Manuale di economia politica con una introduzione alla scienza sociale/Capitolo VIII
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CAPITOLO VIII
I capitali fondiari e i capitali mobiliari
1. I capitali fondiari. — Tali capitali si debbono considerare nello stato in cui si trovano, ed è vano il voler separare il suolo dai capitali mobiliari che si dicono «incorporati» in esso.
I terreni agricoli, le miniere, i terreni industriali per case di abitazione, ville, ecc., costituiscono i capitali fondiari.
2. La concorrenza dei capitali fondiari ha luogo indirettamente per mezzo dei loro prodotti o per mezzo dei consumatori che si trasportano nei luoghi ove trovano capitali fondiari a loro convenienti. Così il grano delle terre degli Stati Uniti d’America viene trasportato in Europa e fa concorrenza al grano delle terre di questo continente. Così, mercè lo sviluppo dei moderni mezzi di trasporto, gli uomini occupati nell’interno delle grandi città possono abitare i sobborghi, di cui le terre fanno per tale modo concorrenza a quelle del centro della città.
3. È difficile e spesso impossibile di produrre col risparmio nuovi capitali fondiari; quindi per essi si manifesta, più dichiaramente che in altri casi, il fenomeno della rendita.
4. I capitali fondiari non hanno alcun privilegio economico riguardo agli altri capitali; sono, nè più nè meno, degli altri indispensabili nella produzione. Socialmente e politicamente sono invece spesso di maggior momento degli altri capitali; e per molto tempo e presso molti popoli il potere politico è stato dei possessori del suolo.
5. Le forme della proprietà del suolo sono molte. Si hanno, nella pratica esempi di molte varietà delle grandi classi di proprietà: collettiva, famigliare, individuale.
6. Sono pure molto varie le forme delle relazioni tra i proprietari del suolo e coloro che lo lavorano. Parecchie di quelle forme possono sussistere insieme ed essere più o meno convenienti secondo le circostanze. Perciò è insolubile il problema di ricercare quale di esse è migliore in modo assoluto. Nell’agricoltura moderna troviamo le forme seguenti, che sono molto estese: il suolo lavorato direttamente dal proprietario e dalla sua famiglia — il suolo lavorato da operai sotto la direzione del proprietario — l’affitto — la mezzadria. Ognuna di quelle forme si adatta meglio di altre a certe colture e a certe contingenze economiche e sociali.
7. Può essere utile socialmente che la terra non muti troppo facilmente proprietario; è generalmente utile economicamente che possa facilmente passare in possesso di chi meglio la sa adoperare. È pure utile che il proprietario nominale della terra sia anche il proprietario reale. Non è tale, quando ha debiti ipotecati sulla terra, per un valore pressochè pari a quello della terra stessa. In questo caso il proprietario nominale è in realtà un ministro dei suoi creditori, e fa produrre la terra per conto loro.
8. I capitali mobiliari. — Questa categoria comprende tutti quei capitali che rimangono quando si sono tolti i capitali personali (uomini) ed i capitali fondiari. Gli opifici, le case, le provviste di vario genere, gli animali domestici, le macchine, i mezzi di trasporto, i mobili, la moneta metallica, ecc., sono tra i principali capitali mobiliari. La maggior parte di essi si ottengono agevolmente, trasformando il risparmio. Parecchi di quei capitali si possono facilmente trasportare da un luogo ad un altro e quindi tra di essi ha luogo diretta concorrenza. I casi di rendita che, per essi si osservano, sono spesso meno notevoli che pei capitali fondiari.
9. Il risparmio. — Il risparmio è costituito dai beni economici che gli uomini si astengono dal consumare. Poichè quei beni si sogliono valutare in moneta, nasce facilmente l’illusione che il risparmio sia costituito di moneta.
10. I beni risparmiati non si accumulano, ma sono prontamente trasformati; onde la somma totale di risparmio esistente ad un momento dato, in un paese, esiste solo in piccola parte sotto forma di provviste per la maggior parte esiste sotto forma di capitali mobiliari, sotto forma di miglioramenti dei capitali fondiari, e incorporata nei capitali personali.
Occorre badare di non confondere il semplice risparmio col risparmio trasformato in capitali, cioè trasformato in cose che giovano alla produzione, nè col risparmio capitale1, il quale è quella parte del risparmio che, non essendo trasformato in altri capitali, pure giova alla produzione. Il grano, ad esempio, esistente nel granaio è del risparmio semplice; una parte di quel grano, quando è adoperato per mantenere gli operai che lavorano la terra, e la qual parto consumata in quel modo, sarà, ricostituita quando verrà il tempo del raccolto, è del risparmio capitale1; un’altra parte, adoperata per comperare i buoi che arano la terra, o la locomobile che serve a battere il grano, cessa di esistere sotto forma di risparmio, ed è trasformata in capitale.
