Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 24

Canto 24

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Canto 23 Canto 25

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CANTO XXIIII



 [1]

C
Hi mette il pie ſu l’amoroſa pania

     Cerchi ritrarlo, e non v’inueſchi l’ale
     Che non e in soma Amor ſé non inſania
     A giuditio de Saui vniuerſale,
     E ſé ben come Orlādo ognun nò ſmania
     Suo furor moſtra a qualch’altro ſegnale
     E quale e di pazzia ſegno piū eſpreffo
     Che per altri voler perder ſé ſteffo?

 [2]
Varii gli effetti ſon, ma la pazzia
     E tutt’una perho che li fa vſcire:
     Glie come vna gran ſelua, oue la via
     Conuiene a ſorza a chi vi va fallire:
     Chi ſu, chi giū, chi qua, chi la, trauia:
     Per concludere in ſomma io vi vo dire
     A chi í amor s’iuecchia oltr’ogni pena
     Si conuengono i ceppi, e la catena.

 [3]
Ben mi ſi potria dir, ſrate tu vai
     L’altrui nioſtrado, e non vedi il tuo fallo
     10 vi riſpondo, che comprendo assai
     Hor che di mente ho lucido interuallo:
     Et ho gran cura (e ſpero farlo hormaií
     Di ripoſarmi, e d’uſcir ſuor di ballo
     Ma torto far come vorrei noi poſſo
     Che’l male e penetrato infin’alP oſſo.

 [4]
Signor nel altro canto io vi dicea
     Che’l ſorſennato e ſurioſo Orlando
     Tratteſi l’arme e ſparfe al campo hauea
     Squarciati i panni, via gittato il brado,
     Suelte le piante, e riſonar facea
     I caui faſſi e l’alte ſelue, quando
     Alcun paſtori al ſuon traſſe in quel lato
     Lor ſtella, o qualche lor graue peccato.

 [5]
Viſte del pazzo l’incredibil proue
     Poi piū d’appreffo e la poſſanza eſtrema
     Si voltan per ſuggir, ma non fanno oue
     Si come auuiene in ſubitana tema,
     11 pazzo dietro lor ratto ſi muoue
     Vno ne piglia, e del capo lo ſcema
     Con la facilita, che torria alcuno
     Dal arbor pome, o vago fior dal pruno.

 [6]
Per vna gamba il graue tronco preſe
     E quello vſo per mazza adoſſo al reſto
     In terra vn paio addormentato ſtefe
     Ch’al nouiſſimo di ſorſè ſia deſto,
     Glialtri ſgombraro ſubito il paeſe
     C hebbono il piede, eil buono auiſo pſto
     Non faria ſtato il pazzo al ſeguir lento
     Se non ch’era giā volto al loro armento.

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 [7]
Gli agricultori accorti a gl’altru’ eſèpli
     Laſcian ne i campi aratri e marre e falci:
     Chi monta ſu le caſe, e chi ſu i templi
     Poi che non ſon ſicuri Olmi ne Salci,
     Onde l’horrenda ſuria ſi contempli
     Ch’a pugni, ad vrti, a raorfi, a graſſi, a calci
     Caualli e buoi rOpe ſraccaſſa e ſtrugge
     E ben e corridor chi da lui ſugge.

 [3]
Giá potreſte ſentir come ribombe
     l’alto rumor ne le propinque ville,
     D’urli e di corni, ruſticane trombe
     E piú ſpeffo ch d’altro il ſuon di ſquille,
     E con ſpuntoni, & archi, e ſpiedi, e ſrobe
     Veder da i monti ſdrucciolarne mille
     Et altritanti andar da baffo ad alto
     Per fare al pazzo vn villaneſco affatto.

 [9]
Qual venir ſuol nel falſo lito l’onda
     Moſſa dal auſtro ch’a principio ſcherza
     Che maggior de la prima, e la feconda
     E con piú ſorza poi ſegue la terza,
     Et ogni volta piú l’humore abonda
     E ne l’arena piú ſtende la sferza:
     Tal contra Orlando l’empia turba creſce
     Che giú da balze ſcende, e di valli eſce.

 [10]
Fece morir diece perſone e diece
     Ch ſenza ordine alcú gliandaro i mano:
     E queſto chiaro eſperimento fece
     Ch’ era assai piú ſicur ſtarne lontano,
     Trar ſangue da quel corpo a neſſun lece
     Che lo fere e percuote il ferro in vano:
     Al Conte il Re del ciel tal gratia diede
     Per porlo a guardia di ſua ſanta fede.

 [11]
Era a periglio di morire Orlando
     Se foſſe di morir ſtato capace,
     Potea imparar ch’era a gittare il brando
     E poi voler fenz’arme eſſere audace:
     La turba giá s’andaua ritirando
     Yededo ogni ſuo colpo vſcir fallace:
     Orlando poi che piú neſſun l’attende
     Verſo vn borgo di caſe il camin prende.

 [12]
Dentro non vi trouo piccol ne grande
     Che’l borgo ognſſ p tema hauea laſciato
     V’erano in copia pouere viuande
     Conuenienti a vn paſtorale ſtato,
     Senza il pane diſcerner da le giande
     Dal digiuno e dal’impeto cacciato
     Le mani e il dente laſcio andar di botto
     In ql che trouo prima o crudo o cotto.

 [13]
E qndi errando per tutto il paeſe
     Daua la caccia e a gli huomini e alle fere
     E ſcorrendo pei boſchi talhor preſe
     1 Capri iſnelli, e le Dame leggiere,
     Speſſo con Orſi e con Cingiai conteſe
     E con man nude li poſe a giacere,
     E di lor carne con tutta la ſpoglia
     Piú volte il vétre empi co ſiera voglia.

 [14]
Di qua, di la, di ſu, di giú, diſcorre
     Per tutta Fracia, e A giorno a ú ponte arriua
     Sotto cui largo e pieno d’acqua corre
     Vn fiume d’ alta e di ſcoſceſa riua:
     Edificato accanto hauea vna torre
     Che d’ogn’ intorno e di Unitati ſcopriua:
     yuel ch ſé quiui hauete altroue a vdire
     Che di Zerbin mi conuien prima dire.

