Atto I

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Personaggi Atto II
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ATTO PRIMO.

SCENA PRIMA.

Bottega da Speziale co’ suoi utensili.

Mengone che sta pistando1 in un mortaio.

  Tutto il giorno pista, pista:

  Oh che vita amara e trista 2!
  E nel cor
  Sento amor,
  Che anche lui pistando va...
  Pista, pista qua e là.
Affé, quell’ammalato3
Che piglia questa china, vuol star bene!

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È vecchia, secca, dura indiavolata,

E pur si venderà per prelibata 4,
Il mio caro padrone
È un di que’ speziali,
Che non bada nè a vasi, nè a ricette,
E altro studio non ha che le gazzette;
Ed io, povero gramo,
Che so leggere appena un tantinino,
Dispenso ora da questo, or da quel vaso,
Le medicine agli ammalati a caso.
  Tutto il giorno pista, pista:
  Oh che vita amara e trista!
  Oh che vita...

SCENA II.

Cecchina con un cestello d’erbe, e detto.

Cecchina. Chi è qui? si può venire?

Mengone. Sì, venite, Cecchina;
Graziosa contadina,
Cosa avete di bello
In quel vostro cestello?
Cecchina. I’ ci ho della gramigna,
E ci ho della cicoria 5,
E delle madreviole,
Raccolte questa mane innanzi al sole.
Mengone. L’erba per lo speziale
È il miglior capitale;
Date qui, date qui, ragazza mia.
Cecchina. Con buona grazia di vussignoria. (ripone il cestello
Mengone. Non le volete dare?
Cecchina. Le volete comprare?

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Mengone. Certo, le comprerò.

Cecchina. Prima pagate, e poi ve le darò.
Mengone. Come! non vi fidate?
Cecchina.   La mia mamma
M’ha detto tante volte:
Guardati, figlia mia, non ti fidare;
Non tid lasciar dagli uomini gabbare.
Mengone. Cara la mia Cecchina,
Sete pur graziosina!
Cecchina.   Mengoncino,
Non ho neanche un quattrino,
E ancora non ho fatta colazione6.
Mengone. Giacchè non v’è il padrone,
Facciamo un’insalata presto, presto.
Cecchina. Andate via, non mi toccate il cesto7.
Mengone. Se lo tocco, nol guasto.
Cecchina.   Eh, la mia mamma
Mi ha detto: Figlia mia, guardati bene.
Se l’uomo vuol toccar, non esser sciocca;
L’uomo è focoso, e brucia 8 dove tocca.
Mengone. Ma se così farete,
L’erbe non venderete.
Cecchina.   Non importa,
Le tornerò a portare a casa mia,
Ma non voglio arrischiar la mercanzia.
  Ho poco capitale,
  Ho poco d’arrischiar,
  Ma l’ha da pagar bene
  Chi lo vorrà comprar.
  Non basta che vi sia
  La buona mercanzia;
  Con gli uomini9 conviene
  Saperla trafficar.

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SCENA III.

Mengone, poi Sempronio.

Mengone. Che furba contadina!

Quasi la piglierei,
E la sua mercanzia mi comprerei.
Sempronio. Oh bellissima nuova! (con un foglio in mano
Travata hanno gl’Indiani
Un’invenzion nell’Isole Molucche
Di far col fil di ferro le parrucche.

Mengone. Ehi signor, questa china...
Sempronio. Appunto. Nella China
Un uomo moscovite
Gravido si è scoperto, e ha partorito.

Mengone. Davvero!
Sempronio.   Non lo senti?
Lo dicono gli avvisi10.
Mengone.   Dunque l’uomo
Può partorir?
Sempronio.   Non senti?
Questi dicono il vero.
Mengone. Or mi viene in pensiero...
Oh caro padron mio,
Oh se potessi partorire anch’io...
Sol per l’onesto fine
Di pigliar centomila 11 genuine.
Sempronio. Senti, senti: A Parigi...
Il mio caso medemo originale...
Eravi uno speziale,
Tutor d’una pupilla
Bella, ricca e garbata,
Ed ei per carità se l’è sposata.

