Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 39

Canto 39

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Canto 38 Canto 40

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CANTO XXXIX



[1]

L
’Affano di Ruggier benveramente

     E fopra ogn’altro duro acerbo e ſorte:
     Di cui trauaglia il corpo e piū la mente
     Poi che di due ſuggir non può vna morte:
     O da Rinaldo: ſé di lui poſſente
     Fia meno, o ſé ſia piū, da la conſorte
     Che fe’l ſratel le uccide fa ch’incorre
     Nel’odio ſuo, che piū ch morte abhorre.

[2]
Rinaldo che non ha ſimil penſiero
     In tutti i modi alla vittoria aſpira,
     Mena de l’Azza diſpettofo e fiero
     Qn alle braccia: e quado al capo mira,
     Volteggiado co l’haſta il buò Ruggiero
     Ribatte il colpo, e quinci e quindi gira:
     E ſé percuote pur: diſegna loco
     Oue poſſa a Rinaldo nuocer poco,

[3]
Alla piū parte de i ſignor pagani.
     Troppo par diſegual eſſer la zuffa,
     Troppo e Ruggier pigro a menar le māi
     Troppo Rinaldo il giouine ribuffa,
     Smarrito I faccia il Re de gli Africani
     Mira l’affalto, e ne ſoſpira e sbuffa
     Et accuſa Sobrin, da cui procede
     Tutto l’error che’l mal conſiglio diede.

[4]
Meliſſa in queſto tempo ch’era ſonte
     Di quanto ſappia incantatore o mago:
     Hauea cangiata la feminil fronte
     E del gran Re d’Algier preſa l’imago:
     Sembraua al viſo a i geſti Rodomonte
     E parea armata di pelle di drago:
     E tal lo ſcudo, e tal la ſpada al ſianco
     Hauea, quale vſaua egli, e nulla manco.

[5]
Spinſe il demonio inanzi al meſto figlio
     Del Re Troiano in ſorma di cauallo,
     E con gran voce e con turbato ciglio
     Diſſe Signor queſto e pur troppo fallo,
     Ch’un giouene ineſperto a far periglio
     Contra vn ſi ſorte e ſi famoſo Gallo
     Habbiate eletto, in coſa di tal ſorte
     Che’l regno e l’honor d’Africa n’iporte.

[6]
Non ſi laſſi ſeguir queſta battaglia
     Che ne farebbe in troppo detrimento,
     Su Rodomonte ſia, ne ve ne caglia,
     L’hauere il patto rotto, e’l giuramento,
     Dimoſtri ognun come ſua ſpada taglia
     Poi ch’io ci ſono ognun di voi vai cèto:
     Potè queſto parlar ſi in Agramante
     Che ſenza piū penſar ſi caccio inante.

[7]
Il creder d’hauer ſeco il Re d’Algieri
     Fece che ſi curo poco del patto,
     E non hauria di mille cauallieri
     Giunti in ſuo aiuto, ſi gran ſtima fatto,
     Perciò lancie abbaſſar ſpronar deſtrieri
     Di qua: di la veduto ſu in vn tratto,
     Meliſſa, poi che con ſue finte larue
     La battaglia attacco: ſubito ſparue.

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[8]
I duo campion chevedeno turbarli
     Cótra ogni accordo 9tra ogni prometta.
     Senza piú l’un con l’altro trauagliarſi
     Anzi ogni ingiuria hauèdoſi rimeria
     Fede ſi dan, ne qua: ne la impacciarli
     Fin che la coſa non ſia meglio eſpreffa
     Chi ſtato ſia che i patti ha rotto inante,
     O’I vecchio Carlo o’I giouene Agramate

[9]
E replican con nuoui giuramenti
     D’ eſſer nimici a chi manco di fede,
     Sozopra ſé ne van tutte le genti
     Chi porta inanzi: e chi ritorna il piede,
     Chi ſia ſra i vili, e chi tra i piú valenti
     In vn’atto medeſimo ſi vede:
     Son tutti parimente al correr preſti
     Ma quei corrono inanzi, e indietro qſti.

[10]
Come leurier che la ſugace ſera
     Correre intorno, & aggirarli mira,
     Ne può co gli altri cani adare í ſchiera
     Che’l cacciator lo tien, ſi ſtrugge d’ira
     Si tormenta, s’affligge, e ſi diſpera:
     Schiattile indarno, e ſi dibatte e tira:
     Coſi ſdegnoſa infin’allhora ſtata
     Marphiſa era quel di con la Cognata.

