erano della Leopoldina, quattro ragazze di onore molto graziose, con le loro cuffie bianche, nuove alla moda, in forma di conca marina; e quattro giovanotti islandesi, ben piantati con dei begli occhi fieri.

Anche abbasso, ben inteso, si mangiava e si cucinava; tutta la coda del corteo vi si era ammassata in disordine, e le donne di cucina, prese a Paimpol solo per quel giorno, perdevano la testa davanti il grande camino ingombrato di padelle e di marmitte.

I genitori di Yann avrebbero voluto per il loro figlio una moglie più ricca; ma Gaud era conosciuta, ora, come una ragazza saggia e coraggiosa; e poi, a dispetto della sua povertà, era la più bella del paese ed essi si rallegravano a vedere quella coppia così bene assortita.

Il vecchio padre, allegro dopo la zuppa, diceva che quel matrimonio avrebbe regalato al mondo dei Gaos; quantunque non ne mancassero in Ploubazlanec!

E contando sulle dita, spiegava ad uno zio di Gaud, quanti ve ne erano; suo padre che era il più giovane di nove fratelli ne aveva avuto dodici, tutti sposati con delle cugine che a loro volta ne avevano avuti un numero anche rispettabile.

— Anche io ho sposato una Gaos, mia parente, e ne abbiamo fatti quattordici.

E all’idea di quella popolazione, si sentiva ringiovanire scotendo la sua bianca testa.

E ne aveva avuto di disagi per educare i suoi quattordici piccoli Gaos!

Anche il vicino Guermeur era in allegria e raccontava tante storielle graziose e tanti brutti tiri giuocati ai Cinesi, mentre prestava il servizio alla marina di guerra.

Ed i vecchi ridevano, seduti a tavola, ridevano con quel loro riso di buoni fanciulli.

Al di fuori il tempo diventava sempre più orribile; il [p. 128 modifica]vento e la pioggia imperversavano più che mai e, malgrado le precauzioni prese, qualcuno s’inquietava del suo battello o della sua barca ormeggiata nel porto e parlava di alzarsi per andare a vedere.

Intanto un altro rumore, più allegro a sentirsi, arrivava dal basso, dove i ragazzi mangiavano; erano i gridi di gioia, gli scoppi di risa dei piccoli cugini che cominciavano a sentirsi stuzzicati dal sidro.

Avevano servito della carne bollita, della carne arrostita, dei polli, molte specie di pesce, delle frittate e dei galletti.

Si era parlato di pesca, di contrabbando, si era discusso dei doganieri che sono, come si sa, i nemici degli uomini di mare.

Cadde il discorso su le case da thè cinesi.

— Oh! sì lo so; aveva interrotto Yann che, anche lui, dopo una lunga traversata, le aveva conosciute, quelle cinesi.

— Dunque quando dovemmo pagare, cerca, cerca, nè io, nè tu, nè lui avevamo un soldo. Allora facemmo le nostre scuse promettendo di ritornare. (E qui egli imitava la faccia abbronzita della cinese sorpresa). Ma la vecchia, niente fiduciosa, cominciò a miagolare, a fare il diavolo ed era per graffiarci con le sue zampe gialle.

Ed ecco i due cinesini due.... infine i due padroni della casa, tu mi capisci — che chiudono la porta a chiave per non farci uscire. Allora noi tre li afferrammo per i codini per metterli con la testa al muro e suonarcene quattro — Ma crac! ne escono quasi una dozzina da tutti i buchi, che si alzarono le maniche per caderci addosso.... Io che avevo la mia.....».

Faceva troppo vento; in quel momento i vetri tremarono sotto una raffica terribile e Yann dovette levarsi per andare a vedere la sua barca.

Un altro diceva:

Quando ero nostromo in funzione di caporale di armi [p. 129 modifica]sulla Zenobia ad Aden, un giorno veggo dei mercanti di piume di struzzo che salgono a bordo.

«Buongiorno, caporale d’armi; noi non ladri, noi buoni mercanti».

— A te buon mercante, dico io, porta un poco....

Ma fu interrotto da uno dei piccoli fratelli di Yann, un futuro islandese, che non si sentì bene per aver bevuto troppo sidro. Dovettero metterlo a letto e così anche questo secondo racconto fu interrotto. Il vento nel camino urlava come un dannato che soffre, ogni tanto con una forza da far paura, scuoteva tutta la casa dalle sue fondamenta di pietra. — Si direbbe che gli dispiaccia che noi ci stiamo divertendo, disse il cugino pilota. — No, è il mare che non è contento — rispose Yann sorridendo a Gaud — perchè io avevo promesso di fare le mie nozze con lui. Intanto una specie di languore strano cominciava a prenderli tutti e due; essi parlavano più basso con la mano in mano, isolati in mezzo alla gaiezza degli altri. Yann — conoscendo l’effetto del vino sui sensi, non aveva bevuto affatto. E arrossiva ora, quel gran giovanotto, quando qualcuno dei suoi compagni islandesi, diceva un frizzo di marinaio sulla notte che avrebbe passata.

