Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/528


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Crederò ben che ſian gli Arabi ſcefi
     Da le montagne, & habbia dato il guaſto
     E ſaccheggiato, e morti huomini e preſi
     Oue trouato hauran podio contraſto:
     E che Branzardo che di quei paeſi
     Luogotenente e ViceRe e rimaſto
     Per le decine ſcriua le migliaia
     Accio la ſcufa ſua piú degna paia.

 [45]
Vo concedergli anchor che ſieno i Nubi
     Per miracol dal ciel ſorſè piouuti,
     O ſorſè aſcofi venner ne le nubi
     Poi che non fur mai per camin veduti,
     Temi tu che tal gente Africa rubi?
     Se ben di piú ſoccorſo non l’aiuti?
     Il tuo preſidio hauria ben triſta pelle
     Quando temeſſe vn populo ſi imbelle

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Ma ſé tu mandi anchor che poche naui,
     Pur che ſi veggan gli ſtendardi tuoi,
     NO ſciogliera di qua ſi toſto i caui
     Che ſuggiranno ne i confini ſuoi
     Queſti o ſien Nubi, o ſieno Arabi ignaui,
     A i quali il ritrouarti qui con noi
     Separato pel mar da la tua terra,
     Ha dato ardir, di romperti la guerra.

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Hor piglia il tempo che per eſſer ſenza
     Il ſuo Nipote Carlo: hai di vendetta,
     Poi ch’Orlando non e’ e, far refiſtenza
     Non ti può alcun de la nimica fetta,
     Se per non veder laſci o negligenza
     l’honorata vittoria che t’ aſpetta,
     Volterá il caluo, oue hora il crin ne moſtra
     Co molto dáno e luga iſamia nra.

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Con qſto & altri detti accortamente
     l’Hiſpano perſuader vuol nel concilio
     Che non eſca di Francia queſta gente
     Fin che Carlo non ſia ſpinto in eſilio,
     Ma il Re Sobrin che vide apertamente
     Il camino a che andaua il Re Marſilio:
     Che piú per l’util proprio, queſte coſe
     Che pel cómun dicea, coſi riſpofe.

 [49]
Quando io ti confortaua a ſtare in pace
     Foſſe io ſtato Signor falſo indouino,
     O tu, ſé io douea pure eſſer verace,
     Creduto haueſſi al tuo fedel Sobrino,
     E non piú toſto a Rodomonte audace
     A Marbaluſto a Alzirdo e a Martafino
     Liquali hora vorrei qui hauere a ſronte
     Ma vorrei piú de glialtri Rodomonte.

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Per rinfacciargli che volea di Francia
     Far quel che ſi faria d’un ſragil vetro:
     E in cielo e ne lo’nferno la tua lancia
     Seguire, anzi laſciarfela di dietro,
     Poi nel biſogno ſi gratta la pancia
     Nel otio immerſo abominoſo e tetro,
     Et io che per predirti il vero allhora
     Codardo detto ſui: ſon teco anchora.

 [51]
E faro ſempremai, ſin ch’io ſiniſca
     Queſta vita, ch’anchor che d’ani graue
     Porſi incontra ogni di per te s’ arrifea
     A qualuqj di Frácia piú nome haue:
     Ne fará alcun ſia chi ſi vuol ch’ardiſea
     Di dir che l’opre mie mai foſſer praue:
     E non han piú di me fatto ne tanto,
     Molti che ſi donar di me piú vanto.