I tre tiranni/Atto III
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ATTO III
SCENA I
Listagiro e Pilastrino fanno uno incanto piacevole al vècchio il quale, per mezzo di quello, pensa, la sera, godersi di Lucia; e, fattolo stracinare ai diavoli e leggatolo sotto una scala, gli svaligian la casa e rompengli i forzieri e escon fuori carichi di robbe con i sacchetti in mano dei danari.
Listagiro, Pilastrino, Girifalco.
Listagiro O Pilastrino,
l non mi stringer a questo perché sai
che la Chiesa lo vieta. E, se qualcuno
m’accusasse al Vicario, che sarebbe
atto a tenermi che non ruinassi?
So come fanno.
Pilastrino Tu puoi pur pensare
che, se ben non sapessi la natura
di quest’uomo da ben, non ardirei
dimandarti tal cosa; ma, per altro,
l’ho cognosciuto esser si liberale
e per l’amico che vo’ che tu ’l serva
per amor mio. Non pigliar piú lunghezze.
Mettiamvi mano.
Listagiro Io ti credo ogni cosa.
Ma questo tu sai pur che non si puote
fare in un punto, come pensa, forse:
perché bisogna prima comandare
che sia portata; e poi far ch’ogni notte
venga da sé, senza mandar per lei.
E questo poi non manca. Giá lo feci
per uno ambasciator di Portogallo
che mi donò cinquecento ducati
in tanti razzi: e feci che, in un’ora,
l’ebbe nel letto.
Pilastrino Non guardar giá a quello;
che è ben persona, questo gentiluomo,
da farti il tuo dovere.
Girifalco Io t’imprometto,
se fai ch’io l’abbia in letto, di vestirti
tutto da capo a pie, senza mille altre
cose ch’io ti darò. Tu avrai prima
tanto guarnel che fará un bel giubbone,
che era fodra d’un saio di mio padre;
ed un paio di calze di scarlatto
a martingala, ch’ebbi dal Gonnella,
4 che ne l’avea donate il duca Borsio,
e non son fruste che un poco al ginocchio;
ed un par di pianelle come queste,
che non son rotte. Poi le scarpe nuove
comprerem questa pasqua.
Pilastrino Che ti pare?
Di’ poi di noi servire!
Listagiro Io son forzato,
poi che ti veggio esser cosí magnanimo.
Mi vo’ fidar di te. Le bolge e i libri
ch’oggi ti lasciai in man...?
Pilastrino Son ben qui presso.
Listagiro Ordina, adunque, come t’ho insegnato,
ogni cosa ivi in terra. Truova i cuori
di colombi e di gufi; e ben rassetta
tutti quegli instrumenti e quei sacchetti
e libri; e fa’ da te quella orazione.
E consacra la casa in ogni canto
con quei licori. E troverai quel sangue
di fenice da far tutti i caratteri;
e la verga e la stola.
Pilastrino Sará fatto.
Listagiro Come sei ben gagliardo in su le gambe?
che, a questo, non si siede.
Girifalco Eh! Si, assai bene:
che sto tal volta in piedi un’ora in piazza,
senza avervi che fare. Or pensa! A questo,
che l’ho si caro, vo’ far de le gambe
palanche.
Listagiro Oh bene! E de le braccia salci.
Ella è la vite che a le tue palanche
si leggherá co’ salci. E questa tutta
sará la vigna.
Pilastrino E noi i lavoratori
che ricoglion il vin senza sementi,
sol per zappare e saper ben congiungere
le palanche a le viti.
Listagiro Sta’ in cervello,
ch’io te la do istasera in ogni modo
1 anzi che vadi al letto; e poi l’avrai,
ogni sera, invisibile. E potrebbe
venirti ancora in odio per il troppo,
che sei pur vecchio.
Girifalco A vero prima in odio
quest’occhi, questa vita e queste membra
che quel bocchin.
Listagiro Ci penserai poi tu.
’Quanto tempo è che non sei confessato?
che questo impediria.
Girifalco Mi confessava...
non mi ricordo quando.
Listagiro Or non c’è dubbio.
Le cose anderan ben.
Pilastrino Mi parria buono
avedimento a velargli la fronte
perché possa durare e, per le varie
cose, non s’abbarbagli e, all’apparire
de’ diavoli, non tema.
Girifalco Fate voi
) quel che vi pare il meglio. Ma, di grazia,
l in che forma verranno?
