Gli sposi promessi/Tomo I/Capitolo IV
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Capitolo IV - Il Padre Galdino
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Capitolo IV.
Il Padre Galdino. * 1
Era un bel mattino di novembre; 1 la luce era diffusa sui monti e sul lago; le più alte cime erano dorate dal sole non ancora comparso sull’orizzonte, ma che stava per ispuntare dietro a quella montagna che dalla sua forma è chiamata il Resegone (segone), quando il Padre Galdino a cui Fra Canziano aveva esposta fedelmente l’ambasciata si avviò dal suo Convento per salire alla casetta di Lucia. Il cielo era sereno e un venticello d’autunno staccando 2 le foglie inaridite del gelso 3 le portava qua e là. 4 Dal viottolo guardando sopra le siepi e sui muriccioli si vedevano 5 splendere le viti per le foglie 6 colorate di diversi rossi; 7 e i campi già seminati, e lavorati di fresco spiccavano dall’altro terreno come lunghi 8 strati di 9 drappi oscuri stesi sul suolo. L’aspetto della terra era lieto; ma gli uomini che 10 si vedevano pei campi o sulla via 11 mostravano nel vólto 12 l’abbattimento e la cura. 13 Ad ogni tratto s’incontravano sulla via mendichi laceri e macilenti invecchiati nel mestiere, 14 ma fra i quali molti si 15 conoscevano per forestieri 16 che la fame aveva cacciati da luoghi più miserabili, dove 17 la carità consueta non aveva mezzi per nutrirli; e che 18 passando a canto ai pitocchi 19 indigeni del cantone gli guardavano con diffidenza e ne erano guardati in cagnesco come usurpatori. Di tempo in tempo si vedevano 20 alcuni 21 i quali dal vólto dal modo e dall’abito mostravano di non aver mai tesa la mano e di essere ora indotti a farlo dalla necessità. 22 Passavano cheti a canto al Padre Galdino, facendogli umilmente di cappello, senza dirgli nulla, perché la sola 23 parola che indirizzavano ai passeggeri era per chiedere l’elemosina, e un capuccino, come ognun sa, non aveva niente. Ma il buon Padre Galdino si volgeva a quelli che apparivano più estenuati, più avviliti, e diceva loro in aria di compassione: «Andate al convento, fratello; finché ci sarà un tozzo per noi, lo divideremo.» I contadini sparsi pei campi non rallegravano più la scena di quello che facessero i poverelli. Salutavano essi umilmente il Padre Galdino, e quelli a cui egli domandava come l’andasse: «Come vuole padre?» rispondevano: «la va malissimo.» Alcuni, che in tempi ordinarj non avrebbero 24 osato fermar e interrogare il Padre Guardiano, 25 fatti più animosi per la miseria dei tempi gli dicevano: «Come anderà questa faccenda, Padre Galdino?»
«Sperate in Dio che non vi abbandonerà. Povera gente! il raccolto è proprio andato male?»
26 «Grano non ne abbiamo per due mesi, le castagne sono fallate e il lavoro cessa da tutte le bande.» 27
Questa vista e questi discorsi crescevano vie più la 28 mestizia del buon Capuccino, 29 il quale camminava col tristo presentimento in cuore di andare ad udire una qualche sventura.30
Ma perché31 pigliava egli32 tanto a cuore gli affari di Lucia? E perché al primo avviso33 si era egli mosso come34 ad una chiamata del Padre Provinciale? E chi era questo Padre Cristoforo?35
Il Padre Cristoforo da Cremona era un uomo di circa sessant’anni e il suo aspetto come i suoi modi annunziavano36 un antico e continuo combattimento tra una natura37 prosperosa, rubesta, un’indole38 ardente, avventata, impetuosa,39 e una legge imposta alla natura e all’indole40 da una volontà efficace e costante. Il suo capo calvo e coperto all’intorno secondo il rito capuccinesco di una corona di capelli che l’età aveva renduti bianchi, si alzava di tempo in tempo per un movimento di spiriti inquieti e tosto si abbassava per riflessione di umiltà.41 La barba42 lunga e canuta che gli copriva43 il mento e parte delle guance, faceva ancor piú risaltare le forme rilevate44 alle quali una antica abitudine di astinenza45 aveva dato piú di gravità che tolto di espressione, e due occhj vivi, pronti, che di tratto in tratto46 sfolgoravano con vivacità47repentina: come due cavalli bizzarri condotti a mano da un cocchiere col quale sanno per costume che non si può vincerla, pure fanno di tratto in tratto qualche salto,48 che termina subito con una buona stirata di49 briglie.
