Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 25

Canto 25

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Canto 24 Canto 26

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CANTO XXV



 [1]

O
Gran cotraſto in giouenil penſiero

     Deſir di laude, & impeto d’Amore:
     Ne chi piū vaglia anchor ſi troua il vero
     Che reſta hor qſto hor quel ſuperiore:
     Ne l’uno hebbe e ne l’altro caualliero
     Quiui gran ſorza il debito e l’honore:
     Che l’amoroſa lite s’intermeſſe,
     Fin che ſoccorſo il campo lor s’haueffe.

 [2]
Ma piū ve l’hebbe Amor, che ſé non era
     Che coſi comando la donna loro,
     Non ſi ſciogliea quella battaglia ſiera
     Che l’un n’haurebbe il triūphale alloro:
     Et Agramante in van con la ſua ſchiera
     l’aiuto hauria aſpettato di coſtoro:
     Dunq} Amor ſempre rio no ſi ritroua
     Se ſpeffo nuoce, ancho taluolta gioua.

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 [3]
Hor l’uno e l’altro cauallier pagano
     Che tutti ha differiti i ſuoi litigi
     Va per ſaluar l’efercito Africano:
     Con la Donna gentil verſo Parigi:
     E va con eſſi anchora il piccol Nano
     Che ſeguito del Tartaro i veſtigi:
     Fin che con lui codotto a ſronte a ſronte
     Hauea quiui il geloſo Rodomonte.

 [4]
Capitare in vn prato, oue a diletto
     Erano cauallier fopra vn ruſcello:
     Duo diſarmati, e duo ch’auean l’elmetto
     E vna donna con lor di viſo bello,
     Chi foſſer quelli altroue vi ſia detto
     Hor no, che di Ruggier prima fauello:
     Del buon Ruggier, di cui vi ſu narrato
     Che lo ſcudo nel pozzo hauea gittate

 [5]
No e dal pozzo anchor lontano ú miglio
     Che venire vn corrier vede in gra fretta
     Di quei che manda di Troiano il figlio
     Ai cauellieri onde ſoccorſo aſpetta:
     Dalqual ode che Carlo in tal periglio
     La gente ſaracina tien riſtretta:
     Che ſé non e chi torto le dia aita
     Torto l’honor vi laſciera o la vita.

 [6]
Fu da molti penſier ridutto in ſorſè
     Ruggier, che tutti l’aſſaliro a vn tratto:
     Ma qual per lo miglior doueſſe torſe
     Ne luogo hauea ne tempo a penſar atto,
     Laſcio adare il meſſaggio, e’l ſreno torſe
     La doue ſu da quella donna tratto,
     Ch’ adhor adhor í modo egli affrettaua
     Che neſſun tempo d’ indugiar le daua.

 [7]
Quindi ſeguendo il camin preſo, venne
     (Giá declinando il Sole) ad vna terra,
     Che’l Re Marſilio in mezo Francia tene
     Tolta di man di Carlo in quella guerra,
     Ne al ponte ne alla porta ſi ritenne
     Che nò gli niega alcuno il parto o ferra:
     Ben ch’intorno al raſtrello e in ſu le ſorte
     Gran quantitá d’huomini e d’arme ſorte.

 [8]
Per ch’era conoſciuta da la gente
     Quella donzella ch’auea in cOpagnia:
     Fu laſciato partar liberamente
     Ne domandato pure onde venia:
     Giunſe alla piazza: e di fuoco lucente
     E piena la trouo di gente ria:
     E vide in mezo ſtar con viſo ſmorto
     Il giouine dannato ad eſſer morto.

 [9]
Ruggier come gli alzo gliocchi nelviſo
     Che chino a terra e lachrymoſo ſtaua,
     Di veder Bradamante gli ſu auiſo:
     Tanto il giouine a lei raſſimigliaua,
     Piú deſſa gli parea quanto piú ſiſo
     Al volto e alla perſona il riguardaua,
     E ſra ſé diſſe, o queſta e Bradamante
     O ch’io no ſon Ruggier com’era inate.

 [10]
Per troppo ardir ſi fará ſorſè meſſa
     Del garzon condennato alla difeſa,
     E poi che mal la coſa l’e ſucceſſa
     Ne fará ſtata (come io veggo) preſa
     Deh perche tanta fretta? che con erta
     Io non potei trouarmi a queſta impreſa?
     Ma Ilio ringratio, che ci ſon venuto
     Ch’ a tépo anchora, io potrò darle aiuto.

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 [11]
E ſanza piú indugiar la ſpada ſtringe
     (C hauea all’altro cartel rotta la lancia)
     E .ululío il vulgo inerme il dſtrier ſpíge
     Per lo petto, pei ſianchi, e p la pancia,
     Mena la ſpada a cerco, & a chi cinge
     La ſronte, a chi la gola, a chi la guancia,
     Fugge il popul gridando, e la gran ſrotta
     Reſta, o ſciancata, o con la teſta rotta,

 [12]
Coe ſtormo d’augei ch’i ripa a u ſtagno
     Vola ſicuro, e a ſua paſtura attende,
     S’ improuiſo dal ciel Falcon griſagno
     Gli da nel mezo, & vn ne batte o prède:
     Si ſparge in ſuga, ognú laſcia il copagno
     E de lo ſcampo ſuo cura ſi prende
     Coſi veduto haureſte far coſtoro
     Toſto che’l bue Ruggier diede ſra loro