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 [15]
Zerbin dapoi ch’Orlando ſu partito
     Dimoro alquanto, e poi preſe il ſentiero
     Che’l Paladino inanzi glihauea trito:
     E moſſe a paſſò lento il ſuo deſtriero:
     No credo ch duo miglia ancho foſſe ito
     Che trar vide legato vn .caualliero
     Sopra vn picciol ronzino, e d’ ogni lato
     La guardia hauer d’ u caualliero armato.

 [16]
Zerbin queſto prigion conobbe toſto
     Che gli ſu appreſſo, e coſi ſé Iſſabella,
     Era Odorico il Biſcaglin, che poſto
     Fu come lupo a guardia de I* agnella,
     l’hauea a tutti gli amici ſuoi prepoſto
     Zerbino in confidargli la donzella,
     Sperando che la fede che nel reſto
     Sepre hauea hauuta, haueſſe achora in qſto

 [17]
Come era apunto quella coſa ſtata
     Venia Iſſabella raccontando allhotta:
     Come nel paliſchermo ſu ſaluata
     Prima e’ haueſſe il mar la naue rotta,
     La ſorza che P hauea Odorico vſata:
     E come tratta poi foſſe alla grotta,
     Ne giunt’ era ancho al ſin di quel fermòe
     Che trarre il malſattor vider prigione.

 [18]
I duo ch’in mezo hauean preſo Odorico
     D’ Iſſabella notitia hebbeno vera:
     E s’ auiſaro eſſer di lei P amico
     E’l Signor lor, colui ch’appreſſo l’era:
     Ma piú, che ne lo ſcudo il ſegno antico
     Vider dipinto di ſua ſtirpe altiera:
     E trouar poi, che guardar meglio al viſo
     Che s’era al vero appoſto il loro auiſo.

 [19]
Saltare a piedi e con aperte braccia
     Correndo ſé n’ andar verſo Zerbino
     E l’abbracciare oue il maggior s’abbraccia
     Col capo nudo, e col ginocchio chino:
     Zerbin guardado P uno e P altro i faccia
     Vide eſſer Pun Corebo il Biſcaglino
     Almonio l’altro, ch’egli hauea madati
     Con Odorico in fu’l nauilio armati.

 [20]
Almonio diſſe, peri che piace a Dio
     (La ſua merce) che ſia Iſſabella teco
     Io poſſo ben cóprender, Signor mio,
     Che nulla coſa nuoua hora t’ arreco
     S’io vo dir la cagion che queſto rio
     Fa che coſi legato vedi meco:
     Che da coſtei che piú ſenti Poffefa
     Apunto haurai tutta P hiſtoria inteſa.

 [21]
Come dal traditore io ſui ſchernito
     Quando da ſé leuommi, ſaper dei:
     E come poi Corebo ſu ferito
     Ch’a difender s’ hauea tolto coſtei, (
     Ma quanto al mio ritorno ſia ſeguito
     Ne veduto ne inteſo ſu da lei
     Che te l’habbia potuto riferire
     Di queſta parte dunque io ti vo dire.

 [22]
Da la cittade al mar ratto io veniua
     Con caualli ch’infretta hauea trouati,
     Semp con gliocchi intenti s’io ſcopriua
     Coſtor che molto a dietro eran reſtati,
     Io vengo inanzi, io vengo in ſu la riua
     Del mar, alluogo oue io gli hauea laſciati
     Io guardo, ne di loro altro ritrouo
     Che ne l’arena alcun veſtigio nuouo.

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 [23]
I.a peſta ſeguitai che mi conduſſe
     Nel boſco ſier, ne molto adentro ſui
     Che doue il ſuon l’orecchie mi percuſſe
     Giacere in terra ritrouai coitili,
     Gli domandai che de la donna ſuſſe
     Che d’Odorico, e chi hauea oſſeſo lui,
     10 me n’andai: poi che la coſa Ceppi:
     11 traditor cercando per quei greppi.

 [24]
Molto aggirado vOmi, e per quel giorno
     Altro veſtigio ritrouar non poſſo:
     Doue giacea Corebo al ſin ritorno
     Che fatto appreſſo hauea il terre ſi rofib
     Che poco piú che vi facea ſoggiorno
     Gli faria ſtato dibiſogno il ſoſſo
     E i preti e i ſrati: piú per ſotterrarlo
     Ch’ i medici e che’l letto per ſanarlo.

 [25]
Dal boſco alla citta feci portallo
     E poſi in caſa d’ uno hoſtier mio amico,
     Che fatto ſano in poco termine hallo
     Per cura & arte d’un chirurgo antico:
     Poi d’arme proueduti e di cauallo
     Corebo & io cercammo d’Odorico
     Ch’i corte del Re Alſonſo di Biſcaglia
     Tremammo, e quiui ſui ſeco a Battaglia.

 [26]
La giuſtitia de’l Re, che il loco ſranco
     De l.i pugna mi diede, e la ragione
     Et oltre alla ragion la Fortuna ancho
     Che ſpeffo la vittoria, oue vuol pone,
     Mi giouar ſi, che di me potè manco
     Il traditore, onde ſu mio prigione,
     Il Re, vdito il gran fallo, mi conceſſe
     Di poter farne quato mi piacene.

 [27]
Non l’ho voluto vccider, ne laſciarlo.
     Ma come vedi trarloti in catena,
     Perche vo ch’a te ſtia di giudicarlo
     Se morire o tener ſi deue in pena,
     I.’hauere inteſo ch’eri appreſſo a Carlo
     E’l deſir di tremarti, qui mi mena:
     Ringratio Dio che mi fa in queſta parte
     Doue lo ſperai meno, hora trouarte.

 [28]
Ringratiolo ancho che la tua IlTabella
     Io veggo (e non ſo come) che teco hai.
     Di cui, per opra del fellon, nouella
     Penſai che non haueſſi ad vdir mai,
     Zerbino aſcolta Almonio, e no fauella
     Fermando gliocchi in Odorico assai.
     Non ſi per odio come che gl’increfee
     Ch’a ſi mal ſin tanta amicitia gli eſce.

