I divoratori/Libro secondo/IV
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IV.
La mattina seguente Aldo s’alzò presto e uscì a comperare una bambola per Anne-Marie... Gli parve che la situazione lo richiedesse. Andò alla Condamine, dove i negozi sono meno cari.
Gli fece male al cuore di spendere sette franchi e cinquanta — una «mise» e mezza! Ma veramente le bambole che costavano meno erano orride a tal punto che egli sentì di non potere con una di esse comperarsi l’indulgenza e la pace. Durante un folle istante gli balenò persino l’idea di comperarne una (con vere ciglia) che costava ventotto lire. Ma poscia, più che i timori di prolungate scene, potè l’economia; e Aldo prese la bambola di sette franchi e mezzo, le cui ciglia dipinte rimanevano fissamente e illogicamente in cima alle palpebre, anche quando gli occhi erano chiusi.
Anne-Marie ne fu beata.
Nancy era una fredda e pallida statua. Aldo mandò Anne-Marie e la bambola a giocare in giardino, mentre egli nella sala di lettura si accinse a spiegare le cose a Nancy.
Ecco: i sistemi, tutti i sistemi erano frode e inganno... pura frode e inganno! Glielo aveva detto Grimeaux, il «croupier»... e se non lo sapeva Grimeaux...
— Avanti, — disse Nancy. — Questo non mi interessa.
Dunque non c’era che un solo modo di guadagnare al gioco, e questo era...
— Tutto questo lo so, — disse Nancy. — Chi era quella donna?
Aldo la guardò con occhio di profondo rimprovero.
— Nancy! Tesoro mio! — disse.
Ma Nancy non si commosse. Aveva la faccia più piccola del solito, e molto severa.
— Ho domandato chi è quella donna.
— Ma è nessuno... assolutamente nessuno! Una vecchia gallina in parrucca gialla... Si chiama Mrs Doyle. Ecco, adesso lo sai. Adesso sei contenta.
Ma Nancy non era contenta.
— È inglese?
— No, no, americana, del Far West. Un volatile delle praterie!... Un’anitra occidentale! Ah, ah, ah! com’è buffa!
E Aldo rise lungamente, ma da solo. Quando ebbe completamente terminato di ridere, Nancy inarcando le sopracciglia disse:
— Ebbene?...
— Ebbene, stavo dicendoti di Grimeaux, che è qui al Casino da sedici anni e che mi ha detto: «L’errore che tutti i giocatori fanno, è di raddoppiare in perdita». Quando tu perdi...
Aldo gesticolava colle lunghe mani, allargando i gomiti e rialzando le spalle. Nancy lo osservava fredda e ostile.
— Pare un ostricaro di Santa Lucia, — disse fra sè. — Come mai ho potuto delirare per la sua bellezza?
Poi, scorgendo nel giardino Anne-Marie che baciava la bambola della Condamine, gli perdonò.
— ... quando tu perdi, — proseguiva Aldo, — tu corri dietro ai tuoi denari, raddoppi, triplichi, perdi la testa... ed ecco «la debâcle»! Mentre invece, quando si guadagna, si è sempre tutta prudenza e cautela; si gioca un luigi alla volta, e quando si ha vinto cento franchi si esce, dicendo: Ecco, per oggi basta!... Ebbene, lì sta l’errore! Bisogna continuare, bisogna rincorrere la vena, «doubler la mise gagnante»...
— Hai parlato abbastanza di tutto ciò, — interruppe Nancy. — Voglio sentire il resto.
— Eh, come mi aggredisci! — disse Aldo imbronciato. — Il resto è semplicemente questo: quel buon volatile occidentale... — E qui Aldo ebbe un nuovo accesso di solitaria ilarità. Quando si fu calmato sotto l’occhio gelido di Nancy, continuò: — Dunque quella, ieri sera, mi prometteva appunto di prestarmi i denari necessarii, quando sei capitata tu! E sai pure come sono le donne!... Per loro «la famiglia» è sempre una cosa insopportabile.
Nancy, immobile, lo guardava.
— Non so cos’hai da guardarmi così! — disse lui. — Mi vuoi mettere di cattivo umore?
Nancy si alzò.
— C’è un treno per Milano alla una, — disse. — Lo prenderemo.
E andò di sopra nella sua camera.
Aldo uscì nel giardino, e si divertì con Anne-Marie e colla bambola della Condamine.
A mezzogiorno Nancy si affacciò al balcone, e chiamò sua figlia. La piccola obbedì malvolontieri, e venne su lentamente, trascinando per le scale la bambola. Aldo la seguì.