 [13]
A quattro o fei da i colli i capi netti
     Leuo Ruggier, ch’indi a ſuggir fur leti:
     Ne diuiſe altretanti infin’ a i petti
     Fin’ a gliocchi inſiniti e fin’ a i denti,
     Conciedero che non trouaſſe elmetti
     Ma ben di ferro assai cuffie lucenti,
     E s’elmi ſini ancho vi foſſer ſtati
     Coſi gli haurebbe o poco men tagliati,

 [14]
La ſorza di Ruggier non era quale
     Hor ſi ritroui in cauallier moderno,
     Ne in Orſo, ne in Leon, ne in animale
     Altro piú fiero, o noſtrale, od eſterno
     Forſè il tremuoto le farebbe vguale
     Forſè il gran Diauol, non ql de lo’nferno
     Ma ql del mio Signor, che va col fuoco
     Ch’ a cielo e a terra e a mar ſi fa dar loco.

 [15]
D’ ogni ſuo colpo mai non cadea manco
     D’ú huomo í terra, e le piú volte u paio,
     E qttro a ú colpo e cinqj n’uccife ancho,
     Si che ſi venne toſto al centinaio,
     Tagliaua il brando che traſſe dal ſianco
     Come un tenero latte il duro acciaio,
     Falerina per dar morte ad Orlando
     Fé nel giardi d’ Orgagna il crudel brado

 [16]
Hauerlo fatto poi ben le rincrebbe
     Che’l ſuo giardin disfar vide con eſſo,
     Che ſtratio dunqj? che ruina debbe
     Far hor? ch’I ma di tal guerriero e meſſo?
     Se mai Ruggier furor, ſé mai ſorza hebbe
     Se mai ſu l’alto ſuo valore eſpffo
     Qui l’hebbe, il poſe q, qui ſu veduto
     Sperando dare alla ſua Donna aiuto.

 [17]
Qua! fa la lepre contra i cani ſciolti
     Facea la turba contra lui riparo,
     Quei che reſtaro vcciſi ſuro molti
     Furo inſiniti quei ch’in ſuga andaro,
     Hauea la Donna intanto i lacci tolti
     Ch’ ambe le mani al giouine legaro
     E come potè meglio preſto armollo
     Gli die vna ſpada í máo e u ſcudo al collo.

 [18]
Egli che molto e oſſeſo, piú che puote
     Si cerca vendicar di quella gente,
     E quiui ſon ſi le ſue ſorze note
     Che riputar ſi fa prode e valente:
     Giá hauea attufato le dorate ruote
     Il Sol ne la marina d’ Occidente
     Quando Ruggier vittorioſo, e quello
     Giouine ſeco, vſcir ſuor del cartello.

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 [19]
Quando il garzon ſicuro de la vita
     Con Ruggier ſi trouo ſuor de le porte
     Gli rende molta gratia & inſinita
     Con gentil modi e con parole accorte,
     Che non lo conoſcendo a dargli aita
     Si foſſe merlò a riſchio de la morte:
     E prego che’l ſuo nome gli dicerte
     Per ſapere a chi tanto obligo hauerte.

 [20]
Veggo (dicea Ruggier) la faccia bella
     E le belle fattezze, e’l bel ſembiante,
     Ma la in. uni. i de la fauella
     Non odo giá de la mia Bradamante,
     Ne la relation di gratie, e quella
     Ch’ella vſar debba al ſuo fedele amante
     Ma ſé pur qſta e Bradamante, hor come
     Ha ſi toſto in oblio meſſo il mio nome?

 [21]
Per ben ſaperne il certo, accortamente
     Ruggier le diſſe, iov’ho veduto altroue
     Et ho pèſato, e péſo, e ſinalmente
     Non ſo ne poſſo ricordarmi doue,
     Ditemei voi, ſé vi ritorna a mente,
     F. fate che’l nome ancho vdir mi gioue,
     Accio che ſaper poſſa a cui mia aita
     Dal fuoco habbia ſaluata hoggi la vita.

 [22]
Che voi m’habbiate viſto eſſer potria
     (Riſpoſe quel) che nò ſo doue o quado,
     Ben vo pel mondo anch’io la parte mia
     Strane auenture hor qua hor la cercado.
     Forſè vna mia ſorella ſtata ſia
     Che verte l’arme, e porta al lato il brſtdo
     Che nacque meco, e tanto mi ſomiglia
     Che non ne può diſcemer la famiglia.

 [23]
Ne primo ne fecondo ne ben quarto
     Sete di quei ch’errore in ciò preſo hano
     Ne’l padre,' ne i ſratelli, ne chi a vn parto
     Ci produſſe ambi, ſcernere ci fanno.
     Glie ver ch qſto crin raccorcio e ſparto
     Ch’ io porto come glialtri huomini fanno
     Et il ſuo lugo, e I treccia al capo auuolta
     Ci ſolea far giá differentia molta.

 [24]
Ma poi ch’un giorno ella ferita ſu
     Nel capo (lungo faria a dirui come)
     E per ſanarla vn ſeruo di Ieſu
     A meza orecchia le taglio le chiome:
     Alcun ſegno tra lor non reſto piú
     Di differentia, ſuor che’l tèffo e’l nome
     Ricciardetto fon’ io, Bradamante ella
     Io ſratel di Rinaldo, erta ſorella.

