Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 38

Canto 38

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Canto 37 Canto 39

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CANTO XXXVIII



 [1]

C
Orteſi donne ch benigna vdienza

     Date ai miei verſi: io vi veggo al ſembiante
     Che queſt’altra ſi ſubita partéza
     Ch fa Ruggier da la ſua ſida amante
     Vi da gran noia, e hauete diſplicenza
     Poco minor e’ haueſſe Bradamante:
     E fate ancho argumento ch’eſſer poco
     In lui doueſſe l’amoroſo fuoco.

 [3]
Per ogni altra cagion ch’allontanato
     Contra la voglia d 1 eſſa ſé ne ſuſſe
     Anchor c’haueſſe piū theſor ſperato
     Che Creſo o Craſſo inſieme non riduſſe:
     Io crederia con voi, che penetrato
     Non foſſe al cor lo ſtral che lo percuſſe:
     Ch’un almo gaudio vn coſi gran cotento
     Non potrebbe còprare oro ne argento.

 [3]
Pur per ſaluar l’honor, non ſolamente
     D’eſcuſa, ma di laude e degno anchora,
     Per ſaluar dico, in caſo ch’altrimente
     Facendo, biaſmo & ignominia ſora,
     E ſé la Donna foſſe renitente
     Et oſtinata in fargli far dimora,
     Darebbe di ſé inditio e chiaro ſegno
     O d’amar poco, o d’hauer poco ígegno.

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 [4]
Che ſé l’amante de I* amato deue
     La vita amar piú de la propria, o tanto:
     (Io parlo d’uno amante a cui non lieue
     Colpo d’ Amor paſſo piú la del manto)
     Al piacer tanto piú ch’effo riceue
     L’honor di quello antepor deue, quanto
     L’honore e di piú pregio che la vita
     Ch’ a tutti altri piaceri e preferita.

 [5]
Fece Ruggiero il debito a ſeguire
     Il ſuo Signor, che non ſé ne potea
     Se non con ignominia dipartire:
     Che ragion di laſciarlo non hauea,
     E s’Almonte gli ſé il padre morire
     Tal colpa in Agramante non cadea,
     Ch’in molti effetti hauea co Ruggier poi
     Emendato ogni error de i maggior ſuoi.


 [6]
Fara Ruggiero il debito a tornare
     Al ſuo Signore, & ella anchor lo fece
     Che sforzar non lo volſe di reſtare
     Come potea: con iterata prece:
     Ruggier potrá alla Donna ſatisfare
     A vn’ altro tempo s’ hor non ſatisfece:
     Ma all’honor chi gli maca d’un mometo
     Nò può in cento anni ſatisfar ne in cento.

 [7]
Torna Ruggiero in Arli, oue ha ritratta
     Agramante la gente che gli auanza,
     Bradamante e Marphiſa, che contratta
     Col parètado hauean grande amiſtanza
     Andaro inſieme oue Re Carlo fatta
     La maggior pua hauea di ſua poſſanza,
     Sperando o per battaglia o per aſſedio
     Leuar di Francia coſi lungo tedio.

 [8]
Di Bradamante, poi che conoſciuta
In campo ſu, ſi ſé Ietitia e feſta,
Ogniun la riueriſce e la ſaluta
Et ella a queſto e a quel china la teſta,
Rinaldo come vdi la ſua venuta
Le venne incontra, ne Ricciardo reſta
Ne Ricciardetto od altri di ſua gente
E la raccoglion tutti allegramente.

 [9]
Come s’intefe poi che la compagna
     Era Marphiſa, in arme ſi famoſa,
     Che dal Cataio a i termini di Spagna
     Di mille chiare palme iua pompoſa,
     Non e pouero o ricco che ri magna
     Nel padiglion, la turba diſioſa
     Vien qnci, e qndi, e s’urta ſtorpia e pme
     Sol per veder ſi bella coppia inſieme.

 [10]
A Carlo riuerenti apprefentarfí:
     Queſto ſu il primo di (ſcriue Turpino)
     Che ſu viſta Marphiſa inginocchiarli,
     Che ſol le parue il figlio di Pipino
     Degno, a cui tanto honor doueſſe farſi
     Tra quanti o mai nel popul Saracino
     O nel chriſtiano, Imperatori e Regi
     Per virtú vide o per ricchezza egregi.

 [11]
Carlo benignamente la raccolſe
     E le vſci incontra ſuor de i padiglioni,
     E che ſedeſſe a lato ſuo poi volſe
     Sopra tutti Re, Principi, e Baroni,
     Si die licentia a chi non ſé la tolſe,
     Si che toſto reſtaro in pochi e buoni,
     Reſtaro i Paladini, e i gran Signori
     La vilipeſa plebe andò di ſuori,

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 [12]
Marphiſa comincio con grata voce
     Eccelſo inuitto e glorioſo Auguſto
     Che dal mar Indo alla Tirynthia ſoce
     Dal bianco Scytha all’Ethyope adulto:
     Riuerir fai la tua candida croce:
     Ne di te regna il piú faggio o’ipiu giuſto
     Tua fama ch’alcun termine non ferra
     Qui tratto m’ha, ſin da l’eſtrema terra.

