La Signora di Monza/Capitolo V

Sentenze ed allegati

../Capitolo IV ../Epilogo IncludiIntestazione 29 marzo 2024 100% Da definire

Capitolo IV Epilogo
[p. 101 modifica]

V.



SENTENZE ED ALLEGATI


[p. - modifica]di Santa Margherita di Monza; per l'hautorità qual ho dal Sig or mio Padre Don Martin de Leyva, prohibisco che niuna persona ardisca et presuma di pescare nel fiume del Lambro dal ponte che è al principio del giardino delli Reverendi Padri di Santa Maria Caregbiolo sin al confine dell casa del Marcellino, acciò essi Reverendi Padri possino ad ogni suo beneplacito pescare et far pescare, per la cui comodita intendo, che quelli, che saranno richiesti d'essi ci vadino a pescare senza altra licenza, et in fede del sudetto ho scritto et sottoscritta la presente di Propria Mane Datta nel sudetto Monastero all' 26 di Decembre 1596


Io suor Virginia Maria Leyva Affirmo quanto di sopra


Di questo prezioso autografo gentilmente prestatoci per cavarne il fac-simile, abbiam obbligazione al signor Telesforo Tenenti, notissimo calcografo librajo, ed uno de' meglio forniti in Italia di preziosita araldiche. ed archeologiche [p. 103 modifica]




I.




      Suor Virginia de Leyva esercitò le giurisdizioni feudali su Monza a nome di don Martino suo padre, e fu veramente, come la qualificò Ripamonti, principessa del Borgo e del Monastero: in prova di che trascriviam questo atto da lei pubblicato sino dal 1596, che doveva essere un de’ primi anni della sua monacazione, dacchè ne contava ella allora soli venti di età.

« Io suor Virginia Maria Leyva, monacha professa nel monastero di santa Margherita di Monza, per l’autorità qual ho dal mio signor padre don Martino, prohibisco che niuna persona ardisca et presuma di pescare nel fiume del Lambro, dal ponte che è al principio del giardino delli reverendi Padri di santa Maria in Carabiolo, sino al confine della casa del Marcellino; acciò essi reverendi Padri possino ad ogni suo beneplacito pescare et far pescare in detto fiume senz’altra licentia. Et in fede del suddetto, ho scrita e sottoscrita la presente di propria mano.

Datta dal sodetto Monastero alli 26 dic. 1596.

Io suor Virginia Maria Leyva,
affirmo quanto sopra (1).

[p. 104 modifica]

II.


Licenza d’entrare nel Monastero Bocchetto ad esaminare suor Virginia


» Si concede licenza al signor Mamurio Lancillotto, nostro vicario criminale di entrare nel Monastero Bocchetto di questa città con quella honesta compagnia che ad esso parerà, et ivi essaminare suor Virginia Maria Leva; et far altre cose intorno a ditto esamine. In quorum etc.

Ex palatio archiepiscopali, die XXXI mensis maii 1608.

Fed. Card. Borromeus.


III.

Citazione di suor Virginia.



De mandata ill. et rev. Juris utriusque doctoris d. Mamurii Lancillotti Curiæ Archiep. mediolanensis vicarii, instante multo rev. d. procuratore fiscali dictæ Curiæ salvis etc.



Citatur soror Virginia Maria Leyva Monialis professa sanctæ Margaritæ opp. Modoetiæ ex adverso principalis pro die sabathi proximi feria XVIII presentis mensis in tertiis, coram pref. m. r. d. Vicario in palatio archiep.; ad videndum et audiendum contra eam fieri ac proferri quamlibet sententiam, ordinationem, seu condemnationem, quæ fieri


D’ordine dell’illustrissimo e reverendissimo dottore in ambo le leggi signor Mamurio Lancillotto, vicario della Curia Arcivescovile milanese; dietro istanza del molto rev. signor Procuratore Fiscale di detta Curia.

Vien citata suor Virginia Maria Leyva, monaca professa di santa Margherita nel borgo di Monza, in qualità di principale accusata, pel prossimo giorno 18 dell’attual mese, all’ora terza, alla presenza del detto molto reverendo signor Vicario, nel Palazzo Arcivescovile; e ciò perch’essa abbia a prestarsi a udire qualsiasi sentenza, ordine, o con[p. 105 modifica] et proferri voluerit, in causa processus contra eam agitati, de quo in actis etc.; aliter etc.; et si prædicta non fierent in dicto termino, compareat successive singulis diebus et horis, donec prædicta facta fuerint.




Datum ex palatio archiep. mediolanensi, die veneris XVII mensis octobris 1608.

Mamurius Lancillottus
Vic. Crim.


danna che possa venir emessa in correlazione al processo contro lei incoato, come dagli atti etc. altrimenti etc. Che se le predette cose non potessero ultimarsi nel detto termine, le s’ingiunge di presentarsi in ciascun de’ giorni successivi, all’ora medesima indicata, finchè non siasi conseguito l’intento.

Dato nel Palazzo Arcivescovile, questo giorno di venerdì 17 ottobre 1608.

Mam. Lancillotto
Vic. Crim.



IV.
Processo verbale della intimazione della precedente citazione.


1608 die veneris XVII mensis Octobris in vespero.

Johannes Dominicus Marenghus monitor Curiæ archiep. med. hodie mandatu ill. et m. r. vicarii crim. missus ad monasterium reverendarum monialium appellatum Bocchetto, in quo extat soror Virginia Maria prædicta, pulsata janua dicti monasterii mandavi accersire matrem Priorissam, quæ cum venisset ad ipsam januam, petii quod aperiret; et aperta janua, prædictæ eidem Priorissæ, et in ejus proprias manus dedi ac dimisi copiam præsentis citationis et alia feci ut supra.


1608 questo giorno di venerdì 17 ottobre a sera.

lo Gian Domenico Marengo usciere della Curia Arcivescovile milanese, per ordine dell’ill. e m. rev. vicario criminale, presentatomi al monastero delle reverende Monache del Bocchetto, ove trovasi suor Virginia Maria, ed avendovi battuto alla porta, comandai che a me ne venisse la madre Superiora; la qual essendo effettivamente venuta alla porta, le ingiunsi di aprirmela: e aperta che fu, consegnai alla detta Superiora in

proprie mani copia della presente citazione. [p. 106 modifica]

V.

Sentenza di suor Virginia Maria de Leyva.


Christi nomine repetito et solum Deum ante oculus habentes, hæc omnia dicimus, decernimus, declaramus, pronuntiamus, et de juris-peritorum consilio pariter et assensu, in his scriptis, omnique etiam modomet definitive sententiamus.

D.nam sororem Virginiam Mariam de Leva monialem professam in monasterio sanctæ Margaritæ oppidi Modoetiæ diocesis Archiepiscopatus Mediolani subdito, et subjecto gubernio et jurisdictioni dicti Archiepiscopatus; vere et realiter, non solum per multos testes, sed etiam per ipsiusmet propriam confessionem convinctam, et respective etiam confessam, plurima gravia enormia et atrocissima delicta, de quibus omnibus in processu, contra eam et alias dicti monasterii moniales complices, formato, clarissime et concludentissime constat, ream atque culpabilissimam, et de jure satis superque punibilem, condemnandam fore et esse, prout condemnamus; mitius tamen cum ipsa sorore Virginia Maria agentes, juxta dispositionem sacrorum Canonum, Constitutionumque Pontificiarum, et aliarum provisionum de materia loquentium; in pœnam et respective pœnitentiam


Invocato ripetutamente il nome di Gesù Cristo, ed avendoci unicamente Dio dinanzi gli occhi, noi affermiamo, pronunziamo, e muniti de’consigli, e dell’assenso de’ giurisperiti, non che in ogni altro miglior modo, definitivamente sentenziamo come segue:

Suor Virginia Maria de Leva, monaca professa nel monastero di santa Margherita di Monza, nella diocesi di Milano, soggetto alla giurisdizione di questa Curia, fu realmente ed effettivamente, non solo per assai testimonianze, ma altresì per proprie confessioni, convinta di molti gravi, enormi, atrocissimi delitti, de’ quai consta nel processo istituito contro di lei e le altre religiose sue complici; ond’ell’apparisce con ogni evidenza essere rea, colpevolissima, e per ogni titolo punibile: epperciò la condanniamo (non però senza dimettere parte del prescritto rigore, in conformità alle prescrizioni de’ sagri Canoni, alle Costituzioni Pontificie, ed agli altri provvedimenti relativi a questi particolari) alla pena, e rispettivamente alla penitenza della perpetua prigionia nel monastero di santa Valeria in Milano; vale a dire, che nel detto monastero venga essa rinchiu[p. 107 modifica] perpetui carceris in monasterio sanctæ Valeriæ Mediolani; videlicet quod ibidem, intus dictum monasterium, in parvo carcere, et intus illum ponatur ac reclaudatur, et etiam muro, lapidibus et calce structo, ostia, sive porta dicti carceris obstruetur, et penitus in totum claudatur; prout intus carcerem prædictum statim præfatam sororem Virginiam Mariam in perpetuum dum vixerit repsective poni atque reclaudi et murari mandamus, ita et taliter quod ibidem, idest intus dictum perpetuum carcerem, ejus vita durante, semper diu noctuque carcerata permanere et commorari debeat, in pœnam et respective pœnitentiam suorum peccatorum, et maxime prædictorum excessuum, criminum, et delictorum, per eam, salvis aliis in causa complicibus, patratorum et commissorum; et ex inde namquam donec vixerit exire possit nec valeat; neque minus ipsi facultas exeundi per aliquem concedi possit; et relinquatur tantummodo parvum foramen in pariete carceris prædicti, per quod possint dictæ sorori Virginiæ Mariæ moniales transmittere alimonia, sive ad ejus victum necessaria ne fame pereat; et aliud quoque parvum foramen, sive fenestrella, per quod, lumen et aerem recipere valeat.