Tengasi presente che questa classificazione ha gli stessi caratteri che abbiamo riconosciuti in quella che ci ha dato il concetto dei capitali (V, 20); cioè è poco rigorosa ed, in parte, arbitraria; ma nonostante è comoda per poter dare un concetto di molti fenomeni, senza fare uso della matematica; ed il poco rigore non nuoce, poichè sparisce nelle formole dell’economia pura, le quali solo ci danno dimostrazioni rigorose.
11. Il risparmio è ottenuto solo in parte pel fine del frutto che se ne ritrae; per altra parte nasce dal desiderio dell’uomo di avere in serbo beni da poter consumare all’occorrenza; ed ha pure per origine un atto istintivo dell’uomo, il quale opera similmente a quanto fanno molti animali. Perciò, anche se il frutto del risparmio diventasse zero, non si asterrebbero gli uomini dal risparmiare; anzi potrebbe accadere che certi uomini risparmiassero di più, almeno entro certi limiti, quando scema il frutto del risparmio. Pongasi un uomo il quale si propone di cessare di lavorare quando egli avrà tanto risparmio da poter godere di un’entrata di 2000 lire, sino al termine della sua vita. Per ottenere ciò, egli dovrà, se il frutto del risparmio scema, lavorare un maggior numero d’anni, o risparmiare ciascun anno di più, o fare entrambe queste cose. Notisi che nei paesi civili, dal principio del secolo XIX ai giorni nostri, il frutto del risparmio è andato scemando, e la produzione annua del risparmio è andata crescendo.
In conclusione, nei limiti, per vero dire assai ristretti delle nostre osservazioni, non possiamo menomamente asserire che la produzione annua del risparmio dipenda esclusivamente, o anche solo principalmente (sia funzione), dal frutto del risparmio; e meno che mai possiamo asserire che cresca col crescere di quel frutto, o viceversa.
L’uomo, nel trasformare il risparmio, è mosso da un numero grandissimo di considerazioni: una di queste è il frutto lordo che ricaverà dal risparmio; se tutte le altre sono eguali per due trasformazioni diverse, sarà scelta quella che assicura il maggior frutto lordo; ma, se le circostanze di quei due usi sono diverse, può darsi che venga scelto quello che dà minor frutto lordo, ma che offre altre circostanze favorevoli.
Già di parte di quelle circostanze abbiamo tenuto conto (V, 30), e le abbiamo eliminate deducendo dal frutto lordo certe somme per l’assicurazione e l’ammortamento dei capitali; il residuo è il frutto netto.
Si potrebbe seguitare per la stessa via, ed eliminare similmente altre circostanze; ma ciò sarebbe spesso molto difficile e di scarsa utilità.
12. Occorre inoltre notare che l’eliminazione ora accennata è solo approssimativa. Essa corrisponde a considerazioni oggettive; mentre sono considerazioni soggettive che determinano in gran parte l’uso del risparmio; e già notammo il fatto, ragionando dell’utile che possono avere le imprese (V, 68). Aggiungiamo un esempio. Ecco due usi di una somma di 1000 lire: 1.° la probabilità di perderla, in un anno, è , perciò il premio di assicurazione è di 250 lire; il frutto lordo è 300 lire, onde il frutto netto è di 50 lire; 2.° la probabilità di perdere quella somma è solo , perciò il premio di assicurazione è solo di 10 lire; il frutto lordo è 60 lire, onde il frutto netto è 50 lire.
I frutti netti sono dunque eguali nel 1.° e nel 2.° caso: perciò i due usi sono oggettivamente equivalenti; ma il 1.° sarà preferito da certi uomini, il 2.° sarà preferito da altri; onde, in realtà, quei due usi hanno ciascuno un certo genere di risparmio che vi si volge, e tra quei due generi di risparmio è scarsa o nulla la concorrenza.
13. Similmente i varî modi di usare il risparmio possono dare origine a diverse classi di risparmio che sono quasi come merci di diversa qualità.
Tra le circostanze che per tale modo sono da considerare, c’è quella del tempo pel quale deve rimanere impegnato il risparmio, ossia la circostanza dell’essere il prestito del risparmio — od altra operazione corrispondente — a breve o a lunga scadenza. In realtà, il risparmio non costituisce una massa omogenea. Parte può solo essere adoperato per un tempo breve, parte per spazî di tempo più o meno lunghi. Sui mercati finanziari delle nostre società si trovano tutte le varietà possibili; dal risparmio che può essere prestato solo per uno o pochi giorni, a quello che viene prestato per parecchi anni.