Listagiro In varie forme.
Chi d’animai, chi di donne e di pesci
piglian la pelle; e chi ne la lor propria
vengono e son si brutti che tremare
fanno in fine al solaio di paura;
e cosí in altri modi. E farti male
non posson, se di giá tu non parlassi;
che allor ti salirian tutti a la pelle.
Pur, non ti farian mal; ma forse avresti
qualche paura. E, se pur tu volessi
segnarti o chiamar Dio, tien bene a mente
che ti porterian via. Ma, se vuoi nulla,
chiama il diavol per nome.
Girifalco E come ho a dire?
Satenasso? Cosi, pian piano? o forte?
Questo non ci verrá?
Listagiro Si, si; va bene.
Hai giá imparato. Ma chiamane un altro,
se questo non vi fosse.
Girifalco Gambatorta?
Listagiro Tutto sta bene. Si può incominciare.
Fermati cosí in mezzo.
Girifalco E voi sarete
diavoli? o pur cosi?
Listagiro Appunto! Questo
noi possiam far. No, no. Mutarci in diavoli?
Lascia pure andar tutti questi dubbi;
e dispuonti a la cosa.
Girifalco Eccomi qui.
Cari fratelli, mi vi raccomando
che non mi faccin mal.
Listagiro Or ciascun taci.
Fermati in questo cerchio; ed avertisci
di non parlar, se non come t’ho detto.
Miástor, ániptos chiè dolichóschios,
teostíghís, cantilios chiè nodòs,
móscos apalotrephís chiè ámpelos
frenomoròs, gereòs chiè phalacròs,
te claudo in hoc circulo et te invoco,
exorcizo et Ubi ac tuis impero,
demon Maladies, ut ludifices
cum caracleribus vestri nominis
istum perditum. E, per la gran virtú
di questi nomi tuoi, con le caterve
de la tua compagnia, fa’ che ne venga
e porti Lucia inanzi che trapassi
a l’orologio il termin di tre ore.
Fa’ che tu non ti muova. Sta’ piú ardito
su la vita.
Pilastrino Tien questa.
Girifalco Satenasso!
Pilastrino Non sono ancor venuti. Sta’ paziente:
che al terzo incanto...
Listagiro Porgemi quell’acqua.
Auturgòs, chrismodòs, agauròs, criòs,
cladéutir, inófliz, antiphron, licnos
chiè dutis tdchistos, attende in tuo
circulo et argue, invoca, increpa omnes
demones a Sathana usque ad Saraboth:
nec deerit Ubi virtus et vis in
mei nomine. Lascia pur del cielo,
de la terra, de l’erbe e de le piante
le naturai virtudi; e stringe forte
chi ti crede per forza, che in fra poco
verrai un altro uomo.
Pilastrino Ferma!
Girifalco Satenasso!
Pilastrino Tien quest’altra, per burla.
Girifalco Gambatorta!
Pilastrino Sta’, Girifalco, se ben fossi tócco:
che vengono or.
Listagiro Senti com’io son destro!
Girifalco Maladies!
Pilastrino E ’l malanno! Taci, un tratto.
Lascia fornir l’incanto.
Listagiro Párochros chiè
sapròs, hípnilòs, philárghiros, chriódis...
I Sii! Tien. Ben tócco.
Girifalco Oimei! M’ha rotto il capo.
Non poteva piú star. Mi portan via,
a l’inferno. Oimei! Orgilla! Aiutami.
Son morto. Oh!
Listagiro Òrseo, orchózo, chielévo,
epióntes. Riportatel qua nel cerchio. I
Fate che non vi ponga tutti quanti
ne le catene. Parvi che sia giusto
volernelo portare, in mia presenza,
sol per dire «oimei»?
Pilastrino Meriteriano
che gli leggassi tutti. Tun! tun! tun!
Girifalco Oimei, anima mia! che sarò morto
prima ch’io t’abbi.
Pilastrino Or abbiam bello e fatto.
Listagiro Rimedio non v’è piú.
Girifalco Son morto. Aiuto!
Misericordia! Oimè! O Pilastrino,
m’han preso per il collo.
Pilastrino Oimei! Fo voto.
Mi portano ancor me.
Girifalco San Gimignano!
Una testa di cera, s’io ne scampo.
Ribbaldella, sarai pur di me sazia,
che sei cagion di questo. O Satenasso,
perché mi legghi si le mani e i piedi?