[11]
Fin’ a qll’hora hauean quel di vedute
     Si ricche prede in ſpatiofo piano:
     F che foſſer dal patto ritenute
     Di non poter ſeguirle e pomi mano
     Ramaricate s’ erano e dolute
     E n’ hauean molto ſoſpirato in vano
     Hor che i patti e le triegue vider rotte
     Liete ſaltar ne l’Africane ſrotte.

[12]
Marphiſa caccio l’haſta per lo petto
     Al primo che ſcótro due braccia dietro:
     Poi trafile il brado, e I me ch nò l’ho detto
     Spezzo quattro elmi che sèbrar di vetro
     Bradamante non ſé minore effetto
     Ma l’haſta d’or, tenne diuerſo metro,
     Tutti quei che tocco per terra miſe
     Duotanti ſur, ne perho alcuno vcciſe.

[13]
Queſto ſi preſſo l’una all’altra fero
     Che teſtimonie ſé ne fur tra loro,
     Poi ſi feoſtaro, & a ferir ſi diero
     Oue le traſſe l’ira: il popul Moro,
     Chi potrá còto hauer d’ogni guerriero
     Ch’a terra mandi quella lancia d’oro?
     O d’ ogni teſta che tronca o diuiſa
     Sia da la horribil ſpada di Marphiſa?

[14]
Come al ſoſſiar de piú benigni venti
     Quado Apènin ſcuopre l’herboſe ſpalle
     Muouonſi a par duo turbidi torrenti
     Che nel cader fan poi diuerſo calle,
     Suellono i faſſi e gli arbori eminenti
     Da l’alte ripe, e portar] ne la valle
     Le biade e i campi, e quaſi a gara fanno
     A chi far può nel ſuo camin piú danno,

[15]
Coſi le due magnanime guerriere
     Scorrendo il campo per diuerſa ſtradii.
     Gran ſtrage fan ne l’Africane ſchiere,
     L’una con P haſta, e l’altra con la ſpada,
     Tiene Agramante a pena alle bandiere
     La gente ſua, ch’in ſuga non ne vada,
     In van domanda: in van volge la ſronte
     Ne può ſaper chejla di Rodomonte

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[16]
A conſorto di lui rotto hauea il patto
     (Coſi credea) che ſu ſolènemente
     I Dei chiamando in teſtimonio, fatto:
     Poi s’ era dileguato ſi repente,
     Ne Sobrin vede áchor: Sobrin ritratto
     In Arli s’era: e dettoſi innocente,
     Perche di quel pergiuro, aſpra vendetta
     Sopra Agramante il di medeſmo aſpetta.

[17]
Marſilio ancho e fuggito ne la terra
     Si la religion gli preme il core,
     Perciò male Agramante il paſſo ferra
     A quei che mena Carlo Imperatore,
     D’ Italia di Lamagna e d’ Inghilterra
     Che tutte gente ſon d’ alto valore:
     Et hanno i Paladin ſparfi tra loro
     Come le gemme in vn riccamo d’oro.

[18]
E preſſo a i Paladini alcun perfetto
     Quato eſſer poſſa al mondo caualliero,
     Guidon ſeluaggio l’intrepido petto:
     E i duo famoſi ſigli d’Oliuiero,
     Io non voglio ridir ch’io l’ho giá detto
     Di quel par di donzelle ardito e fiero,
     Queſti vccidean di genti faracine
     Tanto che non v’e numero ne ſine.

[19]
Ma differendo queſta pugna alquanto
     Io vo paſſar ſenza nauilio il mare,
     Non ho co quei di Francia da far tanto
     Ch’ io nò m’habbia d’ Aſtolfo a ricordar:
     La gratia che gli die l’Apoſtol ſanto
     Io v’ ho giá detto, e detto hauer mi pare
     Ch’I Re Brazardo, e il Re de l’Algazera
     Per girli icotra armaffe ogni ſua ſchiera

[20]
Furon di quei e’ hauer poteano in fretta
     Le ſchiere di tutta Africa raccolte
     No me d’ inſerma etá che di perfetta
     Quaſi ch’anchor le femine fur tolte:
     Agramante oſtinato alla vendetta
     Hauea giá vota l’Africa duevolte,
     Poche genti rimaſe erano, e quelle
     Eſercito facean timido, e imbelle.

[21]
Ben lo moſtrar che gli nimici a pena
     Vider lontan, che ſé n’andaron rotti,
     Aſtolfo come pecore li mena
     Dinanzi a i ſuoi di guerreggiar piú dotti,
     E fa reſtarne la campagna piena:
     Pochi a Biſerta ſé ne ſon ridotti,
     Prigion rimaſe Bucifar gagliardo
     Saluoſſi ne la terra il Re Branzardo.