 [29]
Finito c’hebbe Almonio il ſuo ſermone
     Zerbin riman gran pezzo ſbigottito,
     Che chi d’ognaltro men n’ hauea cagiOe
     Si eſpreffamente il poſſa hauer tradito,
     Ma poi che d’una lunga ammiratione
     Fu ſoſpirando ſinalmente vſcito,
     Al prígion domando ſé ſolte vero
     Quel, e’ hauea di lui detto il caualliero

 [30]
Il diſleal con le ginocchia in terra
     Laſcio cadérli, e diſſe Signor mio.
     Ognun che viue al mondo pecca & erra:
     Ne diſſeriſce in altro il buon dal rio
     Se non che l’uno e vinto ad ogni guerra
     Che gli vien moſſa da vn piccol diſio,
     l’altro ricorre all’arme e ſi difende
     Ma fe’l nimico e ſorte ancho ei ſi rende.

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 [31]
Se tu m’haueſſi poſto alla difeſa
     D’ una tua rocca, e ch’al primiero affatto
     Alzate haueſſi ſenza far conteſa
     De gl’inimici le bandiere in alto,
     Di viltá, o tradimento che piú peſa
     Su gliocchi por mi ſi potria vno ſmalto,
     Ma s’ io cedeſſi a ſorza, ſon ben certo
     Ch biaſmo no haurei, ma gloria e merto.

 [32]
Sempre che l’inimico e piú poſſente
     Piú chi perde accettabile ha la ſcuſa,
     Mia ſé guardar douea non altrimente
     Ch’una ſortezza d’ognintorno chiuſa,
     Coſi con quanto ſenno e quanta mente,
     Dala ſomma prudentia m’era inſuſa,
     10 mi sforzai guardarla, ma al ſin vinto
     Da intolerando affatto ne ſui ſpinto.

 [33]
Coli diſſe Odorico, e poi ſoggiunſe
     Che faria lungo a ricontami il tutto:
     Moſtrando che gran ſtimolo lo punſe
     E non per lieue sferza s’ era indutto,
     Se mai per prieghi ira di cor ſi emunſe
     S’ humilta di parlar fece mai ſrutto,
     Quiui far la douea, che ciò che muoua
     Di cor durezza, hora Odorico troua.

 [34]
Pigliar di tanta ingiuria alta vendetta
     Tra il ſi Zerbino e il no, reſta confuſo:
     11 vedere il demerito, lo alletta
     A far che ſia il fellon di vita eſclufo,
     Il ricordarli l’amicitia ſtretta
     Ch’ era ſtata tra lor per ſi lungo vſo:
     Co l’acqua di pietá l’accefa rabbia
     nel cor gli ſpegne, e vuol ch merce n’ habbia

 [35]
Mentre ſtaua coſi Zerbino in ſorſè
     Di liberare o di menar captiuo
     O pur il diſleal da gliocchi torſe,
     Per morte, o pur tenerlo in pena viuo,
     Quiui Tignando il palaſreno corſe
     Che Madricardo hauea di briglia priuo,
     E vi porto la vecchia, che vicino
     A morte dianzi hauea tratto Zerbino,

 [36]
Il palaſren ch’udito di lontano
     Hauea queſt’ altri era tra lor venuto,
     E la vecchia portataui ch’in vano
     Venia piangendo e domandando aiuto
     Come Zerbin lei vide, alzo la mano
     Al ciel, che ſi benigno gliera ſuto,
     Che datogli in arbitrio hauea que dui
     Che ſoli odiati eſſer douean da lui.

 [37]
Zerbin fa ritener la mala vecchia
     Tanto che penſi quel che debba farne,
     Tagliarle il naſo e l’úa e l’altra orecchia
     Penſa, & eſempio a malſattori darne,
     Poi gli par assai meglio s’ apparecchia
     Vn paſto agli Auoltoi di qlla carne,
     Punition diuerſa tra ſé volue
     E coſi ſinalmente ſi riſolue.

 [38]
Si riuolta a i compagni, e dice io ſono
     Di laſciar viuo il diſleal contento:
     Che s’ intutto non merita perdono
     Non merita ancho ſi crudel tormento,
     Che viua e che ſlegato ſia gli dono
     Perho ch’eſſer d’Amor la colpa ſento
     E facilmente ogni ſcuſa s’ admette
     Quando in Amor la colpa ſi reflette.

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 [39]
Amore ha volto fottofopra ſpeffo
     Senno piú ſaldo che non ha coſtui,
     Et ha condotto a via maggiore ecceſſo
     Di queſto ch’oltraggiato ha tutti nui,
     Ad Odorico debbe eſſer rimeſlb,
     Punito eſſer debbo io, che cieco ſui
     Cieco a dargline iprefa: e non por mente
     Che’l fuoco arde la paglia facilmente.

 [40]
Poi mirando Odorico, io vo che ſia
     (Gli diſſe) del tuo error la penitenza,
     Ch la vecchia babbi vn’ ano in cópagnia
     Ne di Iaſciarla mai ti ſia licenza,
     Ma notte e giorno, oue tu vada o ſtia.
     Vn’ bora mai non te ne troui ſenza,
     E fin’ a morte ſia da te difeſa
     Contra ciaſcun che voglia farle oſſeſa,

 [41]
Vo, ſé da lei ti fará commandato,
     Che pigli contra ognun coteſa e guerra,
     Vo in queſto tempo che tu ſia vbligato
     Tutta Francia cercar di terra in terra,
     Coſi dicea Zerbin, che pel peccato
     Meritando Odorico andar ſotterra,
     Queſto era porgli inanzi vn’alta ſoſſa
     Che ſia gran ſorte che ſchiuar la poſſa.

 [42]
Tate dóne tanti huomini traditi
     Hauea la vecchia, e tanti ofi’efi e tanti,
     Che chi fará con lei non ſenza liti
     Potrá paſſar de cauallieri erranti,
     Coſi di par faranno ambi puniti,
     Ella de ſuoi comeſſi errori inanti,
     Egli di tome la difeſa a torto
     Ne molt» potrá adar che no ſia morto.