Lasciami, priego, ritornare a casa,
che non sono ancor morto. E ti prometto
di mutar vita ed andare in un bosco
a mangiar l’erba e farmi un uomo santo.
Oimè ! che la corata mi si schianta
di doglia; che giá sento, in fin di qui,
rompere i miei cascioni che i vicini
denno rubbarmi. Che sia maladetto
mio padre e la mia madre e la mia balia
che non mi soffocorno quando nacqui,
per venire a tal punto! Ah, vita mia!
Dove debbe essere or quel boccolino?
Se tu ’l sapessi, di tanta disgrazia,
a l’avresti pur per male. Oimei! O Lucia!
Oimei! M’han rotto un braccio. Oimè! la testa.
Mi strozzan tuttavia. Sono a l’inferno,
in mezzo al fuoco.
Pilastrino È pure andata netta.
Listagiro Fa’ in modo, Pilastrin, che non vegnamo
a le mani in fra noi.
Pilastrino Partirem tutto.
Nettiam pur presto.
SCENA II
Fronesia, parlando con Lucia, dimostra averle giá contato quel che pensò cercando Filocrate; e di nuovo gne le narra; e, messole in disgrazia Filocrate, le mostra che fece male a dir villania a la romana e le persuade che, per l’avenire, la tenga amica.
Fronesia, Lucia.
Fronesia Non l’avresti mai
pensato che ti avesse in questo modo
lasciata. O parti che questo sia amore,
a l’incontro di quel che porti a lui?
Ve’ come v’ingannate a creder tanto
a chi vi fa buon viso! che non fanno
profession d’altro che di darne ciance
e di tenerci in berta.
Lucia Non si puote
con lor cognoscer tanto. Ma vedrai
ch’io vo per l’avenir, mutar costume
e fuggirgli da lunge: perché, poi,
non si può far di non prestargli fede
o in tutto o in parte; tanto piú che quello
che noi vorremmo crediam facilmente.
Ma dimmi brevemente un’altra volta
come facesti.
Fronesia Ti par duro a crederlo?
Dico che giá l’avea cercato alquanto
quando intervenni esser fuor di Bologna
duo miglia. Ed io v’andai; ma, quando giunsi
appresso al luogo, ch’era una capanna, *
mi venne incontra, forte bor botando.
E, quando mi cognobbe, a presti passi
tornava a dietro. Ed io forte ’l pregai
che si fermasse, che da parte tua
li voleva parlare: onde si volse
e disse tutto quel che giá t’ho detto,
con arroganza; e, in presenza d’alcuni,
ci minacciava.
Lucia Ti prometto certo
che m’è si uscito de la fantasia
che non li son mai piú per voler bene,
se vivessi mill’anni.
Fronesia Hai da sapere
che è ben gran tempo che la sua natura
ho cognosciuto e forse l’avrei detto
inanzi che ora; ma ti li vedeva
troppo inclinata.
Lucia Ora, per l’avenire,
forse li sarò manco.
Fronesia Oh! Mi facesti
il gran dispetto, ier, quando gridasti
con quella vecchia che trovasti meco:
non per altro se non che son poi genti
c’han pratiche infinite e dicon sempre
de’ fatti d’altri; e d’una cosa tale
si laverá la bocca in mille luoghi.
Ed a te non stan ben si fatti nomi,
perché sai quel che importa: tanto piú,
avendoti ora forse a maritare
ad altri che a Filocrate.
Lucia E chi è quella?
Ha la cattiva cera.
Fronesia Non guardare
a quello: che, se poi la cognoscessi,
avresti caro che ti fosse amica;
che ha poche pari.
Lucia E in che?
Fronesia Prima, ella cuce
e fa de le suoi man quello che vuole.
Fa poi profumi rari e d’ogni sorte
acque e belletti. Ed ha mille secreti
che vagliono a l’amore; che, se avessi,
inanzi questo, auto la sua pratica,
ti avria saputo dir se pure in vero
questi t’amava. Ed io, per questo solo,
desiderava che pigliassi seco
pratica, perché poi potresti avere
da lei quel che volessi. Ma sei donna
troppo di tuo cervello.
Lucia Me ne incresce,
a fé, d’averlo fatto; ma non puoti
lasciarla dir, quando la vidi entrare
in certe ciance.