Un momento diventò triste pensando a Silvestro.... Si era già deciso inoltre, che per rispetto a lui ed al padre dì Gaud, non si sarebbe ballato.

Si era già al dessert; ben presto sarebbero cominciate le canzoni. Prima però si dissero le preghiere pei defunti; nelle feste dei matrimoni non si mancava mai a quel dovere di religione, e quando si vide il padre Gaos levarsi e scoprirsi la testa bianca, tutti fecero silenzio.

— Questo, disse, è per mio padre Guglielmo Gaos.

E segnandosi cominciò la preghiera latina: [p. 130 modifica]Pater Noster qui es in coelis, sanctificetur nomen tuum....

Quel silenzio profondo si era ora propagato fino abbasso alle tavole allegre dei piccoli. Tutti quelli che erano nella casa ripetevano mentalmente le stesse parole eterne.

— Questa è per Yves e Giovanni Gaos, miei fratelli perduti nel mare d’Islanda... Questa è per Pietro Gaos mio figlio, naufragato a bordo del Zelie.

Poi, quando tutti quei Gaos ebbero ognuno la sua preghiera, egli si voltò verso la vecchia Yvonne e disse: — Questa è per Silvestro Moan....

E ne recitò ancora un’altra. Allora Yann pianse.

— .... Sed libera nos a malo. Amen.

Dopo cominciarono le canzoni. Delle canzoni imparate al servizio, dove vi sono, come si sa, dei bravi cantori.

Gli stornelli erano detti da uno dei giovanotti di onore, così languidamente, con una cadenza, che andava dritto all’anima; e poi il coro era ripreso dagli altri che avevano tutti belle voci profonde.

Ma i due sposi non vi facevano molta attenzione; quando si guardavano i loro occhi brillavano di un chiarore torbido, come delle lampe velate; essi si parlavano sempre più basso, sempre tenendosi per mano, e Gaud abbassava spesso la testa, presa, davanti suo marito, da un timore sempre più grande e sempre più delizioso.

Ora il cugino pilota faceva il giro della tavola per servire del vino suo; l’aveva portato con grande precauzione, carezzando la bottiglia coricata che — come diceva lui — non bisognava smuovere.

Ed il vento continuava il suo strepito pauroso.

Abbasso i fanciulli ballavano in giro; qualcuno si era già coricato. E, sopra, il cugino pilota raccontava la storia di quel vino. Un giorno di pesca una botte fluttuava tutta sola al largo; nessun modo di raccoglierla, essa era troppo grande: allora essi l’avevano bucata in mare [p. 131 modifica]empiendo col suo contenuto tutte le bottiglie che erano a bordo. Non potendo tutto trasportare, fece dei segni agli altri piloti, agli altri pescatori.

Non bisognava parlarne però, perchè egli non ne aveva fatto la rivelazione al signor commissario dell’Iscrizione marittima. Se si fosse potuto curare quel vino sarebbe diventato splendido. Era molto forte e poi aveva un senso salato come l’acqua di mare. Fu trovato molto buono e parecchie bottiglie si vuotarono.

Le teste cominciarono a girare; il suono delle voci cominciava a diventare confuso ed i giovanotti abbracciavano le ragazze. Le canzoni continuarono allegramente; ma nessuno aveva più lo spirito tranquillo per cenare, gli uomini scambiavano tra loro dei segni d’inquietudine per quel cattivo tempo che aumentava sempre.

Al di fuori il rumore sinistro diventava sempre più forte come un sol grido, continuo, minaccioso urlato da mille bestie arrabbiate.

Sembrava pure di sentire dei grossi cannoni di marina, tirare da lontano i loro formidabili colpi sordi; ed invece era il mare che rumoreggiava sinistramente come se imprecasse a quel matrimonio. Gaud aveva il cuore stretto da quella spaventevole musica non richiesta da alcuno per la loro festa di nozze...

Verso mezzanotte in un momento di calma, Yann si levò dolcemente e fece segno a sua moglie di seguirlo.

Dovevamo andarsene a casa loro... Gaud arrossì vinta da pudore, e confusa di essersi alzata. Poi disse che sarebbe stato scortese andarsene così presto e lasciare gli altri.

— No — rispose Yann — è mio padre che l’ha permesso; possiamo andare.

Egli la trascinò, quasi andarono via silenziosamente.