 [43]
Di douer ſeruar queſto, Zerbin diede
     Ad Odorico vn giuramento ſorte,
     Con patto che ſé mai rompe la fede
     E ch’inanzi gli capiti per ſorte,
     Seza vdir pegni, e haueme piti mercede
     Lo debba far morir di cruda morte,
     Ad Almonio e a Corebo poi riuolto
     Fece Zerbin, che ſu Odorico ſciolto,

 [44]
Corebo conſentendo Almonio, ſciolſe
     Il traditore al ſin, ma non in fretta,
     Ch’ali’ uno e all’altro eſſer turbato dolſe
     Da ſi deſiderata ſua vendetta,
     Quindi partiſſi il diſleale, e tolſe
     In compagnia la vecchia maledetta,
     Non ſi legge in Turpin che n’auueniffe
     Ma vidi giá vn’author, ch piú ne ſcriffe.

 [45]
Scriue l’authore il cui nome mi taccio,
     Che non ſuro lontani vna giornata,
     Che per torſi Odorico quello impaccio:
     Contra ogni patto & ogni fede data,
     Al collo di Gabrina gitto vn laccio,
     E che ad vn’olmo la laſcio impiccata
     E ch’indi a vn’Ano (ma no dice il loco)
     Almonio a lui fece il medeſmo giuoco.

 [46]
Zerbin che dietro era venuto all’orma
     Del Paladin, ne perder la vorrebbe,
     Manda a dar di ſé nuoue alla ſua torma
     Che ſtar ſenza gra dubbio nò ne debbe:
     Almonio manda, e di piú coſe inſorma
     Che lungo il tutto a ricontar farebbe,
     Almonio mada, e a lui Corebo appreſſo,
     Ne tien ſuor ch’Iffabella altri con eſſo.

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 [47]
Tant’era l’amor grande che Zerbino
     E non minor de’l ſuo, quel che I (Tabella
     Portaua al virtuoſo Paladino:
     Tanto il deſir d’ intender la nouella
     Ch’egli haueſſe trouato il Saracino
     Che del deſtrier lo tratte con la fella:
     Che non fará all’eſercito ritorno
     Se non ſinito che ſia il terzo giorno

 [48]
11 termine ch’Orlando aſpettar diſſe
     Il cauallier ch’anchor non porta ſpada:
     Non e alcun luogo doue il Conte giſſe
     Che Zerbin pel medeſimo non vada,
     Giunſe al ſin tra quegli arbori che ſcriffe
     L’ingrata Donna, vn poco ſuor di ſtrada,
     E con la ſonte e col vicino ſaſſo
     Tutti li ritruouo meſſi in ſracaſſo.

 [49]
Vede lontan non fa che luminoſo
     E troua la corazza eſſer del Conte
     E troua l’elmo poi, non quel famoſo
     Ch’armo giá il capo all’Africao Almòte
     Il deſtrier ne la ſelua piú naſcoſo
     Sente anitrire, e leua al ſuon la ſronte
     E vede Brigliador paſcer per l’herba
     Che dall’arcion pendente il ſreno ſerba.

 [50]
Durindana cerco per la foreſta
     E ſuor la vide del fodero ſtarfe,
     Trouo, ma in pezzi, áchor la fopraueſta
     Ch’in cento lochi il miſer Conte ſparfe,
     Iſſabella e Zerbin con faccia meſta
     Stanno mirando, e non fan che penſarſe,
     Penſar potrian tutte le coſe, eccetto
     Che foſſe Orlando ſuor dell’intelletto.

 [51]
Se di ſangue vedeſſino vna goccia
     Creder potrian, che foſſe ſtato morto,
     Intanto lungo la corrente doccia
     Vider venire vn Paſtorello ſmorto,
     Coſtui pur dianzi hauea di ſu la roccia
     L’alto furor de l’infelice ſcorto,
     Come l’arme gitto, fquarcioſſi i panni
     Paſtori vcciſe, e ſé mill’altri danni.

 [52]
Coſtui richieſto da Zerbin gli diede
     Vera inſormation di tutto queſto,
     Zerbin ſi marauiglia, e a pena il crede
     E tuttauia n’ha inditio manifeſto,
     Sia come vuole: egli diſcende a piede
     Pien di pietade lachrymoſo e meſto
     E ricogliendo da diuerſa parte
     Le reliquie ne va, ch’erano ſparte.

 [53]
Del palaſren diſcende ancho Iſſabella
     E va quell’arme riducendo inſieme,
     Ecco lor foprauiene vna Donzella
     Dolente in viſta, e di cor ſpeffo geme,
     Se mi domanda alcun chi ſia, perch’ ella
     Coſi s’ affligge, e che dolor la preme,
     Io gli riſpondero che e Fiordiligi
     Che del amante ſuo cerca i veſtigi.

 [54]
Da Brandimarte ſenza farle motto
     Laſciata ſu ne la citta di Carlo,
     Dou’ella l’aſpetto fei meſi o d’otto
     E quando al ſin non vide ritornarlo,
     Da un mare all’altro ſi miſe, ſin ſotto
     Pyrene e l’alpe, e per tutto a cercarlo,
     l’andò cercando in ogni parte, ſuore
     Ch’ai palazzo d’Atlante incantatore.

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 [55]
Se foſſe ſtata a quell’hoſtel d’Atlante
     Veduto con Gradaſſo andare errando
     L’haurebbe, co Ruggier, co Bradamante
     E con Ferrau prima e con Orlando,
     Ma poi ch caccio Adolfo il Negromáte
     Col ſuon del corno horribile e mirando.
     Brandimarte torno verſo Parigi,
     Ma non ſapea giá queſto Fiordiligi.
 [56]
Come io vi dico fopraggiunta a caſo
     A quei duo amanti Fiordiligi bella
     Conobbe l’arme, e Brigliador rimaſo
     Senza il patrone, e col ſreno alla fella,
     Vide con gliocchi il miſerabil caſo
     E n’ hebbe per vdita anello nouella,
     Che Umilmente il paſtorel narrolle
     Hauer veduto Orlando correr ſolle

 [57]
Quiui Zerbin tutte raguna l’arme
     E ne fa come vii bel tropheo fu’n l’ino
     E volendo vietar che non ſé 1l’arme
     Cauallier paeſan ne peregrino,
     Scriue nel verde ceppo in breue carme
     Armatura d’Orlando Paladino
     Come voleſie dir neſſun la muoua
     Che ſtar no pofifa co Orlando a proua.

