I precursori di Lombroso/G.B. Della Porta e Guglielmo Gratarelli

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G.B. Della Porta e Guglielmo Gratarelli
I precursori nel Mondo Antico e nel Medio Evo I fisionomisti nel seicento
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Capitolo III.


Gio. Batt. Della Porta e Guglielmo Grataroli




1. Metodo positivo delle ricerche. — 2. Caratteri desunti dall’esame del cranio e della faccia. — 3. Degli occhi. — 4. Tipi caratterizzati da gruppi di dati somatici. — 5. Terapia e profilassi. — 6. G. B. Della Porta non è l’instauratore della Fisionomia. — 7. Rivendicazione a G. Grataroli. - Sua vita. — 8. Riassunto della Fisionomia del Grataroli.


1. — Nel titolo del primo capitolo “della Fisionomia dell’uomo„, Gio. Batt. Della Porta ci indica già nettamente l’indirizzo di tutta la sua opera, col dire che molte scienze divinatrici sieno vane, false e perniciose, e quanto sia grande l’eccellenza della fisionomia fondata sui principii naturali; espone il programma che terrà nella critica per quanto si è venuto divulgando nel Medio Evo, e dà affidamento di trattare col metodo positivo la fisiognomica.


Fig. 8.



Egli risalendo alle origini della storia dei popoli constata come in tutti i tempi l’arte dell’indovinare sia stata coltivata con amore “nè [p. 59 modifica]fu questa mai così barbara e selvaggia che con acceso e sollecito andare non abbia desiato di voler saper i futuri avvenimenti, bramando conoscere l’inclinazioni degli uomini secondo le varie naturali disposizioni dei corpi umani„. E l’indovinare le azioni che si possono commettere in forza della speciale costituzione fisica è una delle parti più positive e sicure della divinazione. Dimostra “la corrispondenza che ha l’anima insieme col corpo„ e lo fa in modo che potrebbe essere anche oggi utilizzato per una introduzione ad un trattato di psichiatria. Giudicate se è esagerato il mio giudizio da questi brani che riporto togliendo solo l’ampollosità dello stile: “Nelle infermità che vengono al corpo l’anima si rinferma anch’essa, e si vede nell’infermità dell’anima che medicando il corpo guariscono. Quando l’anima è malinconica, il corpo divien languido e scolorato, e stando allegro rifiorisce.

La pazzia è una malattia dell’intelletto e i medici curando i corpi curano l’anima dalla pazzia “Nell’infermità del corpo l’anima solamente si muta, che non può usar il suo ufficio e quell’uomo, che la patisce, diventa un altro„.

Conforta con esempi e coll’autorità degli scrittori le sue proposizioni. Bellissima è la pittura d’un caso di aberrazione sessuale: “Apuleio descrivendo una matrigna, che ardeva dell’amor del suo figliastro, dice che aveva il volto tinto di brutta pallidezza e gli occhi erano languidi e trasformati, nè le ginocchia potevan reggere il peso del corpo. Nella notte le era tolto il sonno, [p. 60 modifica]era afflitta da continui sospiri„. Questa corrispondenza fra segni fisici e qualità dell’anima si trova evidente ed è facilmente sperimentabile negli animali. E qui fa passare in rassegna una quantità di autori che trattarono dell’argomento formando un materiale copioso per una fisiologia comparata. In parecchi capitoli successivi (VI, VII, VIII) parla della corrispondenza fra i temperamenti del corpo e il carattere morale. Qui si ripetono i concetti Galenici, con poche variazioni. Ma al Cap. X che tratta “dell’uomo malinconico„ vi è mia pagina in cui precorre davvero Lombroso nella tesi del genio e mania. “Empedocle, Socrate, Platone e molti altri uomini illustri furono tutti assaliti dall’istessa infermità. Fu certamente Euriloco di grandissimo giudizio, come tutti coloro che furono molestati dalla collera vera. Marco, cittadino Siracusano, era eccellentissimo poeta quando diveniva pazzo. Platone, nel libro delle scienze, dice quelli soli esser di molto ingegno che sogliono divenir pazzi e furiosi. E nel Fedro, dice che le porte del Parnaso invano si battono senza pazzia. E Democrate dice che i più ingegnosi sogliono divenir pazzi„. Certo che nella rassegna dei temperamenti, i preconcetti umorali del sangue, della flemma, della collera gialla e nera, tolgono in gran parte valore alle pagine del Della Porta, ma resta pur sempre ben chiaro come egli nel giudicare le azioni tenesse calcolo dell’elemento costituzionale del carattere.

Ma vi è la tendenza alla critica di ciò che [p. 61 modifica]era patrimonio acquisito ed indiscusso degli antichi, e non giura in verba magistri, s’occupa anzi di demolire completamente il sistema di Platone, quello cioè di conoscere i costumi dell’uomo per la somiglianza del corpo degli animali. “Questo modo poi non l’approviamo per vero, perchè vana e sciocca cosa è l’immaginarsi che si possa trovare alcun uomo che abbia tutto il suo corpo somigliante a quello dell’animale„. Egli farà conoscere che non è per esser digiuno di conoscenze geologiche che non ammette la teorica platonica, e con grande erudizione espone un vero trattato di geologia. Similmente nel capitolo successivo “contro Troja il qual congetturava da diverse configurazioni del Cielo venir diversi costumi„ espone, ampiamente, osservazioni degli autori e proprie intorno all’azione dell’ambiente fisico sulla natura dell’uomo, sviluppando una vera teorica dell’adattamento. Documenta con un amore di verità eccezionale il proprio asserto con figure disegnate dal vero, certo sottostando a spese e fatiche non indifferenti.