Anne-Marie fu messa a sedere sul letto, e sua madre le infilò le scarpette da viaggio di cuoio giallo. Aldo, seduto vicino alla finestra, guardava in giardino, tamburinando colle dita sui vetri.
Nancy mise ad Anne-Marie il paltoncino, e le posò in testa il cappello di paglia floscia, legandole i nastri bianchi sotto al mento. Poi disse a suo marito:
— Siamo pronte.
— E chi pagherà il conto dell’albergo? — disse Aldo, senza voltarsi.
Nancy lo guardò, sorpresa.
— Ma non hai denari? — chiese.
— Ho ottantadue franchi e quaranta centesimi, — disse Aldo.
— Dov’è il resto?
Aldo soffiò sulle dita:
— Partito! Svanito!
Nancy sedette sul letto accanto ad Anne-Marie. Vi fu un lungo silenzio.
Aldo si mosse nervosamente.
— Te l’avevo pur detto io, che i sistemi non valevano niente...
Nancy non rispose. Cercava di pensare, cercava di comprendere. In questioni di denari capiva poco, ma questa cosa la capiva. Non possedevano più nulla. Come sarebbero ritornati a Milano? E, a Milano, come avrebbero vissuto? Con sua madre? Ma Valeria doveva già angustiarsi e privarsi, da che si erano date ad Aldo le quaranta mila lire. Non prendeva più carrozze. Le scatole di cioccolattini che regalava ad Anne-Marie erano un po’ più piccole. Portava un mantello dell’anno scorso, regalatole dalla zia Carlotta.
E la zia Carlotta, anche lei, brontolava sempre pei denari. Diceva che quando voleva spendere cinque lire doveva girarle in mano tre volte, e poi se le rimetteva nel borsellino, e si lagnava amaramente che Adele non potesse trovar marito, perchè aveva troppo poca dote, e gli uomini oggi-giorno non guardavano che i denari.
C’era la zio Giacomo, caro angelo di vecchio brontolone! Certo lui li avrebbe aiutati. Ma aveva i vecchi debiti di Nino da pagare; e poi tutti, tutti andavano a farsi dare denari da lui. Parenti lontani, vecchie conoscenze, amici decaduti, tutti gli scrivevano periodicamente domandando quattrini. E lui s’arrabbiava, e giurava sempre che questa era l’ultima volta...
L’unica persona della famiglia che fosse ricca era Carlo. Ma Nancy ben sapeva che Carlo, per suo fratello, non avrebbe più fatto nulla, mai.
Che cosa accadrebbe? Che ne sarebbe di loro?
Essa guardò Aldo: era seduto nella poltrona a dondolo, la testa abbandonata all’indietro e gli occhi rivolti al cielo. Egli si era appunto ricordato che Nancy gli aveva trovato una somiglianza con San Sebastiano, ed ora, per commuoverla, assumeva, per quanto gli era possibile, l’espressione straziata dell’adolescente Santo trafitto.
Nancy distolse gli occhi. La vista di quell’inetto e insensato uomo la irritava indicibilmente. Per confortarsi guardò, vicino a sè, la piccola Anne-Marie, così savia e felice colla sua bambola. Si chinò e le baciò la guancia fresca.
Aldo si drizzò e disse:
— Sarà meglio che vada.
— Dove? — chiese Nancy.
— Ma... al Casino, eh? Ho detto che ci sarei alle dodici e mezza.
— Per trovarti con quella donna?
— Già, — brontolò Aldo.
— Dio! Dio! — disse Nancy giungendo le mani, annichilita, pallida di vergogna per lui. — Che sangue hai tu nelle vene?
Era il sangue di molte generazioni di lazzaroni napoletani — begli animali indolenti, paghi di star sdraiati al sole — incrociato ed alterato dal sangue dell’economico nonno bottegaio che vendeva coralli e vedute del Vesuvio in via Chiaia.
Aldo sentì che era tempo di reagire.
— Insomma, è facile parlare. Ma vuoi dirmi, — e sporse, nel gesto così espressivo e meridionale, le due mani, colla punta delle dita strette insieme, e le scosse davanti a Nancy, — vuoi dirmi un po’ cosa devo fare io, povero diavolo? cosa devo fare?
Anne-Marie alzò gli occhi. Guardò sua madre, e le parve che avesse bisogno di essere confortata. Stese la bambola verso di lei:
— Bacia! — disse. Poi guardò suo padre. Forse aveva bisogno anche lui di conforto. — Bacia, — disse, offrendogli la bambola a braccia tese.