Fronesia Non si vorria mai
rompersi con altrui cosí a la prima,
senza ascoltar ragion. Se non volevi
sentir parlar di quel giovin, che disse
volerti tanto ben, ma non devevi
dirnele si con ira; che, se forse
lo cognoscessi, ancor non ti parrebbe
uom da farsene beffe; ch’egli è pure
(anco che tu non vogli), in ogni cosa,
altr’uomo che Filocrate.
Lucia Io lo so.
Fronesia Parti che bisognasse usare, adunque,
simil parole seco?
Lucia A me sta male
dare audienza a tutte queste cose,
J se non con quegli che m’avesser poi
a tór per moglie.
Fronesia Se tu avessi fatto
miglior cera a costui, che sai che, al fine,
non ti sposasse? Parriati star bene?
Poco cervello! Come ti governi,
cosi ti troverai. Segui colui
ch’è venuto or villano in ogni cosa
lá dove prima fu sol di costumi!
Questi, ch’è giovan, bello, ricco e nobile
e cosí ti vuol ben...
Lucia Che ne sai tu,
che ne parli cosi?
Fronesia Passo ogni giorno
quasi dal suo palazzo e bene spesso
vado sii da la madre. E, per tuo amore,
sempre mi viene in contra e mi saluta
e fa carezze. Ed ivi di continovo
usa colei; che avrá forse giá detto
di quella subbitezza.
Lucia E questo pensi
Commedie del Cinquecento - I. x 6
che l’avrá detto a lui?
Fronesia Forse che si.
Ma, quando ne li avesse ancora detto,
farem cosi. Direm che eri adirata
con la madonna, se ci torna piú;
perché l’ho giá piú volte detto che eri
cosi gentile. E tu, per l’avenire,
non ti portar cosí perché daresti
un nome attorno d’essere un gallacelo,
un’altieraccia: come san poi dire,
che aggiungon sempre.
Lucia È stato buon che m’abbi
fatta avertita, che, per l’avenire,
ci avrò piú cura; perché veggio anch’io
che non sta bene.
SCENA III
Artemona, cercando Crisaulo, si incontra in Pilastrino rivestito de’ panni del vecchio scorciati e rifatti; e li dimanda di Crisaulo. E, non avendo da lui risposta a proposito, lo lascia; e, trovato Crisaulo, li dá per consiglio che dia parole a la madre di Lucia di sposar la figliuola.
Artemona, Pilastrino, Crisaulo.
Artemona Io non so ornai piú dove
cercar quest’uomo. Sará andato in villa.
Quel non è Pilastrin? Par diventato
gentiluomo; non è piú parasito.
È desso, per mia fé. Ne vien ridendo:
debbe aver fatto pace col boccale.
Questo è quello a cui piú crede Crisaulo
che al paternostro. Oh poveretti amanti!
U* son condotti!
Pilastrino Addio. Che fai, mia zia?
Quant’è che non magnasti qualche putto?
Ve’ se non par la stria che, a questi giorni,
si scaldò il culo in piazza per avere
usato carnalmente con Lucifero!
Vedi bel naso fatto a campanello!
Tu sei pur tutta bella, anima mia.
Ti vo’ donar quatro di questi fichi,
se vuoi venir a stare un’ora meco
al necessario.
Artemona E che vorresti, poi,
pan perduto?
Pilastrino Vorrei farti i miei fatti,
costi, nel tuo grembial.
Artemona Guarda sgarbato!
Pilastrino Oh! Mi vien la gran voglia, se sapessi...
Artemona E di che?
Pilastrino ... di sederti in su la faccia
senza le brache. Gli è pur fatto a posta
quel tuo nasin per farmi un argomento.
Dch! vien, ti priego; ch ’è piú d’otto giorni
che n’ho bisogno.
Artemona Io t’ho per iscusato,
che sei ubbriaco; che t’avrei fino ora
cavato gli occhi. Dimmi, se tu sai:
ove è Crisaulo?
Pilastrino Cosí noi sapessi!
ch’è non so quanto ch’era giú da basso,
in cantina, di sopra, a la fenestra,
che dormiva nel letto.
Artemona Io son piú matta
a parlar con costui!... Vatti in mal’ora;
vatti imbriaca.
Pilastrino Voglio andarvi or ora.
Son tanto allegro che non par ch’io possa,
d’allegrezza, tenermi in su le gambe.
Vedi che ho dato, un tratto, un pugno e un calcio
a questa povertá, madre tignosa
del freddo e de la fame e de’ pedocchi.