Per esempio, ha un disegno di un leopardo, del quale è detto: “Con gran fatica abbiamo mandato a torre da Fiorenza il ritratto del leopardo, nè avendolo a soddisfazione, l’abbiam fatto ritrarre dal vivo qui in Napoli condottovi l’anno 1584„, e così per il leone “abbiamo portato qui sotto la forma del leone, la quale abbiamo delineata dal vivo, da alcuni condotti qui in Napoli„.


[p. 62 modifica]2. — Nel libro secondo entra direttamente a trattare della vera fisionomia. Vi sono anche qui riportate ampiamente le opinioni degli antichi. Aristotele, Galeno, Polemone, Adamantino, Alberto Magno, Avicenna, ecc. Poi documentazioni spigolate nella letteratura classica e contemporanea. “Il capo un po’ più grande del mediocre è indizio di animo sensato e di grande ingegno. Quelli al contrario che sono di piccolissimo capo ha poco senso e men cervella„. A proposito della constatata microcefalia nei delinquenti il Della Porta cita Avicenna che dice: “Il capo piccolo e di sconcia forma dimostra mancamento di natural virtù morale, però colui sarà senza fede, d’ira veloce e dubbio in tutte le cose„. Ed aggiunge di suo “un picciol naso non può esser capace di molto spirito, onde il cervello essendo ristretto dal poco spazio del capo, per la strettezza lo spirito animale si soffoca: insomma il capo picciolo è necessariamente cattivo„. Tratta magistralmente le anomalie e le deformazioni craniche, e distingue il capo depresso nella fronte, quello sporto fuori nella fronte, il capo gonfio nelle tempie: conchiude “che quel capo che sarà di moderata grandezza e avrà una convenevole depressione, è la miglior d’ogni altra forma di capo per i buoni sensi e la grandezza d’animo„. Disse poi che il capo aguzzo è proprio dello stolto e insensato, e correda ogni forma di capo colla corrispondente figura unita a quello dell’animale cui più si assomigli.

[p. 63 modifica]Sulla fronte è notevole questo: “Gli uomini di poca fronte sono molto ignoranti, dalla somiglianza della fronte del porco; ed io per la fronte piccola intenderei quella stretta„. La fronte lunga dimostra buon senso e molta facilità nelle scienze. Cita uomini eminenti che ebbero fronte lunga.

La fronte quadrata, leonina, dimostra uomo magnanimo, quella gibbosa, alta, rotonda, dimostra stupidi e uomini ignoranti, e parla di fronte rugosa, o senza rughe, di fronte liscia, di fronte tranquilla, nebulosa, mesta, allegra. L’importanza della fronte nel trattato del Della Porta accenna certamente all’intuizione che nei lobi anteriori si elaborano le più elevate funzioni intellettive.



Meno importanti sono le osservazioni sulle sopracciglia; quantunque alcune caratteristiche conformazioni di esse sieno state riconosciute non senza valore dalle ricerche moderne sui delinquenti, ed è certo poi come contribuiscano all’espressione mimica del volto. La stenocrotafia è molto bene considerata parlando delle tempia concave, che giudica sintomatiche di animo ingannevole e crudele. L’orecchio, la cui forma venne tenuta in gran conto dalla Scuola Lombrosiana, è studiato minutamente dal Della Porta: “Le orecchie grandi sono testimonio di molta asinità, se saranno dritte oltre modo dimostrano stoltizia e loquacità„. Pone in una figura in [p. 64 modifica]confronto le orecchie ad ansa dell’uomo con quelle della scimmia, e quelle a punte lunghe e strette che sono proprie dell’invidioso, e da quelle di cattiva forma e non “scolpite„ come indizio di saggezza d’ingegno.

Così del naso, di cui si occupò pure l’antropologia criminale collo studio dell’Ottolenghi, si intrattiene a parlare a lungo: “Il naso adunco

Fig. 9.

è convenevole ai magnanimi„ e cita grandi uomini, imperatori, capitani, filosofi che ebbero naso aquilino.

Il naso largo che declina al sommo dimostra l’uomo bugiardo e loquace, e quei che hanno l’estremità del naso grosso sono assai pigri, il naso aguzzo all’estremo è proprio degli irosi, quello che è schiacciato, breve, appartiene ai ladri ed ai lascivi„. E tratta delle narici aperte, chiuse, distanti, alle quali attribuisce l’ira, la pazzia, la misericordia.

[p. 65 modifica]Il Cap. IX, del libro II, tratta del volto e qui fa della vera fisionomica artistica analizzando l’azione mimica delle passioni.

“Del volto. — A figurar il volto concorrono tutte le parti: gli occhi, la fronte, il naso, ecc. Il volto è veramente testimonio e dimostratore della nostra coscienza. Esso rappresenta le passioni, perchè quando l’animo sta allegro esso è sereno, mesto esso è malinconico e perturbato, se irato è livido e sparso di sangue, e pazzo, e pieno di furia. Cicerone dice a Pisone: Non mi hanno ingannato gli occhi tuoi ed il tuo volto che è un tacito parlar della mente. Il volto è specchio della mente. Il volto femminile nell’uomo lo dimostra effeminato, il viril nella femmina, mostra femmina virile, come d’Atalanta narra Eliano„.