 [13]
E (per narrarti il ver) ſola mi moſſe
     Inuidia, e ſol per farti guerra io venni,
     Accio che ſi poſſente vn Re non foſſe
     Che non teneſſe la legge ch’io tenni,
     Per queſto ho fatto le campagne roſſe
     Del chriſtian ſangue: & altri ſieri cenni
     Era per farti da crudel nimica,
     Se non cadea chi mi t’ha fatto amica.

 [14]
Quádo nuocer péſai piú alle tue ſquadre
     Io trovo, (e come ſia diro piú adagio)
     Che’l bon Ruggier di Riſa ſu mio padre
     Tradito a torto dal ſratel maluagio,
     Portommi in corpo mia miſera madre
     Di la dal mare, e nacqui in gran diſagio,
     Nutrimi vn Mago in fin’ al fettimo anno:
     A cui gli Arabi poi rubata m’hanno.

 [15]
E mi venderò in Perſia per iſchiaua
     A vn Re, ch poi creſciuta io poſi a morte
     Che mia virginitá tor mi cercaua:
     Vcciſi lui con tutta la ſua corte,
     Tutta cacciai la ſua progenie praua
     E preſi il regno, e tal ſu la mia ſorte,
     Che diciotto anni d’ uno o di duo meſi
     Io non passai, che fette regni preſi.

 [16]
E di tua fama inuidioſa, come
     lo t’ho giá detto, hauea fermo nel core
     La grande altezza abbatter del tuo nome
     Forſè il faceua, o ſorſè era in errore,
     Ma hora auuien chi qſta voglia dome
     E faccia cader l’ale al mio furore.
     L’hauer inteſo poi che qui ſon giunta,
     Come io ti ſon d’affinitá congiunta.

 [17]
E come il padre mio parente e ſeruo
     Ti ſu, ti ſon parente e ſerua anch’io:
     E quella inuidia, e quell’odio proteruo
     Ilqual io t’hebbi vn tèpo, hor tutto oblio
     Anzi contra Agramante io lo riſeruo,
     E cótra ogn’ altro che ſia al padre o al zio
     Di lui ſtato parente, che fur rei
     Di porre a morte i genitori miei.

 [18]
E ſeguito voler chriſtiana farſi
     E dopo c’haura eſtinto il Re Agramante
     Voler, piacendo a Carlo, ritornarli
     A battezare il ſuo regno in Leuante,
     Et indi contra tutto il mondo armarſi
     Oue Machon s’adori, e Triuigante:
     E con promiſſion ch’ogni ſuo acquiſto
     Sia de l’imperio e de la Fé di Chriſto.

 [19]
l’Imperator che non meno eloquente
     Era, che foſſe valoroſo e faggio:
     Molto eſaltando la Donna eccellente
     E molto il padre: e molto il ſuo lignaggio
     Riſpoſe ad ogni parte humanamente
     E moſtro in ſrote aperto il ſuo coraggio:
     E conchiuſe ne l’ultima parola
     Per parente accettarla, e per ſigliuola.

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 [20]
E qui ſi leua e di nuouo l’abbraccia
     E come ſiglia bacia ne la ſronte.
     Vengono tutti con allegra faccia
     Quei di Mógrana, e quei di Chiaramote,
     Lungo a dir ſora, quato honor le faccia
     Rinaldo, che di lei le proue conte
     Vedute hauea piú volte al paragone:
     Quádo Albracca affediar col ſuo girone.

 [21]
Lungo a dir ſora quanto il giouinetto
     Guidetti S’allegri di veder coſtei,
     Aquilante, e Griphone, e Sanſonetto
     Ch’alia citta crudel ſuron con lei,
     Malagigi: e Viuiano, e Ricciardetto
     Ch’ all’occifion de Maganzeſi rei
     E di qi venditori empii di Spagna
     l’haueano hauuta ſi fedel compagna.

 [22]
Apparecchiar per lo ſeguente giorno
     Et liebbe cura Carlo egli medeſmo
     Che foſſe vn luogo riccamente adorno
     Oue prendeſſe Marphiſa batteſmo,
     I Veſcoui e gran chierici d’ intorno
     Che le leggi ſapean del Chriſtianefmo,
     Fece raccorre, accio da loro in tutta
     La ſanta Fé: foſſe Marphiſa inſtrutta.

 [23]
Venne in pontiſicale habito ſacro
     l’Arciueſco Turpino, e battizolla:
     Carlo dal (alutifero lauacro
     Con cerimonie debite leuolla,
     Ma tèpo e hormai ch’ai capo voto e macro
     Di ſenno, ſi ſoccorra con l’ampolla
     Con che dal ciel piú baffo ne venia
     II Duca Aſtolfo fu’l carro d’ Helia.