Il signor50 Ludovico (51cosí fu nominato dal suo padrino quegli che facendosi poi frate prese il nome di Cristoforo52) il Signor Ludovico era figlio d’un ricco mercante cremonese, il quale negli anni suoi, vedovo, e con questo unico figlio 53 rinunziò al commercio, comperò beni stabili si pose a vivere da signore, cercò di far dimenticare che era stato mercante, e avrebbe voluto dimenticarl egli stesso. Ma 54 il fondaco, le balle, il braccio gli tornavano sempre alla fantasia come l’ombra di Banco a Macbeth: in mezzo ai conviti, e alle riverenze dei parassiti, il pover'uomo passò gli ultimi suoi anni nella angustia, 55 parendogli ad ogni tratto di essere schernito, e non riflettendo mai 56 che in verità vendere e comprare non è cosa turpe, e che egli aveva fatta questa professione in presenza di tutto il pubblico senza rimorso. Fece educare 57 il figlio nobilmente, secondo la ragione dei tempi e per quanto gli era permesso dalle leggi, dalle consuetudini, e dal timore del ridicolo. Gli diede maestri di lettere e di esercizi cavallereschi; e morì lasciandolo vivo e giovanetto. Ludovico aveva contratto nella sua educazione abitudini signorili, 58 e le ricchezze gli avevano attirati adulatori che lo avevano avvezzo ad esigere molti riguardi; 59 quando volle mischiarsi coi principali del paese, l’accoglimento o piuttosto le ripulse che n'ebbe fecero un contrasto molto spiacevole colle sue abitudini. 60 rendere la sua situazione più angustiosa, e ad accrescere il suo mal umore inquieto contribuiva anche non poco l'indole sua onesta ed iraconda ad un tempo, che gli rendeva insopportabile lo spettacolo delle angherie e dei soprusi che commettevano alla giornata quelli 61 ch’egli non era portato ad amare. Viveva egli lontano da essi, ma come non poteva non vederli, non sentirne parlare, ad ogni occasione mostrava apertamente il disprezzo e il rancore che 62 sentiva per essi. Questo sentimento unito alla bontà e all’amore della giustizia ch’era grande in lui, lo portava ad assumere volentieri le difese degli oppressi; e con molte sconfitte e con qualche riuscita, con molte spese, con molli raggiri, con molta audacia e con qualche guaio che aveva corso si era fatta una riputazione di protettore, ch’egli 63 era sempre più impegnato a sostenere e che gli aveva procurato il favore di molti e l’odio caldo e risoluto di alcuni potenti. Quando un povero andava a raccontargli un sopruso che gli era stato fatto, 64 ed a raccomandarsi alla sua protezione parlando come se la tenesse per sicura, come se gli fosse dovuta, il signor Ludovico 65 si trovava quasi forzato a pigliare l’impegno, dal timore di perdere ad un tratto tutta la sua riputazione. Ma non è da domandare se in questa sua carriera aveva avuto impicci, disgusti, e pentimenti. Oltre i contrasti fortissimi, i pericoli, le inimicizie crescenti, le spese per le quali aveva molto deffalcato 66 del suo patrimonio; egli si trovava poi spesso anche in lite colla sua coscienza, la quale come abbiam detto era sincera e bene intenzionata. Talvolta colui che veniva a richiamarsi, e che bisognava torre da un impegno, 67 non valeva niente meglio del suo persecutore, ed esaminando ben bene 68 i fatti dell’una e dell’altra parte si sarebbe trovato che se uno meritava la galea l’altro avrebbe dovuto andare a fargli compagnia: talvolta il caso era chiaro, il ricorrente era onesto, e meritava soccorso davvero; ma che? pigliata in mano la sua causa, per opporsi ad una batteria di raggiri, di soprusi, 69 di violenze, di buffe, 70 Ludovico aveva dovuto mettere in opera tanti raggiri, tanti soprusi, tante violenze, menar tanto le mani egli stesso che 71 terminato l’affare, ripensando ai casi suoi, egli si rimaneva con un nemico potente di più, con molti quattrini di meno, e con dei rimorsi alla coscienza.
72 Questo dopo una vittoria, non dico niente poi delle sconfitte: e furono molte. Era poi tormentato dall’idea del biasimo che gli era dato da molti d’imprudente e di accattabrighe, invece della lode ch’egli si sarebbe aspettata.