“L’allegrezza si conosce principalmente nella fronte liscia e spiegata, negli occhi sereni, la faccia rossa e grassa„. Il volto umile e dimesso che par che pianga, troverai in coloro che si dolgono sempre delle avversità e disgrazie della fortuna, e son quelli che ragionando hanno una voce querula e sono odiosi alle genti. Ci fa pur passare in rassegna volti vili e leggiadri, austeri, crudeli ed una fantasmagoria di filosofi, sapienti, re, principi, capitani, per esemplificazione delle sue affermazioni. Sotto il titolo di Faccia, considera il Della Porta la zona mimica, orale e le guancie. Esamina la faccia molto grande degli uomini pigri, quella molto piccola dell’uomo che ha animo vile: “Chi ha la faccia magra e [p. 66 modifica]circospetta è molto avveduto nelle opere sue, di sottile intelletto; la faccia lunga è d’uomo ingiurioso„. Quest’ultimo attributo equivale certamente alla ferocia del criminale a enorme mandibola. E se unita alla nota mancanza di barba nei criminali, anche per il D. P. “Faccia rugosa, magra e senza peli„, si avrà uomo avaro e cattivo. Le guancie lo interessano pure in modo particolare. “Le guancie piene d carne dimostrano pigrizia ed ubbriachezza, quelle molto delicate, malignità ed astuzia„.



Sulle labbra ha pagine stupende: “Le labbre delicate in una bocca grande e di cui le parti superiori cadano sovra quelle di sotto, e le medesime vicine agli angoli della bocca sieno un poco rilassate, dimostrano fortezza d’animo e grandezza, ma se in picciola bocca vi saranno labbra delicate, dimostrano paura, impenitenza, ed inganni„. Nota felicemente, poiché ciò è tanto vero da essere un segno patognomonico della faccia, che chi ha il labbro di sopra che lasci vedere le gengive e i denti dai lati, è molto incline all’ingiuria e al dire male, ed è temerario.

Chi ha bocca grande è audace e bellicoso, la bocca molto aperta, uso il montone, è d’uomo stolidissimo. Narra come egli abbia un massaro con una bocca che giunge poco meno che agli orecchi, e sia ignorantissimo, e di canina voracità.

[p. 67 modifica]Non gli sfuggì il valore degenerativo dei diastemi dentari: “poiché quelli che hanno i denti rari e piccoli e men forti, meno hanno fortezza di cervello, laonde ne segue la debolezza di tutto il corpo. Contrari sono a questi i denti grandissimi e spessi che mostrano lunga vita, audacia e fortezza.

Bellissima è la descrizione degli scilinguati, balbettanti ed impediti della lingua, entrando dal Cap. XV al XXI del libro secondo a trattare dell’esame funzionale, piuttostochè dei caratteri somatici.

“Lo scilinguato è quello che non può esprimere una certa lettera, cioè non ogni lettera ma alcuna sola; i balbettanti prima di replicar una lettera, ovvero sillaba, si arrestano perchè la lingua non può arrivare a quello che vorrebbe l’intelletto. Accade alcune volte che si balbetti quando è tanto l’impeto di voler parlare, che avanza il potere. Talora la lingua può essere veloce come veggiamo accader negli irati, ma incontrando certi intoppi si ferma„.

Il ritmo respiratorio gli dà campo ad originali osservazioni. “Quelli che anelano, come coloro che han corso, sono sconsigliati e dicon tutto quello che sanno, e chi pare non abbia fiato, è uomo pien di pensieri; e il sospirare sempre si ha per segno di dolore, cioè di tristezza di cuore„. E dipinge benissimo lo stato stuporoso dei malinconici: “Quelli che hanno qualche passione stanno con tutto l’animo a quella cosa che dona dolore, onde l’animo tutto rivolto a [p. 68 modifica]quello da cui è sollecitato, si dimentica dell’ufficio suo„.

“Il riso troppo disordinato è segno di pazzia e chi ride con grida, dimostra poca sapienza e assai meno intelletto. Però diceva Seneca: sia il riso senza strepito. Quei che ridono con tosse e con difficoltà di respirare son tiranni senza vergogna, se quando ridendo la bocca si detorce con beffe, dimostra uomo arrogante, superbo, traditore„. Dalla voce pure si possono riconoscere Fig. 10. le qualità dell’animo. E il D. P. esamina la voce grave e gagliarda, quella molle, acuta, debole, pieghevole, ecc., poi la loquela col parlare fermo, veloce, dimesso, tardo, breve, piacevole, modesto. Non gli sfugge insomma l’importanza del linguaggio fonico, articolato che nella semiotica mentale è uno dei dati più utili e una fonte sicura per la diagnosi delle anomalie psichiche.

[p. 69 modifica]Il D. P. esamina quella parte della mascella che è dinanzi ed equivale al mento. Picciol mento dunque è pessimo segno, e l’uomo che l’abbia lungo è in ogni modo da fuggire, perchè sarà loquace più che si convenga. Mento quadrato è d’uomo virile, e quello che l’ha diverso, è di costumi ingannevoli. Meno interessanti sono i capitoli sul collo, sull’osso della schiena, sul metafreno (sterno, arcate costali), sui lombi, sulle spalle, sul petto e sul ventre. In tutti però risulta evidente come vi sia sempre corrispondenza fra le deviazioni e le alterazioni dei caratteri somatici che originano squilibrio di funzioni, e il carattere, il temperamento, l’intelletto.



Nè tralascia di osservare la grande influenza che sull’integrità della psiche ha lo sviluppo degli organi genitali, quantunque “aveva proposto nell’animo mio di non trattare di queste cose, non potendosi far di queste parte nella onesta narrazione, alle caste, pudiche menti senza onesta profanazione d’onore; ma perchè l’ordine vero delle cose da scrivere ne forzano che non fossero manchevoli le cose passate, ci è parso cosa convenevole non lasciarle„.