Ma non potrò durare in questo stato,
che la bontá suol sempre il fondamento
esser de la miseria; e, s’io in quel punto
era da bene, ora sarei mendico.
Voglio mutar costumi, or e’ ho la robba,
e diventar un asino.
Artemona È quattro ore
che t’ho cercato. Ho pensato una via
e l’ho in parte giá messa ad effetto.
A me par buona:...
Crisaulo Non mi indugiar. Dillo.
Artemona ... perché veggiam che a noi sarebbe assai
poter, per ora, solo avere audienza;
e, se questo facciamo, il resto è nulla.
E certo verria fatta, se dai ciance
che la torresti tu, com’io feci oggi
con la madre; e lo fei come da me.
Ella, benché mostrasse di noi credere,
si volentieri par che l’ascoltasse
ch’io penso che la cosa di Filocrate
sia prolungata. E chi ha tempo ha vita.
Che pare a te?
Crisaulo Mi piace, se a te piace.
Artemona Ma ti bisogna molto essere accorto,
in questa cosa, perché non pensassimo
prender chi poi, nel fin, prendesse noi:
che anzi vorrei morir che simil cosa
venisse per mio mezzo.
Crisaulo E perché questo?
Artemona Perché bisogneria che tu facessi
conto sol di fuggire o co’ parenti
venir forte a le mani.
Crisaulo Io non ho cura
d’altri che di me stesso, in questi casi.
Pur, perché vada ben, piglia tu il modo:
ch’io son per ubbidirti.
Artemona Vederemo
quel che si potrá far. Forse domane
io le riparlerò. Fa’ d’esser savio,
in dar parole, e non lasciar ridurti
piú lá di quel ch’io ti terrò ammonito:
che Amore è cieco e vuol con gli occhi d’altri
esser guidato e dal senno d’altrui
aver governo; onde ’l fingiam fanciullo
e nudo perché è cosa naturale,
non trovata da noi, e alato e lieve
perché ’l suo star non dura mai gran tempo.
SCENA IV
Filocrate, ritornato di fuori, vien per veder Lucia. E, avendolo visto Fronesia da la fenestra, li va in contra, e falli un altro tradimento improviso con il quale ingannò ancora Lucia. Per questo poi Filocrate, la sera, impazzisce.
Filocrate, Fronesia, Lucia.
Filocrate Vivace Amor, che negli affanni cresci,
che dolci lacci e quai catene d’oro
son quelle con che i tuoi suggetti alleghi?
con quai fiamme gli accendi? e di quai pene
dolcemente gli affliggi? e con quai punte
gli sproni e muovi? e come, in mezzo al corso,
gli affreni e stringi? Quel non sente affanni,
doglie, travagli, vigilie o fatiche
che a te non serve. Non gusta dolcezza
sovr’ogni altra dolcezza o beatitudine
chi ’l tuo mal non soffrisce. Prima l’alma
lascerá queste travagliate membra
ch’io possa mai (per gran ragion ch’io n’abbia)
di te dimenticarmi e non mai sempre
esserti servo.
Fronesia Addio. Sia ’l ben tornato.
La mia padrona ti si raccomanda,
la qual mi manda a te (perché t’abbiamo
visto in fin di lá giú in pie de la strada)
a pregarti, di grazia, che per ora
non passi in alcun modo lá da casa,
che Demonio è in loggia. E la cagione
di questo ti vorria dire istasera
a le tre ore: che tu ci venissi,
ma bene accompagnato, perché forse,
non istimando, interverrieti male.
Cosí ti priego che tu sia contento
e che torni istasera. E che sia il vero,
di subito ch’io giungo in su la porta,
te ne dará segnale; e tu allor volgi
a dietro. Sei contento?
Filocrate Son sforzato
esser contento, poi che cosi, in questo
contento, chi potria me so vr’ogni altro
far felice e contento?
Fronesia Vien pian piano.
Filocrate E che sará venuto ora di nuovo,
sfortunato Filocrate, oltre a tante
giá passate disgrazie? Iddio pur voglia
che non sia intervenuto ora qualcosa
che di lei insieme e d’está afflitta vita
mi faccia privo.
Fronesia Lucia, buona nuova.
Lucia E che mi può venire in questo stato
che mi possa allegrar?
Fronesia Passa Filocrate.