Aldo balzò in piedi e cadde in ginocchio davanti a entrambe. Baciò la bambola, e il paltoncino di Anne-Marie, e le ginocchia di Nancy, e poi nascose il volto in grembo alla bambina, singhiozzando. Anne-Marie subito pianse e strillò, e Nancy li baciò tutt’e due, consolandoli.
— Non piangere, tesorino mio! Non piangere, Aldo! Non importa. Vedrai che tutto si accomoda. Aldo, non piangere più! Non posso vederti piangere!
Aldo continuò a singhiozzare dicendo che sarebbe meglio che andasse ad ammazzarsi. E dopo che Nancy lo ebbe perdonato, e consolato, e incoraggiato, alzò il viso smorto, e gli occhi rossi, e disse:
— Allora, vado al Casino?
Nancy impallidì. Era inutile, inutile tutto. Egli non capiva. Era fatto così; e non sapeva che si potesse essere diversi.
— No, — disse lei.
Egli allora si sedette, e sospirò; e guardò fuori dalla finestra.
Nancy scese e andò dalla proprietaria dell’albergo a chiedere il conto. Mentre lo stavano preparando, la buona donna disse:
— Vogliono dunque partire oggi?
Nancy si fece rossa.
— Non so... non so, finchè non ho visto il conto.
La proprietaria, che aveva udito lo strepito di sopra (Aldo piangeva forte come un bambino), e che era un poco inquieta per i suoi denari, disse in tono confidenziale:
— Monsieur ha già preso il suo «viatico»?
E come Nancy non capiva.
— Ma sì, il viatico del Casino. Se Monsieur ha giocato e ha perduto, l’amministrazione gli renderà qualche cosa. Monsieur non ha che a domandarlo. E poi, — aggiunse piano con una occhiata alla spilla di perle che Nancy portava al collo, — nel caso che Madame desiderasse di saperlo, il Monte di Pietà è a due passi, appena passato il Crédit Lyonnais.
Il conto era di cento ventitrè franchi. Nancy riferì ad Aldo la storia del viatico, ed egli, con un’aria di cane bastonato, disse che lo andrebbe a domandare.
— Quanto credi che ti daranno? — disse Nancy.
— Non so, — disse Aldo, che si sentiva in obbligo di essere cupo e taciturno.
— Due o tre mila franchi? — chiese Nancy.
— Probabilmente, — disse Aldo.
— Non accetterai nulla da quella donna? Me lo giuri?
— Sì, sì, giuro, — disse Aldo, abbandonando quattro flaccide dita alla mano fervida ch’ella gli tendeva.
Poi se ne andò lentamente; ma appena voltato l’angolo della strada, s’affrettò.
Nancy salì nell’abbaino e gli fece le valigie. Con profonda compassione, quasi con rimorso, piegò e ripose i molli abiti noti: le floscie giacche, i vacui panciotti, le melanconiche cravatte. Povero Aldo! non era colpa sua se non aveva carattere. Ella non avrebbe dovuto lasciarlo venir qui. Non era un baluardo, lui; l’aveva ben detto Clarissa, anni fa. Era debole, era inetto, era moscio. Ebbene, Nancy sarebbe il baluardo.
Sapeva già che cosa avrebbe fatto. Mettiamo che il Casino rendesse loro... tre o quattro mila lire. Tornerebbero a Milano; lascierebbero la casa in via Senato, e prenderebbero un appartamentino modesto fuori di Porta. E Nancy scriverebbe. Riprenderebbe il suo lavoro. Ah! a quel pensiero il sangue le pulsò più rapido. Anne-Marie starebbe colla nonna, perchè era impossibile fare un lavoro serio con le manine di béby che vi si aggrappano alle vesti e al cuore. Nancy andrebbe a vederla tutte le sere, dopo aver scritto le sue cinque o sei ore lungo il giorno. Aldo tornerebbe nell’ufficio dello zio Giacomo. Quel buon vecchio zio Giacomo sarebbe felice di riprenderlo, per amor di lei e di Valeria. Farebbero una vita modesta; Aldo dirigerebbe l’andamento della casa; già, il sorvegliare la spesa e il disputare colla serva sui conti, erano cose che lo divertivano. E una volta dileguate le... diciamo, quattro o cinque mila lire del Casino, il Libro sarebbe pronto, il Libro uscirebbe! Il «Ciclo di Liriche» le aveva fruttato venti mila lire, e non era che un sottile volumetto di versi. Questo Libro farebbe grande rumore in Italia, essa lo sentiva, lo sapeva. E sarebbe tradotto in tutte le lingue. Ah! avrebbe voluto che il manoscritto fosse qui! Sentiva che avrebbe potuto riprendere subito il lavoro...