Ah! non par che si parli

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Di Grilletta e di me?

Mengone.   Ma che sposata
L’abbiate, io non lo so.
Sempronio. Non l’ho sposata, ma la sposerò.
Mengone. E la vostra figliola
Quando la maritate?
Sempronio. Le navi caricate
Verso Ceffalonia
Han fatto Vela e sono andate Via.

Mengone. Un dì sulle gazzette 12
Si sentirà questa gentil novella,
Che vostra figlia l’avrà fatta bella.
Sempronio. Questa non la capisco.
In Persia... Odi, Mengone:
In Persia, in Babilonia,
Il Soffà ha preso moglie.
Il Soffà
non vuol dire un seggiolone?
Mengone. E per questo, padrone,
Non si può dar? Perchè?
Il soffà o il canapè
Sarà, in virtù di qualche testa buona,
Congiunto in matrimonio a una poltrona 13.

SCENA IV.

Lucindo e detti.

Lucindo. Servo, signor Sempronio.

Sempronio.   Padron mio. (leggendo piano
Lucindo. Favorisca.
Sempronio.   Che vuole?
Lucindo. Pregarla, se si puole,
Di far questa ricetta.
Sempronio. Mengone, a te.

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14

15
Mengone.   Eccomi.
Lucindo.   Ma, signore,
La prego in cortesia.
Sempronio. La peste ha fatto strage in la Turchia.
Mengone. La si fidi di me,
Son uomo di esperienza:
Tra me e il padrone non vi è differenza.
Lucindo. Sì, sì. (Già è finzione;
Già la mia medicinanota
Che cerco e che sospiro, è solo Albina). (da sè

SCENA V.

Volpino e detti.

Volpino. Servo, signor speziale.

Sempronio. (Oh, la peste è un gran male!) (da sè
Volpino. Dica.
Sempronio.   Cosa volete?
Volpino. Certo medicamento, o sia pozione...
Sempronio. Parlate con Mengone.
Mengone. Sì, parlate con me,
Datemi la ricetta.
Volpino. Eccola. (Già son qui sol per Grilletta). (da sè
Sempronio. Dite, signori miei,
Siete voi dilettanti di novelle?
Volpino. Signor sì.
Lucindo.   Qualche cosa.
Sempronio. Questa è una nuova grande:
Un eunuconota nell’Indie
Unito ad una donna fu trovato,
E ’l pover galantuom l’hanno impiccato.

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  Il fatto è descrìtto,

  Sentitelo qui.
  La pena, il delitto,
  Raccontan così.
  Faceva il vezzoso,
  Faceva il grazioso,
  E lor con un nodo
  L’han fatto saltar.
  Se prima soleva
  Qual cigno cantar,
  Col nodo doveva
  Da cane strillar. (parte

SCENA VI.

Lucindo, Mengone e Volpino.

Lucindo. Amico, preparate

Presto la confezione.
Volpino. Preparatemi presto la pozione.
Mengone. Ora tosto vi servo.
Lucindo. Via...
Mengone.   Non abbiate fretta.
(Diavolo! non intendo la ricetta). (da sè
Lucindo. (Albina non si vede).
Volpino. (Non si vede Grilletta).
Mengone.   (Quel dottore
Ha scritto molto male:
Non so se dica qui spirito o sale).
Lucindo. Ditemi: la figliuola
Del signor speziale come sta? (a Mengone
Mengone. Sta bene. (Queste qua
Non so se siano once o se sian dramme). (da sè
Volpino. Amico, in cortesia,
Grilletta la pupilla
Sta bene?

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Mengone.   Sì signore.