[22]
Via piú dolente ſol di Bucifaro
     Che ſé tutto perduto haueſſe il reſto,
     Biſerta e grande, e farle gran riparo
     Biſogna, e ſenza lui mal può far queſto,
     Poterlo riſcattar molto hauria caro:
     Mentre vi penſa, e ne ſta afflitto e meſto
     Gli viene in mente come tien prigione,
     Giá molti meſi il Paladin Dudone.

[23]
Lo preſe ſotto a Monacho in riuiera
     Il Re di Sarza nel primo paſſaggio,
     Da indi in qua prigion ſempre ſtato era
     Dudon, che del Daneſe ſu lignaggio,
     Mutar coſtui col Re de l’Algazera
     Penſo Brazardo, e ne mado meſſaggio
     Al Capitan de Nubi, perche inteſe
     Per vera ſpia ch’egli era Aſtolfo Ingleſe

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[24]
Eſſendo Aſtolfo Paladin, comprende
     Che dee hauer caro vn Paladino ſciorre
     Il gentil Duca come il caſo intende
     Col Re Branzardo in vn voler cOcorre,
     Liberato Dudon gratie ne rende
     Al Duca, e ſeco ſi mette a diſporre
     Le coſe che appertengono alla guerra
     Coii quelle da mar come da terra.

[25]
Hauendo Aſtolfo eſercito inſinito
     Da non gli far fette Afriche difeſa,
     E rSmentando come ſu ammonito
     Dal ſanto Vecchio che gli die l’impreſa
     Di tor Prouenza, e d’Aquamorta il lito
     Di man di Saracin che l’hauean preſa,
     D’ una gran turba fece nuoua eletta.
     Quella ch’ai mar gli panie manco inetta.

[26]
Et hauendoſi piene ambe le palme
     Quanto potean capir, di varie ſronde
     A lauri a cedri tolte a oliue a palme
     Venne fu’l mare e le gitto ne l’onde:
     O felici e dal ciel ben dilette alme
     Gratia che Dio raro a mortali inſonde,
     O ſtupendo miracolo che nacque
     Di quelle ſrondi, come fur ne l’acque

[27]
Crebbero in quantitá ſuor d’ ogni ſtima
     Si ſeron curue e groſſe e lunghe e graui,
     Le vene ch’attrauerſo haueano prima
     Mutaro in dure ſpranghe, e i groſſe traili
     E rimanendo acute in ver la cima
     Tutte in vn tratto diuentaro nani.
     Di differenti qualitadi e tante
     Quante raccolte fur da varie piante.

[28]
Miracol ſu veder le ſronde ſparte
     Produr fuſte, galee, naui da gabbia,
     Fu mirabile áchor che vele e farte
     E remi hauea quato alcú legno n’ habbia
     Non maco al Duca poi, chi haueſſe l’arte
     Di gouernarſi alla ventoſa rabbia,
     Che di Sardi e di Corſi non remoti
     Nocchier, padron, pénefi hebbe, e piloti.

[29]
Quelli che entraro in mar contati ſuro
     Ventiſeimila, e gente d’ogni ſorte,
     Dudon andò per capitano loro
     Cauallier faggio, e i terra, e in aqua ſorte,
     Staua l’armata anchora al lito Moro
     Miglior vento aſpettando che la porte
     Quando vn nauilio giunſe a quella riua
     Che di preſi guerrier carco veniua:

[30]
Portaua quei ch’ai periglioſo ponte
     Oue alle gioſtre il campo era ſi ſtretto
     Pigliato hauea l’audace Rodomonte,
     Come piú volte io v’ ho di fopra detto.
     Il cognato tra queſti era del Conte
     E’I fedel Bradimarte, e Sanſonetto
     Et altri anchor che dir non mi biſogna
     D’ Alemagna, d’ Italia, e di Guaſcogna.

[31]
Quiui il nocchier ch’achor nò s’ era accorto
     De gli inimici, entro co la galea,
     Laſciado molte miglia a dietro il porto
     D’Algieri, oue calar prima uolea:
     Per vn vento gagliardo ch’era ſorto
     E ſpinto oltre il douer la poppa hauea,
     Venir tra i ſuoi credette, e in loco ſido
     Come vien Progne al ſuo loquace nido.

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[32]
Ma come poi 1' Imperiale augello
     I Gigli doro, e i Pardi vide appretto,
     Reſto pallido in faccia, come quello
     Che’l piede incauto d’iprouifo ha meſſo
     Sopra il ſerpente venenoſo e fello
     Dal pigro ſonno in mezo l’herbe oppſſo,
     Che ſpauentato e ſmorto ſi ritira
     Fuggendo ql che pien di toſco e d’ ira,

[33]
Giá non potè ſuggir quindi il nocchiero
     Ne tener ſeppe iprigion ſuoi di piatto,
     Con Brandimarte ſu con Oliuiero
     Con Sanſonetto e con molti altri tratto,
     Oue dal Duca, e dal ſigliuol d’Vggiero
     Fu lieto viſo a gli fuo’ amici fatto:
     E per mercede lui che li conduſſe
     Volſon che condanato al remo ſuſſe.