 [25]
E ſé non v’increfeeſſe Paſcoltarmi
     Coſa direi che vi faria ſtupire,
     Laqual m’occorſe per artimigliarmi
     A lei: gioia al principio e al (in martire,
     Ruggiero ilqual piú gratioſi carmi
     Piú dolce hiſtoria non potrebbe vdire
     Che doue alcun ricordo interuenirte
     De la ſua Donna, il prego ſi. che dirte.

 [26]
Accadde a queſti di, che peivicini
     Boſchi partando la ſorella mia
     Ferita da uno ſtuol de Saracini
     Che ſenza l’elmo la trouar per via
     Fu di ſcorciarſi affretta i lunghi crini
     Se ſanar volſe d’una piaga ria
     C hauea con gran periglio ne la teſta:
     E coſi feorcia erro per la foreſta.

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 [27]
Errando giunſe ad vna ombroſa ſonte
     E perche afflitta e ſtanca ritrouoſſe
     Dal deſtrier ſcefe, e diſarmo la ſronte
     E ſu le tenere herbe addormentoſſe,
     Io non credo che fabula ſi conte
     Che piú di queſta hiſtoria bella foſſe,
     Fiordiſpina di Spagna foprarriua
     Che per cacciar nel boſco ne veniua.

 [28]
E quando ritrouo la mia ſirocchia
     Tutta coperta d’ arme eccetto il viſo:
     C’hauea la ſpada in luogo di conocchia
     Le ſu vedere vn caualliero auiſo,
     La faccia, e le viril fattezze adocchia
     Tanto che ſé ne ſente il cor conquiſo,
     La íuita a caccia, e tra l’ombroſe ſronde
     Lunge da glialtri al ſin ſeco s’aſconde.

 [29]
Poi che l’ha ſeco in ſolitario loco
     Doue non teme d’effer fopraggiunta
     Con atti e con parole a poco a poco
     Le ſcopre il ſiſſo cuor di graue punta,
     Co gliocchi ardéti e co i ſoſpir di fuoco
     Le moſtra l’alma di diſio conſunta
     Hor ſi ſcolora in viſo, hor ſi raccende,
     Tanto s’ arriſchia ch’un bacio ne prede

 [30]
La mia ſorella hauea ben conoſciuto
     Che qſta Dona in cambio l’hauea tolta:
     Ne dar poteale a quel biſogno aiuto
     E ſi trouaua in grade impaccio auuolta:
     Glie meglio (dicea ſeco) s’ io riſiuto
     Queſta hauuta di me credenza ſtolta:
     E s’ io mi moſtro femina gentile
     Che laſciar riputarmi vn’huomo vile.

 [31]
E dicea il ver, ch’era viltade eſpreffa
     Conueniente a vn’ huom fatto di ſtucco,
     Con cui ſi bella Donna foſſe meſſa
     Piena di dolce e di nectareo ſucco
     E tuttauia ſteſſe a parlar con eſſa
     Tenendo baſſe l’ale come il cucco,
     Co modo accorto ella il parlar riduſſe
     Che venne a dir come Donzella ſuſſe.

 [32]
Ch gloria, qual giá Hippolyta e Camilla
     Cerca ne l’arme, e in Africa era nata
     In lito al mar ne la citta d’Arzilla:
     A ſcudo e a lancia da fanciulla vſata,
     Per queſto non ſi ſmorza vna ſcintilla
     Del fuoco de la Donna inamorata
     Queſto rimedio all’alta piaga e tardo
     Taf hauea Amor cacciato inazi il dardo

 [33]
Per queſto non le par men bello il viſo
     Men bel lo ſguardo e men belli i coſtui
     Per ciò non torna il cor che giá diuiſo
     Da lei, godea dentro gli amati lumi,
     Vedendola in quell’habito l’è auiſo
     Che può far che’l deſir non la conſumi,
     E quando ch’ella e pur femina penſa
     Soſpira e piage e moſtra doglia imenſa.

 [34]
Chi haueſſe il ſuo ramarico e’l ſuo piato
     Quel giorno vdito hauria pianto co lei,
     Quai tormenti (dicea) ſuron mai tanto
     Crudel ? che piú non ſiati crudeli i miei ?
     D’ ognaltro amore, o ſcelerato, o ſanto
     Il deſiato ſin ſperar potrei
     Saprei partir la roſa da le ſpine:
     Solo il mio deſiderio e ſenza ſine.

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 [35]
Se pur voleui Amor darmi tormento
     Che t’ increſceſſe il mio felice ſtato
     D’alcun martir doueui ſtar contento
     Che foſſe achor ne glialtri amati vſato,
     Ne tra gli huomini mai ne tra l’armento
     Che femina ami femina ho trouato:
     Non par la donna all’altre donne bella
     Ne aceruie ceruia, ne all’agnelle agnella

 [36]
In terra, in aria in mar, ſola fon’ io
     Che patiſco da te ſi duro ſcempio:
     E queſto hai fatto accio che l’error mio
     Sia ne l’imperio tuo l’ultimo eſempio,
     La moglie del Re Nino hebbe diſio
     Il figlio amando: federato & empio,
     E Myrrha il padre, e la Cretéfe il Toro
     Ma glie piú ſolle il mio ch’alcú de i loro.