Debbe esser ritornato a l’uccelliera.
Fatti a vederlo.
Lucia Ah fosse pure il vero!
Fronesia Dico che passa giú.
Lucia Guarda se alcuno
è in su la strada.
Fronesia Non veggio persona.
Io so che s’è attillato! Non par quello
che vidi allora.
Lucia Aimè, ben mio! Mi fosse
concesso almen di venirti abbracciare,
che tanto mi sei stato, a questi giorni,
nel cuore! Oh! Guarda, guarda che si volge!
1 Vedi, Fronesia, che, come ci ha viste,
si fugge? Non avranno mai fin queste
tuoi scortesie? Or per prova cognosco
quello che ad altrui mai avrei creduto.
Tu sai pur quant’io t’amo. Ed, in dispregio
de la mia vita, m’hai vòlto le spalle
perché, dopo si lunghi e amari pianti,
da te non abbi un sol breve conforto
di vederti almen tanto quanto, senza
tua noia, il passar qui mi concedesse:
come forse anco (chi sapesse il vero)
t’era bisogno.
Fronesia Appagati di questo,
Lucia C’è peggio.
Lucia E che mi può far peggio?
Fronesia Volesse Iddio che cosí fosse il vero!
che sarei piú contenta.
Lucia Dimmi tutto
quello che c’è, se mi vuoi far piacere.
Non indugiar.
Fronesia Questo non farò io:
che so meglio di te se sia piacere
intender cose tali; e poi non voglio,
per l’affezion che gli hai.
Lucia Ornai di questo
non mi son piú per tór passion né affanno,
visto quanto in lui regni villania
e ingratitudine; anzi, il grande amore
è vòlto in odio.
Fronesia Tel vo’ dir. Suo danno!
Io era, poco fa, sii, a la fenestra,
quando il vidi apparir lá giú lá giú.
E, d’allegrezza, non potei soffrire
di venirti a chiamar; ma gli andai in contra
e, giuntolo al fornaio, il salutai
da parte tua. Ma non pati ch’appresso
gli andassi, che mi fece un viso arcigno,
come quel giorno; e, minacciando forte,
parlava da ubbriacco. Io mi li tolsi
dinanzi e, nel parlar che fé’, mi parve
sentirli dir che istasera a tre ore
tu l’aspettassi, che volea venire
a punirti di tanta iniquitá .
e tanti tradimenti; e forse in modo
(dicea) che non fará’peccati, dopo:
onde mi ritornai, correndo, a casa.
E tremo ancora.
Lucia E questo è vero? Oimè!
Fronesia Cosí fosse altrimenti!
Lucia E che fará?
Fronesia Potrebbe venir qui con una schiera
di quei suoi soldatacci; e tòrti a forza
e far quello che vuole e porti poi
in vergogna del mondo.
Lucia Oimè meschina!
E che farem? Non voglio che mi truovi.
Anderò a stare a casa di mia zia;
e lo dirò a mia madre, poi che ’l cielo
cosi dispuon di me.
Fronesia Non è da fare,
che non si potria poi trarli del capo
qualche mal. Tu sai pur com’ella è fatta:
che non vuol che lo guardi, se non quando
ella è in presenza. Ho pensato un bel modo.
Fa’ com’ io ti dirò. Vo’ che istasera
l’aspettiamo a quell’ora; e, se ’l vediamo,
voglio che tu li dica due parole
come t’insegnerò.
Lucia Farò a tuo modo.
Ma pur che non ci tirino de’ sassi,
come ci veggian qui!
Fronesia Non dubbitare:
provederemo a tutto. Andiam di sopra
e ci consiglieremo. E sará buono
che ’l sappia ancor la vecchia.
SCENA V
Pilastrino si viene a rallegrare con Crisaulo e mostrali un sacchetto di scudi; e poi si parte da lui per andargli a sotterrare.
Pilastrino, Crisaulo.
Pilastrino Addio. Rallegrati
meco, Crisaulo.
Crisaulo Di cotesti panni
a la civile?
Pilastrino Appunto! C’è ancor meglio.
Voglio che noi ridiam, se mi prometti
di tacer sempre.
Crisaulo Cosí ti prometto.
Pilastrino È fatto il becco a l’oca. Oh! co! co! co!
Son pure allegro.
Crisaulo Tu puoi si crepare,
ch’io non ti intendo.