Ad implorandam a summo Deo suorum peccatorum, criminum, excessuum, et delicto-


sa entro un piccolo carcere, la cui porta si abbia a serrare mediante muro costrutto di calce e sassi; dimodochè la detta Virginia Maria, quivi dimori, finchè avrà vita, chiusa e murata così di giorno come di notte, e sino al suo trapasso; e ciò a punizione e rispettivamente a penitenza de’ suoi peccati, e massimamente de’ predetti eccessi, delitti, misfatti, da lei, e suoi complici commessi: di là non sia ella mai per uscire; a niuno concedasi facoltà di cavarnela: solamente nella parete del detto carcere lascisi un piccol pertugio a traverso del quale si possano trasmettere alla detta suor Virginia Maria gli alimenti, e le altre cose necessarie, acciò non abbia a perire d’inedia; non che un altro buco o finestrella per cui le giungano luce ed aria.














Ad oggetto d’implorare da Dio il perdono de’ suoi peccati, delitti, ed eccessi sud[p. 108 modifica] rum prædictorum veniam, et pro salute ejus animæ, dicta soror Virginia Maria debet ac tenetur per quinquennium qualibet sexta feria cujuslibet ebdomadis jejunare, et si potuerit in pane et aqua, in memoriam sactissime passionis D. N. J. Ch.; et hoc pro pænitentia salutari ultra alias supradictas pœnas, et penitentiam respective dicti perpetui carceris, quam eidem sorori Virginiæ Mariæ injungimus, ipsius animæ saluti ut præbemus etiam consulentes.

Nec non teneatur intus dictum carcerem etiam recitare attente, pie, et devote Horas Canonicas, et illas numquam, nisi ex legitima et necessaria causa, omittere dum vixerit.

Insuper volumus, quoque, declaramus, decernimus, et mandamus ut introitus livellorum pensionesque quasqumque, ac fructus, et redditus, et proventus illorum, atque dotium quaruncumque præfatæ sororis Virginiæ Mariæ, causa illam alimentandi intus dictum carcerem, applicari, et concedi, prout nos applicamus et concedimus, dicto monasterio sanctæ Valeriæ Mediolani, durante tantummodo vita in carcere præfato dictæ sororis Virginiæ Mariæ, qua dum Sanctissimo Deo placuerit defuncta, statim et incontinenti dicti livelli, pensiones, et dotes, et illorum illarumve introitus, fructus, redditus, et proventus cum toto pleno et absoluto dominio, ac


detti, e per conseguire la salvezza dell’anima sua, suor Virginia Maria sarà tenuta durante un quinquennio, ogni sesto giorno di ciascuna settimana, a digiunare, potendolo, a pane ed acqua, in memoria della santissima Passione di nostro Signor Gesù Cristo; e ciò per sua salutar penitenza (oltre le sovradette pene, ed oltre la penitenza della perpetua prigionia, che, a medicina della sua anima, le consigliamo e ingiungiamo).


Abbiasi ella inoltre obbligo di recitare attentamente e devotamente le Ore Canoniche, non mai tralasciandole sinchè avrà vita, salvo casi di legittimo impedimento.

Intendiam inoltre, e prescriviamo che l‘entrate, pensioni, frutti, redditi, livelli, o doti di qualunque sieno specie pertinenti alla detta suor Virginia Maria, si trovino devoluti a pro del monastero di santa Valeria di Milano, a titolo di alimenti della prigioniera, e ciò soltanto finch’ella durerà viva; essendochè quando piacerà a Dio di chiamarla a sè, comandiamo che tutti que’ redditi e frutti, tornino in proprietà e ad uso del monastero di santa Margherita, nel quale suor Virginia Maria fece la professione e dimorò. [p. 109 modifica] suam dotem redeant, et redire debeant ad monasterium sactæ Margaritæ, in quo ipsa soror Virginia Maria prædicta erat monialis professa, et degebat una cum aliis monialibus ejusdem monasterii.

Insuper dictam sororem Virginiam Mariam dicimus, decernimus, et declaramus privandam omnino fore et esse, prout eam privamus omni et quocumque comodo, honore, privilegio, officio, beneficio, prerogativa, et dignitate dicti monasterii, et omni ac quacumque voce activa passiva.

Ita dicimus atque in his scriptis ut supra sententiamus, declaramus, condemnamus et respective applicamus, atque etiam fieri et exsequi volumus, et mandamus, mandataque quæcumque desuper necessaria, et opportuna, decernimus et relaxamus, singula singulis, et omni quoque, et quocumque alio modo meliori.

Ita sententiavi ego Mamurius Lancillottus.

Vic. Crim. Archiep.


1608 die sabbati decimo octavo mensis octobris.

Lata, data, promulgata, et dicta fuit hæc sententia per ill. d. Mamurium Lancillottum protonot. apostol. vicarium criminalem Curiæ Archiepiscopalis Mediolani, pro tribunali sedentem in aula Cancelleriæ in palatio Archiepi-








Dichiariam inoltre la detta suor Virginia Maria decaduta da qualsivoglia impiego, incumbenza, privilegio, beneficio, dignità da lei posseduti ed esercitati nel detto monastero, non che da qualunque diritto di volare.


A questo modo, e come sta qui sopra espresso, sentenziamo, dichiariamo, condanniamo, e rispettivamente applichiamo, ed intendiamo che sia eseguito, e comandiamo che lo sia; e tutto quanto è necessario per lo eseguimento di quanto sopra, prescriviamo ed imponiamo, a ciascuno a cui spetta, e ciò nel miglior modo possibile.

Questa è la mia sentenza,

Io Mamurio Lancillotto.

Vic. Crim. Archiep.


1608 questo giorno di sabato 18 di ottobre.

Portata, data, promulgata, e letta l’antescritta sentenza, dall’ill. signor Mamurio Lancillotto, proton. apost. e vicario criminale della Curia Arcivescovile milanese, sedente sul suo tribunale nell’aula della Cancelleria nel palazzo [p. 110 modifica] scopali, et per me Hieronimum Bolinum not. actuar. in off. crim. dicto.


Cur, stipulavi ac de ipsa sententia rogavi, presente ill. m. r. d. Jo. Petro Barchio sacræ theologiæ ac sacrorum canonum doctori, canonico insignis ecclesiæ collegiatæ sancti Ambrosii majoris Mediolani; et rev. prœsbiter Jo. Ant. Mazainello provisor hospitalis sancti Ambrosii portæ Vercellinæ Mediolani, ad hoc specialiter vocati: et rogatus.

Hieronimus Bolinus



dell'Arcivescovato; e per opera di me Gerolamo Bolino, notajo attuaro nel detto ufficio criminale.

Perlochè, chiamato ad autenticare la detta sentenza, presenti l'ill. e molto rev. don Pietro Barca, dottore in sacra teologia, canonico dell‘insigne Collegiata di sant’Ambrogio maggiore in Milano; e il rev. sacerdote Gio. Ant. Mazainello, provveditore dell’ospitale di sant’Ambrogio in porta Vercellina in Milano, a ciò specialmente chiamati; ho autenticato

Gerolamo Bolino



VI.

Sentenza di prete Paolo Arrigone.


