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i divoratori 183

le mani cariche; sul suo posto alla tavola c’era un mucchio d’oro, d’argento e di biglietti ed ella stava ritirando dai numeri con rastrello maldestro l’ultima vincita — lasciò tutto per un istante sul «pari», mentre deponeva l’imbarazzante ordigno. Una donna si volse a dirle qualche cosa, e durante quell’istante la palla cadde.

— «Vingt, pair et passe».

La vincita era raddoppiata.

Quando finalmente ebbe raccolto tutto nelle mani tremanti e messo in tasca come meglio poteva l’oro e i biglietti sgualciti, ella si alzò barcollante, quasi ubbriaca. Aveva le guancie infocate e le pareva di non vederci più. Con passo vacillante uscì dalle sale, traversò l’atrio e scese la breve gradinata esterna che mette sulla piazza.

Aldo sedeva ancora immobile sulla panca; teneva i gomiti sui ginocchi e la testa fra le mani; aveva la bambola in braccio. Anne-Marie girava correndo intorno all’aiuola.

— Aldo! — disse Nancy, e gli cadde seduta al fianco, debole e stremata.

Aldo alzò il viso sconvolto.

— Sfumati, eh?

Nancy scosse il capo con una piccola risata isterica. Poi gli riempì le mani di denari, e se li ammucchiò in grembo, e ancora ne restavano. Aldo li contò, svelto e destro. La gente che passava li guardava sorridendo.

— Sette mila ottocento franchi, — disse Aldo, pallidissimo.

— Oh, ma ne ho ancora!

E Nancy tolse dalla tasca altri biglietti e altro oro. Erano più di quattordici mila lire.

— Vieni al Cafè de Paris, — disse Aldo.

Ordinarono per loro il caffè e la crème de menthe, e per Anne-Marie un gelato di fragola e delle paste. L’orchestra suonava «Sous la Feuillée».