(Maledetto dottore!
Non l’intendo, nè mai l’intenderò;
Ma la pratica adesso adoprerò). (da sè
Lucindo. Si potrebbe ad Albina
Dir due parole?
Volpino.   E due dirne a Grilletta?
Mengone. Questa è un’altra ricetta.
Signori miei, voi l’intendete male;
Io non faccio il mezzan, fo lo speziale.
Lucindo. Via, via, non vi alterate.
Volpino. Fateci la ricetta, e perdonate.
Mengone. Dite... per chi servire
Deve il medicamento? (a Lucindo
Lucindo. Per uno che patisce indigestione.
Mengone. Buono! E questa pozione
Per chi voi la prendete? (a Volpino
Volpino. Per uno che non può... se m’intendete.
Mengone. Ho inteso; ciascheduno
Avrà le cose sue.
Ora presto vi servo tutti due.
  Per quel che ha mal di stomaco,
  Vi vuol del reobarbaro;
  Per quel che ha il corpo stitico,
  La manna opererà.
  Presto, portate qua. (ad un Giovane
  Di questo quantum sufficit;
  Di questa due manipoli.
  Faremo una pozione,
  Ed una confezione:
  E quel che ha mal di stomaco,
  I chiodi mangerà;
  E quel che ha il corpo stitico,
  Le viscere anderà16. (parte

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SCENA VII.

Lucindo e Volpino.

Lucindo. Oh che bravo garzone!

Volpino. È simile al padrone.
Lucindo.   Manco male,
Che per vedere Albina
Solamente qui venni.
Volpino.   Ed io soltanto
Ho finto di portare una ricetta,
Per parlare a Grilletta.
Lucindo. Codesto scimunito di Sempronio
Ha una figlia assai vaga.
Volpino.   E una pupilla
Che incanta, che innamora.
Lucindo. E non vuol maritarle.
Volpino. E noi procurerem d’innamorarle,
E poscia innamorate...
Lucindo.   Ecco il mio bene.
Volpino. Via, portatevi bene.
Lucindo.   Non vorrei...
Volpino. Io mi ritiro a far la guardia adesso;
Poi farete per me voi pur lo stesso. (parte

SCENA VIII.

Lucindo, poi Albina.

Lucindo. Amor, dammi coraggio.

Albina.   (Non m’inganno:
Questi al certo è Lucindo).
Lucindo.   Oh, bella Albina,
Qual fortuna è la mia?
Albina.   Poca fortuna

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Se di furto mirarmi

Solamente potete, e poi lasciarmi.
Lucindo. Eppure ad un amante
Serve ciò di ristoro.
Albina.   Ed a me serve
Di tormento maggior. Vedervi appena,
Nò potervi spiegare il mio tormento,
È un dolore, ben mio, che val per cento.
Lucindo. Rimediarci conviene.
Albina.   A me non tocca.
Lucindo. È ver, s’aspetta a me; ma voi, mia cara,
Saprete di chi v’ama
Secondare il disegno?
Albina. Lo seguirò s’egli di me fia degno.
Lucindo. Vostro padre protesta
Non voler maritarvi.
Albina.   A lui per anche
Voi non mi avete chiesta.
Lucindo.   Ebben, si tenti
Aver per questa via la vostra mano.
Ma se il pregar fia vano,
Di far quel ch’io dirò,
Albina, avrete cor?
Albina.   Ci penserò.
Lucindo. Padre crudel non merta
Che una innocente figlia
Sagrifichi per lui la vita, il cuore.
Se casto, onesto amore
A voi riscalda il petto,
Non perdete il rispetto
Rendendo il vostro cor lieto e beato.
Albina. Ah Lucindo...
Lucindo.   Che fia?
Albina.   Chi m’assicura
Che felice esser deggia a voi unita?

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Lucindo. Non temete, mia vita;

Tutto vostro sarò. Voi disporrete
Di me, de’ pensier miei...
Albina. Dolce linguaggio
Degli amanti è codesto. Ah, poi si cangia
Dagli sposi talor.
Lucindo.   Deh, non temete.
Se tenero amator vi sono adesso,
Sarò17, bell’idol mio, sempre lo stesso.
  Da quei vaghi amati rai
  Ho imparato a sospirar;
  Nel mio cor non potrà mai
  Altra fiamma scintillar.
  La mia fede, l’amor mio.
  Sol nell’onde dell’oblio
  Nel mio sen potrà mancar. (parte

SCENA IX.

Albina, poi Grilletta.