Christi, ac beatæ Mariæ Virginis ejus matris nominibus invocatis;

Nos Mamurius Lancillottus prot. ap. Curiæ Archiep. Med. in causis criminalibus vicarius, et judex ordinarius pro tribunali sedentes, et solum Deum prœ oculis habentes, per hanc nostram definitivam sententiam, quam de juris peritorum consilio pariter et assensu in his scriptis ferimus, in causa et causis quæ in prima instantia coram nobis versa fuerunt et vertuntur, inter m. rev. d. Sebastianum Riccium Curiæ prædictæ advocatum, et procuratorem fiscalem ex una, et D. Paulum


lnvocati i nomi di Gesù Cristo, e di Maria Vergine sua madre;

Noi Mamurio Lancillotto, proton. apost. e vicario criminale della Curia Arcivescovile milanese; sedendo sul nostro tribunale, ned avendoci dinanzi gli occhi altri che Dio; con questa nostra definitiva sentenza, uditi i consigli, e consegnito l’assenso di valenti giurisperiti; per quanto spetta alla causa e cause che furono ventilate in prima istanza dinanzi a noi tra ’l molto rev. signor Sebastiano Ricci avvocato dell’anzidetta Curia e procurator fiscale da una parte, e dall'altra il signor Paolo [p. 111 modifica] Arrigonem curatum sancti Maurilii oppidi Modoetiæ diocesis Mediolanensis cum carceratum, processatum, et valde gravatum, ac vehementer indiciatum, et respective confessum ac convinctum de enormibus et atrocibus delictis criminibus excessibus et peccatis videlicet;

1.° quod nonnullis annis elapsis, cum Jo. Paulus Osius (suam tunc domum habitationis habentem Modoetiæ prope monasterium monialium sanctæ Margaritæ d. oppidi, ac ipsi monasterio coherente), amorem duceret cum sorore Virginia Maria Leva moniali professa in d. monasterio, et hunc amorem partecipasset præfato presbitero Paulo secum deambulando in viridario dicti Osii contiguo præf. monasterio, ex quo dictus Osius videbat præfatam monialem Leva, ac amorem fruebat; et peteret ab eo auxilium, pro obtinenda gratia prædictæ Monialis; idem presb. Paulus ad effectum præfatum quamplures litteras amatorias scripserit propria manu antedictæ moniali Virginiæ Mariæ pro præfato Osio, asserendo precipue in illis respective licere se invicem deosculari absque peccato, adducendo falso auctoritatem Divi Augustini, ac minime incurri in excomunicationem ingrediendo septa Monasterii monialium; et ad id ei persuadendum, ac eamdem monialem deicipiendam, transmissus fue-


Arrigone curato di s. Maurilio a Monza, diocesi di Milano, in occasione che fu carcerato, processato, fortemente gravato, veementemente indiziato, e rispettivamente confesso e convinto d’enormi e atroci delitti, misfatti, eccessi e peccati, cioè;



1.° che varii anni addietro, mentre Giampaol Osio (il qual aveva l’abitazione in Monza contigua al monastero di santa Margherita) faceva all’ amore con suor Virginia Maria Leva monaca professa nel detto monastero (avendo l’Osio messo a parte l’Arrigone di siffatta tresca, mentre passeggiava con esso lui nell’orto che trovasi contiguo al sunnominato monastero, e dal qual l’Osio avea potuto vedere suor Virginia, ed iniziar corrispondenza con essolei); richiese il detto Arrigone di consiglio sul modo di meglio addentrarsi nella grazia della detta Monaca; ed egli, di propria mano, corrispondendo alla richiesta, scrisse assai lettere amorose all'antedetta Religiosa, in nome dell’Osio, asserendo in esse non avervi peccato in cosiffatto amore, citando a questo proposito falsata l’autorità di sant’ Agostino, assicurando non incorrere nella scomunica chi fosse penetrato nel chiostro delle monache; e, ad oggetto di meglio persuaderla, trasmettendole da leggere un [p. 112 modifica] rit ad ipsum liber casuum conscientiæ legendus, (ipso presb. Paulo consultore)

2.° quod, ad effectum de quo supra, dictus presb. Paulus baptizaverit calamitas, easque tradiderit præf. Jo. Paulo Osio, qui accedendo ad parlatorium d. monasterii noctu (eodem presb. Paulo conscio et concomitante, sed remanente extra parlatorium pro custodia) eamdem calamitam, prius ab ipsomel Osio deosculata, ac linita, tradidit præfatæ sorori Virginiæ similiter deosculandum, ac lambendam;

3.° et hic ipse Paulus Arigonus fuerit causa principalis et immediata quod commissa, et patrata fuerunt infrascripta atrocissima et detestabilia delicta;
primo, quod Jo. P. Osius, per multos annos ingrediendo ad libitum septa monasterii sanctæ Margaritæ, carnaliter cognoverit præd. sororem Virginiam, in ea, et in eodem lecto pernoctando, cum susceptione duorum filiorum, ipsam monialem etiam e monasterio educendo, et ad domum propriam adducendo;
secundo, quod idem Jo. P. Osius timens ne quædam Caterina de Meda monialis non professa in d. Monasterio, familiaris dictæ sorori Virginiæ, informata de comercio præfato, illud superioribus patefaceret, eamdem Catherinam, noctu, quodam instrumento,


libro di casi di coscienza (tutte cose di cui l’Arrigone fu consigliere);


2.° che agli intenti di cui sopra il detto prete Paolo battezzò calamite, e le trasmise all’Osio, il qual venutone notturnamente al parlalorio delle monache (accompagnandovelo l’Arrigone, rimaso fuor del parlatorio a far la guardia) le consegnò baciate, e lambite a suor Virginia, acciò similmente le baciasse e lambisse;




3.° che il medesimo Arrigone fu causa principale e immediata che si commettessero gl’infrascritti esecrabili misfatti;


primamente, che l‘Osio, avendo per molti anni avuto libero ingresso nel monastero di santa Margherita, vi tenesse viva una rea tresca colla predetta suor Virginia, la rendesse madre di due figli, e più e più volte la cavasse dal convento, conducendola alla propria casa;


in secondo luogo, che l’Osio, temendo che una certa Catterina da Meda, conversa che non avea fatti i voti, e stava a’ servigii di suor Virginia, informata di quella tresca, se ne aprisse a' Superiori, di notte tempo, valendosi d’un certo ordigno, parte di le[p. 113 modifica] ligneo partim, et partim ferreo, vulgo piede di bicocca, in ipso Monasterio occiderit, cadaver e Monasterio extraxerit, et in propria domo sepeliverit;
tertio: quod, tandem, ipse Jo. P. Osius verens ne soror Octavia Riccia, et soror Benedicta Homata, ambo moniales professæ in d. Monasterio, tam de comercio quam de homicidio prædictis consciæ, examinatæ a Superioribus antecedentia omnia propalarent, eas ambas noctu, frangendo murum viridarii monasteri præd., e monasterio extraxerit, ut eas interficeret, et Octaviam in flumen Lambrum projicerit, ac sclopo pluribus percussionibus in capite afficerit, quarum causa postea decessit; et Benedictam precipitaverit in altissimum puteum, quæ, licet in ipso puteo per duos dies permanserit, haberetque duas costas et femur fractos, tamen viva, Deo favente, extracta fuit, et adhuc vivit, sed debilitata et manca; unde dictus Jo. P. Osius in pœnam capitalem ab excellentissimo Senatu Mediolanensi condemnatus fuit, ac ejus domus a fundamentis eruta;

4.° principaliter, quod d. presb. Paulus eamd. sororem Virginiam Mariam Leva tum litteris, et carminibus ad eam datis, cum et sermonibus viva voce cum ea factis ac-


gno e parte di ferro, volgarmente detto piede di bicocca l’accoppò dentro nel Monastero, indi n’estrasse il cadavere, e nella propria casa lo seppellì;
in terzo luogo, che lo stesso Osio, per timore che suor Ottavia Ricci, e suor Benedetta Omati, ambo monache professe nel detto Monastero, consapevoli così della tresca, come dell’omicidio, non avessero a farsene denunziatrici, ambo le cavò dal Monastero, notturnamente rotto il muro che ne cinge l’orto; e, coll’intendimento di ammazzarle, Ottavia gettò nel fiume Lambro, dopo d’averla ripetutamente percossa nella testa col calcio dell’archibugio, per le quai ferite indi a poco trapassò; e Benedetta precipitò in profondo pozzo, la qual vi rimase due giorni, e, nonostante che avesse franti il femore e due coste, viva, per favore divino, ne fu estratta, e tuttora vive, comechè sfinita; ondechè il detto Osio fu dannato dall’eccellentissimo Senato, nella testa, e ad aver atterrata la casa;




