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Tant’era l’amor grande che Zerbino
E non minor de’l ſuo, quel che I (Tabella
Portaua al virtuoſo Paladino:
Tanto il deſir d’ intender la nouella
Ch’egli haueſſe trouato il Saracino
Che del deſtrier lo tratte con la fella:
Che non fará all’eſercito ritorno
Se non ſinito che ſia il terzo giorno
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11 termine ch’Orlando aſpettar diſſe
Il cauallier ch’anchor non porta ſpada:
Non e alcun luogo doue il Conte giſſe
Che Zerbin pel medeſimo non vada,
Giunſe al ſin tra quegli arbori che ſcriffe
L’ingrata Donna, vn poco ſuor di ſtrada,
E con la ſonte e col vicino ſaſſo
Tutti li ritruouo meſſi in ſracaſſo.
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Vede lontan non fa che luminoſo
E troua la corazza eſſer del Conte
E troua l’elmo poi, non quel famoſo
Ch’armo giá il capo all’Africao Almòte
Il deſtrier ne la ſelua piú naſcoſo
Sente anitrire, e leua al ſuon la ſronte
E vede Brigliador paſcer per l’herba
Che dall’arcion pendente il ſreno ſerba.
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Durindana cerco per la foreſta
E ſuor la vide del fodero ſtarfe,
Trouo, ma in pezzi, áchor la fopraueſta
Ch’in cento lochi il miſer Conte ſparfe,
Iſſabella e Zerbin con faccia meſta
Stanno mirando, e non fan che penſarſe,
Penſar potrian tutte le coſe, eccetto
Che foſſe Orlando ſuor dell’intelletto.
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Se di ſangue vedeſſino vna goccia
Creder potrian, che foſſe ſtato morto,
Intanto lungo la corrente doccia
Vider venire vn Paſtorello ſmorto,
Coſtui pur dianzi hauea di ſu la roccia
L’alto furor de l’infelice ſcorto,
Come l’arme gitto, fquarcioſſi i panni
Paſtori vcciſe, e ſé mill’altri danni.
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Coſtui richieſto da Zerbin gli diede
Vera inſormation di tutto queſto,
Zerbin ſi marauiglia, e a pena il crede
E tuttauia n’ha inditio manifeſto,
Sia come vuole: egli diſcende a piede
Pien di pietade lachrymoſo e meſto
E ricogliendo da diuerſa parte
Le reliquie ne va, ch’erano ſparte.
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Del palaſren diſcende ancho Iſſabella
E va quell’arme riducendo inſieme,
Ecco lor foprauiene vna Donzella
Dolente in viſta, e di cor ſpeffo geme,
Se mi domanda alcun chi ſia, perch’ ella
Coſi s’ affligge, e che dolor la preme,
Io gli riſpondero che e Fiordiligi
Che del amante ſuo cerca i veſtigi.
[54]
Da Brandimarte ſenza farle motto
Laſciata ſu ne la citta di Carlo,
Dou’ella l’aſpetto fei meſi o d’otto
E quando al ſin non vide ritornarlo,
Da un mare all’altro ſi miſe, ſin ſotto
Pyrene e l’alpe, e per tutto a cercarlo,
l’andò cercando in ogni parte, ſuore
Ch’ai palazzo d’Atlante incantatore.