 [37]
La femina nel maſchio ſé diſegno
     Sperone il ſine, & hebbelo come odo
     Paſiphe ne la vacca entro del legno:
     Altre per altri mezi, e vario modo,
     Ma ſé volaſſe a me con ogni ingegno
     Dedalo, nò potria ſcioglier quel nodo
     Che fece il maſtro troppo diligente
     Natura d’ogni coſa piú poſſente.

 [38]
Coſi ſi duole e ſi conſuma & ange
     La bella Donna, e nò s’accheta in fretta:
     Talhor ſi batte il viſo: e il capei ſrange
     E di ſé, contra ſé, cerca vendetta,
     La mia ſorella per pietá ne piange
     Et e a ſentir di quel dolor conſtretta,
     Del ſolle e vari diſio ſi ſtudia trarla
     Ma non fa alcun profitto, e in vano parla.

 [39]
Ella ch’aiuto cerca, e non conſorto
     Sempre piú ſi lamenta e piú ſi duole,
     Era del giorno il termine hormai corto
     Che roſſeggiaua in Occidente il Sole,
     Hora oportuna da ritrarſi in porto
     A chi la notte al boſco ſtar non vuole,
     Quádo la Dona inuito Bradamante
     A queſta terra ſua poco diſtante.

 [38]
Non le ſeppe negar la mia ſorella:
     E coſi inſieme ne vennero al loco
     Doue la turba ſcelerata e fella
     Poſto m’hauria (ſé tu no v’eri) al fuoco,
     Fece la dentro Fiordiſpina bella
     La mia ſirocchia accarezzar non poco,
     E riueſtita di feminil gonna
     Conoſcer ſé a ciaſcun ch’ella era Dona.

 [39]
Perho che conoſcendo che neſſuno
     Vtil trahea da quel virile aſpetto.
     Non le parue ancho di voler ch’alcuno
     Biaſmo di ſé: per queſto foſſe detto,
     Fello acho accio che’l mal e’ hauea dal’uno
     Virile habito: errando giá còcetto,
     Hora con l’altro diſcoprendo il vero
     Prouaſſi di cacciar ſuor del pernierò,

 [40]
Comune il Ietto hebbon la notte inſieme
     Ma molto differente hebbon ripoſo,
     Che l’ima dorme, e l’altra piange e geme
     Che ſempre il ſuo deſir ſia piú ſocoſo,
     E fe’l ſonno talhor gliocchi le preme
     Quel breue ſonno e tutto imaginoſo,
     Le par veder che’l ciel l’habbia gceſſo
     Bradamante cangiata in miglior feſſo.

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 [43]
Come l’infermo acceſo di gran ſete
     S’ in quella ingorda voglia s’ addorméta
     Ne l’interrotta e turbida quiete
     D’ogn’ acqua che mai vide ſi ramenta,
     Coſi a coſtei di far ſue voglie liete
     L’imagine del ſonno rappreſenta
     Si deſta, e nel deſtar mette la mano
     E ritroua pur ſempre il ſogno vano.

 [44]
Quanti prieghi la notte, quanti voti,
     Offerte al ſuo Machone, e a tutti i dei,
     Che con miracoli apparenti e noti
     Mutaſſero in miglior feſſo coſtei,
     Ma tutti vede andar d’ effetto voti
     E ſorte anchora il ciel ridea di lei,
     Paſſa la notte, e Phebo il capo biondo
     Trahea del mare e daua luce al mondo.

 [45]
Poi che’l di venne e che laſciaro il letto
     A Fiordiſpina s’augumenta doglia,
     Che Bradamante ha del partir giá detto
     Ch’uſcir di qſto ipaccio hauea gran voglia,
     La gètil donna vn’ ottimo ginetto
     In don da lei vuol che partendo toglia,
     Guernito d’oro, & vna fopraueſta
     Che riccamente ha di ſua man conteſta.

 [46]
Accompagnolla vn pezzo Fiordiſpina
     Poi ſé piangendo al ſuo caſtel ritorno:
     La mia ſorella ſi ratto camina
     Che véne a Mótalbano acho ql giorno,
     Noi ſuoi ſratelli, e la madre meſchina
     Tutti le ſiamo feſteggiando intorno:
     Che di lei non ſentendo, hauuto ſorte
     Dubbio e tema haueua de la ſua morte.

 [47]
Miramo al trar de l’elmo al mozzo crine
     Ch’intorno al capo prima s’auolgea:
     Coſi le fopraueſte peregrine
     Ne ſer marauigliar ch’indoſſo hauea,
     Et ella il tutto dal principio al ſine
     Narronne (come dianzi io vi dicea)
     Come ferita foſſe al boſco, e come
     Laſciaffe per guarir le belle chiome.

 [48]
E come poi dormendo in ripa all’acqj
     La bella cacciatrice fopragiunfe,
     A cui la falſa ſua ſembianza piacer
     E come da la ſchiera la diſgiunſe
     Del lamento di lei poi nulla tacqj
     Che di pietade l’anima ci punſe
     E come alloggio ſeco e tutto quello
     Che fece ſin che ritorno al cartello,

 [49]
Di Fiordiſpina gran notitia hebb’ io
     Ch’in Siragozza, e giá la vidi, in Fracia:
     E piacquer molto all’appetito mio
     I ſuoi begliocchi, e la polita guancia,
     Ma non laſciai fermaruiſi il diſio
     Ch l’amar ſenza ſpeme, e ſogno e dacia,
     Hor quado in tal’ampiezza mi ſi porge
     l’antiqua ſiamma ſubito riſorge.