4.° che il detto Arrigone, per conto proprio, richiese suor Virginia d’amorosa corrispondenza, inviandole lettere e versi, provocandola con discorsi al parlatorio, e tentando [p. 114 modifica] cedendo ad parlatorium, tentaverit habere amasia, ac sibi ejus amorem conciliare procuraverit;

5.° principaliter quod ipse presb. Paulus quatuor ab hinc annis amore ducendo cum sorore Candida-Columba moniali professa in monasterio sanctæ Margaritæ, eidem plures litteras amatorias scripserit, consimiliterque ab ea acceperit; et quod pejus est ac detestabilius....;

his et aliis multis animum nostrum ad infrascriptam sententiam deveniendum digne morentibus, prout latius in processibus superinde firmatis, de quibus in actis;

visis processibus prædictis, nec non plurium testium pro Curiæ informatione examinatorum depositionibus, et gravaminibus; ac vehementibus ac legitimis clarissimisque indiciis quampluribus, et ingentibus conjecturis, adminiculis et præsumptionibus validissimis ex eisdem processibus ac dictorum textium depositionibus resultantibus et collegibilibus contra præd. presb. Paulum Arrigonem; ejusdemque Arrigonis constitutis, illiusque cofessionibus, et circostantiis aggravantibus per eum fassis; nec non visa publicatione dictorum processuum, ac auditis defensionibus pro parte ejusdem presb. Pauli factis; visis comparitionibus, item acceptionibus juris, et responsionibus, tam pro parte d. pr. Pauli, quam


ogni via a quel perverso intento:



5.° che il detto Arrigone, per conto proprio, sin da quattro anni prima, iniziò una rea tresca con suor Candida Colomba, monaca professa in santa Margherita, e molte amatorie lettere le scrisse, e n'ebbe riscontri, e, ciò ch’è peggio, e più detestabile...

avendo noi tutte queste ed altre molte cose presenti al pensiero, di cui più estesamente è chiarito nel processo, siamo addivenuti alla seguente sentenza:


visti gli alti antescritti, e le deposizioni de’ testimonii, e i forti gravami, e i chiarissimi indizii, e le gagliarde conghietture, e le validissime presunzioni risultanti e scaturienti dai detti processi, e dalle delle testimonianze ad aggravio di prete Paolo Arrigone, non che i costituti del medesimo, e le sue medesime confessioni; considerate inoltre le difese presentate dal medesimo Arrigone; non che le allegazioni di diritto prodotte, così da parte di detto prete Paolo, come da parte del signor Procuratore Fiscale; e finalmente in correlazione alla citazione stata intimata al detto Arrigone per questo giorno ed ora, affin di udire la propria sentenza; visto ciò ch’era da vedere, e considerato ciò [p. 115 modifica] d. domini Procuratoris Fiscalis respective productis et habitis; nec non visa relatione citationis ipsi Arrigono intimata pro his die et hora ad sententiam audiendam; visisque aliis visendis, et consideratis considerandis, et facto prius verbo cum ill. et rev. d. card. Borromeo archiepiscopo mediolanensi;

Christi ac Mariæ Virginis nominibus repetiti, atque iterum invocati;

dicimus, decernimus, declaramus, et definitive sententiamus præf. presb. P. Arrigonem tamquam repertum culpabilem, et de jure punibilem, condemnandum fore et esse, prout ipsum condemnamus, ad triremes per biennium tantum, considerata ejus longa carceratione, et aliis quamplurimus quoque attentis ad id animum nostrum digne moventibus: ad quas quidem triremes biennales quam primum eum transmitti, ac in eis in effectum remigare volumus et mandamus per dictum temporis spatium: quo tempore finito, et nunc et tunc condemnamus eumdem Arrigonem in pœnam exilii perpetui ab Oppido Modoeatiæ per quindecim milliaria circum circa, per ipsum omnino servandam sub pœna depositionis ab ordinibus, et privationis de beneficiis curati, atque triremium aliorum trium annorum; vedelicet quod sub prædictis pœnis ad Modoetiæ oppidum, nec ad loca cir-


ch'era da considerare, non senza averne fatta preventivamente parola all’ill. e rev. signor cardinal Borromeo, arcivescovo;






ripetuti, e rinnovati i nomi di Gesù e di Maria;

diciamo, pronuziamo, dichiariamo, e definitivamente sentenziamo, che il detto prete Paolo Arrigone convinto reo, e quindi punibile a tenor delle leggi, sia dannato alla pena della galera per due anni solamente, e ciò in riguardo alla lunga prigionia già da lui subita, non che per altre considerazioni efficaci sul nostro animo: alla qual biennale galera sia senza dilazione traddotto, ed ivi prescriviamo ch’effettivamente abbia egli a remigare per lo indicato tratto di tempo; trascorso il quale, noi, sin da questo punto danniamo il medesimo Arrigone a perpetuo bando da Monza e quindici miglia in giro, sotto pena della degradazione dagli Ordini sagri, della perdita del benefizio di curato, e d’altri tre anni di galera, caso che ardisca violare il divieto; cioè se si condurrà in Monza od in prossimità a questa entro un raggio di quindici miglia. [p. 116 modifica] cumcirca per quindecim millia redire et accedere, stare et permanere ac habitare amplius valeat. Et ita dicimus et definitive sententiamus, non solum prædicto, sed etiam omnino alio meliori modo.

Ita sententiavi ego

Mamurius Lancillottus
Vic. Crim.


1609 die sabbati XXIV mensis januarii in vespris.


Lata, data et sententialiter promulgata retroscripta sententia per præf. ill. d. Vic. criminalem pro tribunali sedentem;

præsentibus RR. DD. Hieron. Bosisio, et Bern. Serponti ambobus notariis in off. Crim. Curiæ Arch.


1609 die martis XXVII mensis januarii.


Lecta fuit a me notario antecedentem sententiam presb. Paulo Arrigono existenti in aula examinum carceratorum, optime audienti et intelligenti.

Quibus auditis et intellectis dixit:








Così definitivamente sentenziai

Io Mamurio Lancillotto
Vic. Crim.


1609 questo giorno di sabato 24 gennaio a sera.


Fu portata e promulgata l’antescritta sentenza dall’ill. signor Vicario Criminale sedente nel suo tribunale;

alla presenza dei molto rev. signori Gerolamo Bosisio e Bernardo Serponti, ambo notai della Curia Crim. Arciv.


1609 questo giorno di martedì 27 gennajo.

Da me notaro fu letta l’antecedente sentenza, nell’aula destinata all’esame de’ carcerati, a prete Paolo Arrigone, il qual ottimamente l’udì e la comprese.

Avendola egli udita e compresa, disse:


» io non accetto niente di questa sentenza, come ingiusta ed iniqua; anzi me ne appello al Papa, perchè mi trovo aggravatissimo, essendo io inconscio d’aver commesso tali delitti, che son tutte imposture fabbricatemi da

nemici. [p. 117 modifica]

VII.

Licenza d'entrare nel Monastero di santa Margherita di Monza ad esaminarvi le suore Candida, Silvia e Benedetta quivi carcerate.


« Volendo noi che nella causa delle Monache del monastero di santa Margherita di Monza si usino nuove diligentie, diamo con la presente licenza ed autorità al nostro vicario criminale Mamurio Lancillotto di essaminare di nuovo quelle Monache di detto Monastero che a lui pareranno, tanto alla grata et al parlatorio, quanto dentro al parlatorio e Monastero, e conseguentemente di entrare con il Notaro entro al detto Monastero per far detto essamine, e visitar anche le suore Candida, Benedetta e Silvia, le quali ivi si trovano carcerate, e fare tutte e singole altre cose che a lui pareranno necessarie et opportune. Et inoltre, se bisognasse, per avere la verità, far tormentare alcuna di dette Suore ch’essaminerà in detto Monastero, gli diamo parimenti piena autorità di poter ciò esseguire mediante la persona d’un fante, o doi dell’Arcivescovato; questi doverà menar seco, assieme con il Notaro in detta causa. Et in fede Dato all’Arcivescovato li 16 luglio 1609.

Fed. Card. Borromeus.


VIII.

Atto di citazione delle suore Candida, Silvia e Benedetta.


1609 die mercurii XXII mensis julii.


Ill. et m. r. d. Mamurius Lancillottus etc. existens in monasterio sanctæ Margaritæ


1609 questo giorno di mercoledì 22 luglio.

L’ill. e m. rev. signor Mamurio Lancillotto trovandosi nel monastero di santa Mar[p. 118 modifica] una cum me notario, ad effectum an tandem devenire posset ad speditionem causæ et causarum contra sorores Benedictam Homati, Candidam Brancolinam et Silviam Casatam; publicavit et publicat eisdem monialibus existentibus in prædicto monasterio, ac cubiculis eisdem pro carcere per modum provisionis assegnatis, omnes et quosque processus contra eas ac aliorum complicum fabricatos, ipsisque supranotatis monialibus statuit terminum dierum trium in progressu futuro ad suas faciendas defensiones, si quas.