[34]
Come io vi dico dal ſigliuol d’ Othone
     I cauallier chriſtian ſuron ben viſti,
     E di menſa honorati al padiglione
     D’arme, e di ciò che biſogno prouiſti,
     Per amor d’ eſſi differí Dudone
     Landata ſua, che non minori acquiſti
     Di ragionar con tai baroni eſtima,
     Ch d’ eſſer gito vno o duo giorni prima.

[35]
In che ſtato, in che termine, ſi troue
     E Fracia, e Carlo, íſtruttion vera hebbe,
     E doue piú ſicuramente, e doue
     Per far miglior effetto, calar debbe,
     Mentre da lor venia intendendo nuoue
     S’udi vn rumor che tuttauia piú crebbe:
     E vn dar all’arme ne ſegui ſi fiero.
     Che fece a tutti far piú d’un penſiero.

[36]
Il Duca Aſtolfo, e la compagnia bella
     Che ragionando inſieme ſi trouaro:
     In vn momento armati ſuro, e in fella:
     E verſo il maggior grido in fretta adaro,
     Di qua, di la cercando pur nouella
     Di quel romore, e in loco capitaro
     Oue videro vn’ huom tanto feroce,
     Che nudo, e ſolo, a tutto’l campo nuoce.

[37]
Menaua vn ſuo baſton di legno inuolta
     Che era ſi duro, e ſi graue, e ſi fermo:
     Che declinando quel, facea ogni volta
     Cader I terra vn’huo peggio ch’infermo,
     Giá a piú di cento hauea la vita tolta
     Ne piú ſé gli facea riparo o ſchermo,
     Se non tirando di lontan ſaette
     D’appreffo no e alcun giá che l’aſpette.

[38]
Dudone, Aſtolfo, Brandimarte, eſſendo
     Corſi in fretta al romore, & Oliuiero:
     De la gran ſorza, e del valor ſtupendo
     Stauan marauiglioſi di quel fiero,
     Quando venir s’ un palaſren correndo
     Videro vna Donzella in veſtir nero,
     Che corſe a Brandimarte, e ſalutollo
     E gli alzo a u tèpo abe le braccia al collo

[39]
Queſta era Fiordiligi, che ſi acceſo
     Hauea d’amor per Brandimarte il core,
     Che quádo al ponte ſtretto il laſcio pſo
     Vicina ad impazzar ſu di dolore,
     Di la dal mare era paſſata, inteſo
     Hauendo dal Pagan che ne ſu authore,
     Che mandato con molti cauallieri
     Era prigion ne la citta d’Algieri.

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[40]
Quado ſu per panare hauea trouato
     A Marſilia vna naue di leuante
     Ch’ un vecchio caualliero hauea portato
     De la famiglia del Re Monodate:
     Ilqual molte prouincie hauea cercato
     Quado per mar quado per terra errate:
     Per trouar Bradimarte: ch nuoua hebbe
     Tra via di lui ch’in Fracia il trouerebbe.

[41]
Et ella conoſciuto che Bardino
     Era coſtui, Bardino che rapito
     Al padre Brandimarte piccolino
     Et a rocca Siluana hauea notrito,
     E la cagione inteſa del camino
     Seco fatto l’hauea ſcioglier dal lito,
     Hauendogli narrato in che maniera
     Brandimarte paſſato in Africa era.

[42]
Toſto che ſuro a terra vdir le nuoue
     Ch’affediata d’ Aſtolfo era Biſerta:
     Che ſeco Brandimarte ſi ritroue
     Vdito hauean, ma non per coſa certa,
     Hor Fiordiligi in tal fretta ſi muoue
     Come lo vede, che ben moſtra aperta
     Quella allegrezza ch’i preceſſi guai
     Le fero la maggior c’haueſſe mai.

[43]
Il gentil cauallier non men giocondo
     Di veder la diletta e ſida moglie
     Ch’amaua piú che coſa altra del mondo,
     l’abraccia eſtrige e dolceméte accoglie,
     Ne per fatiare al primo ne al fecondo
     Ne al terzo bacio era l’accefe voglie,
     Se no ch’alzado gliocchi hebbe veduto
     Bardin che con la Donna era venuto.