 [50]
Di queſta ſpeme Amore ordiſce i nodi
     Che d’altre ſila ordir non li potea,
     Onde mi piglia e moſtra inſieme i modi
     Che da la Dona haurei ql ch’io chiedea
     A ſucceder faran facil le ſrodi
     Che come ſpeffo altri ingánato hauea
     La fimiglianza e’ ho di mia ſorella
     Forte ancho ingannerá qſta Donzella.

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 [51]
Faccio o no’l faccio al ſin mi par ch buono
     Sempre cercar ql che diletti, ſia
     Del mio penſier con altri non ragiono
     Ne vo ch’in ciò conſiglio altri mi dia
     Io vo la notte oue quell’arme ſono,
     Che s’ hauea tratte la ſorella mia
     Tolgole, e col deſtrier ſuo via camino
     Ne ſto aſpettar che luca il matutino.

 [52]
Io me ne vo la notte: Amore e duce,
     A ritrouar la bella Fiordiſpina,
     E v’arriuai che non era la luce
     Del Sole aſcoſa anchor ne la marina,
     Beato e chi correndo ſi conduce
     Prima de glialtri a dirlo alla Regina,
     Da lei ſperado per l’annuntio buono
     Acquiſtar gratia, e riportarne dono.

 [53]
Tutti m’haueano tolto coſi in fallo
     Com’hai tu fatto anchor p Rradamante,
     Tanto piú che le veſti hebbi e’l cauallo
     Con che partita era ella il giorno inante,
     Vieti Fiordiſpina di poco interuallo
     Con feſte incontra, e con carezze tante
     E con ſi allegro viſo e ſi giocondo
     Ch piú gioia moſtrar nò potria al mòdo.

 [54]
Le belle braccia al collo indi mi getta
     E dolcemente ſtringe e bacia in bocca,
     Tu puoi penſar s’ allhora la ſaetta
     Dirizzi Amor, s’ in mezo il cor mi tocca,
     Per man mi piglia, e in camera con fretta
     Mi mena, e non ad altri ch’a lei tocca
     Clic da l’elmo allo ſpron l’arme mi f lacci
     E neſſun’ altro vuol che ſé n’impacci.

 [55]
Poi fattali arrecare vna ſua veſte
     Adorna e ricca, di ſua man la ſpiega,
     E come io ſoſſi femina mi veſte
     E in reticella d’ oro il crin mi lega,
     Io muouo gliocchi co maniere honeſte,
     Ne ch’io ſia Dona alcú mio geſto niega:
     La voce ch’accufar mi potea ſorſè
     Si ben’ufai ch’alcun non ſé n’accorfe.

 [56]
Vſcimmo poi la doue erano molte
     Perſone in ſala e cauallieri e donne,
     Da i quali ſummo con l’honor raccolte
     Ch’alle Regine faſſi e gran madonne,
     Quiui d’alcuni mi riſi io piú volte
     Che non ſappiendo ciò che ſotto gonne
     Si nafeondeffe, valido egagliardo
     Mi vagheggiauan con laſciuo ſguardo

 [57]
Poi che ſi fece la notte piú grande
     E giá vn pezzo la menſa era leuata,
     La menſa, che ſu d’ottime viuande
     Secondo la Ragione apparecchiata,
     Non aſpetta la Donna ch’io domande
     Quel che m’era cagion del venir ſtata,
     Ella m’inuita per ſua corteſia
     Che quella notte a giacer ſeco io ſtia.

 [56]
Poi che donne e donzelle hormai leuate
     Si ſuro e paggi e camerieri intorno,
     Eſſendo ambe nel letto diſpogliate
     Co i torchi acceſi che parea di giorno,
     Io cominciai non vi marauigliate
     Madonna ſé ſi toſto a voi ritorno:
     Che ſorſè v’ andauate imaginando
     Di non mi riueder ſin, Dio fa quando.

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 [59]
Diro prima la cauſa del partire
     Poi del ritorno l’udirete anchora:
     Se’l voſtro ardor Madonna intiepidire
     Potuto haueſſi col mio far dimora
     Viuere in voſtro ſeruitio e morire
     Voluto haurei, ne ſtarne ſenza vn’hora,
     Ma viſto quanto il mio ſtar vi noceffi
     Per non poter far meglio, andare eleffi.

 [60]
Fortuna mi tiro ſuor del camino
     In mezo vn boſco d’intricati rami,
     Doue odo vn grido riſonar vicino
     Come di donna che ſoccorſo chiami,
     V’accorro, e fopra vn lago cryſtallino
     Ritrouo u Fauno e’ hauea pſo a glihami
     In mezo l’acqua vna Donzella nuda
     E mangiarli il crudel la volea cruda.