 [58]
Finito e’ hebbe la lodeuol opra
     Tornaua a rimontar fu’l ſuo deſtriero,
     Et ecco Mandricardo arriuar fopra
     Ch viſto il Pin di qlle ſpoglie altiero
     Lo priega che la coſa gli diſcuopra:
     E quel gli narra come ha inteſo il vero,
     Allhora il Re pagan lieto non bada
     Che viene al Pino, e ne leua la ſpada.

 [59]
Dicèdo alcun no me ne può riprendere
     Non e pur hoggi.ch’io lho fatta mia,
     Et il poſſeſſo giuſtamente prendere
     Ne poſſo in ogni parte ouuncg ſia,
     Orlando che temea quella difendere
     S’h.i tínto pazzo, e l’ha gittata via,
     Ma quando ſua viltá pur coſi ſcuſi
     Nò debbe far ch’io mia ragion non vii

 [60]
Zerbino a lui gridaua non la torre
     penſa non l’hauer ſenza queſtione,
     Se toglierti coſi l’arme d’ Hettorre
     Tu l’hai di ſurto piú che di ragione,
     Senz’altro dir 1* un fopra l’altro corre
     1 l’animo e di virtú sran paragone,
     Di cento colpi giá rimbomba il ſuono
     Ne bene anchor ne la battaglia ſono.

 [61]
Di preſtezza Zerbin pare vna ſiamma
     A torli ouunqj Durindana cada,
     Di qua di la ſaltar come una damma
     Fa’l ſuo dſtrier, doue e miglior la ſtrada,
     E ben còuien che non ne perda di ama
     Ch’andrá, s’un tratto il coglie qlla ſpada
     A ritrouar gl’innamorati ſpirti
     Ch’empion la ſelua de gli ombroſi myrti

 [61]
Come il veloce can che’l porco aſſalta
     Ch ſuor del gregge errar vegga ne i capi
     Lo va aggirado, e quinci e quindi ſalta,
     Ma qllo attende ch’una volta inciampi,
     Coſi ſé vien la ſpada o bafTa od alta
     Sta mirando Zerbin come ne ſcampi,
     Come la vita, e l’honor fallii a vn tempo
     Tiè ſemp l’occhio, e ſiere, e ſugge a tepo

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 [63]
Da l’altra parte ouunq} il Saracino
     La ſiera ſpada vibra, o piena o vota,
     Sèbra ſra due montagne vn vento alpino
     Ch’ una ſrondoſa ſelua il marzo ſcuota,
     C hora la caccia a terra a capo chino
     Hor gli ſpezzati rami in aria ruota
     Bé ch Zerbin piú colpi e ſuggia e ſchiui
     Nò può ſchiuare al ſin ch’u nò gliarriui.

 [64]
Nò può ſchiuare al ſine vn gran fendete
     Ch tra’l brado e lo ſcudo entra fu’l petto
     Groſſo l’ufbergo, e graſſa parimente
     Era la piaſtra, e’l panziron perfetto,
     Pur non gli ſteron cotra, & vgualmente
     Alla ſpada crudel dieron ricetto,
     Quella calo tagliando ciò che preſe
     La corazza e l’arcion ſin ſu l’arnefe.

 [65]
E ſé non che ſu ſcarfo il colpo alquanto
     Per mezo lo fendea come una canna,
     Ma penetra nel viuo a pena tanto
     Che poco piú che la pelle gli danna:
     La nò profunda piaga, e lunga quanto
     Non ſi miſureria con vna ſpanna,
     Le lucid’ arme il caldo ſangue irriga
     Per ſino al pie di rubiconda riga

 [66]
Coli talhora vn bel purpureo naſtro
     Ho veduto partir tela d’argento
     Da quella bianca man piú ch’alabaſtro
     Da cui partire il cor ſpeffo mi ſento,
     Quiui poco a Zerbin vale eſſer maſtro
     Di guerra, & hauer ſorza e piú ardimèto
     Che di ſinezza d’arme, e di poſſanza
     Il Re di Tartaria troppo l’auanza.

 [67]
Fu queſto colpo del Pagan maggiore
     In apparenza che foſſe in effetto,
     Tal ch’Iſſabella ſé ne ſente il core
     Fendere in mezo all’agghiacciato petto,
     Zerbin pien d’ ardimento e di valore
     Tutto s’ inſiamma d’ ira e di diſpetto
     E quáto piú ferire a due man puote
     In mezo l’elmo il Tartaro percuote.

 [68]
Quaſi fu’l collo del deſtrier piegoſſe
     Per l’aſpra botta il Saracin ſuperbo,
     E quando l’elmo ſenza incanto foſſe
     Partito il capo gli hauria il colpo acerbo
     Con poco diſſerir ben vendicoſſe
     Ne diſſe a vn’ altra volta io te la ſerbo,
     E la ſpada gli alzo verſo l’elmetto
     Sperandoli tagliarlo infin’ al petto.

 [69]
Zerbin che tenea l’occhio oue la mente
     Preſto il cauallo alla man deſtra volſe,
     Non ſi preſto perho che la tagliente
     Spada ſuggiſſe che lo ſcudo colſe,
     Da ſommo ad imo ella il partivgualmète
     E di ſotto il braccial roppe e diſciolſe ,
     E lui feri nel braccio, e poi l’arneſe
     Spezzogli, e ne la coſcia ácho gli ſcefe.

 [70]
Zerbin di qua: di la: cerca ogni via
     Ne mai di ql che vuol coſa gli auuiene
     Che l’armatura fopra cui feria
     Vn piccol ſegno pur non ne ritiene,
     Da l’altra parte il Re di Tartaria
     Sopra Zerbino a tal vantaggio viene
     Che l’ha ferito in fette parti o in otto
     Tolto lo ſcudo e mezo l’elmo rotto.

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 [71]
Quel tuttauia piú va perdedo il ſangue
     Máca la ſorza, e anchor par ch noi ferita,
     11 vigoroſo cor che nulla langue
     Val ſi, che’l debol corpo ne foſtenta:
     La Dona ſua per timor fatta eſangue
     In tanto a Doralice s’ appreſenta:
     E la priega, e le ſupplica per Dio
     Che partir voglia il fiero aſſalto e rio.