[44]
Steſe le mani & abbracciar lo volle
     E inſieme domandar perche venia,
     Ma di poterlo far tempo gli tolle
     Il campo ch’in diſordine ſuggia,
     Dinanzi a quel baſton che’l nudo ſolle
     Menaua intorno, e gli facea dar via:
     Fiordiligi miro quel nudo in ſronte
     E grido a Bradimarte eccoui il Conte,

[45]
Aſtolfo tutto a vn tempo ch’era quiui
     Che qſto Orlando foſſe hebbe paleſe,
     Per alcun ſegno che da i vecchi Diui
     Su nel terreſtre Paradiſo inteſe,
     Altrimente reſtauan tutti priui
     Di cognition di quel Signor corteſe,
     Che per lungo ſprezzarfi, come ſtolto
     Hauea di ſera piú che d’huomo il volto.

[46]
Aſtolfo per pietá che gli traffiſſe
     Il petto e il cor, ſi volſe lachrymando
     Et a Dudon (che gli era appreſſo) diſſe
     Et indi ad Oliuiero, eccoui Orlando,
     Quei gli occhi alquato e le palpebre ſide
     Tenendo in lui, l’andar raſſigurando:
     E’l ritrouarlo in tal calamitade
     Gli empi di marauiglia e di pietade.

[47]
Piangeano quei Signor per la piú parte
     Si lor ne dolſe, e lor n’ encrebbe tanto,
     Tempo e (lor diſſe Aſtolfo) trouar’ arte
     Di riſanarlo, e non di fargli il piato,
     E ſalto a piedi, e coſi Brandimarte
     Sanſonetto, Oliuiero, e Dudon ſanto,
     E s’ auentaro al nipote di Carlo
     Tutti in vn tèpo, che volean pigliarlo,

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[48]
Orlando che ſi vide fare il cerchio
     Meno il baſton da diſperato e ſolle,
     Et .1 Dudon che ſi facea coperchio
     Al capo de lo ſcudo & entrar volle:
     Fé ſentir ch’era grane di ſoperchio:
     E ſé non che Oliuier col brando tolle
     Parte del colpo, hauria il baſtone igiuſto
     Rotto lo ſcudo, l’elmo, il capo, e il buſto.

[49]
Lo ſcudo roppe ſolo, e ſu l’elmetto
     Tempeſto ſi, che Dudon cadde in terra,
     Meno la ſpada a vn tempo Sanſonetto
     E del baſton piú di duo braccia afferra,
     Con valor tal, che tutto il taglia netto
     Brandimarte ch’adoſſo ſé gli ferra
     Gli cinge i ſianchi quáto può con ambe
     Le braccia, e Aſtolfo il piglia ne le gabe.

[50]
Scuoteſi Orlando, e lungi dieci paſſi
     Da ſé l’Ingleſe ſé cader riuerſo,
     Non fa perho, che Brandimarte il laſſi
     Che con piú ſorza l’ha preſo a trauerſo,
     Ad Oliuier che troppo inanzi faſſi
     Meno vn pugno ſi duro e ſi peruerſo
     Che lo ſé cader pallido & eſangue
     E dal naſo e da gliocchivſcirgli il ſague.

[51]
E ſé non era l’elmo piú che buono
     C’hauea Oliuier, l’hauria ql pugno vcciſo,
     Cadde perho, come ſé fatto dono
     Haueſſe de lo ſpirto al paradiſo:
     Dudone e Aſtolfo, che leuati ſono
     Benché Dudone habbia gonſiato il viſo
     E Sanſonetto che’l bel colpo ha fatto
     Adoſſo a Orlando ſon tutti in vn tratto.

[52]
Dudon co gran]_vigor dietro l’abbraccia
     Pur tentando col pie farlo cadere,
     Aſtolfo e glialtri gli ha preſe le braccia:
     Ne lo puon tutti inſieme ancho tenere,
     C ha viſto Toro a cui ſi dia la caccia
     E ch’alle orecchie habbia le Zanne ſiere
     Correr mugliando, e trarre ouúque corre
     I cani ſeco, e non poterli ſciorre.

[53]
Imagini ch’Orlando foſſe tale
     Che tutti quei guerrier ſeco trahea:
     In quel tempo Oliuier di terra ſale
     La doue ſtefo il gran pugno l’hauea,
     E viſto che coſi ſi potea male
     Far di lui ql ch’Aſtolfo far volea:
     Si pèſo vn modo, & ad effetto il meſſe,
     Di far cader Orlando, e gli£fucceffe.

[54]
Si ſé quiui arrecar piú d’una ſune
     E con nodi correnti adatto preſto:
     Et alle gambe, & alle bracia, alcune
     Fé porre al Conte, & a trauerſo il reſto:
     Di quelle i capi poi parti in commune
     E li diede a tenere a quello e a queſto:
     Per quella via che Maniſcalco atterra
     Cauallo o bue, ſu tratto Orlado in terra.