Cosi combattuto sempre tra la sua inclinazione e gli ostacoli, rispinto sovente, urtato su questa strada ch’egli aveva scelta, più volte 73 gli era passato per la mente il pensiero che nasce dagli imbrogli e dai contrasti, il pensiero di uscirne 74 e di attendere all’anima sua col darsi alla solitudine, cioè col farsi frate, cosa che in quei tempi si chiamava uscire dal secolo. Ma questo che non sarebbe stato forse che un disegno per tutta la sua vita, divenne una risoluzione per 75 uno di quegli accidenti che nelle sue circostanze 76 non gli potevano mancare. 77 Andava egli un giorno per una via di Cremona, accompagnato da un antico fattore di bottega78 che suo padre aveva79 trasmutato in maggiordomo, e che gli era stato fidato fino dall’infanzia.80 Aveva costui nome Cristoforo: era un uomo di circa cinquant'anni, aveva moglie ed otto figli; e tutta la famiglia sussisteva81 colle paghe del padre, e col di piú che vi aggiungeva la liberalità di Ludovico, il quale e per buon cuore e per un po’ di boria non avrebbe mai lasciato mancar nulla ad un uomo che gli apparteneva.82 Vide Ludovico venir da lontano un signor tale83 col quale egli non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nimico e ch’egli pagava della stessa moneta: caso molto comune perché è uno dei84 diletti di questo mondo quello di potere odiare ed essere odiato senza conoscersi. Costui si avanzava ritto, colla testa alta, colla bocca composta all’alterigia e allo sprezzo, mostrando di non voler scendere verso il mezzo della via. Ora bisogna sapere che Ludovico aveva il suo lato destro al muro, e che per conseguenza aveva il diritto (bel diritto!) di85 passare accanto al muro, e che l’altro doveva dargli il passo, ma come abbiam detto, costui86 accennava tutt’altro che la voglia di farlo. Anzi quando furono presso,87 guardando d’alto in basso Ludovico, gli disse con aria di comando: «Tiratevi a basso.»
88«A basso voi,» rispose Ludovico: «la strada è mia.»
«Coi pari vostri, la strada è sempre mia.»
«Si s’ella appartenesse ai soperchiatori.»
«A basso vile plebeo, o ch’io ti dò quella educazione che non ti poteva dare tuo padre.»
«Voi mentite ch’io sia vile: ma non è da stupire che siate cosí prodigo di quello che avete in tanta copia.»
«Tu menti ch’io abbia mentito, » disse con furia e con disprezzo quel signore: e questa risposta era di prammatica copie ora sarebbe 89 dire: — benissimo — a chi vi domanda della vostra salute; indi soggiunse: «e se tu fossi cavaliere come son io, ti vorrei far vedere con la spada e con fa cappa che tu sei il mentitore.»
90« È buona sorte per voi l’esser cavaliere; 91 cosi potete essere insolente e dispensarvi di sostenere la vostra insolenza, come vile che siete.»
92 Così dicendo pose mano alla spada.
«Temerario,» gridò quel Signore, «io spezzerò 93 questa, e la cavò pure cosi dicendo «dopo che sarà macchiata del tuo sangue.» Cosi si avventarono l’uno sull’altro. Cristoforo venne in aiuto del suo padrone e cavò il suo coltello; e due servitori che accompagnavano il Signore andarono addosso a lui e 94 a Ludovico. La gente si ritirava da ogni parte, e 95 giacché nessuno di quelli che s’abbattevano nella via era interessato per amicizia, o 96 per onore a pigliar parte nella disputa, la quale da duello divenne tosto un fatto generale. Il signor Ludovico e il suo Cristoforo dovevano difendersi contra tre, e il combattimento era tanto già diseguale che Ludovico 97 mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico che ad ucciderlo; ma il Signore voleva la vita dell’avversario. Ludovico 98 aveva già toccata in un braccio una pugnalata d’un servitore; e il nemico gli cadeva addosso per finirlo, quando Cristoforo 99 vedendo il suo padrone nell’estremo pericolo s’avventò col pugnale al signore, il quale rivolta tutta la sua ira contra di lui 100 lo passò colla spada. A quella vista Ludovico scordato ogni ritegno cacciò la sua nel ventre del provocatore, il quale cadde quasi ad un punto col povero Cristoforo. 