Chiuse gli occhi, ricordando. Tutte le figure che ella aveva create, legate l’una all’altra dal sottile filo rosso del concetto, balzarono fuori dalle pagine neglette, e le tornarono tumultuanti nel cuore. Ella si sentiva simile al leone di Browning:
You could see by his eye, wide and steady, |
Anche lei, anche lei era già a leghe nel deserto. Era già lontana nell’immensa solitudine dell’ispirazione...
Uno strillo lacerò il silenzio, uno strillo acuto, prolungato, trafiggente.
Era Anne-Marie sul balcone. La bambola! la bambola! era caduta! era morta!
Nancy, accorsa subito, si affacciò alla ringhiera e guardò giù nel giardino. Sì, la bambola della Condamine era là, sulla ghiaia. Ed era morta. Metà della faccia le era saltata via e giaceva a qualche passo di distanza.
Proprio in quell’istante Aldo aprì il cancello, ed entrò. Scorse subito la piccola cosa inerte ai suoi piedi, e la sollevò. Poi alzò gli occhi al balcone e vide la faccia turbata di Nancy e la frenesia di dolore che contorceva il piccolo viso di sua figlia. Non fece che un cenno colla mano, e ripartì, portando via con sè la bambola morta. Passava una carrozza ed egli la fermò. Disse al cocchiere:
— La Condamine. E in fretta!
I due cavalli fini e nervosi partirono al gran trotto.
Aldo comperò la bambola che aveva visto alla mattina, quella che aveva le ciglia di veri peli innestati nelle palpebre; la pagò ventidue franchi invece di ventotto; e ritornò con scalpitìo di cavalli e schioccar di frusta all’albergo.
Quando gli occhi di Anne-Marie videro quella bambola, e quando Nancy vide gli occhi di Anne-Marie, Aldo comprese che tutto gli era perdonato.
— E il Casino, che cosa ti ha reso? — chiese Nancy.
— Non so ancora. Devo tornarci fra due ore, — disse Aldo. — Adesso facciamo colazione.
Presero una colazione eccellente, con «cocktails», e vino del Reno, e chartreuse: poichè, messo di fronte a una situazione disperata in cui l’economizzare cinquanta centesimi non faceva nè caldo nè freddo, l’antenato bottegaio nelle vene di Aldo cedeva il posto al sereno lazzarone il quale mangia i suoi spaghetti oggi e non se n’incarica di quello che mangerà domani.
— Se quegli infami del Casino ti danno cinque o sei mila franchi, non bisognerà lamentarsi, — disse Nancy. — Non si può poi pretendere, vero? che ti rendano le intere diciotto mila.
— Eh, sicuro, — disse Aldo senza alzare gli occhi. Egli sapeva già qualche cosa riguardo ai «viatiques»; ma non volle che questa sua cognizione gli guastasse il déjeuner. Era un déjeuner che costava trentadue franchi. E non bisognava sprecarlo.
— E... l’hai vista? — chiese Nancy, legando un tovagliolo al collo della bambola dietro richiesta di Anne-Marie.
— Chi? — chiese Aldo con la bocca piena.
— Ma... il volatile occidentale, — disse Nancy, per fargli sentire che il suo perdono era completo.
— Sì, l’ho vista, — disse Aldo.
Nancy, che stava per mangiare, mise giù la forchetta. Si sentiva male.
— E allora?
Aldo si schiarì la gola, prese un sorso di vino e si asciugò la bocca.
— E allora... è una vecchia strega abbrutita, — disse.
Vi fu una pausa. Poi continuò:
— Ho messo carte in tavola. Le ho detto chi eri tu, le ho detto di Anne-Marie... tutto, insomma. E quando avevo finito mi ha guardato a questo modo, — Aldo illustrò, — e mi ha scagliato un volgare insulto americano. Poi mi ha voltato le spalle, e via!
Nancy gli tese la mano attraverso la tavola.
— Caro Aldo, — disse.
— Te l’ho detto io, — continuò lui, — che quel genere di donna non può soffrire che un individuo abbia famiglia! È inutile. Non glielo perdonano.