[55]
Come egli e in terra, gli ſon tutti adoſſo
     E gli lega piú ſorte, e piedi, e mani,
     Affai di qua: di la s’è Orlando ſcoſſo
     Ma ſono i ſuoi risforzi tutti vani:
     Comanda Aſtolfo che ſia quindi moſſo
     Che dice voler far che ſi riſani.
     Dudo ch’e grade, il leua in ſu le ſchene
     E porta al mar, fopra l’eſtreme arene.

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[56]
Lo fa lauar Aſtolfo fette volte
     E fette volte ſotto acqua l’attuffa,
     Si che dal viſo e da le membra ſtolte
     Lena la brutta rugine e la muſſa,
     Poi co certe herbe a queſto effetto colte
     La bocca chiuder fa che ſoſſia e buffa:
     Che non volea e’ haueſſe altro meato
     Onde ſpirar, che per lo naſo, il ſiato.

[57]
Haueaſi Aſtolfo apparecchiato il vaſo,
     In che il Senno d’Orlando era rinchiuſo,
     E quello in modo approptquogli al naſo
     Che nel tirar che fece il ſiato in ſuſo,
     Tutto il voto, marauiglioſo caſo
     Che ritorno la mente al primier’ vſo,
     E ne ſuoi bei diſcorſi l’intelletto
     Riuenne piú che mai lucido e netto.

[58]
Come chi da noioſo e graue ſonno,
     Oue o vedere abomineuol ſorme
     Di moſtri, che non ſon, ne ch’effer póno
     O gli par coſa far ſtrana & enorme,
     Anchor ſi marauiglia, poi che donno
     E fatto de ſuoi ſenſi, e che non dorme:
     Coſi poi che ſu Orlando d’error tratto
     Reſto marauiglioſo e ſtupefatto.

[59]
E Brandimarte, e il ſratel d’Aldabella,
     E quel che’l ſenno in capo gli riduſſe,
     Pur penſando riguarda, e non fauella
     Come egli quiui e quando ſi conduſſe,
     Giraua gliocchi in queſta parte e in qlla
     Ne ſapea imaginar doue ſi ſuſſe,
     Si marauiglia che nudo ſi vede
     E tante funi ha da le ſpalle al piede.

[60]
Poi diſſe, come giá diſſe Sileno
     A quei che lo legar nel cauo ſpeco,
     Soluite me, con viſo ſi ſereno
     Con guardo ſi men del vſato bieco:
     Che ſu ſlegato, e de panni e’ hauieno
     Fatti arrecar, participaron ſeco,
     Confolandolo tutti del dolore
     Che lo premea di ql paſſato errore.

[61]
Poi che ſu all’effer primo ritornato
     Orlando piú che mai faggio e virile,
     D’amor ſi trouo inſieme liberato,
     Si che colei che ſi bella e gentile
     Gli parue dianzi, e e’ hauea tanto amato
     Non ſtima piú ſé non per coſa vile,
     Ogni ſuo ſtudio, ogni diſio riuolſe
     A racquiſtar, quanto giá Amor le tolſe.

[62]
Narro Bardino intanto a Brandimarte
     Che morto era il ſuo padre Monodante,
     E che a chiamarlo al regno egli da parte
     Voni 11 ;i prima del ſratel Gigliante:
     Poi de le genti, c’habitan le ſparte
     Iſole in mare e l’ultime in Leuante,
     Di che non era vn’ altro regno al mondo
     Si ricco populofo, o ſi giocondo.

[63]
Diſſe tra piú ragion che douea farlo
     Che dolce coſa era la patria: e quando
     Si diſponeſſe di voler guſtarlo
     Hauria poi ſempre i odio andare errado,
     Brandimarte riſpofe, voler Carlo
     Seruir per tutta queſta guerra e Orlado:
     E ſé potea vederne il ſin, che poi
     Penferia meglio fopra i caſi ſuoi.

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[64]
Il di ſeguente la ſua armata ſpinfe
     Verſo prouenza il figlio del Daneſe:
     Indi Orlando col Duca ſi riſtrinfe
     Et in che ſtato era la guerra Iteſe:
     Tutta Biſerta poi d’ aſſedio cinſe
     Dando perho l’honore al Duca Ingleſe
     D’ ogni vittoria, ma quel Duca il tutto
     Facea, come dal Conte venia inſtrutto.