XXXI julii.


Hic cadit relatio intimationis, citationis, adsentationis contra prædictas sorores, eisdem præsentibus, facta die dominico XXVI julii 1609, quæ est in processu.

Vide sentientias contra predictas moniales latas in folios sequentibus, una cum earumdem sententiarum relatione, lectura de ipsis facta præfatis monialibus, ac executione ipsarum sententiarum.


gherita in compagnia di me notaro, ad oggetto di finalmente addivenire alla spedizione delle cause intentate alle suore Benedetta Omati, Candida Brancolina, e Silvia Casati, intimò ed intìma a cadauna delle delle Monache esistenti nel detto Monastero, nelle celle che loro furono provvisoriamente assegnate a prigione, tutti e ciascun de’ processi contro delle medesime, e de’ lor complici incoati; ed alle sunnominate Monache assegna il termine di tre giorni, a cominciare da questo, per poter presentare le loro difese se ne hanno da fare.


26 luglio.


Il rapporto della intimazione, citazione ed interpellazione stato fatto di presenza alle sunnominate Monache scade oggi, giorno di domenica 26 luglio 1609.

Vedi le sentenze contro di esse Monache portate ne’ fogli che seguono, unitamente alla relazione della lettura che ne fu fatta alle condannate, ed alla esecuzione delle sentenze stesse.



IX.

Protocollo della consegna della citazione fatta alle suore Candida, Silvia e Benedetta, con ricevuta della Vicaria del Monastero di santa Margherita.


Mandatu ill. et m. r. d. Mamurii Lancillotti vic. etc. ci-


D’ordine dell’ill. e m. rev. signor Mamurio Lancillotto, [p. 119 modifica] tentur sorores Benedicta, Silvia et Candida coram præfato d. Vicario prima die post intimationem, in tertiis, ac postea, ad videndum fieri quamlibet ordinationem vel sententiam proferri in causa seu causis præfatarum monialium prout in actis.



Mediolani die XXVI mensis julii.

Mamurius Lancillottus.


vicario etc. son citate le suore Benedetta, Silvia e Candida a presentarsi al detto signor Vicario, al primo dì dopo la presente intimazione, alle ore terza e seguenti; e ciò perchè vengan edotte di quelle prescrizioni e sentenze che si troveranno essere applicabili alle stesse monache, come dagli atti etc.

Milano, 26 luglio.

Mam. Lancillotto.



» Io sor Francesca Imbersagha viccaria facio fede haver presentato, datto, et lasciato copia della sodetta citatione in mano propria di suor Benedetta, Silvia, e Candida, monache nel sodetto Monastero, il dì et anno sodetti, et questo d’ordine di Monsignor Vicario criminale, et per fede la presente sarà sottoscritta di mia mane

» Io sor Francesca Imbersagha viccaria, affermo come sopra.

» Sopra questa si facci la fede conforme alla minuta che è qui dentro, et questa poi si rimandi a me in Milano in un piego sigillato.


X.

Sentenza di suor Candida.


Christi nomine invocato;
Nos Mam. Lancillotto etc. pro trib. sedente, Deum solum præ oculis habente, per hanc nostram definitive sententiam quam de jurisperitorum cons. pariter et assensu


Invocato il nome di Cristo;
Noi Mamurio Lancillotto, etc. etc. con questa nostra definitiva sentenza, uditi i consigli, e conseguito l’assenso di valenti giuresperiti, nella causa e danze dinanzi a noi [p. 120 modifica] in his scriptis ferimus, in causa et causis quæ in prima instantia coram nob. versæ fuerunt, et vertuntur inter m. r. d. Seb. Riccium Curiæ præd. adv. fiscalem, ex una, et sororem Candidam Columbam Trottam seu de Brancolinis, ex altera, monialem professam in monasterio sanctæ Margaritæ opp. Modoetiæ, dioc. mediol. subdito gubernio et jurisdic. d. archiep.; ac alias moniales dicti mon. complices; vere et realiter non solum per multos testes, sed et per ipsiusmet propriam comfessionem convictam, et respective confessam de ut. sup. plurib. gravibus et enormibus ac atrocissimis delictis et peccatis infrasc.; et


1.° quod per plures ac plures annos fuerit conscia, particeps, et cooperatrix, non solum amoris inhonesti qui intercedebat inter Jo. P. Osium incolam d. opp. Modoet. et sor. Vriginiam Mariam de Leva mon. prof. d. monasterii, sed et ingressus ejusdem Osii in monasterium præd. sanctæ Margaritæ, ac commercii carnalis cum præf. sor. V. M., per plures, ac plures ac multas et reiteratas vices in eod. Mon. cum susceptione filiæ, eumd. Osium mediantib. clavib. adulterinis ac aliis, modis, noctu in mon. introducendo, ac ad dict. sor. V. Mariam associando ad effectum ut cum ea cubare posset prout cubabat, ipsa sor. C. C. ac aliis complic. monialibus;


ventilate tra ’l rev. signor Sebastiano Ricci, avvocato fiscale della Curia arciv. da una parte, e dall’altra suor Candida Colomba Trotti, o de’ Brancolini, monaca professa nel monastero di santa Margherita di Monza etc. (non che delle monache di lei complici), non solo per molte testimonianze, ma anche per le sue proprie confessioni, convinta degli enormi, e atroci delitti, e peccati infrascritti, cioè:







1.° che per vari anni fu consapevole, compartecipe, e cooperatrice, non solamente della disonesta tresca tra l'Osio e suor Virginia, ma altresì dell’introdursi del detto Osio nel Monastero infinite volte (in conseguenza di che suor Virginia fu resa madre d’una bambina) al qual ella con chiavi contraffatte facilitava l’accesso, ad oggetto che avesse a trovarsi liberamente colla detta suor Virginia; [p. 121 modifica] 2.° quod similiter præd. S. C. C. cum aliis complic. fuit conscia, partecips, cooperatrix, et ut supra, exitus per plures vices d. sor. V. Mariæ noctu a mon, præd. cum Osio, expectans et ipsa ut daret signum reditus in monasterio;

3.° quod ead. sor. C. C. fuerit conscia et particeps ut sup. homicidii commissi in personam Catarinæ de loc. Medæ plebis Sevesi, receptæ in præd. mon. pro emittenda profess. modo in frasc.; quod tribus ab hinc annis timens ipsa sor. C. C. et aliæ complices, ne dicta Caterina malam relat. præd, m. r. vicario monialium patefaceret, consilium inierunt de ipsa C. (quæ tunc temporis reperiebatur detenta ex ord. r. priorissæ ipsius mon. in quodam cubiculo) occidendi, prout quadam nocte in ipso mon. ac cubicolo a Jo. P. Osio mediante instrumento ligneo partim, ac partim ferreo, vulgo piede di bicocca occisa fuit, præsentib. ipsa sor. C. C., ac aliis complicib. compartecipantib., et auxilium dantibus ad malum præd. patrandum; quam Caterinam sic necantam absconderunt in pullario ne reperiretur, fingendo eam fugam arripuisse mediante fractura muri per eos facta; et nocte sequenti cadaver ipsum positum in sacco dictæ sor. C. Columbæ, fuit a dicto Osio ac sor. Benedicta II. altera ex complicib. a mon. in domum Osii asportatum ac sepultum,


2° che similmente la detta suor Candida, insieme ad altre, fu conscia, compartecipe, cooperatrice alle molte uscite notturne di suor Virginia dal Monastero insieme coll’Osio, aspettando poi ch’essa desse il segnale del suo tornarsene a casa;

3.° che la detta suor Candida fu conscia, compartecipe e cooperatrice dell’uccisione commessa sulla persona di Catterina de’ Cassini, nel modo seguente: tre anni avanti, temendo suor Candida e l’altre complici, che la detta Catterina le denunziasse al Vicario delle monache, divisarono, in occasione ch’ella trovavasi chiusa per ordine della Priora, in un camerotto, che avesse a morire; e, diffatti, da Giampaol Osio, in quel camerotto, una notte fu uccisa, mediante un ordigno parte di legno, parte di ferro, volgarmente detto piede di bicocca; al qual delitto, suor Candida e le altre complici si trovarono presenti, compartecipi, e cooperatrici: la qual Catterina, così morta, nascosero nel pollaro, acciò non fosse scorta; e per far credere che fosse fuggita, praticarono un buco nel muro; e la seguente notte il cadavere, posto in un sacco fornito dalla detta suor Candida, fu dall’Osio, coll’ajuto di suor Benedetta altra delle complici, trasportato dal Monastero in casa dell’Osio medesimo ad esser quivi seppellito; e tut[p. 122 modifica] ipsa sor. C. C. et aliis complic. consentaneis et auvilium dantibus:

insuper quod d. C. C. amorem ducendo cum presb. Paulo Arrigono curato in opp. Mod., quinque annis elapsis ipsi presb. plures litteras amatorias scripserit, consimiles ab eo acceperit, et, quod pejus ac detestabilius...