 [72]
Corteſe come bella Doralice
     Ne ben ſicura come il fatto ſegua,
     Fa volentier quel ch’Iſſabella dice
     E diſpone il ſuo amate a pace e atriegua,
     Coſi a prieghi de l’altra l’ira vltrice
     Di cor ſugge a Zerbino, e ſi dilegua,
     Et egli oue a lei par: piglia la ſtrada
     Senza ſinir P impreſa de la ſpada,

 [73]
Eiordiligi che mal vede difeſa
     La buona ſpada del miſero Conte,
     Tacita duolſi, e tanto le ne peſa
     Che d’ ira piange, e batteſi la ſronte,
     Vorria hautr Hradimarte a qlla íprefa:
     E ſé mai lo ritroua e gli lo conte
     Non crede poi che Mandricardo vada
     Lunga ſtagione altier di quella ſpada.

 [74]
Fiordiligi cercando pure in vano
     Va Brandimarte ſuo matina e ſera:
     E fa camin da lui molto lontano:
     Da lui che giá tornato a parigi era,
     Tato ella ſé n’ andò per monte e piano
     Che giunſe, oue al paſſar d’una riuieta
     Vide e conobbe il miſer Paladino
     Ma dician quel ch’auuenne di Zerbino.

 [75]
Che’l laſciar Durindana, ſi gran fallo
     Gli par, ch piú d’ogn’ altro mal gliereſce,
     Quantunqs a pena ſtar poſſa a cauallo
     Pel molto ſangue che glie vſcito & eſce,
     Hor poi che dopo non troppo interuallo
     Ceſſa con l’ira il caldo, il dolor creſce,
     Creſce il dolor ſi impetuofamente
     Che mancarli la vita ſé ne ſente,

 [76]
Per debolezza piú non potea gire
     Siche fermoſſi appreſſo vna ſontana:
     Non fa che far, ne che ſi debba dire
     Per aiutarlo la Donzella humana,
     Sol di diſagio lo vede morire
     Che quindi e troppo ogni citta lontana,
     Doue in quel punto al medico ricorra
     Che per pietade, o pmio gli ſoccorra.

 [77]
Ella non fa ſé non in van dolerſi:
     Chiamar ſortua, e il cielo èpio e crudele:
     Perche ahi laſſa (dicea) non mi ſommerſi
     Quando leuai nel’Ocean le vele?
     Zerbin ch i laguidi occhi ha in lei 9uerfi
     Sente piú doglia ch’ella ſi querele
     Che de la pafTion tenace e ſorte
     Che l’ha codutto homai vicino a morte.

 [78]
Coſi cor mio vogliate (le diceua)
     Dopo ch’io faro morto amarmi anchora
     Come ſolo il laſciarui e che m’aggreua
     Qui ſenza guida, e nò giá peli’ io mora,
     Che ſé in ſicura parte m’accadeua
     Finir de la mia vita l’ultima hora
     Lieto e contento e fortunato a pieno
     Morto farei, poi ch’io vi moro in ſeno.

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 [79]
Ma poi che’l mio dettino iniquo e duro
     Voi ch’io vi laſci, e non ſo in man di cui,
     Per qſta bocca, e per queſti occhi giuro
     Per queſte chiome onde allacciato ſui,
     Che diſperato nel profondo oſcuro
     Vo de lo’nferno onde il penſar di vui
     C habbia coſi laſciata, assai piú ria
     Sara d’ognaltra pena che vi ſia.

 [80]
A queſto la meſtiffima Iſſabella
     Declinando la faccia lachrymoſa:
     E congiungendo la ſua bocca a quella
     Di Zerbin, languidetta come roſa:
     Roſa no colta in ſua ſtagion, ſi ch’ella
     Impallidiſca in ſu la ſiepe ombroſa:
     DifTe: non vi penfate giá mia vita
     Far ſenza me queſt’ ultima partita.

 [81]
Di ciò cor mio neſſun timor vi tocchi
     Ch’ io vp ſeguirui o I cielo o ne lo’nferno
     Conuien ch l’uno e l’altro ſpirto ſcocchi
     Inſieme vada, inſieme ſtia in eterno:
     Non ſi toſto vedrò chiuderui gliocchi
     O che m’ucciderá il dolore iterno:
     O ſé quel non può tanto, io vi prometto
     Con qſta ſpada hoggi paffarmi il petto.

 [82]
De corpi noſtri ho achor nò poca ſpeme
     Che me morti che viui habbian ventura,
     Qui ſorſè alcun capiterá: ch’inſieme
     Moſſo a pietá: dará lor ſepoltura,
     Coſi dicendo, le reliquie eſtreme
     De lo ſpirto uital che morte ſura
     Va ricogliendo con le labra meſte:
     Fin ch’una minima aura ve ne reſte.

 [83]
Zerbin la debol voce riforzando
     Diſſe, io vi priego e ſupplico mia Diua
     Per qllo amor che mi moſtraſte, quado
     Per me laſciaſte la paterna riua,
     E ſé comandar poſſo, io vel comando:
     Che ſin che piaccia a Dio reſtiate viua:
     Ne mai per caſo pogniate in oblio
     Ch quáto amar ſi può v’ habbia amato io.

 [84]
Dio vi prouedera d’ aiuto ſorſè
     Per liberarui d’ ogni atto villano:
     Come ſé quando alla ſpelonca torſe
     Per indi trarui, il Senator Romano,
     Coſi (la ſua merce) giá vi ſoccorſe
     Nel mare, e contra il Biſcaglin profano
     E ſé pure auuerra che poi ſi deggia
     Morire, allhora il minor mal s’ elleggia.

 [85]
Non credo che queſt’ ultime parole
     Poteſſe eſprimer ſi, che foſſe inteſo
     E ſini come il debol lume ſuole
     Cui cera machi, od altro I che ſia acceſo:
     Chi potrá dire a pien come ſi duole
     Poi che ſi vede pallido e diſtefo
     La giouanetta, e ſreddo come ghiaccio
     Il ſuo caro Zerbin reſtare in braccio.

 [86]
Sopra il ſanguigno corpo s’ abbandona
     E di copioſe lachryme lo bagna,
     E ſtride ſi, ch’intorno ne riſuona
     A molte miglia il boſco e la campagna,
     Ne alle guancie ne al petto ſi perdona
     Che l’uno e l’altro no percuota e ſragna:
     E ſtraccia a torto l’auree creſpe chiome
     Chiamado ſempre in van l’amato nome.