14. L’ordinamento moderno delle società anonime, di cui i titoli si possono facilmente comperare e vendere, ha giovato a rendere meno spiccate le differenze tra il risparmio che si può prestare per breve tempo e quello che si può prestare per tempo più lungo; poichè chi compra azioni di una società che abbiano un largo mercato in borsa, è sempre sicuro di poterle rivendere quando abbia bisogno del proprio risparmio. Per altro non è sicuro di ottenere il prezzo di compra. Ciò spiega perchè i governi pagano generalmente un frutto minore pei loro buoni del tesoro che per la loro rendita. Per quelli, si torna ad avere la somma precisa prestata, per questa si può riavere più o meno.
15. Similmente alle differenze nel tempo operano quelle nello spazio, per distinguere varie categorie di risparmio. Per solito ci vuole l’offerta di un frutto maggiore all’estero che nel paese, per indurre il risparmio ad emigrare.
16. Altre molte cagioni psicologiche operano per modificare il frutto del risparmio. In Francia, l’alleanza colla Russia ha giovato ai titoli del debito pubblico russo, onde il frutto ne è minore di quello che sarebbe stato senza quella benevolenza dei compratori francesi.
Finalmente, i movimenti psicologici che accompagnano le crisi economiche operano pure per fissare il frutto del risparmio.
17. Il frutto del risparmio e l’ordinamento sociale. — Il frutto del risparmio ha origine dalla differenza che corre tra una cosa disponibile oggi e una cosa disponibile fra un certo tempo; precisamente come la differenza di prezzo tra il vino e l’olio ha origine dalla differenza di qualità di quelle due merci. Ma, per determinare quantitativamente il frutto del risparmio — come la differenza di prezzo del vino e del prezzo dell’olio — occorre ricorrere alle condizioni tutte dell’equilibrio economico.
18. Perciò, qualunque sia l’ordinamento sociale (V, 48), poichè ciò di cui l’uomo può godere oggi non sarà mai eguale a ciò di cui può solo godere fra un certo tempo — precisamente come il vino non sarà eguale all’olio — sussisterà sempre il frutto del risparmio — come sussisterà, almeno in generale, una differenza tra il prezzo del vino e il prezzo dell’olio; — ma quantitativamente varieranno quel frutto e quei prezzi a seconda dell’ordinamento sociale, poichè di questo si deve tenere conto tra le condizioni dell’equilibrio economico (V, 48).
19. Si può concepire uno stato sociale in cui ogni uomo adopera solo il risparmio che produce e di cui è possessore; ed in quello stato sociale si potrà dire, con certo gergo moderno, che il produttore non è separato dai mezzi di produzione. Vi saranno alcuni che avranno più risparmio di quanto ne possono adoperare, e per essi il frutto del risparmio sarà pressochè zero; vi saranno altri che avranno scarsità grande di risparmio, e per essi il frutto sarà molto grande. Quando invece si possa fare il commercio del risparmio, il frutto avrà un valore intermedio tra i precedenti. Quel commercio trae seco naturalmente certe spese; ma, nonostante, il vantaggio economico per la società è grandissimo, ed è perciò che, in tutte le società, il commercio del risparmio finisce coll’avere luogo.
20. Si può anche concepire uno stato sociale in cui il governo ha il monopolio del commercio del risparmio, come in certi paesi ha ora il monopolio del commercio del tabacco. Sotto l’aspetto strettamente economico, è difficile decidere se quel monopolio del risparmio farebbe crescere, o scemare, il frutto; si può solo dire che sinora, in generale, lo Stato ha per le sue industrie un costo di produzione più elevato di quello delle industrie private, il che è chiaramente dimostrato dal fatto che mai le industrie di Stato hanno potuto reggere alla concorrenza dell’industria privata; onde sempre lo Stato ha dovuto provvedere colla forza ad eliminare tale concorrenza privata. Ma si può obbiettare che ciò che non è seguito pel passato può accadere nel futuro; e nulla toglie di poter credere che l’ordinamento delle industrie di Stato possa essere migliorato. Del resto, il monopolio potrebbe essere parziale. Per certi usi del risparmio, il commercio privato può rimanere superiore al monopolio, per altri potrebbe accadere che non ci fosse grande differenza.