(Vide in sententia Pauli Arrigoni);

visis processibus ante scriptis, etc.

Christi nomine repetito

Dicimus, decernimus etc. etc. et ideo condemnamus dict. sor. C. Columbam in pœnam et respective pœnitentiam carceris perpetui in mon s. Marg.; videlicet, quod ibidintus d. mon. in parvo carcere, et intus illum ponatur ac recludatur, et muro lapidib. et calce structo ostium, sive porta d. carceris obturetur, et ac pœnitus in totum claudatur.




Ita sententiari

Mamurius Lancillottus
Vic. Crim. Arch.


1609 die XXVI mensis julii.


tociò colla cooperazione di suor Candida, e delle altre complici;

oltrecchè suor Candida, intavolata una tresca inonesta con prete Paolo Arrigone, curato nel borgo di Monza, e ciò sin da cinque anni addietro, gli scrisse e ne ricevette più e più lettere amorose, e ciò ch’è peggio...


(Vedasi la sentenza dell'Arrigone);

veduti i processi antescritti, etc.

ripetuto il nome di Cristo;

diciamo, comandiamo, etc. e condanniamo suor Candida Colomba per gastigo, e rispettivamente per penitenza, a perpetua prigionia nel monastero di santa Margherita; cioè che quivi in piccolo carcere venga chiusa etc.

(Seguono le prescrizioni medesime che abbiam già riscontrate nella sentenza di suor Virginia, come pure le clausole della confisca, e la dichiarata incapacità a qualsiasi impiego etc.)

Questa è la mia sentenza.

Io Mamurio Lancillotto
Vic. Crim.


Questo giorno ventesimosesto di luglio 1609.



XI.

Sentenza di suor Benedetta Omati.


Comincia col formolario già notato nella sentenza precedente, salvo il nome della condannata mutato (che qui [p. 123 modifica] è Benedetta) ad aggravio della quale son esposti i seguenti capi d’accusa:


Primo; quod per plures annos etc.


Secundo; quod similiter etc.


Tertio; quod eadem etc.


Quarto; quod, tandem, cum soror Virginia e dicto monasterio alio traducta fuisset, et super criminibus, peccati ac delictis prædectis per officiales Curiæ Mediolan. informationes sumerentur, prædicta soror Benedicta conscia ipsa sibi, et timens ne aliquid mali ex causa prædicta sibi eveniret, una cum sorore Octavia, mediante fractura muri viridarii, auxilio Osii fugam arripuerunt, et octavia fuit ab Osio in flumen Lambrum projecta ac pluribus vulneribus affecta in capite ex quibus decessit; et Benedicta fuit precipitata in altissimum puteum, a quo postea extracta, per anteriorem processum, fassa fuit supradicta omnia:


visis processibus antescriptis, etc.

Christo nomine repetito,

dicimus, decernimus, etc.


Primo; come nella precedente sentenza.

Secondo; come nella precedente sentenza.

Terzo; come nella precedente sentenza.

Quarto; che finalmente, allorchè suor Virginia fu menata via dal detto Monastero, e dagli ufficiali della Curia venuti sopra luogo venner assunte informazioni intorno a’ sovramemorati misfatti, la detta suor Benedetta, conscia della propria reità, e temendo non gliene avesse a provvenire alcun male, in compagnia di suor Ottavia, mediante rottura praticata nel muro dell’orto, se ne fuggì col sussidio dell’Osio; il qual gettò Ottavia, gravemente ferita nella testa, sicchè poi ne mori, entro il Lambro; e Benedetta precipitò in profondissimo pozzo, dal qual poscia fu cavata, e, come dal processo risulta, raccontò tutte le sopradette enormità:

visti gli antescritti processi, ecc.

ripetuto il nome di Cristo,

diciamo, comandiamo, ecc.


Segue la condanna al carcere murato perpetuo, al digiuno quadriennale, alla confisca, ecc. come sopra.


Ita sententiari
Ego Mamurius Lancillottus


In die dominica XXVI julii 1609.


Così ho sentenziato

Io Mamurio Lancillotto


Questo giorno di domenica 26 luglio 1609. [p. 124 modifica]

XII.

Sentenza di suor Silvia Casati.


Salvo il nome mutato, comincia col preciso formolario già notato nella sentenza di suor Candida:

i capi d’accusa son tre, cioè:

1.° la complicità negli amori dell’Osio, e di suor Virginia;

2.° aver favorito le assenze dal Monastero di suor Virginia;

3.° essere stata correa nella uccisione di Catterina da Meda; e tutto questo espresso ne’ termini stessi adoperati nella sentenza di suor Candida.

La condanna è pur essa colle medesime parole.


XIII.

Processo verbale dell’esecuzione delle sentenze precedentemente trascritte contro Candida, Benedetta e Silvia.


Præfatis sororibus Candida, Sylvia et Benedicta in quodam cubiculo superiori monasterii sanctæ Margheritæ coram domino vicario crim. fuerunt per me not., eisdem monialibus optime audientibus et intelligentibus, lectæ materna ac germana lingua vulgariterque prescriptæ sententiæ de verbo ad verbum, separatim ut supra, presentibus etiam venerabilib. monialib. Angela Margarita de Sacchis abbatissa prædicti monasterii, ac Francisca Imbersaga vicaria, ex ordine domini Vicarii invocatis testibus;


Alle predette suore Candida, Silvia, e Benedetta, che ben le ascoltarono ed intesero, furono da me notaro, in una cella al piano superiore del monastero di santa Margherita, e alla presenza del signor Vicario Criminale, lette in lingua latina e volgare, le antescritte sentenze, parola per parola, una per una: e vi si trovavano astanti anche le venerande religiose Margherita de’ Sacchi priora, e Francesca Imbersaga vicaria del detto Monastero, per comando del signor Vicario chiamate in testimonio; [p. 125 modifica] quas omnes moniales Benedicta, Candida, ac Sylvia læto animo acceptarunt sententias præscriptas, ac promiserunt libenter omnia in eis contenta exequi:

quare statim pro executione prædictarum sententiarum fuerunt dictæ moniales, altera post alteram ductæ ad carceres, ad effectum prescriptum accomodatas in dicto Monasterio, et in eis separatim, videlicet una ex dictis monialibus in uno carcere, altera in altero, et alia in alio ex dictis carceribus fuerunt positæ cum omnibus rebus necessariis; et in iisdem carceribus muratæ mediantibus calce et lapidibus, ac ibidem relictæ fuerunt, consignatis clavibus ostii exterioris, ac interioris alterius e dictis carceribus, ac ostii in capite, quo mediante datur accessus ad dictas carceres, præfatæ Abbatissæ, eidem imponendo ac jubendo ne ostium dicti carceris ullo umquam tempore aperiat sine speciali licentia in scriptis; nec et ostium illud in capite, nisi occasione porrigendi necessaria ad victum ipsis monialibus; et super præscriptis bene invigilet.


Le quali monache Benedetta, Candida e Silvia con lieto animo accettarono la propria sentenza, e promisero che di buon grado n’eseguirebbero i prescritti:

onde, immediatamente, in esecuzione di tali sentenze, le dette Monache una per una venner menate al carcere lor preparato nel detto Monastero, ed ivi, separatamente, cadauna prigioniera in distinta prigione furon serrate con quanto era lor necessario, e là entro murate mediante calce e sassi, e quivi lasciate, dopo d’aver consegnate le chiavi della porta esteriore e della interiore delle medesime carceri, non che della maggior porta che lor dà l’accesso, alla pronominata Priora, con ingiunzione a questa, che senza una speciale licenza in iscritto non abbia ad aprire a chichessia le porte minori; e quanto alla maggiore, unicamente lorchè si renderà indispensabile per fornire alle prigioniere le necessità della vita; e intorno a questo con ogni diligenza invigili.




XIV.

Nota segreta di sfiducia riguardante la Priora e la Vicaria di santa Margherita.