Sulle braccia nota che la lunghezza eccessiva di queste “quando le braccia saranno tanto lunghe che le mani distese giungano insino alle ginocchia„, dimostrano arroganza, e sulla mano, spogliandosi completamente da ogni influenza [p. 70 modifica]chiromantica e astrologica, nota le dita grosse e brevi, che indicano ignoranza e stolidità; le dita lunghe che sono di coloro che hanno sano e buon temperamento; quelle molli e distanti fra loro; e la polidolfilia come indizio di inferiorità cerebrale. Osservazioni che ebbero nei lavori di Lombroso, del Marro, del Carrara, del Penso, ecc. più ampia conferma. E da vero psicologo si ferma a considerare inoltre i movimenti delle mani, allorchè si muovono quando si parla. Sono pure Fig. 11. da lui notati come segni cattivi il poco sviluppo dei glutei, le natiche magre e disseccate come quelle della scimmia, le gambe molto delicate, le ginocchia che mirano in dentro, il piede piatto, i talloni molto delicati, i piedi brevi e grassi, le dita curve e congiunte insieme, le unghie ad artiglio o ficcate dentro la carne.


[p. 71 modifica]3. Tutto il libro III tratta degli occhi.

E ragionevolmente si dilunga su questo campo, poichè l’occhio ha una grandissima importanza in fisiognomica. Senza enumerare tutta la serie delle sue osservazioni sugli occhi, citerò come più interessante per l’antropologia criminale che quelli che hanno le pupille degli occhi larghe (miosi) sono di cattivi costumi, se piccole, sono maliziosi, quelli che hanno i cerchi delle pupille (midriasi) diseguali, sono pazzi (l’asimetria pupillare nella paralisi generale?) e così pure se di diverso colore. Gli strabici “coloro che hanno le pupille che insieme si muovano intorno al medesimo modo l’una e l’altra„ son uomini ingiusti. E coloro che li hanno prominenti e fuori dall’orbita, ignoranti e di duro cervello. Cita uomini nefandi che ebbero occhi così piccoli. “Cesare Borgia, Duca Valentino, aveva gli occhi cavi in dentro, ma di guardo viperino ed atroce, scintillanti fuoco, tal che gli stessi suoi amici non vi potevano fissare lo sguardo ancorché festevole. Il Tamerlano aveva occhi in dentro, ma con volto minaccevole, e fu stimato, per l’innata ed inaudita serietà, crudeltà dell’animo suo, il terrore del mondo„.

Il nistagmo, carattere degenerativo, spiccato viene descritto benissimo dal D. P. “Occhi che tremano come se volessero balzar fuori, sono cattivi„ “e gli occhi che si muovono come turbati, dinotano uomo sospettoso e senza fede„. “Ma se uno degli occhi anderà in su e l’altro in giù e saranno tremanti e comprimeranno le [p. 72 modifica]ciglia, indicano epilessia e si aumenterà la malignità„.

Il colore e la quantità dei capelli vennero presi in considerazione da parecchi seguaci della Scuola Antropologica che trovarono una predominanza di capelli neri nei delinquenti, e ne studiarono il modo di inserzione, la scarsità della barba, la direzione dei peli, la qualità, se stesi, ondati, riuniti, lanosi, crespi; la canizie Fig. 12. precoce e rapida, la calvizie, ecc. Il D. P. consacra allo studio dei capelli e della barba il libro IV. “I capelli rari dimostrano uomo maligno e ingannevole: tutti i calvi sono lussuriosi, quelli che hanno stesi e molli capelli sono di mansueti costumi; se duri, mostrano uomo forte„. S’occupa della direzione e tratta dei capelli a vertici, rivolti al collo nella cervice. Così dai peli che rivestono tutto il corpo trae un [p. 73 modifica]significato di atavica ferocia e di lussuria, e la donna barbuta, dice essere di pessimi costumi; e ricorda il proverbio “poca barba e mal colore sotto il ciel non v’è peggiore„. Si parla pure dell’influenza del colore dei capelli “il rosso dei capelli, dimostra ira e tradimento, il biondo, freddezza, e coloro che li hanno neri, sono collerici o melanconici„.

Pagine che ricordano gli studi più recenti sull’azione del suolo e del clima sono quelle sugli nomini grassi e magri.

“Dove la terra è grassa e molle ed acquosa vi son gli uomini grassi, che non possono sopportar fatica, e mal atti a trattar arti...... al contrario poi dove il paese è secco, aspro, tiranneggiato dal freddo o abbruciato dal calore del sole, si trovano duri, gagliardi e pelosi, di costumi pien d’ira, pertinaci e nell’arti più accorti e più atti al guerreggiare„.



Fa poi della vera etnografia parlando del colore della pelle. Studia anche l’andatura; in linea generale, un’andatura franca senza affettazione, dinota un uomo energico. A chi batte il tallone camminando, attribuisce uno spirito di dominazione, se al contrario si striscia il piede è una prova di dissimulazione. L’incesso irresoluto è proprio degli spiriti piccoli e paurosi, e coloro che camminano con passo breve, sono fastidiosi e non giungono ad attendere ad alcun negozio. [p. 74 modifica]“Se invece col veloce moto sonvi gli occhi turbati e grande anelito, mostrerà segno d’uomo di cattive operazioni, da esser fuggito„. “Quei che si muovono con tutte le spalle e con tutto il corpo sono effeminati, e quei che camminano col corpo dritto come asta sono audaci, mentre chi ha il corpo inclinato, è timido, vergognoso, mansueto„. Pare intuisca gli studii recenti sulla morfologia del corpo umano del De Giovanni, al Cap. X “della lunghezza e brevità dei corpi„ e nota l’importanza della grande apertura delle braccia col dire: “tanto deve essere la lunghezza dell’uomo dal più basso piede in sino alla cima dei capelli, quanta è la lunghezza delle due mani aperte intorno agli estremi diti„.