101 Gli scherani veduto il padrone sul terreno, si diedero alla fuga: e Ludovico rimase solo e ferito e circondato dal popolo che accorreva, vedendo finita la guerra. «Che è? che è? — Come è andata? — Son due morti. Gli ha fatto un occhiello nel ventre. — Chi? a chi? 102Grida e confusione; e il povero Ludovico, col compagno ucciso, e quel che è peggio col nemico ucciso da lui, si trovava in mezzo ad una folla che lo stringeva d’ogni parte. Ma, come è facile da supporre, il favore era piuttosto per lui che per l’avversario, e tutti cercavano di salvarlo. Il caso era avvenuto vicino ad una Chiesa di Capuccini, asilo, come ognun sa, impenetrabile allora ai birri, e a tutto quel complesso di cose e di persone che si chiamava la giustizia. Il povero ferito fu quivi condotto o portato dalla folla, e quasi fuori di sé pel favore, pel rimorso, e pel dolore; 103 i padri 104 lo accolsero dalle mani del popolo, che lo raccomandava ai suoi ospiti, dicendo: «è un uomo dabbene, che ha 105 fredda ... un birbone.» 106 Ludovico non aveva mai prima d’allora versato sangue; e benché l’omicidio fosse a quei tempi cosa tanto comune che gli orecchi d’ognuno erano avvezzi a sentirlo raccontare, e gli occhi a vederlo, pure l’impressione che Ludovico ricevette dal veder l’uomo 107 morto per lui e l’uomo morto da lui, fu 108 nuova e terribile, fu una rivelazione di sentimenti ancora sconosciuti. Il cadere del suo nimico, l’alterazione de suoi tratti che passavano in un momento dalla minaccia e dal furore, all’abbattimento e alla 109 debolezza della morte, cangiarono in un 110 punto l’animo dell’uccisore.111 Strascinato al convento egli 112 non sapeva quasi dove fosse e che si facesse; e cominciò appena a comprendere la sua situazione, quando si trovò in un letto 113 della infermeria, 114 nelle mani del frate chirurgo (i capuccini ne avevano sempre alcuno) che aggiustava faldelle e bende sopra due ferite leggere ch’egli aveva ricevute nello scontro.
115 Un Padre che assisteva più frequentemente ai moribondi, e che aveva spesso reso di questi uficj sulla via, fu chiamato tosto sul 116 luogo del combattimento; e tornato pochi momenti dopo, entrò nella infermeria, e fattosi al letto dove Ludovico giaceva: «Consolatevi,» gli disse; «almeno è morto bene, e mi ha incaricato di chiedere il vostro perdono, e di portarvi il suo.» Questa parola 117 fece 118 rinvenire affatto il povero Ludòvico e gli 119 risvegliò più vivamente e più distintamente i sentimenti, che erano confusi e affollati nel suo cuore, dolore per l'amico, pentimento e rimorso120 di ciò ch’egli aveva fatto, e nello stesso tempo un senso forte e sincero di commiserazione e di amore per l’infelice ch'egli aveva ucciso: Ludovico allora avrebbe volentieri data la sua vita per ricuperare quella del suo nemico. «E l’altro?» domandò al padre: l’altro era spirato.
Frattanto121 gli accessi e i contorni del122 convento erano affollati di popolo curioso: ma giunta la sbirraglia fece smaltire la folla, e si pose in agguato a una certa distanza123 dalle porte;124 ma in modo che nessuno potesse uscirne inosservato. Un fratello del morto, due suoi cugini, e un vecchio zio vennero pure armati da capo a piedi; e frementi facevano la ronda intorno, guardando con aria di minaccia gli accorsi del popolo, i quali mostravano nei volti quasi una festa di trionfo e di contentezza.
Appena Ludovico potè riflettere più pacatamente, chiamato un frate confessore125 lo pregò che andasse a casa della moglie di Cristoforo, che rassicurasse ch’egli non aveva fatto nulla per cagionare la morte del suo amico, e nello stesso tempo le desse parola ch’egli si riguardava come il padre della famiglia. Quindi pensando ai casi suoi, il pensiero di farsi frate che tante volte126 gli era passato per la mente, gli si presentò allora, e divenne tosto una risoluzione. Chiamò il guardiano e gli aperse il suo cuore, e n'ebbe in risposta, che bisognava guardarsi dalle risoluzioni precipitate, ma che s’egli persisteva, non sarebbe rifiutato. Allora egli fece chiamare un notajo, e fece in buona forma una donazione di tutto127 ciò che gli rimaneva (che era128 tuttavia un bel patrimonio) alla famiglia di Cristoforo; una somma alla madre, come se le costituisse una contradote, e il resto ai figli.