21. Ma due ordinamenti per l’uso del risparmio possono essere equivalenti sotto l’aspetto economico, e differire moltissimo sotto l’aspetto sociale. Occorre non confondere questa e quella cosa. L’esistenza in una società di una classe di bottegai dà a tale società un’impronta diversa da quella che avrebbe ove il commercio al minuto fosse fatto da grandi magazzini, da cooperative, o fosse un monopolio di Stato. Similmente una società, ove esiste il commercio privato dell’uso del risparmio, e altra società ove quel commercio non esiste, perchè è monopolio di Stato, o perchè ognuno adopera solo il proprio risparmio, differiranno moltissimo sotto l’aspetto sociale, oltre alle differenze che possono avere sotto l’aspetto economico.
22. Traduzione soggettiva dei fenomeni. — L’ostacolo più prossimo a noi, che incontriamo per procurarci certi beni, è quello che più ci colpisce. Il bambino crede che l’unico ostacolo per procurarsi giocattoli è l’arbitrio del bottegaio che vuole quattrini. L’uomo adulto crede del pari che la cupidità dei mercanti è il solo ostacolo per procurarsi merci a buon mercato; e da tale sentimento hanno origine le leggi di massimo, che fissano i prezzi delle derrate. Chi ha bisogno di trasformare beni futuri in beni presenti, crede non esservi a ciò altro ostacolo se non la disonestà dell’usuraio, o lo «sfruttamento operato dal capitalista».
23. Si aggiungono altri sentimenti, aventi origine nell’ordinamento sociale. La maggior parte degli uomini considerano solo il problema pratico e quindi sintetico, e sono assolutamente incapaci di scinderlo nelle varie sue parti.
24. I sentimenti che si manifestano nel modo ora accennato sono primitivi, sorgono direttamente nell’uomo per reazione contro agli ostacoli che incontra, e quindi sussisteranno sempre, anche se saranno molto indeboliti.
Come già tante volte abbiamo notato, l’uomo sente prepotente il bisogno di dare un’apparenza logica ai suoi sentimenti; di figurarsi come effetto del ragionamento ciò che è effetto dell’istinto; di dare una teoria logica delle sue azioni non-logiche. La forma poi di quei pensamenti è quella che meglio si confà, per una parte ai tempi in cui hanno luogo, per un’altra parte all’indole dei loro autori.
Le teorie sono più o meno sviluppate secondo che comporta la materia. Per l’ostacolo che nasce dal prezzo che si deve pagare al mercante di una merce, non pare che siano mai state molto complesse; ma, per l’ostacolo che nasce dal prezzo della trasformazione dei beni futuri in beni presenti, si hanno avute teorie estese e rigogliose.
25. Vi è qualche cosa che sa di mistero in quella trasformazione di beni futuri in beni presenti; onde la materia si presta a sottili disquisizioni. Spesso in parte, appunto perchè arcana, fu regolata da precetti religiosi, o diede luogo a teorie metafisiche, giuridiche, economiche. Tali teorie si possono studiare da chi vuole conoscere la teoria dei concetti umani, l’evoluzione della psicologia sociale; ma nulla c’insegnano sul fenomeno oggettivo del frutto del capitale. Le polemiche a cui hanno dato luogo non hanno e non possono avere la menoma efficacia per mutare il fenomeno oggettivo; o, se vogliamo esprimerci con strettissimo rigore, tale efficacia è tanto poca, che ben si può dir nulla. Infatti poniamo, per dannata ipotesi, che si possa dimostrare che una di quelle teorie è errata, tanto chiaramente da farla riconoscere tale da tutti; non perciò saranno menomamente intaccati i sentimenti che ad essa hanno dato origine, e perciò torneranno a generare altre teorie simili. E senza alcuna polemica, col solo mutare dei tempi, mutano le vesti di quei sentimenti. Per tale modo il medioevo produsse teorie teologiche e metafisiche, e l’evo moderno ci dà teorie economiche come quella del più valore del Marx, della terra libera, ed altre simili, senza che vengano meno le teorie giuridiche, come sarebbe quella di Anton Menger, il quale, essendo assai poco conoscitore della economia politica, cava fuori certi diritti fondamentali2 che sono pure cosa amena; ma infine ogni sarto fa le vesti coi panni che ha.
26. Supposta legge della diminuzione del frutto dei capitali. — È certo che, pel passato, il frutto dei capitali è andato ora crescendo, ora scemando, senza che si possa fissare alcun senso generale del movimento. Si è affermato che, principiando da’ tempi nostri, quel movimento dovesse ognora avere luogo pel verso dello scemare del frutto. Qui notiamo la cosa perchè ci porge un buon esempio della confusione che si fa spessissimo tra scienza ed arte pratica.