 [24]
Sceſo era Aſtolfo dal giro lucente
     Alla maggiore altezza de la terra
     Con la felice ampolla: che la mente
     Douea ſanare al gran maſtro di guerra,
     Vn’ herba quiui di virtú eccellente
     Moſtra Giouani al Duca d’ Inghilterra
     Con eſſa vuol ch’al ſuo ritorno tocchi
     Al Re di Nubia, e gli riſani gliocchi.

 [25]
Accio per queſti e per li primi merti
     Gente gli dia con che Biſerta aſſaglia,
     E come poi quei populi ineſperti
     Armi & acconci ad vſo di battaglia,
     E ſenza danno paſſi pei deſerti
     Oue l’arena glihuomini abbarbaglia:
     A punto a punto l’ordine che tegna
     Tutto il Vecchio ſantiſſimo glinſegna.

 [26]
Poi lo ſé rimontar ſu quello alato
     Che di Ruggiero e ſu prima d’Atlante:
     Il Paladin laſcio, licentiato
     Da fan Giouanni: le contrade fante,
     E fecondando il Nilo a lato a lato
     Toſto i Nubi apparir ſi vide inante:
     E ne la terra che del regno e capo
     Sceſe da l’aria: e ritrouo il Senapo.

 [27]
Molto ſu il gaudio, e molta ſu la gioia
     Che porto a quel Signor nel ſuo ritorno,
     Che ben ſi raccordaua de la noia
     Ch gli hauea tolta de l’Harpie d’intorno,
     Ma poi che la groſſezza gli diſcuoia
     Di qllo humor, ch giá gli tolſe il giorno,
     E che gli rende la viſta di prima
     l’adora, e cole, e come vn Dio ſublima.

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 [28]
Si che non pur la gente che gli chiede
     Per muouer guerra al regno di Biſerta
     Ma centomila fopra gli ne diede,
     E gli ſé anchor di ſua perſona oſſerta,
     La gente a pena, ch’era tutta a piede:
     Potea capir ne la capagna aperta,
     Che di caualli ha ql paeſe inopia,
     Ma d’ Elephanti e de camelli copia.

 [29]
La notte inanzi il di: che a ſuo camino
     l’eſercito di Nubia douea porſe,
     Monto ſu l’Hippogrypho il Paladino
     E verſo Mezodi, con fretta corſe:
     Tato che giunſe al monte che l’Auſtrino
     Vento produce, e ſpira contra P Orſe:
     Trouo la caua, onde per ſtretta bocca
     Quando ſi deſta il ſurioſo ſcocca,

 [30]
E come raccordogli il ſuo maeſtro
     Hauea ſeco arrecato vn’ utre voto,
     Ilqual mentre ne V antro oſcuro alpeſtro
     Affaticato dorme il fiero Noto
     Allo ſpiraglio pon tacito e deſtro:
     Et e P aguato in modo al vento ignoto
     Che credendoli vſcir ſuor la dimane
     Preſo e legato in quello vtre rimane.

 [31]
Di tanta preda il Paladino allegro
     Ritorna in Nubia, e la medeſma luce
     Si pone a caminar col popul negro,
     E vettouaglia dietro ſi conduce,
     A ſaluamento con lo ſtuolo integro
     Verſo P Atlante il glorioſo Duce
     Pel mezo vien de la minuta ſabbia:
     Séza temer ch’I vèto a nuocer glihabbia

 [32]
E giunto poi di qua dal giogo: in parte
     Onde il pian ſi diſcuopre e la marina:
     Aſtolfo elegge la piú nobil parte
     Del capo, e la meglio atta a diſciplina,
     E qua, e la per ordine la parte
     A pie d’un colle, oue nel pian confina,
     Quiui la laſcia, e ſu la cima aſcende
     In viſta d’huom ch’a gra pèſieri intende.

 [33]
Poi che inchinando le ginocchia fece
     Al ſanto ſuo maeſtro oratione,
     Sicuro che ſia vdita la ſua prece
     Copia di faſſi a far cader ſi pone,
     quato a chi ben crede in Chriſto lece:
     1 faſſi ſuor di naturai ragione
     Creſcendo ſi vedean venire in giuſo
     E ſormar ventre, e gabe, e collo, e muſo.

 [34]
E con chiari anitrir giú per quei calli
     Venian ſaltando, e giunti poi nel piano
     Scuotean le groppe, e fatti eran caualli
     Chi baio, e chi leardo, e chi rouano,
     La turba ch’aſpettando ne le valli
     Staua alla poſta, lor daua di mano,
     Si che in poche hore fur tutti montati
     Che con fella e con ſreno erano nati.