 [61]
Cola mi trarli, e con la ſpada in mano
     (Perdi’ aiutar non la potea altrimente)
     Tolſi di vita il peſcator villano,
     Ella ſalto ne l’acqua immantinente,
     Non m’haurai (diſſe) dato aiuto in vano
     Ben ne farai premiato e riccamente
     Quáto chieder ſaprai, peti ſon Nympha
     Che viuo dètro a queſta chiara lympha

 [62]
Et ho poſſanza far coſe ſtupende
     E sforzar gli Elementi e la Natura
     Chiedi tu, quato il mio valor s’eſtende:
     Poi laſcia a me di ſatisfarti cura.
     Dal ciel la Luna al mio cantar diſcende ;
     S’agghiaccia il fuoco: e l’aria ſi fa dura
     Et ho lalhor con ſemplici parole
     Moſſa la terra, & ho fermato il Sole.

 [63]
Non le domado a queſta oſſerta vnire
     Theſor, ne dominar populi e terre
     Ne in piú virtú ne in piú vigor ſalire
     Ne vincer con honor tutte le guerre,
     Ma ſol che qualche via donde il deſire
     Voſtro s’adempia, mi ſchiuda e differre
     Ne piú le domado un ch’un’ altro effetto
     Ma tutta al ſuo giudicio mi rimetto.

 [64]
Hebbile a pena mia domanda eſpoſta
     Ch’ unaltra volta la vidi attuffata,
     Ne fece al mio parlare altra riſpoſta
     Ch di ſpruzzar ver me l’acqua incátata:
     Laqual non prima al viſo mi s’accolta
     Ch’io (non ſo come) ſon tutta mutata:
     Io’l ueggo, io’l ſento, e a penavero parmi
     Sento in maſchio di femina mutarmi.

 [65]
E ſé non foſſe che ſenza dimora
     Vi potete chiarir noi credereſte:
     E qual nell’altro feſſo in queſto anchora
     Ho le mie voglie ad vbbidirui preſte:
     Còmadate lor pur, che ſieno hor hora
     E ſempre mai, per voi vigile e deſte,
     Coſi le diſſi, e feci ch’ella iſteffa
     Trouo con man la veritade eſpreffa.

 [66]
Come interuiene a chi giá ſuor di ſpeme
     Di coſa ſia che nel pender molt’ habbia:
     Che mentre piú d’efferne priuo geme
     Piú ſé n’ afflige, e ſé ne ſtrugge e arrabbi
     Se ben la troua poi: tato gli pme
     L’hauer gran tempo feminato in ſabbia
     E la diſperation l’ha ſi male vſo
     Che non crede a ſé ſteffo, e ſta confuſo.

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 [67]
Coſi la Donna, poi che tocca e vede
     Quel di e’ hauuto hauea tanto deſire:
     A gliocchi, al tatto, a ſé ſteffa, non crede,
     E ſta dubbioſa anchor di non dormire:
     E buona proua biſogno a far fede
     Che ſentia quel che le parea ſentire,
     Fa Dio (diſſe ella) ſé ſon ſogni queſti
     Ch’ io dorma ſemp e mai piú no mi deſti.

 [68]
No rumor di tamburi, o ſuon di trombe
     Furon principio all’amoroſo aſſalto:
     Ma baci ch’imitauan le colombe
     I i.iu.í ſegno hor di gire: hor di fare alto,
     Vſammo altr’ arme che ſaette o ſrombe
     Io ſenza ſcale in ſu la rocca ſalto:
     E lo ſtendardo piantoui di botto
     E la nimica mio mi caccio ſotto.

 [69]
Se ſu quel letto la notte dinanti
     Pien di ſoſpiri, e di querele graui
     Non ſtette l’altra poi ſenza altretanti
     Riſi, feſte, gioir, giochi ſoaui,
     Non con piú nodi i ſleſiuoſi acanthi
     Le colonne circondano e le traili
     Di quelli con che noi legammo ſtretti
     E colli, e lí.vlii, e braccia, e gabe, e petti.

 [70]
La coſa ſtaua tacita ſra noi
     Si che duro il piacer per alcun meſe,
     Pur ſi trouo chi ſé n’accorfe poi
     Tanto che con mio danno il Re lo’ntefe,
     Voi che mi liberaſte da quei ſuoi
     Che ne la piazza hauea le risme acceſe:
     Comprendere hoggimai potete il reſto:
     Ma Dio fa ben con che dolor ne reſto.

 [71]
Coſi a Ruggier narrami Ricciardetto
     E la notturna uia facea men graue
     Salendo tuttauia verſo vn poggietto
     Cinto di ripe e di pendici caue
     Vn’erto calle, e pien di faſſi e ſtretto
     Apria il camin con faticoſa chiaue,
     Sedea al sòmo u caſtel detto Agriſmote
     C’haueí guardia Aldigier di chiaramòte

 [72]
Di Buouo era coſtui ſigliuol baſtardo
     Fratel di Malagigi e di Viuiano,
     Chi legitimo dice di Gherardo
     E teſtimonio temerario e vano,
     Foſſe come ſi voglia, era gagliardo
     Prudente, liberal, corteſe, ſiumano,
     E facea quiui le fraterne mura
     La notte e il di guardar con buona cura.

 [73]
Raccolſe il cauallier corteſemente
     Come douea il cugin ſuo Ricciardetto,
     Ch’amo come fratello, e parimente
     Fu ben viſto Ruggier per ſuo riſpetto,
     Ma nò gli uſei giá incontra allegramente
     Come era vſato, anzi con triſto aſpetto
     Perch’uno auiſo il giorno hauuto hauea
     Che nel viſo e nel cor meſto il facea.