Il Leroy-Beaulieu ritiene che vi sieno tre cause della diminuzione del frutto, cioè: 1.° La sicurezza delle transazioni, e la facilità di negoziare i crediti; 2.° L’aumento della quantità di risparmio, e l’essere portato sul mercato tutto il risparmio esistente; 3.° Lo scemare, in uno dato stato tecnico, della produttività dei capitali nuovi. All’opposto, vi sono tre cause che operano per far crescere il frutto, cioè: 1.° Grandi scoperte atte ad essere tradotte in pratica; 2.° Emigrazione dei capitali nei paesi nuovi; 3.° Le guerre e le rivoluzioni sociali.
Egli conclude che le tre ultime cause sono meno intense delle tre prime, e che perciò vi deve essere una diminuzione, a grado a grado, del frutto dei capitali3.
27. In questo ragionamento vi sono due parti ben diverse. La prima è di carattere scientifico; la seconda è d’indole pratica.
Nella prima parte, l’autore fissa relazioni tra certi fatti e il frutto dei capitali; e, sebbene ci sia più eleganza letteraria che rigore scientifico in quei numeri trinitari di cause favorevoli e di cause contrarie, che vengono a contrasto, quella parte si può accettare.
Nella seconda parte, l’autore figge lo sguardo nel futuro e indovina ciò che accadrà. Ma come fa egli a sapere che non vi saranno più grandi scoperte, simili a quelle delle ferrovie; che prolungate guerre non minacciano l’umano genere, che siamo al sicuro di profondi sconvolgimenti sociali? Eppure, per suo detto stesso, occorre essere certi che nulla di ciò accadrà, per accettare la sua conclusione. Ma, se anche egli si appone al vero, ciò sarà per uno straordinario acume, per un certo senso di divinazione, non mai per un ragionamento scientifico; poichè nessun ragionamento di tale specie può, tenuto conto delle conoscenze che abbiamo, concederci di sapere se fra pochi, o molti anni, vi saranno, o non vi saranno, guerre prolungate, sconvolgimenti sociali, grandi scoperte, ecc.
28. Intanto già i fatti dimostrano che, in parte almeno, il nostro autore non è stato buon profeta. Egli prevedeva che, trapassati che fossero venti o venticinque anni dopo il 1880, e quindi dal 1900 al 1905, il frutto dei capitali sarebbe sceso nell’Europa occidentale a 1 ½ o 2%4. Invece nel 1904, il 3% francese, il 3% tedesco, il 2 ½ inglese stanno sotto alla pari.
29. La moneta5. — Una merce che serve ad esprimere i prezzi delle altre merci è una moneta ideale (numéraire dei francesi), o una moneta concreta (o semplicemente: moneta). Questa è messa in opera materialmente nei baratti; quella non lo è.
Si ha una vera moneta, quando i baratti in cui ha parte sono liberi. Quando una merce è vera moneta, un kg. di quella merce non avente forma monetaria, si può barattare con un kg. (pochissimo più, o pochissimo meno) di quella merce avente forma monetaria. Ad esempio, si fondono al crogiuolo 10 marenghi; il pezzo d’oro greggio che si ottiene si può barattare con pochissimo meno che 10 marenghi; dunque i marenghi sono una vera moneta. Si fondono al crogiuolo 40 scudi d’argento; il pezzo d’argento greggio che si ottiene non si può barattare che con molto meno che 40 scudi; al presente si baratterebbe contro circa 20 scudi. Lo scudo d’argento non è, al presente, vera moneta.
Ogni moneta che non è vera, è moneta fiduciaria, oppure falsa moneta. Quella è accettata di buona voglia da chi baratta, senza che egli patisca frode o violenza; questa è accettata solo perchè chi la riceve è costretto a ciò fare dalla legge, od è tratto in inganno.
Al limito tra quei due generi di moneta, sta la moneta fiduciaria avente corso legale. Ad esempio, i biglietti della banca d’Inghilterra debbono essere accettati dal pubblico pel loro valore nominale, ma possono essere immediatamente barattati con oro alla banca d’Inghilterra. Nella Unione latina, gli scudi d’argento, praticamente, ma non legalmente, si possono ora barattare con oro, perdendo poco o niente; sono dunque una moneta fiduciaria avente corso legale. I biglietti aventi corso forzoso, quando non si possono barattare alla pari con oro, sono falsa moneta.
30. La moneta compie due uffici principali, cioè: 1.° facilita il baratto delle merci; 2.° assicura quel baratto. Il primo ufficio può essere compiuto egualmente bene dalla vera moneta o dalla falsa moneta; il secondo può essere solo compiuto dalla vera moneta6. Il badare solo al primo ufficio è stato cagione dell’errore di considerare la moneta come una semplice tessera senza valore intrinseco.