[65]
Ch’ ordine habbian tra lor, eòe s’ aſſaglia
     La gran Biſerta, e da che lato, e quado:
     Come ſu preſa alla prima battaglia,
     Chi nel honor parte hebbe con Orlado:
     S’io non vi ſeguito hora, non vi caglia
     Ch’io non me ne vo molto dilungando,
     In queſto mezo di ſaper vi piaccia
     Come da i Frachi i Mori hano la caccia.

[66]
Fu quaſi il Re Agramate abbandonato
     Nel pericol maggior di quella guerra,
     Che con molti pagani era tornato
     Marſilio, e’l Re Sobrin dentro alla terra:
     Poi ſu l’armata e queſto e quel montato
     Ch dubbio haueS di no ſaluarſi in terra,
     E duci e cauallier del popul Moro
     Molti ſeguito hauean l’efempio loro.

[67]
Pure Agramante la pugna foſtiene
     E quando ſinalmente piú non puote
     Volta le ſpalle, e la via dritta tiene
     Alle porte non troppo indi remote, ’
     Rabican ’dietro in gran fretta gli viene
     Che Bradamante ſtimola e percuote:
     D’ucciderlo era diſioſa molto
     Ch tate volte il ſuo Ruggier le ha tolto.

[68]
Il medeſmo deſir Marphiſa hauea
     Per far del padre ſuo tarda vendetta,
     E con gli ſproni quanto piú potea
     Facea il deſtrier ſentir ch’ella hauea fretta:
     Ma ne l’una ne l’altra vi giungea
     Si a tempo che la via foſſe intercetta
     Al Re: d’entrar ne la citta ferrata
     Et indi poi ſaluarſi in ſu l’armata.

[69]
Come due belle e generoſe Parde
     Che ſuor del laſcio ſien di pari vſcite,
     Poſcia ch’i cerui, o le capre gagliarde
     In damo hauer ſi veggano ſeguite,
     Vergognandoli quaſi che fur tarde:
     Sdegnoſe ſé ne tornano e pentite:
     Coſi tornar le due Donzelle, quando
     Videro il Pagan ſaluo, ſoſpirando

[70]
Non perho ſi fermar, ma ne la ſrotta
     De glialtri che ſuggiuano cacciarli,
     Di qua: di la facendo ad ogni botta
     Molti cader, ſenza mai piú leuarſi,
     A mal partito era la gente rotta,
     Che per ſuggir no potea áchor ſaluarſi,
     Ch’ Agramate hauea fatto per ſuo ſcapo
     Chiuder la porta ch’uſcia verſo il capo.

[71]
E fatto fopra il Rodano tagliare
     I ponti tutti, ah sfortunata plebe
     Che doue del Tyranno vtile appare
     Sempre e in conto di pecore e di zebe:
     Chi s’ affoga nel fiume, e chi nel mare
     Chi ſanguinoſe fa di ſé le glebe,
     Molti perir, pochi reſtar prigioni:
     Che pochi, a farſi taglia, erano buoni.

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[72]
De la gran moltitudine ch’ucciſa
     Fu da ogni parte in qſta vltima guerra,
     (Ben che la coſa non ſu vgual diuiſa
     Ch’assai piú andar de i ſaracin ſotterra
     Per man di Bradamante e di Marphiſa)
     Se ne vede anchor ſegno i quella terra,
     Che preſſo ad Arli oue il Rodao ſtagna
     Piena di ſepolture e la campagna.

[73]
Fatto hauea i tato il Re Agramate ſciorre
     E ritirar in alto i legni graui,
     Laſciando alcuni e i piú leggieri a torre
     Quei che volean ſaluarſi in ſu le natii:
     Vi ſte duo di per chi ſuggia raccorre,
     E perche venti eran contrari e praui:
     Fece lor dar le vele il terzo giorno,
     Ch’ in Africa credea di far ritorno.

[74]
Il Re Marſilio che ſta in gran paura
     Ch’ alla ſua Spagna, il ſio pagar non tocche
     E la tépeſta horribilmente oſcura
     Sopra ſuoi campi all’ultimo nò ſcocche:
     Si ſé porre a Valenza, e con gran cura
     Comincio a riparar cartella e rocche,
     E preparar la guerra, che ſu poi
     La ſua ruina, e de gli amici ſuoi.

[75]
Verſo Africa Agramante alzo le vele
     De legni male armati, e voti quaſi,
     D’huomini voti, e pieni di querele:
     Per ch’in Fracia i tre quarti eran rimali,
     Chi chiama il Re ſuperbo: chi crudele,
     Chi ſtolto, e come Auuiene in ſimil caſi
     Tutti glivoglion mal ne lor ſecreti,
     Ma timor ii’hano, e ſtan per ſorza cheti.