— Forse — azzardò Nancy, con le fossette appena accennate — non perdonano all’individuo il modo in cui egli tratta la sua famiglia!
— Ebbene, basta, — disse Aldo. — Tanto, quella lì è come se non avesse mai esistito. È eliminata.
(Ma non lo era).
Alle quattro del pomeriggio, Aldo, Nancy, Anne-Marie e la bambola uscirono e andarono a sedere sulla piazza del Casino. Nancy e la bambina rimasero sulla panchina, volgendo le spalle alle aiuole profumate, mentre Aldo entrava nel Casino a prendere il viatico.
Pochi istanti dopo ricomparve col viso acceso e stravolto.
— Oh canaglie! Oh, ladri e briganti!
— Cosa è successo? — chiese Nancy.
— È successo che m’hanno dato cento cinquanta franchi! — disse Aldo, gettandole in grembo con ira sprezzante tre biglietti da cinquanta franchi.
— Cento... cinquanta... franchi! — alitò Nancy. — Mio Dio!
— Nancy, senti! Non c’è che una cosa da fare. Vai dentro, e giocali. Sbáttili giù, su un numero qualunque. E se si pérdono, vadano al diavolo! E che la sia finita.
— Va bene, fa pure, — disse Nancy. Sentiva che ormai nulla più importava.
— Non posso, io, — disse Aldo, che era livido. — Non mi lasciano più entrare, finchè non avrò ripagato questo straccio d’elemosina! Va tu, va tu, fa presto!
Nancy si alzò tremante.
— Ma come faccio? come li gioco?
— Non importa, non importa, — disse Aldo. — Tanto è lo stesso.
E si coprì il volto colle mani. Chiaro davanti a lui stava il pensiero che loro tre possedevano al mondo cento cinquanta franchi e un debito di cento e ventitrè.
Si volse alla bambina:
— Anne-Marie, di’ un numero! Un numero qualunque...
Anne-Marie non capiva.
— Ma sì, tesoro, — disse Nancy. — Sai bene i numeri che t’ha insegnato la nonna!
— Ah sì, sì, — disse Anne-Marie. — Uno, due, tre, quattro...
— Alt! basta, — disse Aldo. — Va bene così. Nancy, tu entri e punti, alla tavola che vuoi, i «quatre premiers» e «quatre en plein». Così hai anche lo zero. Hai capito? «Les quatre premiers et quatre en plein». Puoi dirlo al croupier che te li giochi. Va. Fa presto.
Nancy entrò nel Casino e volse a sinistra; entrò nel «Commissariat» dove stavano gli uomini che la sera prima avevano riso di lei. La riconobbero subito, e le diedero senza difficoltà un biglietto d’ingresso.
Nancy entrò nelle sale. Subito le colpì l’orecchio l’incessante clichettìo delle monete, il suono cristallino dell’oro e dell’argento. Andò alla prima tavola a sinistra. Un croupier coi capelli rossi sedeva in fondo al tavolo, colla mano su un rastrello di legno. Nancy gli si avvicinò.
— «Quatre premiers et quatre en plein», — disse, e gli diede uno dei biglietti di cinquanta franchi.
Ma era troppo tardi.
— «Rien ne va plus», — disse un uomo nel centro, vicino alla ruota. — «Trente-deux; noir, pair et passe».
— Siete fortunata, — disse il croupier a Nancy, rendendole il suo biglietto. — Avreste perso.
Ella ripetè la sua frase, e allora il croupier, mettendo il biglietto in cima al rastrello, lo fece passare traverso la tavola.
— «Quatre premiers», — disse, e l’uomo ch’era nel centro lo posò.
— «Et quoi encore?» — chiese il croupier guardando Nancy.
— «Quatre premiers et quatre en plein», — ripetè Nancy, come un automa.
Il croupier tese la mano.
— Quanto, all’«en plein»?
Nancy gli diede il secondo biglietto di cinquanta franchi, ed egli lo fece passare sul rastrello.
— «Quatre en plein», — annunciò.
— «Quatre en plein. Tout va aux billets», — disse l’uomo al centro. La ruota girò, e la palla guizzò ronzando. Il cuore di Nancy batteva a grandi colpi rimbombanti, e la scuoteva tutta.
La piccola palla scivolò, girò un po’ sulla ruota, si fermò, sbatacchiò, e cadde in uno dei trentasette scomparti.
— «Trois».
Tutti guardarono Nancy mentre i croupiers la pagavano; ed ella raccolse confusamente con mano maldestra l’oro e l’argento.