 [35]
Ottanta mila cento e dua in vn giorno
     Fé di pedoni Aſtolfo cauallieri,
     Con queſti tutta ſcorſe Africa intorno
     Facendo prede, incendi, e prigionieri:
     Poſto Agramante hauea fin’ al ritorno
     Il Re di Feria, e’l Re de gli Algazeri,
     Col Re Branzardo a guardia del Paefe,
     E queſti ſi ſer contra al Duca Ingleſe.

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 [36]
Prima hauendo ſpacciato vn ſuttil legno
     Ch’a vele e a remi andò battendo l’ali
     Ad Agramante auiſo, come il regno
     Patia dal Re de Nubi oltraggi e mali,
     Giorno e notte andò quel ſenza ritegno
     Tanto che giunſe a i liti Prouenzali:
     E trouo in Arli il ſuo Re mezo oppreſſo.
     Ch’I capo hauea di Carlo u miglio apffo

 [37]
Sentèdo il Re Agramante a che periglio
     Per guadagnare il regno di Pipino
     Laſciaua il ſuo: chiamar fece a conſiglio
     Principi, e Re del popul ſaracino,
     E poi ch’una o due volte giro il ciglio
     Quinci a Marſilio, e qndi al Re Sobrino
     I quai d’ ognialtro fur che vi veniſſe
     I duo piú atiqui e faggi, coſi diſſe.

 [38]
Quatúque io ſappia come mal cóuegna
     A vn capitano dir non mei penſai
     Pur lo diro, che quado vn dannovegna
     Da ogni diſcorfo human lontano assai:
     A quel fallir par che ſia eſcufa degna,
     E qui ſi verſa il caſo mio: ch’errai
     A laſciar d’arme l’Africa sfornita
     Se da li Nubi eſſer douea aſſalita.

 [39]
Ma chi peſato hauria ſuor che Dio ſolo
     A cui non e coſa ſutura ignota:
     Che doueſſe venir con ſi gran ſtuolo
     A farne danno gente ſi remota?
     Tra i quali e noi, giace l’inſtabil ſuolo
     Di quella arena ognihor da venti mota,
     Pur e venuta ad affediar Biſerta
     Et ha in gran parte l’Africa deſerta.

 [40]
Hor fopra ciò voſtro còſiglio chieggio
     Se partirmi di qui ſenza far ſrutto:
     O pur ſeguir tanto l’impreſa deggio
     Che prigion Carlo meco habbi codutto,
     O come inſieme io ſalui il noſtro ſeggio
     E queſto imperiai laſci diſtrutto,
     S’ alcun di voi fa dir, priego noi taccia
     Accio ſi troui il meglio, e quel ſi faccia.

 [41]
Coſi diſſe Agramante, e volſe gliocchi
     Al Re di Spagna ch gli ſedea appreſſo:
     Come moſtrando di voler che tocchi
     Di quel e’ ha detto la riſpoſta ad eſſo,
     E quel, poi ch ſurgèdo hebbe i ginocchi
     Per riuerentia: e coſi il capo ſleſſo,
     Nel ſuo honorato ſeggio ſi raccolſe
     Indi la lingua a tai parole ſciolſe .

 [42]
O bene o mal che la Fama ci apporti
     Signor, di ſemp accreſcere ha in vſanza:
     Perciò non fará mai ch’io mi ſconſorti
     O mai piú del douer pigli baldanza.
     Per caſi o buoni o rei che ſieno ſorti,
     Ma ſemp hauro di par tema e ſperanza
     Ch’ eſſer debban minori, e no del modo
     Ch’a noi per tante lingue venir’ odo.

 [43]
E tanto men preſtar gli debbo fede
     Quanto piú al veriſimile s’ oppone,
     Hor ſé glie veriſimile ſi vede
     C habbia con tanto numer di perſone
     Poſto ne la pugnace Africa il piede
     Vn Re di ſi lontana regione,
     Trauerfando l’arene a cui Cambyfe
     Con male augurio il popul ſuo comife.

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 [44]
Crederò ben che ſian gli Arabi ſcefi
     Da le montagne, & habbia dato il guaſto
     E ſaccheggiato, e morti huomini e preſi
     Oue trouato hauran podio contraſto:
     E che Branzardo che di quei paeſi
     Luogotenente e ViceRe e rimaſto
     Per le decine ſcriua le migliaia
     Accio la ſcufa ſua piú degna paia.

 [45]
Vo concedergli anchor che ſieno i Nubi
     Per miracol dal ciel ſorſè piouuti,
     O ſorſè aſcofi venner ne le nubi
     Poi che non fur mai per camin veduti,
     Temi tu che tal gente Africa rubi?
     Se ben di piú ſoccorſo non l’aiuti?
     Il tuo preſidio hauria ben triſta pelle
     Quando temeſſe vn populo ſi imbelle

 [46]
Ma ſé tu mandi anchor che poche naui,
     Pur che ſi veggan gli ſtendardi tuoi,
     NO ſciogliera di qua ſi toſto i caui
     Che ſuggiranno ne i confini ſuoi
     Queſti o ſien Nubi, o ſieno Arabi ignaui,
     A i quali il ritrouarti qui con noi
     Separato pel mar da la tua terra,
     Ha dato ardir, di romperti la guerra.