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 [87]
In tanta rabbia, in tal furor ſommerſa
     L’hauea la doglia ſua: che facilmente
     Hauria la ſpada in ſé ſteffa conuerſa:
     Poco al ſuo amate in queſto vbidiente,
     S’uno Eremita ch’alia freſca e terſa
     Fonte, hauea vſanza di tornar ſouente
     Da la ſua quindi non lontana cella:
     Non s’opponea (venedo) al voler d’ella.

 [88]
Il venerabile huom ch’alta bontade
     Hauea congiunta a naturai prudentia:
     Et era tutto pien di charitade
     Di buoni eſempi ornato, e d’ eloquenza
     Alla giouan dolente perſuade
     Con ragioni efficaci patientia:
     Et inanzi le puon come vno ſpecchio
     Done del teſtaméto e nuouo e vecchio.

 [89]
Poi le fece veder come non ſuſſe
     Alcun ſé non in Dio vero contento:
     E ch’eran l’altre tranſitorie e ſluſſe
     Speranze Immane, e di poco momento,
     E tanto ſeppe dir, che la riduſſe
     Da quel crudele, & oſtinato intento
     Che la vita ſequente hebbe diſio
     Tutta al ſeruigio dedicar di Dio.

 [90]
Nò ch laſciar del ſuo Signor voglia vnqj
     Ne’l grand’ amor, ne le reliquie morte,
     Còuiè che l’habbia ouflqj ſtia, ív ouflqj
     Vada, e che ſeco e notte e di le porte.
     Quindi aiutando l’Eremita dunqj
     Ch’era de la ſua etá valido e ſorte
     Sul nieſto ſuo deſtrier Zerbin poſaro
     1 molti di per quelle ſelue andare

 [91]
Non volſe il cauto vecchio ridur ſeco
     Sola con ſolo la giouane bella:
     La doue aſcoſa in vn ſeluaggio ſpeco
     Non lungi hauea la ſolitaria cella.
     Fra ſé dicendo, con periglio arreco
     In vna man la paglia e la facella,
     Ne ſi ſida in ſua etá, ne in ſua prudentia
     Che di ſé faccia tanta eſperientia.

 [92]
Di condurla in Prouenza hebbe pèſiero
     Non lontano a Marſilia in vn cartello,
     Doue di fante donne vn monaſtero
     Ricchiſſimo era, e di edificio bello:
     E per portarne il morto caualliero
     Comporto in vna carta haueano quello,
     Chc’n vn cartel ch’era tra via ſi fece
     Lunga e capace, e ben chiuſa di pece.

 [93]
Piú e piú giorni gran ſpatio di terra
     Cercaro, e Tempre per lochi piú inculti:
     Che pieno eſſendo ogni coſa di guerra
     Voleano gir piú che poteano occulti,
     Al ſine vn cauallier la via lor ferra
     Che lor ſé oltraggi, e diſhoneſti inſiliti:
     Di cui diro quando il ſuo loco ſia
     Ma ritorno hora al Re di Tartaria.

 [94]
Hauuto e’ hebbe la battaglia il ſine
     Che giá v’ ho detto, il gioitili ſi raccolſe
     Alle freſche ombre, e all’onde cryſtallie
     Et al deſtrier la fella e’l ſreno tolſe,
     E lo laſcio per l’herbe tenerine
     Del prato andar paſcèdo one egli volſe,
     Ma non ſte molto che vide lontano
     Calar dal monte vn caualliero al piano.

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 [95]
Conobbel come prima alzo la ſronte
     Doralice, e moſtrollo a Mandricardo,
     Dicendo ecco il ſuperbo Rodomonte
     Se non m’inganna di lontan lo ſguardo:
     Per far teco battaglia cala il monte
     Hor ti potrá giouar 1* eſſer gagliardo
     Perduta hauermi a grade ingiuria tiene
     Ch’ era ſua ſpofa e a vendicar ſi viene.

 [96]
Qual buono aſtor ch l’anitra o V acceggia
     Starna o colombo, o fimil’altro augello
     Venirli incontra di lontano veggia,
     Leua la teſta, e ſi fa lieto e bello:
     Tal Mandricardo, come certo deggia
     Di Rodomonte far ſtrage e macello:
     Con letitia e baldanza il deſtrier piglia
     Le ſtarFe a i piedi, e da alla ma la briglia.

 [97]
Quando vicini ſur, ſi ch’udir chiare
     Tra lor poteanſi le parole altiere,
     Con le mani e col capo a minacciare
     Incomincio gridando il Re d’Algiere,
     Ch’ a penitenza gli faria tornare
     Che per vn temerario ſuo piacere
     Non haueſſe riſpetto a prouocarfi
     Lui, ch’altamente era per vendicarſi.
 [98]
Riſpoſe Mandricardo indarno tenta
     Chi mi vuol impaurir per minacciarme:
     Coſi fanciulli o femine ſpauenta
     O altri che non ſappia che ſieno arme:
     Me non, cui la battaglia piú talenta
     D’ogni ripoſo, e ſon per adoprarme
     A pie a cauallo, armato e diſarmato
     Sia alla campagna, o ſia ne lo ſteccato.

 [99]
Ecco ſono a gli oltraggi, al grido, all’ire
     Al trar de brandi, al crudel ſuon de ferri
     Come vento che prima a pena ſpire
     Poi cominci a crollar ſi-aſſini e cerri,
     Et indi oſcura polue in cielo aggire
     Indi gli arbori ſuella, e caſe atterri:
     Sommerga in mare, e porti ria tempeſta
     Che’l gregge ſparfo vecida alla foreſta.

 [100]
De duo pagani ſenza pari in terra
     Gli audaciſſimi cor, le ſorze eſtreme
     Parturiſcono colpi, & vna guerra
     Conueniente a ſi feroce ſeme,
     Del grade e horribil ſuon triema la terra
     Quando le ſpade ſon percoſſe inſieme,
     Gettano l’arme infin’ al ciel ſcintille
     Anzi lampadi acceſe a mille a mille.