129 Gli ospiti di Ludovico erano impacciati assai. Consegnarlo alla giustizia, cioè alla vendetta dei suoi nemici130 sarebbe stato lo stesso che rinunziare al privilegio di asilo, screditare il convento presso tutto il popolo, attirarsi l’animavversione di tutti i capuccini dell'universo per aver lasciato ledere il diritto di tutti, tirarsi contra tutte le autorità ecclesiastiche, le quali allora si consideravano come tutrici di questo diritto.
Per l’altra parte la famiglia dell’ucciso era potentissima, forte di aderenze, irritata, e si faceva un punto d’onore di vendicarsi, e 131 minacciava della sua indignazione tutti quelli che mettevano un ostacolo alla vendetta. E quand’anche ai parenti fosse poco importato della morte del loro congiunto (cosa che la storia non dice però) tutti avrebbero apposta la loro vita per avere nelle mani l’uccisore;132 e come toglierlo dalle mani dei capuccini sarebbe stato 133 un esempio insigne, 134 di cui si sarebbe parlato per più d’una generazione, e che avrebbe renduta sempre più rispettabile la casa, cosi erano tutti impegnati, accaniti a riuscirvi.
La risoluzione di Ludovico era il miglior ripiego per cavare i frati da questo viluppo. Vestendo l’abito di capuccino, egli faceva una specie di riparazione, rinunziava a tutte le massime di puntiglio e di vendetta che allora si consideravano come leggi 135 eterne e naturali di onore, rinunziava ad ogni nimicizia, ad ogni gara, e si sottoponeva: era insomma un nemico che depone le armi e si arrende. I parenti poi potevano anche credere e dire che Ludovico si era indotto a ciò per disperazione e per timore; 136 e ridurre un uomo a rinunziare tutto il fatto suo, a tagliarsi i capelli, a crescersi la barba, a camminare a piedi nudi, a non possedere un quattrino, a dormire sulla paglia, a vivere di elemosina, poteva parere un castigo bastante anche all’offeso il più superbo. Il Padre Guardiano andò umilmente dal fratello del morto, e dopo mille proteste di rispetto per l’illustrissima casa, e di desiderio di 137 servirla in tutto ciò che non fosse contrario alle leggi della chiesa, parlò del pentimento di Ludovico (che era vero), e della sua risoluzione, come se chiedesse un consiglio o quasi un permesso. Il fratello diede nelle smanie, che il capuccino lasciò passare, dicendo di tempo in tempo: «È un troppo giusto dolore:» parlò alteramente, e il capuccino raddoppiò di umiltà e di complimenti; fece intendere che in ogni caso 138 la sua famiglia avrebbe saputo pigliarsi una soddisfazione; e il capuccino 139 non gli contradisse però; finalmente domandò, impose 140 come una condizione che l’uccisore di suo fratello 141 partirebbe tosto da Cremona. Il Capuccino che aveva già pensato di 142 far cosi, mostrò di 143 accordar questo alla deferenza ch’egli e tutti i suoi avevano per l’Illustrissima casa, e tutto fu conchiuso. Contenta la famiglia per le ragioni che abbiam dette, contenti i frati, contenti 144 quelli che avrebbero dovuto punire Ludovico, perché dopo la donazione fatta da lui di tutto il suo avere, la persecuzione che gli si sarebbe fatta non avrebbe portato che in più e fatiche, contento il popolo il quale vedeva salvo un uomo che amava, dalle persecuzioni di prepotenti che odiava; e che nello stesso tempo 145 ammirava una conversione; contento finalmente 146 ma per motivi diversi e più alti il nostro Ludovico; il quale non desiderava altro che di cominciare una vita di espiazione, di patimenti e di servizio agli altri, che potesse compensare il male ch’egli aveva fatto, e raddolcire il patimento insoffribile del rimorso. Cosi Ludovico a trent’anni 147 si avvolse, come si direbbe poeticamente, nelle morbide 148 lane, 149 diede un eterno addio al 150 mondo ed al barbiere, e fu novizio. 151 Ognuno sa che quando uno si affigliava ad una regola, lasciava il nome di battesimo, e ne prendeva un altro; Ludovico assunse quello di Cristoforo. 152 Appena Fra Cristoforo ebbe assunto l’abito, il guardiano gl’intimò che andrebbe a fare il noviziato a Modena, e partirebbe all’indomani. Il novizio gli si gettò allora ai piedi, e lo chiese d’una grazia. «Io parto,» diss’egli, da questa città dove ho sparso il sangue d’un uomo, e vi
lascio 153 i congiunti di esso e un fratello, quelli che io ho offesi, senza aver fatta una riparazione. Permettetemi che io quanto è da me ripari 154 almeno col fratello l’ingiuria, e tolga se si può il rancore 155 dal suo cuore.» 156 Al guardiano parve che questo passo, fatto con tutte le precauzioni, riconcilierebbe al tutto il convento colla famiglia e gli disse che gli darebbe risposta, e andò difilato dal fratello dell’ucciso,
esponendogli la richiesta di Fra Cristoforo. Dopo qualche
sbruffo di collera, e qualche esitazione; « venga domani » diss’egli, e indicò l’ora. Il guardiano si assicurò che
157 il novizio non arrischiava nulla, e gli diede la licenza desiderata.