 [47]
Hor piglia il tempo che per eſſer ſenza
     Il ſuo Nipote Carlo: hai di vendetta,
     Poi ch’Orlando non e’ e, far refiſtenza
     Non ti può alcun de la nimica fetta,
     Se per non veder laſci o negligenza
     l’honorata vittoria che t’ aſpetta,
     Volterá il caluo, oue hora il crin ne moſtra
     Co molto dáno e luga iſamia nra.

 [48]
Con qſto & altri detti accortamente
     l’Hiſpano perſuader vuol nel concilio
     Che non eſca di Francia queſta gente
     Fin che Carlo non ſia ſpinto in eſilio,
     Ma il Re Sobrin che vide apertamente
     Il camino a che andaua il Re Marſilio:
     Che piú per l’util proprio, queſte coſe
     Che pel cómun dicea, coſi riſpofe.

 [49]
Quando io ti confortaua a ſtare in pace
     Foſſe io ſtato Signor falſo indouino,
     O tu, ſé io douea pure eſſer verace,
     Creduto haueſſi al tuo fedel Sobrino,
     E non piú toſto a Rodomonte audace
     A Marbaluſto a Alzirdo e a Martafino
     Liquali hora vorrei qui hauere a ſronte
     Ma vorrei piú de glialtri Rodomonte.

 [50]
Per rinfacciargli che volea di Francia
     Far quel che ſi faria d’un ſragil vetro:
     E in cielo e ne lo’nferno la tua lancia
     Seguire, anzi laſciarfela di dietro,
     Poi nel biſogno ſi gratta la pancia
     Nel otio immerſo abominoſo e tetro,
     Et io che per predirti il vero allhora
     Codardo detto ſui: ſon teco anchora.

 [51]
E faro ſempremai, ſin ch’io ſiniſca
     Queſta vita, ch’anchor che d’ani graue
     Porſi incontra ogni di per te s’ arrifea
     A qualuqj di Frácia piú nome haue:
     Ne fará alcun ſia chi ſi vuol ch’ardiſea
     Di dir che l’opre mie mai foſſer praue:
     E non han piú di me fatto ne tanto,
     Molti che ſi donar di me piú vanto.

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 [52]
Dico coſi per dimoſtrar che quello
     Ch’ io diſſi allhora, e ch tivoglio hor dir.
     Ne da viltade vien ne da cor fello
     Ma d’amor vero e da fedel ſeruire,
     Io ti conſorto ch’al paterno hoſtello
     Piú toſto che tu poi vogli redire:
     Che poco faggio ſi può dir colui
     Che perde il ſuo per acquiſtar l’altrui,

 [53]
S’acquiſto c’è tu’l fai, trentadui ſummo
     Re tuoi vaſſalli a vſcir teco del porto,
     Hor ſé di nuouo il conto ne raffummo
     C e a pena il terzo e tutto’l reſto e morto,
     Che nò ne cada piú piaccia a Dio ſumo,
     Ma ſé tu vuoi ſeguir, temo di corto
     Che non ne rimarra quarto ne quinto
     E’l miſer popul tuo ſia tutto eſtinto.

 [54]
Ch’Orlando non ci ſia ne aiuta, ch’oue
     Siati pochi, ſorſè alcun non ci faria,
     Ma per queſto il periglio non rimuoue
     Se ben prolunga noſtra ſorte ria,
     Ecci Rinaldo: che per molte proue
     Moſtra che non minor d’Orlando ſia,
     Ce il ſuo lignaggio, e tutti i Paladini
     Timore eterno a noſtri ſaracini.

 [55]
Et hanno appreſſo quel fecondo Marte
     (Bè che i nimici al mio diſpetto lodo)
     Io dico il Valoroſo Brandimarte,
     No men d’ Orlado ad ogni prona ſodo,
     Del qual prouata ho la virtude in parte
     Parte ne veggo all’altrui ſpeſe & odo,
     Poi ſon piú di, che non c’è Orlando ſtato
     E piú perduto habbian che guadagnato.

 [56]
Se per adietro habbian perduto, io temo
     Che da qui inanzi pderen piú ingroſſb,
     Del noſtro capo Mandricardo e ſcemo
     Gradaflb il ſuo ſoccorſo n’ ha rimoſſo,
     Marphiſa n’ha laſciata al punto eſtremo,
     E coſi il Re d’ Algier, di cui dir poſſo
     Che ſé foſſe fedel come gagliardo
     Poco vopo era Gradaſſo o Madricardo.

 [57]
Oue ſono a noi tolti queſti aiuti
     E tante mila ſon de i noſtri morti:
     E quei ch’a venir han: ſon giá venuti:
     Ne s’aſpetta altro legno che n’apporti:
     Quattro ſon giunti a Carlo non tenuti
     Manco d’Orlando o di Rinaldo ſorti,
     E con ragion, che da qui ſino a Battro
     Potreſti mal trouar tali altro quattro.