Distingue i bellissimi di faccia dai belli. Ai primi ammette possa andar unita una perversione dell’animo, “che se noi rivolgiamo gli occhi all’istoria, ritroveremo molti uomini e donne di eccellente e smisurata bellezza e aver ancor l’animo dotato di molte virtudi, ma congiunte con enormi vizi„. Mentre dei secondi dice: “È un’altra sorta di bellezza, la quale veramente bellezza chiamar si dovria, quella che mostra un’animosa e concordevole concordanza di parti, e così nella simetria dell’ordine, nella proporzione delle membra che dimostrano nobilissimi costumi e una più nobilissima anima. Questa bellezza è quella che si tira dietro le virtù ed è lontana da ogni vizio„. All’incontro i brutti di faccia sono bruttissimi di animo: “la bruttezza è difetto di natura ed effetto di [p. 75 modifica]sproporzione, oggetto abborrito dalla potestà visiva. Ma non si ferma qui la penetrante osservazione del nostro autore. Tien calcolo di un’altra fonte di dati utilissimi per giudicar del carattere di un individuo e che furono pure studiati dalla Scuola Lombrosiana. Ha un capitolo il XII del libro IV, intitolato: “Che cosa si può giudicar dalle vesti mal concie e dalle ben ornate e di coloro che si ornano i capelli„. Quantunque il vestir sconcio e mal ornato sia indizio di inferiorità, pure il Della Porta nota come molti uomini d’ingegno per disattenzione, non curino le vesti; e così parla di sè: “Io, se ben nella gioventù fui poco curioso delle vesti, or nella vecchiezza son tanto alieno da questo pensiero che son obbrobrio agli amici, e prima che eschi fuor della porta di casa ho chi miri con diligenza la berretta, cappa, sajo, infin le scarpe che non vada fuori con quelle de’ quali mi servo ne’ studi notturni, che spesso m’è bisogno ritornar dalla metà della strada a casa per rivestirmi„. Non richiama questo punto alla mente le distrazioni degli uomini geniali, e il viaggio in pantoffole dell’Ariosto?

Come pei criminalisti, così pel D.P., l’ornarsi la chioma, l’ungerla con olii, dà indizio di lussuria e codardia.


4. – Nel libro V, G. B. Della Porta, eleva l’analisi, eseguita prima sulle parti, dei varii dati somatici a costituire i diversi tipi caratteristici delle varie entità psicologiche, [p. 76 modifica]raggruppando i caratteri fisici ed anatomici, biologici e funzionali con quelli psichici e morali. Le sue figure sono forse troppo specializzate, perchè ad ogni qualità morale attribuisce un quadro speciale, ma ve ne sono alcune che sono di una profonda penetrazione e di un’esattezza meravigliosa. Quanta verità, per esempio, in questa semplice intestazione di un capitolo: “L’uomo da bene alla mediocrità delli segni„. Indovinatissima Fig. 13. è la descrizione del ladro: “L’orecchie molto piccole, le ciglia congiunte e pelose. Il naso molto piccolo, le mani delicate e strette, co’ diti lunghi, gli occhi mobili e d’acuta vista, palpebre aperte, larghe„. E quella dell’epilettico: “Gli occhi che si muovono come che volessero saltar fuori, grandetti, splendenti e che mirano, umidi o che vanno in su e principalmente se saranno tremanti con respirar denso„. L’uomo di pessimi costumi è così descritto: “Il [p. 77 modifica]naso schiacciato, la faccia brutta e piccola e quella senza barba, il parlar debole, le spalle magre e acute, gli occhi grandi e commossi, infocati con cerchi sauguigni e azzurri„. Gli iracondi, violenti, sono così descritti: “La fronte circolare, rugosa, che declina nel mezzo, le ciglia arcate, le tempie gonfie piene di vene, il color della carne di mele, i denti acuti, dritti, la voce grave, il collo grosso e pieno, occhi sanguigni, Fig. 14. precipitosi, pieni di clamori, di furie, che non desiano cosa se non per il mezzo di sangue, sprezzano le ferite„.

Così è che G. E. Della Porta, in mezzo ad un’erudizione pesante e impregnata di pregiudizii e di errori in modo di rendere ora faticosa la lettura della sua opera, ha delle vere gemme e delle intuizioni geniali; e, allorché si fonda sui dati delle sue osservazioni dirette, si stacca completamente dai fisionomisti che lo [p. 78 modifica]hanno preceduto. E con quanto interessamento e ardore di verità si accinge a questi studi, ci è provato dal fatto che malgrado gli ostacoli che anche allora s’incontravano per poter usufruire del materiale anatomico dei criminali, egli potè fare osservazioni sui cadaveri degli appiccati e “sugli estinti d’atroce morte ed uccisi„, poichè “convenni (dice nella Chisofisonomia, tradotta da Pompeo Sarnelli e citata dal Bianchi) col Boja Napoletano, che quando egli deponeva Fig. 15. dalle forche gli appiccati, e li portava al Ponte Ricciardo mi avvisasse dell’ora di quella trasportazione, ed io andando a quel luogo osservavo le disposizioni delle mani e dei piedi e quelle designava con uno stilo sulla carta, o pure con il gesso ne formavo i lor cavi, acciò buttandovi dopo la cera ne avessi in casa i lineamenti e da ciò avessi campo di studiarvi la notte in casa e di conferirli con altri„.

[p. 79 modifica]E iniziando quel metodo delle osservazioni numerose e delle grandi statistiche che adoperarono Lombroso e Ferri, aggiunse: “che non ebbe minor pensiero a visitare le carceri pubbliche dove sempre è racchiusa gran moltitudine dei facinorosi, ladri, parricidi, assassini di strada ed altri uomini di simile fattezza per vederli diligentemente„.