 [74]
A Ricciardetto in cambio di ſaluto
     Diſſe, fratello habbian nuoua non buona
     Per certiſſimo meſſo hoggi ho ſaputo,
     Che Bertolagi iniquo di Baiona
     Con Lanfufa crudel s’è conuenuto
     Che pretioſe ſpoglie eſſo a lei dona:
     Et eſſa a lui pon noſtri ſrati in mano
     Il tuo bon Malagigi, e il tuo Viuiano.

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 [75]
Ella dal di che Ferrau li preſe
     Gliha ognor tenuti in loco oſcuro e fello
     Fin che’l brutto contratto e diſcortefe
     N’ha fatto co coſtui di ch’io fauello,
     Gli de mandar domane al Maganzeſe
     Ne i confin tra Baiona e vn ſuo cartello.
     Verrá in perſona egli a pagar la mancia
     Ch 9pra il miglior ſangue ch ſia í Fracia

 [76]
Rinaldo noſtro n’ho auiſato hor hora:
     Et ho cacciato il meſſo di galoppo,
     Ma no mi par ch’arriuar pofTa ad hora
     Che non ſia tarda, che’l camino e troppo,
     Io non ho meco gente da vſcir ſuora,
     L’animo e pròto, ma il potere e zoppo:
     Se gli ha quel traditor li fa morire
     Si che non ſo che far non ſo che dire.

 [77]
La dura nuoua a Ricciardetto ſpiace
     E perche ſpiace a lui, ſpiace a Ruggiero,
     Che poi ch queſto e quel vede che tace
     Ne tra profitto alcun del ſuo penſiero,
     Diſſe con grande ardir, dateui pace
     Sopra me queſt’imprefa tutta chero,
     E queſta mia varrá per mille ſpade
     A riporui i ſratelli in libertade.

 [78]
Io non voglio altra gente altri ſuſſidi
     Ch’ io credo baſtar ſolo a queſto fatto:
     lo vi domando ſolo vn che mi guidi
     Al luogo, oue ſi dee fare il baratto,
     Io vi faro ſin qui ſentire i gridi
     Di chi fará preſente al rio contratto,
     Coſi dicea, ne dicea coſa nuoua
     All’lí de dui ch n’hauea viſto pruoua.

 [79]
L’altro non l’aſcoltaua, ſé non quanto
     S’aſcolti vn ch’assai parli, e ſappia poco,
     Ma Ricciardetto gli narro da canto
     Come ſu per coſtui tratto del fuoco,
     E ch’era certo che maggior del vanto
     Faria veder l’effetto a tempo e a loco,
     Gli diede allhor’ vdienza piú che prima
     E ritienilo, e ſé di lui gran ſtima.

 [80]
Et alla menſa, oue la Copia ſuſe
     Il corno, V honoro come ſuo dono,
     Quiui fenz’ altro aiuto ſi concluſe
     Che liberare i duo ſratelli ponno:
     In tanto foprauenne e gliocchi chiuſe
     A i Signori e a i ſergenti il pigro ſonno
     Fuor ch’a Ruggier, che p tenerlo deſto
     Gli púge il cor ſemp un penſier moleſto.

 [81]
l’aſſedio d’ Agramante e’ hauea il giorno
     Vdito dal corrier, gli ſta nel core,
     Ben vede ch’ogni minimo ſoggiorno
     Che faccia d’aiutarlo, e ſuo diſnore,
     Quata gli fará Ifamia: quanto ſcorno
     Se co i nemici va del ſuo Signore,
     O come a gran viltade a gran delitto
     Battezandofi alhor gli fará aſſeritto.

 [82]
Potria in ognaltro tempo eſſer creduto
     Che vera religion l’haueſſe moſſo:
     Ma hora che biſogna col ſuo aiuto
     Agramante d’ aſſedio eſſer riſcoſſo,
     Piú toſto da ciaſcun fará tenuto
     Che timore e viltá l’habbia percoſſo:
     Ch’ alcuna opinion di miglior fede
     yueſto il cor di Ruggier ſtimula e ſiede

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 [83]
Che s’habbia da partire ancho lo punge
     Senza licentia de la ſua Regina,
     Quando queſto penſier: quSdo ql giiíge
     Che’l dubio cor diuerſamente inchina,
     Gli era l’auifo riuſcito lunge
     Di trouarla al caſtel di Fiordiſpina,
     Doue inſieme douea, come ho giá detto,
     In ſoccorſo venir di Ricciardetto.

 [84]
Poi gli ſouien, ch’egli le hauea promeſſo
     Di ſeco a Vall’ombrofa ritrouarſi:
     Péſa ch’adar v’ habbi ella, e qui d’elfo
     Che non vi troui poi, marauigliarſi,
     Potette alnien mandar lettera o metto
     Si eli’ ella non haueſſe a lamentarſi:
     Che oltre ch’egli mal le hauea vbbidito
     Senza far motto anchor foſſe partito.

 [85]
Poi che piú coſe imaginate s’ hebbe
     Penſa ſcriuerle al ſin quanto gli accada,
     E ben ch’egli non ſappia come clebbe
     La lettera inaiar ſi che ben vada,
     Non perho vuol reſtar, che be potrebbe
     Alcun meſſo fedel trouar per ſtrada,
     Piú non s’ indugia, e ſalta de le piume
     Si fa dar charta, ichioſtro, péna, e lume.