Al di fuori si trovarono nel freddo, nel vento sinistro, nella notte profonda e burrascosa. Si diedero a correre tenendosi per mano. Dall’alto di quella scogliera s’ [p. 132 modifica]indovinava— senza vederlo — il mare furioso da cui veniva tutto quel rumore. E correvano tutti e due, sferzati in viso, col corpo piegato in avanti, contro le raffiche, qualche volta obbligati di voltarsi con la mano avanti la bocca per riprendere il respiro che quel vento loro toglieva lugubremente.

Da principio egli l’aveva presa per la cintola per impedirle di trascinare il suo vestito, di mettere le sue belle scarpe in tutta quell’acqua che scorreva nella terra; poi la prese in collo e continuò a correre più presto....

Non aveva creduto di amarla tanto! E dire che ella aveva ventitré anni, egli ventotto e che fin da due anni prima, avrebbero potuto sposare ed essere felici come quella sera.

Finalmente arrivarono a casa loro, nella loro piccola abitazione umida, sotto il tetto di paglia. Accesero una candela che il vento spense due volte.

La vecchia nonna, che avevano accompagnata a casa prima che cominciassero le canzoni, era là coricata nel suo letto ad armadio di cui aveva rinchiusi i battenti; essi si avvicinarono con rispetto e la guardarono dalle fessure del legno per dirle «buona sera» se non dormiva ancora. Ma videro la fisonomia venerabile che restava immobile ed i suoi occhi chiusi; era addormentata o fingeva di esserlo per non dar loro fastidio.

Allora si sentirono perfettamente soli. E tremarono tutti e due tenendosi per mano. Egli si curvò prima verso di lei per baciarla sulla bocca; ma Gaud girò la testa, non conoscendo quel bacio e, castamente, come la sera del suo fidanzamento, posò le sue labbra sulla guancia di Yann, che era fredda e ghiacciata dal vento.

Molto povera, molto bassa la loro casetta e vi faceva anche molto freddo. Ah! se Gaud fosse rimasta ricca come era prima, sarebbe stata assai felice di preparare una camera più bella. Non si era ancora abituata a quelle mura di granito, a quell’aria di nuda e squallida [p. 133 modifica]povertà; ma il suo Yann era là con lei, e tutto era cambiato, trasformato, dalla sua presenza, ed ella non vedeva più che lui...

Ora le loro labbra si erano incontrate un’altra volta ed ella non aveva girata più la testa. Sempre in piedi, abbracciati fortemente, essi restavano là muti, nell’estasi di un bacio che non finiva più. E mischiavano i loro respiri un po’ affannosi tremando tutti e due più forte, come per una febbre ardente. Sembravano essere senza forza per rompere la loro stretta, e non conoscere, non desiderare niente più al di là di quel lungo bacio.

Ella si liberò alfine e turbata e tutta confusa disse:

— No, Yann! la nonna Yvonne potrebbe vederci!

Ma egli con un sorriso, cercò di nuovo le labbra di sua moglie e, ben presto le prese fra le sue, come un assetato a cui hanno levato la coppa di acqua fresca.

Il movimento che essi avevano fatto aveva rotto l’incanto delizioso. Yann, che al principio, le si sarebbe messo in ginocchi come davanti la Santa Vergine, si sentì diventare selvaggio. Guardò furtivamente dalla parte del vecchio letto ad armadio, seccato di stare così vicino alla nonna Yvonne, cercando un mezzo sicuro per non essere visto; e allora, sempre senza lasciare le labbra squisite, allungò il braccio dietro di sè e col riverso della mano spense la candela bruscamente. Indi prese Gaud fra le braccia, con la bocca sempre appoggiata sulla sua, come un falco coi suoi denti piantati su la preda. Ella abbandonò il suo corpo e la sua anima a quell’abbraccio che era imperioso e dolce come una lunga carezza voluttuosa; egli la portò nell’oscurità verso il bel letto bianco alla moda della città, a quel bel letto che doveva essere il loro letto nuziale......

Intorno ad essi, nella loro prima notte di matrimonio la stessa invisibile orchestra si faceva sentire.

Houhou!... houhou!... Il vento dava quegli stridenti suoni cavernosi, con un tremolio di rabbia. E la grande [p. 134 modifica]tomba dei marinai era là vicinissima a loro, anche essa infuriata, divorante, battendo le scogliere sempre con i medesimi colpi sordi. Una notte o l’altra, bisognerebbe essere presi lì dentro, bisognerebbe dibattersi in mezzo alla frenesia delle onde nere e ghiacciate — essi lo sapevano......

Per il momento erano in terra al riparo da quel furore inutile che ripiombava solamente su se stesso. Allora nella casupola povera ed oscura, dove passava il vento, si dettero l’uno all’altro, senza preoccuparsi di nulla — inebbriati, allettati dileziosamente dall’eterna magia dell’amore.....