 [58]
Non ſo ſé fai chi ſia Guidon ſeluaggio
     E Sanſonetto, e i ſigli d’Oliuiero,
     Di qſti ſo piú ſtima, e piú tema haggio
     Che d’ogni altro lor duca a caualliero
     Ch di Lamagna, o d’ altro ſtra liguaggio
     Sia cetra noi per aiutar l’Impero,
     Bench’importa acho assai la gète nuoua
     Ch’ a noſtri danni in campo ſi ritroua.

 [59]
Quante volte vſcirai alla campagna
     Tanto haurai la peggiore o farai rotto.
     Se ſpeffo perde il capo Africa e Spagna
     Quando ſiati ſtati ſedici per otto,
     Che fará poi ch’Italia e che Lamagna
     Co Fracia evnita e’l populo Anglo e Scotto,
     E che fei contra dodici faranno
     Ch’altro ſi può ſperar ch biaſmo e dáno?

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 [496]
ORI- ANDO FVRIOSO
     La géte qui, la perdi a vn tépo il Regno,
     S’ in queſta impreſa piú duri oſtinato,
     Oue s’al ritornar muti diſegno
     l’auanzo di noi ſerui con lo ſtato,
     Lardai Marſilio e di te caſo indegno,
     Ch’ ognun te ne terrebbe molto ingrato:
     Ma e’ e rimedio, far con Carlo pace
Ch’ a lui deue piacer ſé a te pur piace,

 [61]
Pur ſé ti par che non ci ſia il tuo honore
     Se tu che prima oſſeſo fei la chiedi,
     E la battaglia piú ti ſta nel core
     Che come ſia ſin qui ſucceſſa vedi,
     Studia al men di reſtarne vicitore:
     Il che ſorſè auerra ſé tu mi credi,
     Se d’ ogni tua querela a vn caualliero
     Darai l’affunto: e ſé quel ſia Ruggiero.

 [62]
Io’l ſo e tu’l fai che Ruggier nro e tale
     Che giá da ſolo a ſol con l’arme in mano
     Non men d’ Orlando o di Rinaldo vale
     Ne d’alcun’ altro cauallier chriſtiano:
     Ma ſé tu vuoi far guerra vniuerſale
     Anchor che’l valor ſuo ſia foprahumano
     Egli perho non fará piú ch’un ſolo
     Et haura di par ſuoi contra vno ſtuolo.

 [63]
A me par s’ a te par, ch’a dir ſi mandi
     Al Re Chriſtian, che per ſinir le liti
     E perche ceffi il ſangue che tu ſpandi
     Ognihor de ſuoi, egli de tuo’ inſiniti
     Che cotra vn tuo guerrier tu gli domadi
     Che metta i capo vno de i ſuoi piú arditi
     E faccian queſti duo tutta la guerra
     Fin che l’un vinca, e l’altro reſti in terra.

 [64]
Co patto, che qual d’effi perde: faccia
     Che’l ſuo Re all’altro Re tributo dia,
     Queſta cúdition non credo ſpiaccia
     A Carlo, anchor che fu’l vantaggio ſia,
     Mi ſido ſi ne le robuſte braccia
     Poi di Ruggier, che vincitor ne ſia,
     E ragion tanta e da la noſtra parte
     Che vincerá s’ haueſſe incontra Marte.

 [65]
Con queſti & altri piú efficaci detti
     Fece Sobrin, ſi che’l partito ottenne,
     E gl’interpreti fur quel giorno eletti:
     E quel di a Carlo l’imbaſciata venne,
     Carlo e’ hauea tanti guerrier perfetti
     Vinta per ſé quella battaglia tenne,
     Di cui l’impreſa al buon Rinaldo diede
     In e’ hauea dopo Orlado maggior fede.

 [66]
Di qſto accordo lieto parimente
     l’uno eſercito e l’altro ſi godea:
     Che’l trauaglio del corpo e de la mente
     Tutti hauea ſtanchi, e a tutti rincreſcea:
     Ognun di ripoſare il rimanente
     De la ſua vita diſegnato hauea:
     Ogniun maledicea l’ire e i furori
     Ch’ a riſſe e a gare hauea lor deſti i cori.

 [67]
Rinaldo che eſaltar molto ſi vede:
     Che Carlo in lui di quel che tanto peſa
     Via piú ch’in tutti glialtri ha hauuto fede:
     Lieto ſi mette all’honorata impreſa,
     Ruggier non ſtima, e veramente crede
     Che contra ſé non potrá far difeſa:
     Che ſuo pari eſſer poſſa non glie auiſo,
     Se ben in capo ha Mandricardo vcciſo,

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 [68]
Ruggier da l’altra parte achor ch molto
Honor gli ſia, che’l ſuo Re l’habbia eletto
E pel miglior di tutti i buoni tolto,
A cui cornetta vn ſi importante effetto,
Pur moſtra affano, e gra meſtitia í volto:
Non per paura che gli turbi il petto,
Ch no ch’un ſol Rinaldo, ma non teme
Se foſſe con Rinaldo Orlando inſieme.