Soror Angela Margarita Sacchi abbatissa quam deberet privari suo officio, tamen ne in-


Suor Angiola Margherita Sacchi priora ha meritato di venir destituita dal suo offi[p. 126 modifica] famia afficiatur, consulerent ut finito officio plus non possit eligi ad exercendum aliquod officium in dicto Monasterio.


Similiter consulerent de sorore Francisca Imbersaga vicaria.


cio: però, affine di non recarle disonore, provvedasi che, in uscir di carica, non venga eletta a verun altro posto nel monastero di santa Margherita.

Provvedasi ad egual modo per quanto spetta a suor Francesca Imbersaga vicaria.


(Senza data e senza sottoscrizione).


ALLEGATI


Estranei alla filza del processo della signora, raccolti altrove.


I.


Intimazione all’Osio, e suoi complici di comparire dinanzi al Tribunal Criminale ad esservi giudicati.


Questa grida appartiene agli atti del processo che il Tribunal Criminale di Milano (2) intentò all’ Osio e suoi complici.


Nos, Dominus Johannes de Salamanca juris utriusque doctor regius ducalis senator mediolanensis; et Joh. Franc. Tornialis regius ducalis fiscalis generalis in Statu Mediolani delegati;

tenore presentium, sic instante regio ducali fisco, et ex


Noi don Giovanni de Salamanca, dottore in ambo i diritti, ducal senatore milanese; e Giovanni Francesco Torniali fiscale generale per lo Stato di Milano;


col tenore delle presenti, ad istanza del r. ducal fisco, e [p. 127 modifica] ordine excell. senatus præcipiendo mandamus;

Johanni Paulo Osio,

Camillo appellato Il Rosso ejus servo

Nicolao Pessina, et

Aloysio Panzulio fil. Josephi; quatenus termino octo dierum proxime futurorum post præsentis intimationem, personaliter coram nobis compareant in officio egregii d. Capitanci justitiæ Mediolani sito in Curia regia; ad nostris standum et parendum mandatis, et ad subjiciendum sese examinibus de eis faciendis, occasione scilicet a dictis Joh. Paulo Osio, Nic. Pessina, et Camillo homicidii animo deliberato noctis tempore, ictu sclopis commissi, de mens. octobris proxime preterito in personam Rainerii Roncini aromatarii, dum in ejus apotheca in oppido Modoetiæ extaret: necnon et ipse Osius, Pessina, et Camillus ac Aloysius Panzulius occasione imposturæ per eos, una cum aliis quorum nomina pro nunc dignis respectibus subtacentur, justitiæ factæ ad effectum ut ipsi Osius, Pessina, et Camillus impuniti evaderent causa dicti homicidii, et culpam de eo transferrent in reverendum præsbyterum Paulum Arrigonem ecclesiæ s. Maurilii dicti oppidi;

item dictus Osius occasione abductionis, fracto pariete monasterii monialium sanctæ Margaritæ dicti oppidi, factæ, men-


per ordine dell’eccellentissimo Senato, ordiniamo, e comandiamo a

Giovanni Paolo Osio,

Cammillo detto il Rosso suo servo,

Niccolò Pessina, e

Luigi Panzuglio di Gius.; affinchè, nel termine di otto giorni, a contar dalla intimazione della presente, abbian a comparire in persona dinanzi a noi, nell’officio dell’egregio signor Capitano di giustizia, situato nella regia Curia, in esecuzione ed obbedienza dei nostri mandati, e per essere sottoposti agli esami occorrenti; cioè i detti Osio, Pessina, e Camillo per titolo d’omicidio con animo deliberato di nottetempo ed a colpo d’archibugio, commesso nel mese di ottobre prossimo passato sulla persona di Reineri Roncini, droghiere, mentre se ne stava nella sua bottega nel borgo di Monza; e gli stessi Osio, Pessina, Camillo e Luigi Panzuglio per titolo di calunnia da essi, di complicità con altri, di cui, per degni rispetti taccionsi per ora i nomi, introdotta dinanzi la giustizia, all’uopo che i detti uscissero impuniti dal processo di detto omicidio, e ne fosse tenuto reo il reverendo sacerdote Paolo Arrigone della chiesa di s. Maurilio;


poi il detto Osio per titolo di abduzione, con rottura del muro, dal monastero di santa Margherita del detto Borgo, [p. 128 modifica] se novembris proximo præterito, de Octavia Ritia, et Benedicta Homati monialibus a dicto monasterio, quarum alteram proditorie in flumine Lambri projecit, et postomodum ut illam occideret, quamplurimis percussionibus cum sanguine super capite calce sclopi, quo erat armatus, affecit, ex quibus inde ad nonnullus dies, decessit; alteram vero animo deliberato eam occidendi, et proditorie ut supra, in quemdam profundum puteum, apud locum Velati plebis Vimercati existentem, præcipitaverit, per qua adhuc in discrimen vitæ reperitur;

item dictus Osius occasione extractionis factæ e dicto monasterio, jam circa quatuordecim menses, de quadam monacha conversa nomine Catarina, et homicidii in personam ejusdem Catarinæ eo tempore commissi;

et hoc sub pœna confessorum et convictuum dictorum criminum prædctis omnibus respective refferrent ascriptorum alioquin etc.

De cujus intimatione, etc. et hoc cum reservatione agendi contra alios culpabiles, et non aliter etc.

Datum Mediolani.

Die mercurii II mensis januarii 1608.


Firm. Salamanca - Tornialis Deleg.

Subscriptus — Negronus


commessa nel mese di novembre prossimo passato, di Ottavia Ricci e Benedetta Omati, suore nel detto Monastero, la prima delle quali fu da lui a tradimento gettata nel fiume Lambro, e dopo, per ammazzarla del tutto, percossa a sangue di molti colpi col calcio dello schioppo, di cui er’armato, pei quali indi a pochi giorni morì; l’altra poi, con animo deliberato d’ucciderla, e a tradimento, come sopra, precipitò in un profondo pozzo vicino a Velate, pieve di Vimercate, sì ch’ella trovasi tuttavia in pericolo della vita;


più; il detto Osio, per titolo di estrazione dal detto Monastero commessa, or son quattordici mesi circa, di certa monaca conversa di nome Catterina, e del contemporaneo omicidio sulla persona di lei;


e ciò sotto comminatoria a tutti i predetti d’averli altrimenti per confessi e convinti dei delitti rispettivamente lor addossati;

della qual’intimazione etc.; e ciò con riserva di procedere contro gli altri rei, e non altrimenti etc.

Data in Milano il giorno di mercoledì 2 gennaio 1608.


Firm. Salamanca - Torniali Deleg.

SottoscrittoNegroni.

[p. 129 modifica]

II.3

Denunzia al Tribunale della sentenza dell’Osio, e de’ suoi complici.


1608.

Ill. Tribunal.

Hodie condemnavimus Io. Paulum Osium, habitantem oppidi Modoetiæ, Camillum appellatum il Rosso ejus servitorem, Nicolaum Pissinam dictum Panzulium, fil. Josephi habitatores dicti loci; scilicet, Osius in pœnam furcarum, et aliis in pœnam capitis, et omnes in confiscationem bonorum versus reg. duc. Cameram Mediolani, occasione delictorum eisdem in intercluso præcepto singulariter et debita refferrendo ascriptorum; propterea DD. VV. certiores reddimus ad effectum ut suos adaptari possint libros. Datum ex Curia regia die XXV mensis februarii in vespris.


D. Jo. Salamanca
Torniali Delegati.


1608.

Ill. Tribun.

Abbiam oggi condannato Gio. Paol Osio abitante in Monza, Camillo detto il Rosso suo servo, e Nicola Pessina detto Panzuglio figlio di Giuseppe, anch’essi domiciliati in detta Terra; per quanto spetta all’Osio, alla pena della forca, e gli altri nella testa, tutti poi alla confisca dei beni in favore della regia ducal Camera in Milano, e ciò per titolo dei delitti indicati nella dichiarazione qui unita, da rendersi regolarmente nota a ciascuno degli interessati: e ne diamo avviso alle Signorie Vostre acciò ne facciano annotazione ne’ proprii libri. Dato nella Curia Regia questo giorno 25 febbrajo a sera.

Salamanca
Torniali Delegati.


III.


Grida contra Giampaol Osio monzasco, Nicolò Pessina detto Panzuglio e Camillo appellato il Rosso servitore di detto Osio.