31. I cambi forestieri. — Un chilogramma d’oro a Londra e un chilogramma d’oro a New York non sono due cose identiche; sono differenziate dallo spazio. Quindi un individuo può dare qualche cosa più, o qualche cosa meno, di un chilogramma d’oro a Londra, per avere un chilogramma d’oro a New York. Quel poco di più, o quel poco di meno, è il cambio, sfavorevole nel primo caso a Londra; favorevole nel secondo.
32. Altre circostanze di minor conto intervengono per differenziare quei pesi eguali di oro. Può occorrere di fare coniare quell’oro, può essere già sotto forma di una certa moneta; occorre tenere conto, oltrechè dello spazio, del tempo pel trasporto, ecc.
33. Tenuto conto di tutte le circostanza, si può conoscere la spesa che occorre per potere trasportare a New York ed aversi disponibile sotto la forma delle monete che ivi si usano, un chilogramma d’oro esistente sotto forma data a Londra. Quella spesa ci dà il punto dell’oro.
34. Chi è a Londra, ha due modi per fare un pagamento a New York. Può, cioè, comperare un credito su New York (chèque, lettera di cambio, ecc.), pagando il cambio, oppure mandarvi effettivamente dell’oro, pagando le spese perciò occorrenti. È manifesto che adoprerà il mezzo per lui più vantaggioso; quindi comprerà crediti sinchè il cambio sia inferiore, o, al più, eguale allo spese pel trasporto e la trasformazione dell’oro. Il punto dell’oro è quindi quello in cui l’oro principia ad essere esportato dal paese pei pagamenti all’estero.
Abbiamo descritto le linee principali del fenomeno: sarebbero da aggiungere molti particolari. Il punto dell’oro, può essere diverso, secondo le circostanze: per esempio, se si esporta oro semplicemente per pagare un debito, oppure per scopo di speculazione, ecc.
35. Il cambio e il commercio internazionale. — L’equilibrio del commercio internazionale essendo stabilito, supponiamo che si alteri col crescere l’importazione di merci. Quell’aumento di importazione si dovrà pagare coll’oro del paese; il cambio diventerà sfavorevole al paese, il prezzo della moneta nazionale espresso in monete forestiere scemerà, quindi i prezzi delle merci nazionali, che nominalmente rimangono gli stessi, scemeranno se si esprimono in moneta forestiera. Da ciò segue che l’esportazione sarà stimolata, l’importazione sarà depressa. Abbiamo così due forze che tendono a ristabilire l’equilibrio turbato. Non basta; per procurarsi l’oro dall’estero, si dovrà pagare un maggior frutto; praticamente le banche di emissione dovranno alzare lo sconto; ciò farà ostacolo a nuove trasformazioni di risparmio in capitali, a nuovi consumi; onde, anche per quella via, ci sarà tendenza a tornare alla posizione di equilibrio.
Se l’equilibrio è turbato per un eccesso di esportazione, è manifesto che i fenomeni sono contrari a quelli ora accennati.
36. In un paese che ha una circolazione di carta-moneta, se l’equilibrio è turbato per un eccesso di importazione, scema il prezzo della moneta cartacea espresso in oro; ciò stimola le esportazioni, deprime le importazioni, e tali forze operano, come nel caso precedente, per ristabilire l’equilibrio.
In quanto allo sconto, sogliono i governi — per proteggere, dicono, i commerci e le industrie — mantenerlo quasi costante. Per ottenere ciò, o restringono le somme scontate, il che finisce ad avere un effetto simile a quello dell’aumento dello sconto, tendendo a deprimere le nuove trasformazioni del risparmio in capitali, e i consumi: oppure provvedono crescendo la quantità di carta-moneta in circolazione, col che ne deprimono nuovamente il prezzo, e quindi aumenta l’intensità delle forze che stimolano le esportazioni e che deprimono le importazioni.
37. È essenziale di non confondere gli effetti dinamici che seguono quando si passa da una posizione di equilibrio ad un’altra, cogli effetti statici in una posizione di equilibrio qualsiasi.
Per avere fatto tale confusione, vi furono autori i quali si figurarono che una moneta deprezzata favorisce le esportazioni, deprime le importazioni. Ciò non è vero; quegli effetti seguono solo mentre si deprezza la moneta.
