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Toti.
Senta, padre. Poiché si tratta di questo, glielo pongo per patto. Lei deve levarsi i guanti, se vuol parlare con me.
Landò LINA
mostra le bianche mani ignude, con Tin sorriso fino sulle labbra.
Ma io.... veramente....
Toti.
Non dico dalle mani. — Dalla lingua, dico. — Il discorso con me dev’essere senza guanti: chiaro, aperto. Glielo dico avanti! Io so sempre, padre, quello che dico e quello che faccio, e non mi son nascosto mai, perchè non ho nulla da nascondere! — Giuochi a carte scoperte, se vuol giocare con me!
Landolina.
Ma non vorrebbe lei, scusi, rispettare il mio ufficio sacro, il mio ufficio, per esempio, di confessore?
Toti.
Ah, scusi, scusi! C’è forse qualche segreto di confessione?
Landolina.
No. C’è — come le ho detto — il dolore, l’offesa d’ una povera anima che viene al fonte della pietà....
Toti.
Che sarebbe il confessionilef
Landolina.
Lei lo cliiami come vuole — a sfogarsi, a cliiedere ajuto e consiglio al suo padre spirituale.
Toti.
E lei se ne viene da me?