« Essendo dispiaciuto oltremodo all’ill.mo et ecc.mo signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, conte di Fuentes go[p. 130 modifica]vernatore dello Stato di Milano, etc., l’atroce assassinio commesso con archibugio et animo deliberato, l’anno passato, nella persona di Rainero Soncini speciale, mentre di notte fosse nella sua bottega in Monza; et gli altri atrocissimi homicidii et gravi delitti commessi in detto luogo da Giampaol Osio monzasco, per li quali è stato capitalmente condenato et bandito da questo Stato; ha perciò S. E., per sradicare seme tanto pernicioso, stabilito che si pubblichi la presente grida;

» con la quale promette a qualunque persona non bandita, o comunità, che consignerà vivo detto Giampaol Osio nella forza della giustitia, il premio di mille scudi che gli saranno prontamente pagati dalla regia ducale Thesoreria, et di più la liberatione di quattro banditi di casi pari o minori; et conseguandolo morto, ancorchè fosse ammazzato in paesi forastieri, la metà del premio pecuniario, et la liberatione di due banditi come sopra. Et se quel tale che lo consignerà vivo fosse bandito, per caso pari o minore, guadagni oltre la liberatione di sè stesso et di due altri banditi, la metà anche del premio pecuniario: et consignandolo morto la liberatione di sè stesso, e di due altri banditi come sopra.

Succedono nella grida punti (che qui si ommettono) riguardanti i complici dell’Osio.

» Et in caso che sia ammazzato alcuno delli sopranominati, dichiara S. E. che basterà che sia presentata la testa dell’ammazzato per sufficiente prova, che chi la presenta, o in nome di cui sia presentata, sia stato l’interfettore, di modo che, quanto alla prova, basti che faccia constare della identità del bandito.

» Et se quei che consegneranno o ammazzeranno detto Osio, et sopranominati, saranno banditi come sopra, et non haveranno le remissione, S. E. gli concede termine di mesi sei a riportarla dagli offesi: et fra tanto gli concederà salvacondotto, mentre non vadino a i luochi [p. 131 modifica] » dove haveranno commesso i delitti, nè per tre miglia vicino a i luochi dove habitano quelli ai quali spetterà fare dette remissioni.

» Et comanda S. E. che la presente grida sia stampata, et pubblicata nelle parti solite dello Stato, et in particolare nella Terra di Monza, et altre del Monte di Brianza, acciocchè vengha a notitia di tutti. »

Data in Milano a’5 d’aprile 1608.


IV.

Grida contro quelli che hanno rotto la Statua della Giustitia in Monza (4).


» La temerità del fatto seguito nella Terra di Monza in maltrattare et rompere la statua della Giustitia, posta nel sito dov’era la casa di Giampaol Osio, merita che le si usi ogni diligentia per mettere in chiaro questo delitto, et procurare il castigo delli delinquenti per esempio delli altri. Et però non avendo giovato le diligentie facte dal Senato in questo particolare, ha voluto l’ill.mo et ecc.mo signor Don Pietro Euriquez de Acevedo conte di Fuentes del consiglio di Stato di Milano etc. col parere del Consiglio Secreto, et del med. Senato ancora, che sia pubblicato questo bando;

» col qual promette S. E. l’ impunità d’esso ad uno dei complici che lo metterà in chiaro, ovvero somministrerà inditii bastanti a dar la tortura; e di più ancora gli promette il premio di scudi cento, et, oltre a questi, la liberatione d’un bandito di caso gratiabile.

» Et perchè nella med. Terra di Monza si è introdotto [p. 132 modifica] un abuso di giocare al ballone, palla et palamaglio sulla piazza et dietro alla strada della chiesa et del monasterio di santa Margherita, con tanto scandalo ed insolentia, che alcuni giocando al ballone, essendo alle volle andato a cadere nel Monasterio, hanno havuto ardire di entrare in esso per forza a levarlo, rompendo coi pugnali le serrature della porta d’esso Monastero, senza rispetto di Dio nè della giustitia; et succedendo altri disordini per causa di detti giochi; comanda espressamente S. E. che nissuno sia chi si voglia, ardisca per l’avvenire di giuocar più al ballone, palla, palamaglio, nè altro giuoco nella strada dov’è la detta chiesa et il monasterio di santa Margherita, sotto pena ai contrafacienti di 25 scudi per ciascuno applicandi a Luoghi Pii, et maggiore ancora corporale all’arbitrio dell’Eccellenza Sua, la quale

»incarica il Capitano di Monza che subito faccia pubblicar la presente in essa Terra, e, per quel che tocca a questo capo del giuoco, ne procuri puntualmente l’osservanza, usando irremissibilmente la pena contro i trasgressori.

Data in Milano a’ 23 maggio 1609.

segnato el conde De Fuentes.


V.

Esiste una lettera del card. Federico Borromeo, diretta alla Priora del Monastero di santa Margherita di Monza, quattordici anni dopo la condanna della Signora; crediam prezzo dell’opera trascriverla.

»Reverenda Madre!

Milano 15 settembre 1622.

»Quanto sia pericoloso al sacrosanto vostro stato lo haver vicino gente soldatesca ce lo ha mostrato l’esperienza in casi simili, per la conversatione che il soldato giovene e otioso va tentando continuamente d’introdurre [p. 133 modifica] nei monasterii, anche sotto pretesti honorevoli et honesti: perciò habbiam sentito con molto dispiacere che nei luoghi di nostra diocese, dove sono monasterii di monache e congregationi di vergini, sieno stati stabiliti alloggiamenti ordenarii per la soldatesca, che case erme si dicono, ove lungamente possono e devono dimorare. Onde volendo noi provvedere che d’indi non ne segua qualche disordine in offensa del honor vostro, vi comandiamo in virtù di santa obbedienza, e sotto altre pene a nostro arbitrio secondo la qualità del fatto, che non admettiate nel vostro Monastero, nè alla Chiesa vostra, sotto qualunque pretesto, anche di pietà e di divotione, ne manco di parentella, se ben fosse fratello, alcun soldato nè altro suo adherente, servitore e ministro, nè suo ambasciatore, nè seco trattiate voi stessa, od altra monacha, o figlia d’educatione, nè vostri ministri o servi; perchè vogliamo che resti escluso ogni trattato et ogni conversatione tra essi et voi. Non permetterete che ad istanza d’alcun soldato e suo dipendente si faccin offitii diversi nella Chiesa vostra; nè che i vostri cappellani a loro nome celebrino la santa Messa, nè faccino altra funzion ecclesiastica. . . . . Ogni porta del Monastero per maggior sicurezza e custodia della clausura deve avere un catenazo con chiave che a traverso sin dentro al muro tutta la serri: quello poi del portello, usato per ordinario, dovrà la madre Superiora, come già altre volte è stato comandato sotto pena di scomunica, serrarlo la sera et aprirlo la mattina alla hora debita, e tener sempre la chiave presso di sè, o in luogo secreto e sicuro: e per la porta dei carri ella parimenti deve tener e custodire sempre una delle due chiavi come sopra, e per sè stessa aprir e serrare finito il bisogno; et occorrendogli infirmità che l’impedisca, deve far il medesimo la Vicaria, sotto la stessa pena, sotto la quale anche le portinare devono [p. 134 modifica] » sempre tenere presso di sè o alla cinta l’altra chiave ordinaria, avvertendo a non lasciarla dentro alla porta, nè appesa a quella, nè in altro luogo ove possi essere in in altrui libertà...


VI.


Anche questa lettera si vuol ricordare perchè fa menzione della Signora, e dà segno che, diciannove anni dopo il processo che la risguardava, durava a Madrid il romore delle sue tragiche avventure.


Il cardinal Federico Borromeo
al Besozzo suo procuratore a Madrid.


» Signor Besozzo,

21 giugno 1627.


» Questa informatione e attestatione si dovrà mostrare a tutti li signori del Consiglio d’ltalia; et a qualcheduno più confidente dirgli a parte, che, in tanti anni che governo, successe già un disordine in Monza, il qual fu punito con la carcere, e che non si nomina la persona per degni rispetti; ma però coll’istessa confidenza se gli potrà dire che questa fu dona Virginia Leva di casa Leva, cugina del principe d’Ascoli, acciocchè sappiano chi è; ma che poi questa medesima, che è viva anchora, ha cavato tanto frutto da questo fatto, che si può chiamare uno specchio di penitenza.


Fed. Card. Borromeus.

Note

  1. L'originale autografo di questa grida trovasi presso al signor Telesforo Tenenti, negoziante di stampe in contrada di santa Margherita.
  2. Di questa intimazione esiste una copia a stampa presso il signor Telesforo Tenenti .
  3. Così di questo come dei seguenti allegati gli originali esistono presso il già detto signor Tenenti.
  4. Questa statua penso che posasse in cima alla colonna stata eretta ad infamia dell’Osio: già vedemmo nel Processo qual iscrizione v’ era apposta: è da credere che colonna e statua soggiacessero da un colpo a comune atterramento.