Supponiamo una posizione di equilibrio in cui una somma 100 di carta-moneta vale 80 d’oro; e un’altra posizione, in cui 100 di carta-moneta vale 50 d’oro. Quelle due posizioni possono essere identiche, e identiche anche — eccetto fenomeni secondari, dipendenti dall’incertezza del valore della moneta — alla posizione di equilibrio che si avrebbe con una circolazione d’oro. Esse sono identiche, perchè i prezzi hanno variato appunto in proporzione inversa del deprezzamento della moneta; cioè la cosa che valeva 100, nella posizione di equilibrio colla circolazione d’oro vale 125, quando 100 di carta-moneta costa 80, e vale 200 quando 100 di carta-moneta costa 50. In quelle tre posizioni di equilibrio, l’esportazione non è più stimolata, l’importazione non è più depressa, nell’una che nell’altra.
Ma, mentre si passa dalla 1.a alla 2.a, o dalla 2.a alla 3.a, certi prezzi rimangono nominalmente gli stessi, cioè scemano, se si esprimono in oro, ed è per tale fatto che viene stimolata l’esportazione, depressa l’importazione.
38. Appunto perchè le posizioni di equilibrio ora accennate sono identiche, un paese che ha una circolazione di carta-moneta può tornare ad una circolazione di oro col cambiare il valore dell’unità monetaria, assegnando ad essa un valore nominale eguale al valore reale. Così hanno fatto la Russia e l’Austria-Ungheria.
39. Invece, se nulla si muta alle condizioni del paese e si fa semplicemente un prestito in oro per togliere il corso forzoso, non si ottiene nulla: l’oro, appena introdotto in paese, esce fuori. Se fosse altrimenti, quel prestito avrebbe avuto virtù di mutare tutte le condizioni economiche del paese e di portarlo ad una nuova posizione di equilibrio.
L’oro non si fa circolare in un paese coll’introdurvelo artificialmente; ma coll’attrarlo per le vie del commercio.
40. La legge del Gresham. — Tale legge si enuncia dicendo che «la cattiva moneta scaccia la buona»; ma è modo ellittico di esprimersi; perchè la cattiva moneta scacci la buona, occorre che sia messa in quantità sufficiente nella circolazione: altrimenti le due specie di monete possono circolare insieme; e così effettivamente accade per le piccole monete di rame o di nikel che circolano insieme all’oro.
La legge del Gresham non è che un corollario del principio della stabilità dell’equilibrio economico. Poichè non si può far crescere arbitrariamente la quantità di moneta in circolazione che corrisponde a quell’equilibrio, se si pone in circolazione una nuova quantità di moneta, dovrà escire dalla circolazione una quantità eguale, che sarà esportata all’estero, o fusa per ricavarne il metallo; ed è manifesto che sarà la migliore moneta, quella cioè che ha maggiore prezzo, la quale, per tal modo, sarà tolta dalla circolazione, e sarà sostituita dalla moneta scadente.
41. Bimetallismo. — Si può, entro limiti ristretti, avere due vere monete in circolazione; per esempio, l’oro e l’argento. Supponiamo ora che il prezzo dell’argento espresso in oro, scemi; si conierà maggiore quantità d’argento, e la maggiore domanda di quel metallo farà crescere il prezzo dell’argento, e ne potrà fare risalire il prezzo in modo che torni ad essere eguale a quello che esisteva prima dell’accennata diminuzione. Ma i limiti entro ai quali tale fenomeno è possibile, sono assai ristretti; e si vede chiaro che, crescendo oltre quei limiti la produzione dell’argento, la maggiore richiesta per la coniazione della moneta non basterà più a ricondurre, a ciò che era prima, il prezzo dell’argento; onde tutto l’oro escirà dalla circolazione e si avrà una circolazione di solo argento. Effettivamente si è osservato che il bimetallismo, in Francia, è sempre stato instabile; ora aveva tendenza a diventare un monometallismo oro, ed ora un monometallismo argento. Al presente poi sarebbe diventato certamente un monometallismo argento, se non si proibiva la coniazione dell’argento.
42. Surrogati della moneta. — Presso i popoli civili, la moneta si usa in piccolissima parte dei baratti; la sostituiscono biglietti di banca, chèques, lettere di cambio, storni dei conti dei banchieri, ecc. In Inghilterra il Clearing-House, ove si compensano debiti e crediti di certi banchieri, dà luogo a così enormi transazioni che sarebbe materialmente impossibile di compierle, se si dovesse usare moneta metallica. La somma di moneta metallica in circolazione in Inghilterra rimaneva quasi costante, mentre enormemente crescevano le transazioni commerciali in quel paese: supplirono i surrogati della moneta.
Presso i popoli civili moderni, la moneta viene, per tal modo, ad avere parte ognora più piccola nei baratti, che tendono a compiersi quasi tutti senza ricorrere al suo uso, come quando questa non esisteva ed il baratto diretto era il mezzo di procurarsi le merci.
