I divoratori/Libro secondo/V
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V.
Aldo ripagò il viatico all’amministrazione, ed entrò nelle sale da giuoco con Nancy. La proprietaria dell’albergo fece venire da Villafranca una bonne, che doveva passeggiare su e giù nei giardini con Anne-Marie, e portare la bambola. Non costava niente, quella bonne! cinquanta franchi al mese! Si misero in pensione all’albergo; anche questo non costava niente: quarantacinque franchi al giorno! Fecero delle gite in carrozza che non costavano niente: trenta franchi per andare alla Turbie; venti franchi per Cap-Martin; sessanta per la Corniche. Tutto era per niente. Dieci minuti alle tavole da gioco e Nancy aveva guadagnato più di quanto occorresse per un mese.
Nancy regalò alla cameriera il suo costume da viaggio. Mandò a sua madre un mantello di Doucet (Valeria lo trovò così bello che non osava portarlo). Mandò dei regali allo zio Giacomo e alla zia Carlotta; ad Adele e a Nino; a Clarissa e a Carlo. Si ricordò di un ometto senza gambe che da tanti anni vedeva a Milano seduto in un carrettino sul Corso, e mandò a Valeria cento franchi perchè glieli desse.
Anne-Marie era vestita di raso liberty con un mantello alla russa di broccato bianco, e un cappello a lunghe piume. La bonne portava in testa un enorme nodo di nastro scozzese, di cui le due lunghe code svolazzavano al vento.
Le cose andarono così per dieci giorni. All’undecimo giorno era finito.
Nancy giocò allegramente e perse. Giocò prudentemente e perse. Giocò timidamente e perse. Giocò disperatamente e perse.
Aldo, che non si fidava della propria vena, la seguiva da tavola a tavola, dicendo:
— Sta attenta! Fa così! Non far così! Perchè hai giocato! Perchè non hai giocato! Te l’ho detto io!... Vedi!... Lo sapevo!...
E ad ogni tavola, li aspettava — spettro invisibile — la «guigne»! La guigne, allegra e maligna, toccava il braccio di Nancy e le spingeva la mano nella direzione falsa, le sussurrava all’orecchio i numeri sbagliati.
Dieci volte si decisero di smettere, e dieci volte si decisero a tentare ancora una volta, una sola volta!
— Adesso ci restano nove mila lire. Con nove mila lire cosa vuoi che facciamo? Siamo mendicanti! Ma con un po’ di fortuna ci possiamo rifare.
Questo durò due giorni. Al terzo giorno avevano ancora mille e ottanta franchi.
— Giochiamo gli ottanta, — disse Aldo, — e i mille non li toccheremo.
Perdettero gli ottanta; e poi altri quattrocento franchi.
— A cosa serve avere seicento franchi? — disse Aldo.
E giocarono ancora. Gli ultimi tre luigi, Aldo li gettò su una transversale. Vinse.
— Lasciamo lì tutto, — disse.
Vinsero ancora.
Nancy, con le guancie infocate e il cuore martellante, disse:
— Vogliamo correre il rischio di lasciarli ancora una volta?
Aldo aveva le labbra bianche ed aride, e la gola secca. Non poteva parlare. Fece cenno di sì col capo.
E una terza volta vinsero. Il croupier buttò giù col rastrello la piccola pila d’oro, e la contò, poi spianò davanti a sè i tre biglietti da cinquecento franchi. Indi pagò: cinque volte la già quintuplicata posta.
Aldo si sporse e prese il rastrello. In quell’istante un uomo seduto verso il centro della tavola mise la mano sulla pila d’oro e di biglietti e fece per trarli a sè.
— Ah! «pardon! pardon! pardon»! — gridò Aldo, battendo il rastrello sui denari e fermandoli sulla tavola. — «C’est à moi»!
— «Ah, non»! — disse l’uomo, mettendo recisamente la mano sui biglietti, — «ça, c’est ma mise à moi. Voilà déjà trois coups que je l’y laisse...»
Aldo era incoerente dall’agitazione. Nancy, pallidissima, si sporse:
— «C’est à nous, Monsieur».
— «Ah, mais c’est par trop fort», — gridò l’altro, che era francese e aveva una voce forte.
Respinse con un urto il rastrello di Aldo, e si prese i denari. Aldo si volse ai croupiers; era livido e gesticolante. Ma i croupiers si strinsero nelle spalle.
Aldo fece appello alla gente vicina, alla gente in faccia... avevano pur veduto!... Ma nessuno aveva veduto niente, nessuno sapeva niente.
— «Faites vos jeux, Messieurs»... — disse il croupier. E la palla ronzò.
— «Bah, ces italiens»! — disse il francese; e i vicini sorrisero.
Aldo tremava e aveva gli occhi iniettati di sangue.
— Vieni, vieni via! — balbettò Nancy, — per amor di Dio, Aldo! per amore della piccola! Vieni via.
E Aldo si volse e la seguì.
Uscirono dalle sale. Nell’atrio l’orchestra suonava la suite del «Peer Gynt».
— Oh Aldo, Aldo, — disse Nancy, — andiamo via, andiamo via da questo luogo terribile.
Aldo non rispose.
Uscirono. Attraverso la piazza soleggiata veniva, ridendo sotto ai chiari parasoli, un gruppo di donne eleganti, affrettandosi verso il Casino colle chiare gonne rialzate a mostrare i tacchi alti e le calze traforate.
L’aria era tiepida e fragrante.
Scesero a sinistra nei giardini. Davanti a loro — una gigantesca striscia di cobalto — era il mare.
E Anne-Marie, nel suo mantello di broccato bianco, camminava in su e in giù come una piccola Altezza Serenissima, coi brevi riccioli dondolanti sotto l’immenso cappello piumato. Dietro a lei la bonne di Villafranca, con passo rigido, col nastro scozzese ondeggiante al vento, portava in braccio la bambola colle ciglia di veri peli.