— Ancora, — disse, dando al croupier l’ultimo dei tre biglietti, e aggiungendovi qualche luigi d’oro.
— Ancora cosa? — disse il croupier.
— Ancora lo stesso... lo stesso gioco.
La palla girava.
— Ma è già marcato, — disse il croupier, additando il biglietto vincitore ancora piegato al posto di prima.
— Ma no, ma no, — disse Nancy, che era molto confusa, — «premier quatre»...
Allora l’impiegato posò anche il secondo biglietto sul primo, all’angolo dello zero e dei primi tre numeri.
— «Et quatre en plein», — aggiunse Nancy.
Ma per questo era troppo tardi.
— «Rien ne va plus. Zéro»!
— «Voilà! ça y est»! — disse il croupier, rendendole l’oro destinato all’«en plein», e aspettando col rastrello puntato sulla tavola gli ottocento franchi che venivano a Nancy.
Che cosa è il segreto della Fortuna? Come si può forzare? Come spiegare, definire, analizzare? Qualunque cosa Nancy facesse, vinceva. Dovunque metteva i suoi denari, ivi andava la palla.
Quando le parve di aver vinto abbastanza — aveva le mani cariche; sul suo posto alla tavola c’era un mucchio d’oro, d’argento e di biglietti ed ella stava ritirando dai numeri con rastrello maldestro l’ultima vincita — lasciò tutto per un istante sul «pari», mentre deponeva l’imbarazzante ordigno. Una donna si volse a dirle qualche cosa, e durante quell’istante la palla cadde.
— «Vingt, pair et passe».
La vincita era raddoppiata.
Quando finalmente ebbe raccolto tutto nelle mani tremanti e messo in tasca come meglio poteva l’oro e i biglietti sgualciti, ella si alzò barcollante, quasi ubbriaca. Aveva le guancie infocate e le pareva di non vederci più. Con passo vacillante uscì dalle sale, traversò l’atrio e scese la breve gradinata esterna che mette sulla piazza.
Aldo sedeva ancora immobile sulla panca; teneva i gomiti sui ginocchi e la testa fra le mani; aveva la bambola in braccio. Anne-Marie girava correndo intorno all’aiuola.
— Aldo! — disse Nancy, e gli cadde seduta al fianco, debole e stremata.
Aldo alzò il viso sconvolto.
— Sfumati, eh?
Nancy scosse il capo con una piccola risata isterica. Poi gli riempì le mani di denari, e se li ammucchiò in grembo, e ancora ne restavano. Aldo li contò, svelto e destro. La gente che passava li guardava sorridendo.
— Sette mila ottocento franchi, — disse Aldo, pallidissimo.
— Oh, ma ne ho ancora!
E Nancy tolse dalla tasca altri biglietti e altro oro. Erano più di quattordici mila lire.
— Vieni al Cafè de Paris, — disse Aldo.
Ordinarono per loro il caffè e la crème de menthe, e per Anne-Marie un gelato di fragola e delle paste. L’orchestra suonava «Sous la Feuillée».
— Oh Dio, come è bello il mondo, — disse Nancy con un piccolo singhiozzo in gola. — Dio! che paese divino! Come adoro tutto! come adoro tutti.
— Adôlo tutti! — disse Anne-Marie, prendendo una terza pasta, con selezione lenta e accurata.
Aldo e Nancy risero.
Passò l’inglese, e Nancy lo chiamò, e lo presentò ad Aldo. Aldo lo ringraziò della sua cortesia e bontà per Nancy la sera precedente.
E Nancy gli raccontò come avesse vinto quattordici mila franchi. E risero tutti insieme, e l’orchestra suonò; e il sole raggiò, e scese.
— Il miglior treno per l’Italia — disse improvvisamente il signor Frederick Allen — è quello delle nove stasera. Avete giusto un’ora. È un ottimo treno.
Aldo guardò Nancy; e Nancy guardò il cielo. Era color lilla pallido e rosa sfumato. Dove la chiarità era più perlata, navigava, come una coppa trasparente, la luna novella. Gli tzigani suonavano la «Manon». E in lontananza era il mare.
— Bisogna prendere quel treno, — disse Aldo, alzandosi e battendo col cucchiaino sulla sotto-coppa per chiamare il cameriere.
— Oh, Aldo! — disse Nancy. — Non vogliamo restar qui? ed essere felici?
— Restar qui ed essere felici, — disse Anne-Marie con un sorriso incantevole.
E restarono.