Pescatori d'Islanda/Parte IV/Capitolo VI
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Capitolo Sesto.
Mancavano sei giorni dalla partenza per l’Islanda. Il loro corteo di nozze se ne ritornava dalla chiesa di Ploubazlanec, spinto da un vento furioso, sotto il cielo nero e carico di nubi. L’uno al braccio dell’altro erano tutti e due belli, camminando come due re, in testa al loro
lungo seguito, procedendo come in sogno. Calmi, raccolti,
gravi, essi avevano l’aria di veder niente; di dominare
la vita, di essere al disopra di tutto, sembravano essere
rispettati anche dal vento; mentre dietro di essi, seguiva
quel corteo in un grazioso disordine di coppie ridenti, che le grandi raffiche dell’ovest tormentavano, molte coppie giovani a cui la vita sorrideva ancora, e molte quasi vecchie, ma che sorridevano anche ricordando il giorno del
loro matrimonio ed i loro primi anni di felicità. La nonna
Yvonne era anche là e li seguiva al braccio di un
vecchio zio di Yann che le faceva dei complimenti antichi;
ella portava una bella cuffia nuova che aveva comprata per la circostanza e sempre il piccolo scialle nero, ritinto per la terza volta dopo la morte di Silvestro.
Ed il vento tormentava indistintamente tutti gli invitati; si vedevano le gonne rialzate, i vestiti rivoltati e delle cuffie e cappelli che volavano.
Alla porta della chiesa gli sposi avevano comprato — come era consuetudine — dei di fiori artificiali, per completare la loro toilette di festa. Yann aveva attaccato i suoi, così a caso, sul suo largo petto ma egli era di quelli a cui tutto sta bene. I fiori di Gaud avevano poi l’aria di essere stati messi là da una mano signorile piena di gusto e di capriccio. Il violinista che apriva la marcia, suonava con tutta la sua forza; i suoi motivi nel rumore della burrasca, sembravano una piccola musica ridicola più fievole del grido di una gazza.
Tutta Ploubazlanec era uscita per vederli. Quel matrimonio interessava tutti ed erano accorsi da ogni parte per aspettarli e vederli.
Gl’islandesi di Paimpol, gli amici di Yann erano là fermati e salutavano gli sposi; Gaud rispondeva inchinandosi leggermente come una signorina con una grazia seria, ammirata da tutti. E le casupole, le stamberghe anche quelle di legno, si erano vuotate: i mendicanti erano corsi sulla strada e tendevano i loro cappelli per ricevere l’elemosina che Yann lanciava loro colla sua grande aria nobile e Gaud col suo piccolo sorriso da regina. Vi erano dei mendicanti vecchissimi, con delle facce che, per essere stati sempre rinchiusi, avevano il colore della terna; con gli occhi spauriti essi guardavano passare — senza comprenderla, quella festa di vita casta e superba... Si continuò a camminare al di là di Pors-Even e della casa dei Gaos. Era per recarsi — secondo l’uso tradizionale — alla cappella della Trinità, che è come in capo al mondo bretone.
Al piede dell’ultima scogliera essa si poggia su di un suolo di roccie basse, vicinissimo al mare, anzi sembra già appartenere al mare. Per discendervi si prende un sentiero di capra tra blocchi di granito. Ed il corteo di nozze scendeva tra le pietre, al suono delle parole allegre o galanti che si perdevano nello strepito del vento e delle reti.
Impossibile arrivare alla cappella: per il cattivo tempo, il passaggio non era più sicuro, a causa del mare troppo grosso che bagnava il principio della strada fino alla cappella.
Yann che era più avanti di tutti, con Gaud al braccio, indietreggiò guardando il mare quasi per presentargli sua moglie; ma il mare non fece bel viso alla nuova sposa. Era geloso — Yann aveva promesso di fare le sue nozze con lui.
Nel voltare la testa vide il violinista che tra due raffiche, cercava di continuare a suonare.
— Finisci la tua musica, vecchio mio, il mare fa una marcia che vale più della tua....
Nello stesso tempo cominciò una grande pioggia che minacciava di venir giù fin dal mattino.
Allora fu un correre pazzo da parte di tutti per arrampicarsi presto sulla grande scogliera e con piccoli gridi di allegria raggiunsero i Gaos.