5. — Dove però l’originalità del D. P. è manifesta ed intraprende un’applicazione pei tempi Fig. 16. davvero inaspettata, è nel libro VI, dove si propone di suggerire i mezzi atti a trasformare nel caso che fosse possibile la natura cattiva in buona: “cioè che conosciuti i tuoi e gli altrui vizi possa levarli via e cancellarli del tutto, e ciò non con pensieri, immaginazioni o persuasioni di morali filosofiche, che per lo più vane riescono, ma con purgazioni e locali rimedii„. E [p. 80 modifica]noi che sappiamo ora come il D. P. ritenesse il delinquente non solo un prodotto della costituzione organica, ma delle condizioni etnografiche e dell’educazione, possiamo ritenere che questo in parte sia equivalente a far profilassi e della terapia del delitto con quei criteri positivi, che ancor oggi da tanta parte del mondo politico e giuridico non vengono accettati per amor dell’antico.

Accennerò ad alcuni fra i più importanti capitoli di questo libro VI: “Come gli iracondi divengono mansueti„. “L’ira è una grandissima infermità dell’anima, onde con ogni diligenza si dovria attendere a curarla, e che gli irascenti diventassero piacevoli e mansueti. Debbono fuggire gli iracondi d’abitar luoghi caldi in meno star al sole. Vedesi ancora questa verità che nell’estate e nella primavera gli uomini sono più collerici. Platone vietò il vino acciò quel natìo loro colore non fosse più accresciuto con il vino e fossero divenuti pazzi e precipitosi„. Ecco in poche parole accennato all’influenza eziologica sul delitto del suolo, delle stagioni e dell’alcoolismo. “Gli abitatori dei luoghi marittimi sono ladri, dice Strabone, ragionando di Corsica e Sardegna, per essere i luoghi loro sassosi, secchi e ventosi, lasciano di coltivar la terra per andar rubando„. Quando parla del “come gli innamorati possino lasciar d’amare„ fa della profilassi per i reati sessuali e si rileva acuto psicologo. “È l’amor un soverchio desiderio di anima, ovvero un assiduo pensiero che [p. 81 modifica]sta nel core sopra la cosa amata con desiderio di goderla: gli occhi languiscono, i sospiri interrotti, spontanei: questa affezione in meravigliosi modi si muta, or lieta, or dogliosa, or allegra, or dimostra speranza ed audacia, ora paura e timidità e principalmente in quel tempo avviene quando si racconta alcuna cosa dell’amata donna. La cura di questa infermità saria, si godessero insieme, se fosse possibile congiungendosi prima in matrimonio, ma non essendo Fig. 17. possibile, è bisogno ricorrere ad altri rimedi coi quali questa peste le si togliesse dall’anima, la quale se presto non si rimedia, può venir agevolmente in malinconia ed appresso alla pazzia ed alla morte„. E suggerisce le distrazioni, i mezzi: “veder altre bellissime donne, altre cose vaghe, fingere alcuna paura d’esser ammazzato o d’essere ingiuriato, ovver dargli alcuno onorato carico e pensiero, acciocché ponendo ogni sua [p. 82 modifica]cura qui, lasciasse di pensare ad altro, e molto giova il cavarli sangue e usar cibi di poco nutrimento„.

È esattissimo quando parlando di malinconici dice: “diventano melanconici per le troppo vigilie, pensieri e solitudini e per cibi cattivi„.


6. — Questa per sommi capi l’opera di Giovanni Batt. Della Porta, il quale meriterebbe davvero di essere considerato come il precursore dell’Antropologia criminale, e l’iniziatore di quel movimento generale negli studi che diede origine alla fioritura di tanti fisonomisti della fine del 500 e per tutta la durata del secolo XVII. Ma qui occorre rivendicare la precedenza del merito di aver svincolata la Fisiognomica dall’Astrologia ad un altro autore del 500, che se venne ricordato, lo fu come un seguace del Della Porta, mentre l’opera sua di Fisiognomica fu stampata quando il Della Porta non aveva che 19 anni, ritenuto, come vuole il Bianchi, che egli sia nato nel 1535 e non nel ‘40, e in quell’età non poteva aver certo commesso alla stampa cosa alcuna d’importanza. Voglio parlare di Guglielmo Grataroli di Bergamo, che nel 1554 stampava in Basilea un trattato: De praedictione morum naturarumque hominum cum ex inspectione partium corporis, tum aliis modis, mentre la 1ª edizione della Fisiognomica del Della Porta è del 1586.

Ed è doverosa questa rivendicazione, in quanto che uno dei meriti maggiori che si attribuì al [p. 83 modifica]Della Porta si è quello d’avere criticato e rifiutato l’Astrologia e le tradizioni medioevali, facendo per quanto era possibile, colla coltura ed i mezzi dei tempi, delle osservazioni dirette.

Ciò in verità non è originale merito del Della Porta, poichè il Grataroli si mostra già nel 1554 nella sua Fisionomia liberato completamente dalle influenze astrologiche, ed il suo trattatello, quantunque di mole e di intenti molto più modesti di quello del fisionomista napoletano, è meraviglioso per chiarezza, precisione e praticità e per le basi naturalistiche su cui si fonda.

E poichè è una rivendicazione di priorità che io voglio qui affermare e perchè di questo medico veramente geniale si sono dimenticati gli scrittori più recenti di fisionomica o l’hanno considerato erroneamente come un imitatore e seguace, non solo dello stesso Della Porta, ma di altri minori, mi fermerò sulla sua vita, anche perchè, col solo tratteggiarla, si può in certo qual modo supplire ad uno sguardo storico dell’ambiente nel quale questi studi, che preconizzavano l’indirizzo positivo dell’esame somatico e fisico nella medicina, prendevano vigoroso impulso; sguardo che gioverebbe alla comprensione genetica della Scienza Antropologica.


7. — Abbiamo le più complete notizie di lui in un opuscolo dei 1789 del conte G. B. Gallizioli, il quale, ritenendo che i biografi del Grataroli, fossero stati fino allora incompleti e non sufficienti a dare un esame concetto del valore di [p. 84 modifica]tanto uomo, ricorse ai documenti che si trovavano nelle Biblioteche estere, e tentò scagionarlo dall’accusa di eresia che i biografi contemporanei gli avevan fatto. Da questo studio del Gallizioli io ho attinto le notizie che espongo.