Albina. Poco non è, che il genitor non m’abbia

E sorpresa, e sgridata. Oh, son pur stanca
Di languire e penar!
Grilletta.   Che fate, Albina,
Qui nella spezieria?
Albina.   Chieder volevo,
Avendo il core oppresso,
A mio padre un cordiale.
Grilletta. Eh, per il vostro male
Il cordial saporito,
Che potria risanarvi, è un bel marito.
Albina. (Oimè!)
Grilletta.   Non arrossite.
Ehi, Albina, sentite:

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Questo è il miglior cordial pel nostro sesso,

E patisco ancor io quei male istesso.
Albina. Ah Grilletta!
Grilletta.   Grilletta
È una buona ragazza,
Che farà cautamente i fatti suoi.
Ed avrà18 ancora carità per voi.
Albina. Ma come?
Grilletta.   Già so tutto,
So che Lucindo amate,
E so che sospirate.
Perchè non vuol il padre vostro udirvi.
Ma fidatevi a me, saprò servirvi.
Albina. Ah, voi mi consolate.
Grilletta.   Ardo ancor io
Per Mengone d’amore,
E il mio signor tutore 19,
Generoso e clemente,
Mi vorrebbe sposar, ma non fa niente.
Albina. Mi raccomando a voi.
Grilletta.   Non dubitate.
Soffrite, pazientate,
Simulate con arte il vostro foco;
Procuriam tutte due vincere il gioco.
Faremo una partita,
Voi con Lucindo, ed io col mio Mengone;
Noi vinceremo il dolce matrimonio,
E quel che perderà 20, sarà Sempronio.
Albina. In verità, Grilletta,
Voi mi rinvigorite; in grazia vostra
Or nel mio petto io sento
Crescer la gioia, e cedere il tormento.

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  Come in distanza il loco

  Scioglie la neve ancora,
  Distrugge a poco, a poco,
  Speranza il mio timor.
  A un core innamorato
  Ogni lusinga è cara,
  Ogni conforto è grato
  A un innocente amor. (parte

SCENA X.

Grilletta, poi Volpino.

Grilletta. Io son di questa taglia:

Mi piace far per altri
Quel che vorrei per me venisse fatto...
Volpino. Grilletta...
Grilletta.   Siete matto?
Volpino. Perchè?
Grilletta.   Perchè sapete
Che il mio signor tutore
Non vuol ch’io parli con nessuno al mondo.
Volpino. Egli è ben sciocco e tondo,
Se crede che Grilletta
Non voglia far l’amore.
Grilletta. Oh, io son obbediente al mio tutore.
Volpino. Eppure con Mengone
Passa qualche amoretto.
Grilletta.   Oh, v’ingannate.
Volpino. Non occor che negate21,
Di sicuro lo so.
Grilletta.   Se lo sapete,
Dunque dai fatti miei cosa volete?

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Volpino. Io voglio illuminarvi,

Io voglio consigliarvi
Uno sciocco lasciar, che non ha merto.
Grilletta. Serva, signor esperto,
Serva, signor eroe del Campidoglio.
Voi meritate assai, ma non vi voglio.
Volpino. Sprezzarmi? dileggiarmi22? cospettone!
Voglio uccider Mengone.
Grilletta.   Poverino!
Come fosse un pulcino?
Volpino.   Io mai son stato
Burlato, strapazzato.
Grilletta.   Un’altra volta
Non direte così.
Volpino.   Femmina ingrata!
Grilletta. È ver, sono spietata.
Volpino. Non conoscete il buono.
Grilletta. Ignorantaccia io sono.
Volpino. Io vo la vostra sorte procurando.
Grilletta. Ed io...
Volpino.   Parlate pure.
Grilletta.   Ed io vi mando.
  Caro Volpino amabile,
  Siete de’ pazzi il re;
  E ver, siete adorabile,
  Ma non piacete a me.
  Son nata
  Sfortunata,
  Non merto il vostro amor.
  Volpino,
  Poverino,
  Soffrite il pizzicor. (parte

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SCENA XI.

Volpino solo.

Maledetta fortuna! ancor mi burla?

