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Prima hauendo ſpacciato vn ſuttil legno
Ch’a vele e a remi andò battendo l’ali
Ad Agramante auiſo, come il regno
Patia dal Re de Nubi oltraggi e mali,
Giorno e notte andò quel ſenza ritegno
Tanto che giunſe a i liti Prouenzali:
E trouo in Arli il ſuo Re mezo oppreſſo.
Ch’I capo hauea di Carlo u miglio apffo
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Sentèdo il Re Agramante a che periglio
Per guadagnare il regno di Pipino
Laſciaua il ſuo: chiamar fece a conſiglio
Principi, e Re del popul ſaracino,
E poi ch’una o due volte giro il ciglio
Quinci a Marſilio, e qndi al Re Sobrino
I quai d’ ognialtro fur che vi veniſſe
I duo piú atiqui e faggi, coſi diſſe.
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Quatúque io ſappia come mal cóuegna
A vn capitano dir non mei penſai
Pur lo diro, che quado vn dannovegna
Da ogni diſcorfo human lontano assai:
A quel fallir par che ſia eſcufa degna,
E qui ſi verſa il caſo mio: ch’errai
A laſciar d’arme l’Africa sfornita
Se da li Nubi eſſer douea aſſalita.
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Ma chi peſato hauria ſuor che Dio ſolo
A cui non e coſa ſutura ignota:
Che doueſſe venir con ſi gran ſtuolo
A farne danno gente ſi remota?
Tra i quali e noi, giace l’inſtabil ſuolo
Di quella arena ognihor da venti mota,
Pur e venuta ad affediar Biſerta
Et ha in gran parte l’Africa deſerta.
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Hor fopra ciò voſtro còſiglio chieggio
Se partirmi di qui ſenza far ſrutto:
O pur ſeguir tanto l’impreſa deggio
Che prigion Carlo meco habbi codutto,
O come inſieme io ſalui il noſtro ſeggio
E queſto imperiai laſci diſtrutto,
S’ alcun di voi fa dir, priego noi taccia
Accio ſi troui il meglio, e quel ſi faccia.
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Coſi diſſe Agramante, e volſe gliocchi
Al Re di Spagna ch gli ſedea appreſſo:
Come moſtrando di voler che tocchi
Di quel e’ ha detto la riſpoſta ad eſſo,
E quel, poi ch ſurgèdo hebbe i ginocchi
Per riuerentia: e coſi il capo ſleſſo,
Nel ſuo honorato ſeggio ſi raccolſe
Indi la lingua a tai parole ſciolſe .
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O bene o mal che la Fama ci apporti
Signor, di ſemp accreſcere ha in vſanza:
Perciò non fará mai ch’io mi ſconſorti
O mai piú del douer pigli baldanza.
Per caſi o buoni o rei che ſieno ſorti,
Ma ſemp hauro di par tema e ſperanza
Ch’ eſſer debban minori, e no del modo
Ch’a noi per tante lingue venir’ odo.
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E tanto men preſtar gli debbo fede
Quanto piú al veriſimile s’ oppone,
Hor ſé glie veriſimile ſi vede
C habbia con tanto numer di perſone
Poſto ne la pugnace Africa il piede
Vn Re di ſi lontana regione,
Trauerfando l’arene a cui Cambyfe
Con male augurio il popul ſuo comife.