 [86]
I camarier diſcreti & aueduti
     Arrecano a Ruggier ciò che comanda,
     Egli comincia a ſcriuere, e i falliti
     (Come ſi ſuol) ne i primi verſi manda,
     Poi narra de gli auiſi che venuti
     Son dal ſuo Re, ch’aiuto gli domanda
     E ſé P andata ſua non e ben preſta
     O morto o in man de gli nimici reſta.

 [87]
Poi ſeguita ch’eſſendo a tal partito
     E ch’a lui per aiuto ſi volgea,
     Vedette ella che’l biaſmo era inſinito
     S’a quel punto negar gli lo volea,
     E ch’etto a lei douendo eſſer marito
     Guardarſi da ogni macchia ſi douea,
     Che non ſi conuenia con lei, che tutta
     Era (incera, alcuna coſa brutta.

 [88]
E ſé mai per adietro vn nome chiaro
     Ben’ oprando cerco di guadagnarli,
     E guadagnato poi: ſé hauuto caro:
     Se cercato l’hauea di conſeruarſi,
     Hor lo cercaua, e n’era fatto auaro,
     Poi che douea con lei participarſi,
     I.aqual ſua moglie, e totalméte in dui
     Corpi eſſer douea vn’ anima con lui.

 [89]
E ſi come giá a bocca le hauea detto
     Le ridicea per queſta charta anchora,
     Finito il tempo in che per fede aſtretto
     Era al ſuo Re, quado non prima muora,
     Che ſi fará Chriſtian coſi d’effetto
     Come di buon voler ſtato era ogni hora,
     E ch’al padre e a Rialdo, e a glialtri ſuoi
     Per moglie domandar la fará poi.

 [90]
Voglio (le foggiúgea) quado vi piaccia
     L’affedio al mio Signor leuar d’intorno:
     Accio che l’ignorante vulgo taccia
     Uqual direbbe a mia vergogna e ſcorno,
     Ruggier métre Agramate hebbe bonaccia
     Mai nò Pabadono notte ne giorno,
     Hor che Fortuna per Carlo ſi piega
     Egli col vincitor P inſegna ſpiega.

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 [91]
Voglio quindici di termine, o venti
     Tanto che comparir poſſa vna volta:
     Si che de gli Africani alloggiamenti
     La graue oſſedion per me ſia tolta,
     In tanto cercherò conuenienti
     Cagioni, e che ſian giuſte, di dar uolta,
     Io vi domado per mio honor ſol queſto,
     Tutto poi voſtro e di mia vita il reſto.

 [92]
In Cimili parole ſi diffuſe
     Ruggier, che tutte non ſo dirai a pieno,
     E ſegui con molt’ altre, e non concluſe
     Fin che non vide tutto il ſoglio pieno,
     E poi piego la lettera, e la chiuſe:
     E ſuggellata ſé la poſe in ſeno,
     Con ſpeme che gli occorra il di feguète
     Chi alla donna la dia ſecretamente.

 [93]
Chiuſa c’hebbe la lettera, chiuſe ancho
     Gli occhi fu’l letto, e ritrouo quiete,
     Che’l ſonno véne, e ſparfe il corpo ſtaco
     Col ramo intinto nel liquor di lethe,
     E poſo ſin ch’un nembo roſſo e bianco
     Di fiori, ſparfe le contrade liete
     Del lucido Oriente d’ ogn’ intorno,
     Et indi vſci del aureo albergo il giorno.

 [94]
E poi ch’a ſalutar la nuoua luce
     Pei verdi rami incominciar gli augelli,
     Aldigier che voleua eſſere il duce
     Di Ruggiero e de l’altro, e guidar quelli
     Oue faccin che dati in mano al truce
     Bertolagi, non ſiano i duo ſratelli:
     Fu’l primo in piede, e quando ſentir lui:
     Del letto vſciro ancho queglialtri dui

 [95]
Poi che veſtiti ſuro e bene armati
     Co i duo cugin Ruggier ſi mette in via,
     Giá molto indarno hauendoli pregati
     Che queſta impreſa a lui tutta ſi dia,
     Ma eſſi pel deſir c’han de lor ſrati
     E perche lor parea diſcorteſia:
     Steron negando piú duri che faſſi
     Ne confentiron mai che ſolo andaſſi.

 [96]
Giunſero al loco il di, che ſi douea
     Malagigi mutar ne i carriaggi.
     Era vn’ ampia campagna che giacea
     Tutta ſcoperta agli Apollinei Raggi,
     Quiui ne allor ne myrto ſi vedea
     Ne cypreſſi ne ſraſſini ne faggi:
     Ma nuda ghiara, equalch humil virgulto
     No mai da marra, o mai da vomer culto.

 [97]
I tre guerrieri arditi ſi fermaro
     Doue vn fender fendea quella pianura:
     E giunger quiui vn cauallier miraro
     C’hauea d’oro ſregiata l’armatura,
     E per inſegna in campo verde, il raro
     E bello augel che piú d’un ſecol dura:
     Signor nò piú, ch giuto al ſin mi veggio
     Di queſto canto, e ripoſarmi chieggio.