Basta. Non son chi sono,
Se non faccio vendetta.
Oh che cara fraschetta!
Lascia me per Mengone.
Mi tratta da buffone,
E fa di me strapazzo23.
Ah, se trovo Mengone, io me l’ammazzo.
  Amore nel mio petto
  Si è convertito in sdegno;
  Il mio rivale indegno
  Vedrò cadérmi al piè...
  Ma se ammazzasse me?
  Col cuore ardito e forte
  Incontrerò la morte...
  La morte? Signor sì.
  Grilletta traditora
  Contenterò così.

SCENA XII.

Camera interna della Spezieria.

Mengone, poi Grilletta.

Mengone. Ho fatta la fatica,

Ho fatte le ricette,
E poi non ho trovato più nessuno.
Il Cielo li ha inspirati,
Perchè se gli ammalati
Prendean tai medicine, ho ben paura
Che andassero a guarire in sepoltura.

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Grilletta. Mengoncino.

Mengone.   Grilletta.
Grilletta.   Mi vuoi bene?
Mengone. Zitto, che se il padron...
Grilletta.   Per or non viene.
Dimmi se mi vuoi ben.
Mengone.   Te ne vorrei...
Ma so che amata sei dal mio padrone,
E temo le carezze del bastone.
Grilletta. In grazia dell’amata,
Si può soffrire qualche bastonata.
Mengone. È ver: ma la mia schiena24
Non l’intende così.
Grilletta.   Via, finalmente
Il tutor non mi è padre;
Posso amare chi voglio.
Mengone. Non vorrei che l’imbroglio...
Grilletta. Tu sei troppo codardo.
Coraggio aver bisogna.
Mengone. Non vorrei... ho paura...
Grilletta.   Uh che vergogna!
Mengone. Orsù, se abbiam da farla,
Facciam la cosa presta.
Grilletta. Per me son pronta e lesta;
Tu che pensi di fare?
Mengone. Direi, che si potrebbe...
Per esempio... a drittura 25...
Andrebbe ben, ma ho un poco di paura.
Grilletta. Di chi?
Mengone.   Del mio padrone.
Grilletta. Coraggio.
Mengone.   E se il bastone...
Grilletta. Eh via, diamci la mano.
Mengone. Aspetta, piano, piano.

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Grilletta. Presto, facciam così.

Son tua sposa. (si dan la mano con timore
Mengone. Tuo sono26... Eccolo qui.
(vedendo Sempronio

SCENA XIII.

Sempronio e detti.

Sempronio. Cosa fate?

Mengone.   Dicevo...
Grilletta.   Poverino!
Si sente male. Io gli tastavo il polso.
Sempronio. Lascia sentir. (tasta il polso a Mengone
Mengone.   Sentite.
Sempronio. Vuol esser la gran lite
Tra il Levante e il Ponente.
(toccando il polso a Mengone, pensa agli avvisi
Mengone. E ben, cosa vi pare?
Sempronio.   Non ha niente.
Mengone. E pure se sapeste,
Padron, cosa mi sento...
Grilletta. Poverino! ha il suo mal tutto di drento.
Sempronio. Animo, setacciate27
Quelle pome28 pistate; (a Mengone
E voi, bella Grilletta,
Per non istare oziosa,
Mondate la cicoria e l’acetosa29.
Farò qualcosa anch’io.
Vuò fare a modo mio,
Tra i signori che adesso sono in guerra,
La division del mare e della terra.
(Sempronio siede e scrive, e Mengone si pone a stacciare, e Grilletta a mondar l‘erbe.

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Mengone.   Quanti son di questa polvere

  I granelli minutissimi,
  Tanti son, Grilletta, i spasimi,
  Che per te mi sento al cor.
Grilletta.   Quante son dell’erbe tenere
  Le tagliette minutissime,
  Tante son, Margone amabile.
  Le speranze del mio cor.
Sempronio.   La montagna al re dei Tartari,
  La pianura al re dell’Indie,
  La marina al bravo principe
  Del Mogol imperator.

Mengone.
Grilletta.
a due

 Ah, non so che cosa faccio,

Grilletta.   Mentre scelgo.