Guglielmo Grataroli, veramente celebre ai suoi tempi, tenne alto all’estero il prestigio della Scienza italiana. Nato da famiglia di medici, si recò allo studio di Padova, fiorente allora perchè vi leggevano Bernardo Licino, Jacopo Salvetti, Francesco Albani, Lodovico Della Torre, e si iniziò nella Chimica e nella Medicina. Era pure quell’Università dove il Pamponazzi e Pietro Vermilli, pochi anni prima che vi accedesse il Grataroli, avevano messo a rumore, non solo gli uomini di lettere e di scienze, ma i principi della stessa Corte Romana, per le ardite critiche sulle dottrine filosofiche e morali del tempo. In età di anni 21 conseguì la laurea dottorale e nello stesso anno 1537, regolarmente stipendiato, venne destinato a commentare Avicenna nella cattedra di Medicina straordinaria. Per un solo anno tenne quell’ufficio e nel ’39 venne iscritto e lo troviamo nel Collegio dei Medici della sua città natale e da documenti del tempo risulta che salì presto in fama per le prodigiose cure fatte in patria e nelle vicine città, sì che continuamente era ricercato e consultato. Ma nel 1550, secondo alcuni, dovette con precipitosa fuga evitare i rigori del Tribunale dell’Inquisizione. Così il Bayle, il Morero, il Teissier e lo storico dell’Università di Padova Nicolò Papadopoli. Anzi quest’ultimo [p. 85 modifica]lo accusa “di disprezzare tutte le cose sacre e sotto il velo di una Religione più purgata, spargere i dogmi dei luterani, sì che reo presso i sacri Inquisitori del Santo Offizio, vedendosi vicino ad essere carcerato, prese il partito di fuggirsene e mendico si trasferì nella Rezia„.

Il Gallizioli, come ho detto, combatte queste accuse, perchè, dice, se fosse stato eretico non avrebbe potuto essere aggregato al Collegio dei Medici e vivere onorato e tranquillo in Bergamo; e perchè niente si trova negli scritti del Grataroli che lo dimostri o seguace di Lutero o contrario a verun dogma cattolico. Inoltre un altro suo biografo, il Padre Donato Calvi, non scrive che abbandonasse la patria per abiurare la religione, anzi concede moltissimi encomi alle sue qualità morali, e un suo amico e contemporaneo, Gerolamo Zanchi, scriveva a Giusto Voltejo, elogiando il Grataroli: “dotto e pio, che nella sua patria era tenuto in molta stima e venerazione ed era molto ricco. Lo zelo soltanto per la pietà e per la religione lo rese povero in modo che ultimamente gli è stata confiscata la dote della moglie, unicamente perchè essa volle seguire il marito„. Pare invece che Guglielmo, sedotto dall’esempio di parecchi suoi amici, che, amanti della quiete che non potevano godere in nessuna parte d’Italia, perchè era piena di confusioni e di disordini cagionati dalle guerre, dagli sconvolgimenti politici, e per la vigilanza ed i timori in cui viveva la Corte di Roma acciò non si introducessero le opinioni d’oltr’alpe, riparasse [p. 86 modifica]nelle città della Rezia, unicamente perchè libere, pacifiche e sicure asilo di tutti gli arditi ingegni amanti di parlare e di pensare con libertà.

Ho voluto fermarmi su questi particolari perchè si comprendesse come il Grataroli fosse uno spirito innovatore, e come la tendenza agli studi fisiognomici avea in lui non il significato di una semplice bizzarria od esercitazione scolastica, ma quello di una ricerca profonda di un indirizzo positivo. Si trattenne dapprima in Argentina (Bruxelles), poi in Basilea, ove fu ricevuto come Professore di Medicina e quindi dall’Accademia di Marburgo a coprire la cattedra rimasta vacante per la morte di Corrado Kuvnero. Ritornò poi a Basilea e forse per la rigidità del clima di Marburgo, o per l’allettamento che avea in Basilea.

Di qui si acquistò l’amicizia, il patrocinio di re e principi, tra quali Edoardo VI re d’Inghilterra, e Massimiliano Il re di Boemia, dell’Elettore Palatino, di Federico Conte Palatino.



Molte sue opere diede alle stampe il Grataroli. Le maggiori sono: Pronostica naturalia de temporum omnino mutatione, ecc., di cui l’edizione prima venne in luce a Basilea nel 1552 — De memoria reparandaDe Praedictione morum. Di quest’ultima farò un esame della parte fisiognomica nella quale tiene un posto cospicuo fra i più autorevoli fisionomisti. È importante e degna di nota, perchè è un vero intuito geniale [p. 87 modifica]che precorse di due secoli la scoperta di Newton sulla gravitazione universale, la spiegazione che il Grataroli diede sulla causa del flusso e riflusso del mare, problema contro il quale si spuntò l’acuta e serrata logica di Galileo. Egli lo spiegava col dire “che il moto periodico della luna ha grande predominio sopra i corpi fluidi... e accade che la luna ha bensì certa influenza sull’Oceano, ma non sui piccoli laghi e sui mari di poco estesa superficie„.

Ebbe nel 1555 in Londra a stampare una Pestis descriptio, causae, signa, etc., ed in inglese venne tradotta l’altra sua opera, in cui vi è un tentativo di esperimento: De litteratorum conservanda valetudine. S’occupò pure del Regimen omnium iter agentium, edita nel 1571 a Colonia. Ricercato da Corrado Gesner, il Plinio tedesco, di notizie sulle Terme della Bergamasca, egli raccolse quanto sull’argomento era stato fatto, aggiungendovi molte sue particolari osservazioni. Innumerevoli poi furono le traduzioni e i commentari sopra svariatissimi argomenti, anche filosofici.