 [101]
Senza mai ripoſarſi o pigliar ſiato
     Dura ſra quei duo Re l’aſpra battaglia
     Tentando hora da qſto, hor da ql lato
     Aprir le piaſtre, e penetrar la maglia
     Ne perde l’un ne l’altro acquiſta il prato
     Ma come intorno ſian foſſe o muraglia
     O troppo coſti ogn’ oncia di quel loco
     NO ſi parton d’un cerchio águſto e poco.

 [102]
Fra mille colpi il Tartaro vna volta
     Colſe a duo mani i ſróte il Re d’Algiere
     Che gli fece veder girare in volta
     Quante mai ſuron ſiacole e lumiere,
     Come ogni ſorza all’African ſia tolta
     Le groppe del deſtrier col capo fere,
     Perde la ſtaffa, & e preſente quella
     Che cotat’ ama per vſcir di fella.

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 [103]
Ma come ben comporto e valido arco
     Di ſino acciaio in buona ſomma greue
     Quanto ſi china piú, quanto e piú carco
     E piú lo sforza martinelli e lieue:
     Con tanto piú furor, quanto e poi ſcarco
     Ritorna, e fa piú mal che non riceue,
     Coſi quello African toſto riſorge
     E doppio il colpo all’inimico porge

 [104]
Rodomonte a quel ſegno oue ſu colto
     Colſe apunto il figliol del Re Agricane
     Per queſto non potè nuocergli al volto
     Ch’in difeſa trouo l’arme Troiane,
     Ma ſtordi in modo il Tartaro che molto
     Non ſapea s’ era veſpero o dimane,
     L’irato Rodomonte non s’ arreda
     Che mena l’altro, e pur ſegna alla teſta,

 [105]
Il cauallo del Tartaro ch’abhorre
     La ſpada che fiſchiando cala d’alto
     Al ſuo Signor co ſuo gra mal ſoccorre
     Perche s’arretra per ſuggir d’un ſalto,
     Il brando in mezo il capo gli traſcone
     Ch’ai Signor non a lui mouea l’affalto,
     Il miſer non hauea l’elmo di Troia
     Come il patróe, onde cóuien che muoia,

 [106]
Quel cade, & Madricardo í piedi guizza
     Non piú ſtordito, e Durindana aggira:
     Veder morto il cauallo entro gli adizza
     E ſuor diuapa vn graue incendio d’ira:
     l’African per vrtarlo il deſtrier drizza:
     Ma non piú Mandricardo ſi ritira
     Ch ſcoglio far ſoglia da l’onde, e auuène
     Che’l deſtrier cadde: & egli i pie ſi tene.

 [107]
l’African che macarſi il deſtrier ſente
     Laſcia le ſtaffe, e ſu gliarcion ſi ponta
     E reſta in piedi, e ſciolto ageuolmente
     Coſi l’uri l’altro poi di pari affronta,
     La pugna piú che mai ribolle ardente
     E l’odio e l’ira, e la ſuperbia monta.
     Et era per ſeguir, ma quiui giunſe
     In fretta vn meſſaggier ch gli diſgiunſe.

 [108]
Vi giúfe vn meſſaggier del popul Moro
     Di molti che per Francia eran mandati
     A richiamare a gli ſtendardi loro
     I capitani e i cauallier priuati,
     Perche l’Imperator da i Gigli d’Oro
     Glihauea gli alloggiameli giá aſſeddiati
     E ſé non e il ſoccorſo a venir preſto
     l’eccidio ſuo conoſce manifeſto.

 [109]
Riconobbe il meſiaggio i cauallieri
     Oltre all’inſegne oltre alle fopraueſte
     Al girar de le ſpade, e a i colpi ſieri
     Ch’altre man non farebbeno che queſte,
     Tra lor perho non oſa entrar, che ſperi
     Che ſra tant’ ira ſicurta gli preſte
     L’effer meſſo del Re, ne ſi conforta
     Per dir ch’imbafeiator pena non porta,

 [110]
Ma viene a Doralice, & a lei narra
     Ch’ Agramante, Marſilio, e Stordilano:
     Con pochi dentro a mal ſicura ſbarra
     Sono aſſediati dal popul chriſtiano,
     Narrato il caſo, con prieghi ne inarra
     Che faccia il tutto a i duo guerrieri piano
     E che gli accordi inſieme, e per lo ſcapo
     Del popul ſaracin, li meni in campo.

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 [111]
Tra i cauallier la donna di gran core
     Si mette, e dice loro, io vi comando
     Per quanto ſo, che mi portate amore:
     Che riſerbiate a miglior’vſo il brando.
     E ne vegliate Cubito in fauore
     Del noſtro campo ſaracino, quando
     Si troua hora aſſediato ne le tende:
     E preſto aiuto, o gran ruina attende.

 [112]
Indi il meſſo ſoggiunſe il gran periglio
     De i ſaracini, e narro il fatto a pieno:
     E diede inſieme lettere del figlio
     Del Re Troiano al figlio d’Vlieno,
     Si piglia ſinalmente per conſiglio
     Ch i duo guerrier, depoſto ogni veneno
     Facciano inſieme triegua: fin’al giorno
     Che ſia tolto l’attedio a i Mori intorno.

 [113]
E ſenza piū dimora, come pria
     Liberato d’aſſedio habbian lor gente:
     Non s’intendano hauer piū compagnia
     Ma crudel guerra, e inimicitia ardente,
     Fin che con l’arme diſunito ſia
     Chi la Donna hauer de meritamente,
     Quella ne le cui man giurato ſue
     Fece la ſicurta per amendue.

 [114]
Quiui era la Diſcordia impatiente
     Inimica di pace, e d’ogni triegua:
     E la Superbia, v’e che non conſente
     Ne vuol patir che tale accordo ſegua,
     Ma piū di lor può Amor quiui pſente
     Di cui l’alto valor neſſuno adegua,
     E ſé ch’in dietro a colpi di ſaette
     E la Diſcordia, e la Superbia ſlette.

 [115]
Fu concluſa la triegua ſra coſtoro:
     Si come piacque a chi di lor potea:
     Vi mancaua vno de i caualli loro
     Che morto quel del Tartaro giacea,
     Perho vi venne a tempo Brigliadoro
     Che le freſche herbe lungo il rio paſcea
     Ma al ſin del cato io mi trouo eſſer giuto
     Si ch’io faro con voſtra gratia punto.