 [69]
Ma perche vede eſſer di lui ſorella
     La ſua cara e ſidiſſima conſorte,
     Ch’ ognihor ſcriuedo ſtimula e martella
     Come colei ch’e ingiuriata ſorte,
     Hor s’alle vecchie oſſeſe aggiunge qlla
     D’entrare I capo a porle il ſrate a morte,
     Se la fará d’amante coſi odioſa
     Ch’a placarla mai piú ſia dura coſa

 [70]
Se tacito Ruggier s’affligge & ange
     De la battaglia che mal grado prende,
     La ſua cara moglier lachryma e piange
     Come la nuoua idi a poche hore intéde,
     Batte il bel petto, e l’auree chiome ſrage
     E le guancie innocenti irriga e oſſende,
     E chiama con ramarichi e querele
     Ruggiero Igrato, e il ſuo deſtin crudele.

 [71]
D’ ogni ſin che ſortiſca la conteſa
     A lei non può venirne altro che doglia:
     C’habbia a morir Ruggiero í qſta impſa
     Péſar nò vuol: ch par che’l cor le toglia,
     Quado ancho per punir piú d’una oſſeſa
     La ruina di ſrancia Chriſto voglia,
     Oltre che fará morto il ſuo fratello
     Seguirá vn dáno a lei piú acerbo e fello.

 [72]
Che nò potrá, ſé nò con biaſmo, e ſcorno:
     E nimicitia di tutta ſua gente:
     Fare al marito ſuo mai piú ritorno,
     Siche lo ſappia ognun publicamente,
     Come s’ hauea pèſando notte e giorno
     Piú volte diſegnato ne la mente,
     E tra lor’ era la promeſſa tale
     Che’l ritrarſi e il pentir piú poco vale.

 [73]
Ma quella vſata ne le coſe auuerſe
     Di non mancarle di ſoccorſi ſidi.
     Dico Meliſſa Maga, non foſſerſe
     Vdime il pianto, e i doloroſi gridi,
     E venne a conſolarla, e le proferſe
     Quando ne foſſe il tempo, alti ſuſſidi,
     E diſturbar quella pugna ſutura
     Di ch’ella piange, e ſi pon tanta cura.

 [74]
Rinaldo in tanto, e l’inclyto Ruggiero
     Apparechiaua l’arme alla tenzone,
     Di cui douea l’eletta al caualliero
     Che del Romano imperio era campione,
     E come quel: che poi che’l buò deſtriero
     Perde Baiardo, andò ſempre pedone:
     Si eleſſe a pie, copto a piaſtra e a maglia
     Co l’Azza, e col pugnai far la battaglia.

 [75]
O foſſe caſo, o foſſe pur ricordo
     Di Malagigi ſuo prouido e faggio
     Che ſapea quanto Baliſarda ingordo
     Il taglio hauea di far all’arme oltraggio,
     Combatter ſenza ſpada fur d’accordo
     L’uno e l’altro guerrier eoe detto haggio
     Del luogo s’accordar preſſo alle mura
     De l’antiquo Arli in vna gran pianura.

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 [76]
A pena hauea la vigilante Aurora
     Da l’hoſtel di Tithon ſuor meſſo il capo
     Per dare al giorno terminato: e all’hora
     Ch’ era prefitta alla battaglia: capo:
     Quando di qua: e di la: vennero ſuora
     I deputati: e qſti in ciaſcun lato
     De gli ſteccati i padiglion tiraro:
     Appreſſo a i quali ambivo’ Aitar fermaro

 [77]
No molto dopo, Iſtrutto a ſchiera a ſchiera
     Si vide vſcir l’eſercito pagano:
     In mezo armato e ſuntuoſo v’ era
     Di barbarica pompa il Re Africano,
     E s’ un baio corſier di chioma nera
     Di ſronte bianca, e di duo pie balzano
     A par’ a par con lui venia Ruggiero
     A cui ſeruir non e Marſilio altiero.

 [78]
L’elmo che dianzi con trauaglio tanto
     Traſſe di teſta al Re di Tartaria,
     l’elmo che celebrato in maggior canto
     Porto il Troiano Hettor milP anni pria,
     Gli porta il Re Marſilio a canto a canto:
     Altri Principi & altra Baronia
     S’ hanno partite l’altr’ arme ſra loro
     Ricche di gioie e ben fregiate d’oro.

 [79]
Da l’altra parte ſuor de i gran ripari
     Re Carlo vſci con la ſua gente d’arme,
     Con gli ordini medeſmi e modi pari
     Che terria ſé veniſſe al fatto d’ arme,
     Cingonlo intorno i ſuoi famoſi Pari:
     E Rinaldo e con lui con tutte l’arme
     Fuor che l’elmo che ſu del Re Mabrino
     Che porta Vgier Daneſe Paladino.