Fu insomma uomo di vasta coltura, di forte ingegno e d’animo generoso. Sulla sua tomba la pietà della moglie fece porre la seguente iscrizione:

“Guglielmo Gratarolo, Bergomensi | Artium ac medicinae doctori medicique | filio | in medicorum basiliensum collegium | cooptato | ob religionem exuli | coniugi carissimo | Barbara Nicosia f.c. | obiit aetatis suae anno LII | Christi | MDLVIII die XVI aprilis„.


[p. 88 modifica]8. — Riassumerò brevemente l’operetta fisionomica del Grataroli accennando ai punti che più esattamente corrispondono ai dettati dell’Antropologia criminale. Tratta subito dopo una breve introduzione del Capo: “È ottimo, dice, il capo che è esattamente rotondo. Causa della piccolezza del capo è la piccolezza della materia contenuta. Il cervello segue la forma del cranio, se sarà piccolo il cranio sarà piccolo Fig. 18. pure il cervello. Il capo dell’uomo ha uno sviluppo maggiore proporzionatamente a quello degli altri animali e così pure il cervello. Il maschio ha più cervello della femmina. Un capo troppo grosso è proprio degli stolidi e degli indocili (idrocefalia). Il capo in forma di piramide è degli inverecondi; breve globoso è degli smemorati; depresso e piatto (plagiocefalia) è di chi è pieno d’ogni vizio; oblungo (doligocefalia) dei [p. 89 modifica]prudenti e sagaci. Le orecchie troppo piccole sono proprio dei lussuriosi; pendenti degli stolidi; aderenti al capo dei malevoli. La fronte piccola è degli indocili; troppo grande dei pazzi; rotonda degli ebeti ed insensati; se è quadrata sarà indizio di magnanimità d’animo; tesa e lucida è quella degli adulatori; alta degli uomini liberali; troppo rugosa degli inverecondi; ingrossata alle tempia dei superbi, iracondi. Gli occhi piccoli dei pusillanimi, grandi dei pigri e mansueti, infossati degli invidiosi, prominenti dei fatui, troppo aperti degli imprudenti, obbliqui e contorti dei fallaci, iracondi. Occhi mossi velocemente in una faccia aguzza ci indicano i fraudolenti, ladri, gl’infedeli; se fissi i cogitabondi„.

Naso. Le estremità del naso grosse sono proprio dei concupiscenti. Acuto degli irosi; se il naso è aquilino l’uomo avrà grande animo; se schiacciato sarà libidinoso; colle narici dilatate indicherà ira e passione. Labbra gracili degli iracondi, grossi e col superiore sporgente dei fatui; se il superiore lascerà scorgere le gengive sarà segno dei litigiosi e degli ingiuriatori. La faccia troppo grossa è dei timidi; se sarà piatta dei rissosi; se simile a quella degli ebbri, indicherà gli iracondi; se troppo lunga è degli inverecondi, troppo piccola e rotonda dei semplici, con fronte e mascelle troppo larghe dei mentitori. Il mento acuto è dei fedeli, quadrato degli atti a virtù, rotondo degli effemminati, grosso verso la gola dei libidinosi. — Se la donna avrà il mento peloso sarà lussuriosa; la barba ben [p. 90 modifica]distribuita è segno di buona natura, troppo folta dei melanconici, se rara è indizio di cattiva indole„. E così tratta del color degli occhi e della faccia, della forma del collo e del petto, delle mani, delle unghie, degli arti inferiori, dei denti, ecc.; poi fa una serie di veri bozzetti, dei tipi dei quali riporterò i più riusciti.

“L’uomo imprudente così deve essere: Occhi in preda ad un movimento concitato, lucidi, sopracciglia lunghe, grosse, palpebre molto separate, Fig. 19. grossi i piedi e le mani, rubicondo, di voce acuta. Per contro il dissimulatore ha occhi languidi, è di aspetto elegante, ha voce sommessa, incesso incerto. Il fatuo avrà capelli stesi, capo rigido, orecchie grandissime, fronte aspra, occhi piccoli tenebrosi, guancie oblunghe, mento lungo, grosse le mani e i piedi. Pessimi sono tutti i gobbi e gli strabici, i claudicanti„.

[p. 91 modifica]Tratta pure dell’andatura e dell’influenza del clima sulla qualità dell’animo, e dei temperamenti.

Insomma vi è trattata parcamente e senza il lusso delle citazioni degli autori e delle esemplificazioni tratte dalla storia e dalla letteratura, tutta la fisiognomica del Della Porta, senza nessuna immistione di pregiudizio astrologico. Parmi per ciò che meritasse d’esser segnalato questo autore in modo particolare fra quelli che precedettero il Della Porta. A questi resta sempre il merito di aver dato uno sviluppo maggiore alla osservazione personale, e di aver corredato di disegni sul vero le sue pagine. Può darsi, anzi io ritengo certo, che il Della Porta non ebbe conoscenza del lavoro del Grataroli, perchè non è mai citato nella sua opera, e coll’abbondanza, anzi colla vera eccessività delle citazioni, che rendono pesante e di difficile lettura l’opera del geniale napoletano, non si può sospettare che la dimenticanza sia in lui volontaria, e che non abbia voluto ricordare un competitore a cui avrebbe dovuto certo tributar delle lodi.

Questa coincidenza però di un medico bergamasco e di un napoletano nel tentare un ringiovinimento, a pochi anni di distanza, e senza conoscenza reciproca, della Fisionomica su basi più naturali, è una prova novella che in mezzo confusione di tradizioni scolastiche e di sovrapposizioni pazzesche, nella Fisionomica si contenevano delle verità incontrastabili e i germi di una più larga ed efficace applicazione.