[76]
Pur duo tal’hora o tre ſchiudò le labbia
Ch’ amici ſono, e che tra lor s’ han fede:
E sfogano la cholera, e la rabbia
E’l miſero Agramante anchor ſi crede
Ch’ognú gli porti amore, e pietá gli habbia
E qſto gl’interuien pche nò vede
Mai viſi ſé non ſinti, e mai non ode
Se non adulation mèzogne e ſrode.

[77]
Eraſi conſigliato il Re Africano
     Di non ſmontar nel porto di Biſerta
     Perho e’ hauea del popul Nubiano
     Che quel lito tenea, nouella certa,
     Ma tenerſi di fopra, ſi lontano
     Che non foſſe acre la diſceſa & erta,
     Metterli in terra, e ritornare al dritto
     A dar ſoccorſo al ſuo populo afflitto.

[78]
Ma il ſuo fiero deſtin, che non riſponde
     E quella intention prouida e ſaggia,
     Vuol che l’armata che nacque di ſronde
     Miracoloſamente ne la ſpiaggia,
     E vien ſolcado inuerſo Francia l’onde,
     Con qſta ad incòtrar di notte s’ haggia,
     A nubiloſo tempo, oſcuro, e triſto
     Perche ſia in piú diſordine ſprouiſto.

[79]
Non ha hauuto Agramate anchora ſpia
     Ch’Aſtolfo mandi vna armata ſi groſſa,
     Ne creduto acho (a chil diceſſe) hauria
     Che cento naui vn ramuſcel far poſſa,
     E vien ſenza temer, ch’intorno ſia
     Che contra lui s’ ardiſea di far moſſa:
     Ne pone guardie, ne veletta in gabbia:
     Che di ciò che ſi ſcuopre, auifar’ habbia.

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[80]
Si che i nauili, che d’Aſtolfo hauuti
     Hauea Dudon, di buona gente armati,
     E che la ſera hauean queſti veduti
     Et alla volta lor s’eran drizzati,
     Aſſalir gli nimici ſproueduti
     Gittaro i ferri e ſonſi incatenati:
     Poi ch’ai parlar certificati ſoro
     Ch’erano Mori, e gli nimici loro.

[81]
Ne l’arriuar che i gran nauili fenno
     (Spirando il vento a lor deſir fecondo)
     Ne i Saracin con tale impeto denno,
     Che molti legni ne cacciaro al fondo,
     Poi cominciaro oprar le mani, e il ſenno
     E ferro, e fuoco, e faſſi di gran pondo
     Tirar con tanta, e ſi ſiera tempeſta
     Che mai non hebbe il mar ſimile a qſta

[82]
Quei di Dudone a cui poſſanza e ardire
     Piú del ſolito e lor dato di fopra
     (Che venuto era il tempo di punire
     I ſaracin di piú d’ una mal’opra)
     Sanno appreſſo e lontan ſi ben ferire
     Che no troua Agramante oue ſi cuopra:
     Gli cade fopra vn nembo di ſaette
     Da lato ha ſpade, e graſſi, e picche, e accette

[83]
D’ alto cader ſente gran^ſaſſi e graui
     Da machine cacciati, e da tormenti,
     E prore e poppe ſraccaſſar de naui
     Et aprire vſci al mar larghi e patenti,
     E’l maggior danno e de l’incendi praui
     A naſcer preſti ad amorzarſi lenti:
     La sfortunata ciurma ſi vuol torre
     Del gra periglio e via piú ognhor vi corre.

[84]
Altri che’l ferro e l’inimico caccia
     Nel mar ſi getta: e vi s’affoga e reſta,
     Altri che muoue a tepo piedi e braccia
     Va per ſaluarſi o in qlla barca o in qſta,
     Ma qlla graue oltre il douer, lo ſcaccia
     E la man per ſalir troppo moleſta
     Fa reſtare attaccata ne la ſponda:
     Ritorna il reſto a far ſanguigna l’onda.

[85]
Altri che ſpera in mar ſaluar la vita
     O perderlaui al men con minor pena:
     Poi che notando non ritroua aita
     E mancar ſente l’animo e la lena,
     Alla vorace ſiamma e’ ha ſuggita
     La tema di annegarli ancho rimena:
     S’abbraccia a u legno ch’arde, e p timore
     C ha di due morte, in ambe ſé ne muor.

[86]
Altri per tema di ſpiedo o d’ accetta
     Che vede appſſo, al mar ricorre I vano:
     Perche dietro gli vien pietra o ſaetta
     Che non lo laſcia andar troppo lontano,
     Ma faria ſorſè, mentre che diletta
     Il mio cantar, conſiglio vtile e ſano
     Di finirlo piú toſto che ſeguire
     Tanto che v’ annoiaffe il troppo dire.