43. La moneta metallica è parte assai piccola della ricchezza di un paese. Ad esempio, la ricchezza dell’Inghilterra è valutata 251 miliardi di franchi, mentre la moneta metallica dà una somma inferiore a tre miliardi. Da ciò si vede quanto sia grande l’errore di coloro che stimano l’oro essere la ricchezza, od anche solo il capitale.
44. Secondo i calcoli della Direzione delle monete agli Stati Uniti, vi sarebbe sul nostro globo circa 26 miliardi di franchi di oro moneta. Inutile aggiungere che quel numero è alquanto incerto.
45. Sono anche più incerti i dati del consumo industriale annuo dell’oro e dell’argento. Nonostante, poichè il poco è sempre meglio del nulla, ecco quale sarebbe stato quel consumo, nel 1901, secondo la Direzione delle monete agli Stati Uniti:Oro kg. 119,271 Franchi 411 milioni. Argento kg. 1,370,685. |
46. Le banche. — Le banche di deposito ricevono depositi e fanno prestiti; esse sono quindi imprenditori che trasformano il risparmio semplice in risparmio capitale, od anche qualche volta in capitali, ed hanno parte di gran momento nella produzione.
Le banche di emissione emettono biglietti di banca e conservano la moneta metallica che deve servire a cambiare quei biglietti, perchè rimangano moneta fiduciaria e non divengano falsa moneta. Compiono quindi l’ufficio pubblico di assicurare la circolazione monetaria, risparmiando l’uso del metallo e il conseguente consumo che si ha quando esso circola.
47. È modo erroneo di esprimersi il dire che l’oro esistente nella cassa delle banche di emissione serve di garanzia ai biglietti. Sola ed unica garanzia dei biglietti è l’essere sempre, senza la menoma difficoltà, barattati contro oro. Il metallo aureo che le banche hanno in cassa è semplicemente un mezzo per compiere quel baratto. Il valore dei biglietti di banca non ha relazione diretta colla quantità d’oro esistente nelle casse della banca; ma solo colla facilità, o la difficoltà, di barattare quei biglietti contro oro. Se una banca ha molto oro in cassa e non baratta i suoi biglietti, questi possono essere al di sotto della pari; mentre un’altra banca che ha molto meno oro, ma che baratta i suoi biglietti, avrà questi alla pari. Le banche scozzesi, quando erano libere, seppero per alcun tempo assicurare il baratto dei loro biglietti con una somma in cassa di moneta metallica, del valore di circa un settimo di quello dei biglietti.
48. Le grandi banche di emissione possono, col saggio dello sconto, modificare entro certi limiti lo stato del mercato monetario del loro paese. Ma è errore il credere che, dove esiste una vera moneta, esse possano fissare a beneplacito quello sconto: il quale deve essere sempre all’incirca eguale a ciò che corrisponde all’equilibrio. La banca d’Inghilterra, quando prevede future difficoltà monetarie, e vuole, per evitarle, fare aumentare il saggio dello sconto, si fa imprestare danaro sul mercato, dando in pegno consolidati inglesi; e con ciò ottiene di fare scemare la quantità di denaro disponibile per prestiti.
49. Quando le casse di una banca di emissione si vuotano di monete metalliche, essa, per impedire ciò, non può ricorrere che ad un aumento del saggio dello sconto; ogni altro modo è poco o niente efficace, e può recare gravi danni. Tra quei mezzi da scansare, c’è quello di fare un imprestito per rimettere oro nelle casse; permanendo le cause per le quali l’oro andava via, presto lo casse si vuoteranno da capo (§ 39).
50. L’aumento dello sconto nuoce agli imprenditori; perciò questi premono sul governo, ed il governo preme sulle banche per impedirlo; ed ove quell’intento sia conseguito, si passa facilmente al corso forzoso del biglietto di banca.
Note
- ↑ 1,0 1,1 Cours, § 90.
- ↑ Systhèmes. II, 107.
- ↑ «Mais le résultat de tous ces mouvements, c’est la tendence normale à une diminution graduelle du taux de l’intérêt des capitaux» (Traité théorique et pratique d’économie politique, II, p. 165)
- ↑ Tale profezia è ancora ricordata dall’autore nel 1896, Traité théor. et prat. d’éc. pol., II, p. 166.
- ↑ Ottimo libro sulla Moneta è quello del prof. Tullio Martello; disgraziatamente l’edizione è esaurita; sarebbe desiderabile che qualche editore ce ne desse una nuova
- ↑ Cours, § 276 e seg.