Mengone.   Mentre staccio.

(a due Tutto tutto vo in sudor.
Tutta tutta
Sempronio.   Ma senza il mappamondo,

  Mi perdo e mi confondo;
  Or or deciderò.
  Stacciate, (a Mengone
  Mondate, (a Grilletta
  Ed or ritornerò. (parte
Grilletta.   Sempronio è andato via. (s’alza e s’accosta30
Mengone.   Son qua, Grilletta mia.
(a due   Concludere convien.
Grilletta.   Dammi la mano, o caro.
Mengone. Prendi la mano, o cara.
(a due   Zitto, Sempronio vien. (tornano al lor lavoro
Sempronio.   Ora sì con fondamento (con un mappamondo
  Potrò far lo spartimento
  Della terra, e poi del mar.
(fa le sue osservazioni

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Mengone. Lavorando,

Setacciando,
Io mi sento tormentar.
Grilletta. Fra l’erbetta
Teneretta
Io mi sento innamorar.
Sempronio.   Per scioglier questo passo,
     Bisogno ho del compasso;
     Or or lo troverò.
     Stacciate, (a Mengone
     Mondate, (Grilletta
     Ed or ritornerò. (parte
Mengone.   Presto, presto, Grillettala;
     Dammi, o cara, la manina.
Grilletta.   Sì, mio caro, eccola qua.
(Torna Sempronio, e li vede in atto che si danno la mano
Mengone. Cara.
Grilletta.   Caro. (vedono Sempronio, e tornano al lavoro
Sempronio.   Bravi, bravi! vi ho veduto:
     Giusto a tempo son venuto.
     Ho scoperto come va.
Mengone.   Vo stacciando.
Grilletta.   Vo mondando.
Sempronio.   Disgraziati, via di qua.
Mengone.   Ma... signore...
Grilletta.   Gnor tutore...
Sempronio.   Ho scoperto come va.

Mengone.
Grilletta.
a due

Maledetto!

Sempronio.   Via di qua.
Mengone.
Grilletta.
a due

Che dispetto!

Sempronio.   Via di là.
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Mengone.
Grilletta.
Sempronio.
a tre

Ho un tremore
     Nel mio core:
     Non so dir cosa sarà.
     Che tormento
     Che mi sento!
     Oh che rabbia che mi fa!


Fine dell' Atto Primo.


Note

  1. Forma dialettale emiliana: v. Ferrari, Vocabolario bolognese-italiano.
  2. Nella ristampa di Firenze, 1759, questi due versi furono così corretti: “Tutto il giorno pesta pesta, - Oh che vita amara è questa!”.
  3. Nelle stampe del Settecento: amalato.
  4. Ed. Fenzo: prilibata.
  5. Fenzo e Zatta: ciccoria.
  6. Fenzo: collazione.
  7. Allusione scherzosa. Vol. XII, 167 e 469; e XIII, 310.
  8. Fenzo: braccia.
  9. Fenzo: Cogl’uomini.
  10. Fenzo e Zatta: gl’avvisi.
  11. Fenzo: cento milla.
  12. Fenzo e Zatta: Gazette.
  13. Anche a Venezia dicevasi per femmina di mondo.
  14. Zatta: E già la medicina ecc.
  15. Fenzo: Eunucco.
  16. Così il testo.
  17. Fenzo: Sarà.
  18. Fenzo e Zatta: Ed averà.
  19. Nell’ed. Fenzo. qui e sempre: tuttora.
  20. Così Zatta. Nell’ed. Fenzo: prenderà.
  21. Così il testo.
  22. Fenzo e Zatta: dilegiarmi.
  23. Dopo Mengone e dopo strapazzo, nell’ed. Zatta c’è l’interrogativo.
  24. Fenzo: schena.
  25. Fenzo e Zatta: a dirittura.
  26. Zatta: son.
  27. Fenzo e Zatta hanno qui una virgola.
  28. Nella ristampa di Milano, 1755: Gome.
  29. Fenzo e Zatta: ciccoria e accetosa.
  30. Zatta: accorre.