 [80]
E di due Azze ha il Duca Namo P una
     E l’altra Salamon Re di Bretagna,
     Carlo da vn lato i ſuoi tutti raguna
     Da l’altro ſon quei d’Africa e di Spagna
     Nel mezo non appar perſona alcuna
     Voto riman gran ſpatio di campagna,
     Che per bando comune, a chi vi ſale
     Eccetto a i duo guerrieri e capitale.

 [81]
Poi che de l’arme la feconda eletta
     Si die al campion del populo Pagano,
     Duo ſacerdoti, l’un de l’una fetta
     l’altro de 1* altra, vſcir co i libri in mano,
     In quel del noſtro e la vita perfetta
     Scritta di Chriſto, e l’altro e l’Alcorano
     Con ql de l’Euangelio ſi ſé inante
     L’Imperator, co l’altro il Re Agramate.

 [82]
Giúto Carlo all’Aitar che ſtatuito
     I ſuoi gli haueano, al ciel leuo le palme:
     E diſſe, o Dio e’ hai di morir patito
     Per redimer da morte le noſtr’ alme,
     O Donna il cui valor ſu ſi gradito
     Che Dio preſe da te l’humane ſalme,
     E noue meſi ſu nel tuo ſanto aluo
     Sempre ſerbando il fior virgineo ſaluo.

 [83]
Siatemi teſtimoni ch’io prometto
     Per me: e per ogni mia ſucceſſione
     Al Re Agramante: & a chi dopo eletto
     Sara al gouerno di ſua regione,
     Dar venti ſome ognianno d’ oro ſchietto
     S’ hoggi qui riman vinto il mio capione:
     E ch’io prometto ſubito la triegua
     Incominciar: che poi perpetua ſegua,

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 [84]
E fe’n ciò manco ſubito s’ accenda
     La formidabil’ira d’ambidui,
     Laqual me ſolo e i miei ſigliuoli oſſenda
     Non alcun’ altro che ſia qui con nui,
     Si che in breuiſſima hora ſi comprenda
     Che ſia il mancar de la promeſſa a vui,
     Coſi dicendo Carlo fu’l Vangelo
     Tenea la mano, e gliocchi iíffi al cielo.

 [85]
Si leuan quindi, e poi vanno all’Altare
     Che riccamente hauean pagani adorno,
     Oue giuro Agramate ch’oltre al mare
     Con l’eſercito ſuo faria ritorno:
     Et a Carlo daria tributo pare
     Se reſtaffe Ruggier vinto quel giorno,
     E perpetua tra lor triegua faria
     Co i patti e’ hauea Carlo detti pria.

 [86]
E ſimilmente con parlar non baffo
     Chiainado i teſtimonio il gra Maumette
     Su’l libro ch’in man tiene il ſuo Papaſſo
     Ciò che detto ha, tutto oſſeruar pmette
     Poi del campo ſi partono a gran paſſo
     E tra i ſuoi l’uno e l’altro ſi rimette,
     Poi quel par di campioni a giurar venne
     E’l giuramento lor queſto contenne.

 [87]
Ruggier promette ſé de la tenzone
     Il ſuo Re viene o manda a diſturbarlo.
     Che ne ſuo guerrier piú ne ſuo barone
     Eſſer mai vuol, ma darli tutto a Carlo,
     Giura Rinaldo anchor, che ſé cagione
     Sara del ſuo Signor quindi leuarlo,
     Fin che non reſti vinto egli o Ruggiero,
     Si fará d’ Agramante caualliero.

 [88]
Poi che le cerimonie ſinite hanno
     Si ritorna ciaſcun da la ſua parte,
     Ne v’ indugiano molto, che lor danno
     Le chiare trombe ſegno al fiero Marte,
     Hor gli animoſi a ritrouar ſi vanno
     Con ſenno i paſſi diſpèfando & arte:
     Ecco ſi vede incominciar l’affalto
     Sonar il ferro, hor girar baffo hor’ alto.

 [89]
Hor inanzi col calce hor col martello
     Accenan quado al capoe quado al piede
     Con tal deſtrezza e con modo ſi ſnello
     Ch’ogni credenza il raccontarlo eccede,
     Ruggier che combattea cotra il fratello
     Di chi la miſera alma gli poſſiede,
     A ferir lo venia con tal riguardo
     Che ſtimato ne ſu manco gagliardo.

 [90]
Era a parar piú ch’a ferire intento
     E non ſapea egli ſteffo il ſuo deſire,
     Spegner Rinaldo faria mal contento
     Ne vorria volentieri egli morire,
     Ma ecco giunto al termine mi ſento
     Oue conuien l’hiſtoria diferire,
     Ne l’altro canto il reſto intenderete
     S’udir ne l’altro canto mi vorrete.