Pilastrino Quello innamorato,
quel nostro amico, mentre che aspettava
che gli fosse portato la sua dea,
la sera, a letto, per negromanzia,
i diavol t'han portato. Ed io l’ho fatto,
al forzier de’ danari... Oh! co! co! co!...
Crisaulo Oh! Dillo, un tratto.
Pilastrino ...la barba di stoppa.
Fatti in qua. Che son questi? M’è ingrossato
la maestra e’ testicoli.
Crisaulo Ed è vero?
Come non è crepato di passione,
il poverino?
Pilastrino Se è morto, suo danno!
Io so ben che sta mal, se non ha tratto
le loffe al vento.
Crisaulo L’ho pensato sempre,
in questa intrinsichezza, che a la fine
li mostreresti quel ch’è l’impacciarsi
con Pilastrini. Io so che, questa volta,
tu l’hai saputa far senza mollette.
Ma, a dire il ver, la ladroncellaria
è troppa grande.
Pilastrino Si! L’hai bello e detto!
Chi non gli avesse fatto un tale scherzo,
, non avria mai imparato in questo mondo
come si vive, quell’uomo di legno.
Ed or, chi sa? potrebbe ravedersi;
ch’era cosí in amore ornai perduto
che facilmente, un tratto, da se stesso
si sarebbe appiccato. Or io l’ho tratto
di tutti questi affanni; perché penso
che questo sará stato medicina
a farli uscir l’amor da le calcagna.
Cosí non sentirá l’amare pene
che lo facevan talor dare al diavolo.
E non saria gran cosa che morisse
, da buon cristiano, un giorno, a lo spedale;
onde sarebbe stato co’ danari sempre
un giudeo. Poi, par che tu non sappi
quel che dice ’l diverbio che «de rebus
que male diviserunt?wn gaudebis
tertius heredes».
Crisaulo Va’; sta’ pur discosto:
meco non partirai.
Pilastrino Oh che dolcezza
a maneggiar queste patacche gialle!
Ne giova piú che del fuoco l’inverno
e del fresco l’estate e d’un buon greco
quando son riscaldato nel parlare.
i Oro, piú dolce che ’l zuccaro e ’l mele
e piú assai che ’l mangiare a la taverna
e poi dormire! perché, senza questi,
quel paradiso è chiuso e ne intraviene
com’a’ viandanti, ne’ tempi di peste,
senza la fede. Io non vorrei qui, ora,
il piú bel cui che mai mostrasse augello
pelato ne lo spiedi o ver di donna
vergine abbracciamenti. Questo è degno
piú d’ogni cosa e tanto dolce e amabile
che mi fa tutto qui struggere in oglio.
Or non mi meraviglio se quel vecchio
tanto è vivuto piú che non deveva
senza mangiare o ber; perché mi penso
che si pascesse d’está dolcitudine,
come farebbe ognun.
Crisaulo Guarda che in te
non facciano il contrario; che, anzi ’l tempo,
non ti faccin morir con un capestro:
che sai ben che a la fin...
Pilastrino Tu hai poco ingegno.
Dch! Non mi ricordare i morti, a tavola.
Or credo ben che quel Giupiter, Giove,
quando s’innamorò, si rivolgesse
in questa forma. Guarda gran fatica
ch’ebbe, a far ch’una donna l’abbracciasse!
che, se fosse la Morte inorpellata
con questo, gli anderia dietro ciascuno
né sarebbe secura nel suo regno.
Ch’altro è vedere una gran verga d’oro
che ’l viso d’una donna! E questo il pruova:
che veggiamo adornarne un lucernaio
e parere una sposa.
Crisaulo Altro non s’ama,
oggi, altro non s’onora; e saria degno
di tanto onor, se non avesse seco
sempre tanto di amaro e tante pene
e tante passioni.
Pilastrino Io voglio ire ora»
a sotterrargli, che non veggian mai
piú l’aria: perché gli è d’una natura
che a chi non l’ama sbudel latamente
s’ingegna di fuggire, e in questo ha l’ale;
al ritornar, di poi, ne vien gottoso,
vecchio e si lento che, ’l piú de le volte,
siam morti prima che di nuovo a noi
sia ritornato.
Crisaulo Non è giá possibile
che ’nsieme con amor non venga a pari
la gelosia. Chi l’avria mai creduto
che, a questo modo, in fine a Pilastrino,
sol per aver danar, divenga avaro?
Oh! Va’ pur lá.