Il signore superbo pensò tosto che poteva dare molta solennità a questa riparazione, e soddisfare cosi in un punto la vendetta e l’orgoglio, e crescere la sua importanza presso tutta la parentela, e presso il pubblico: e fece avvertire in fretta tutti i parenti che all'indomani al mezzo giorno 158 restassero serviti (cosi si diceva allora) di venire da lui per ricevere una soddisfazione comune. Al mezzogiorno la casa era piena di signori d’ogni età e d’ogni sesso, tutti in grande apparato, con grandi cappe e con durlindane infinite con ... Il cortile e le anticamere e la strada formicolavano di servi, di paggi, e di bravi. Fra Cristoforo arrivò, vide tutto l’apparato, ne indovinò il motivo, e dopo un picciolo contrasto fu contento che la riparazione fosse clamorosa. L’ho ucciso in pubblico, diss’egli fra sé, alla presenza dei suoi nemici: 159 quello fu lo scandalo; questa è riparazione. Cosi con gli occhi bassi, col padre compagno al fianco, attraversò la folla che lo riguardava 160 con una curiosità poco cerimoniosa, sali le scale, 161 e con una confusione che162 cercava di vincere giunse di sala in sala alla presenza del fratello il quale era circondato dai parenti più prossimi. Fra Cristoforo gli si gettò ai piedi e disse: «Io sono l’omicida di vostro fratello. Sa Iddio se io 163 vorrei restituirglielo 164 a costo del mio sangue; ma non potendo che farle 165 inutili scuse, la 166 supplico di accettarle per Dio, e di perdonarmi.» Tutti gli occhi erano rivolti sul povero novizio e sull’uomo cui egli parlava, e s’intese un mormorio di pietà, e di rispetto. Il signore 167 che stava in atto di degnazione forzata ed ira compressa, e si preparava a goder d’un trionfo, fu turbato, e chinandosi verso l’inginocchiato: «Alzatevi,» disse; l’offesa ... ma l’abito che portate ... non solo questo; anche per voi... Si alzi, padre ... Mio fratello, ... non lo posso negare; era... era un po’ caldo... un po’ subito... ma quello che Dio ha voluto ... Non se ne parli più ... Padre si alzi per amor del cielo;» e presolo per Le braccia lo sollevò ...
Fra Cristoforo alzato quasi a forza, e tenendosi pur chino rispose: «Se quegli che io non oso nominare ha 168 fallato, ha avuto pur troppo il castigo e spero che Dio 169 misericordioso si sarà contentato di questo, e gli avrà dato il suo perdono; ma io son qui, e non ho altro motivo per pretenderlo da lei che la sua bontà, e i meriti del signore.»
«Perdono!» disse il signore: «ma, padre, Ella non ha bisogno... pure giacche lo vuole, certo, certo io le perdono di cuore, in nome anche di tutti,» e qui si guardò intorno, e gli astanti: «si si» gridarono ad una voce tutti tutti. Allora il Signore mosso dall’aspetto del frate e dal sentimento di tutti gli astanti, gettò le braccia al collo di Cristoforo, il quale stringendolo 170 più basso, ricevette da lui e gli rendette il bacio di pace.
Tutti allora furono intorno a Fra Cristoforo, e la conversazione 171 divenne generale. Il signore che aveva voluto in questa occasione far pompa di tutto aveva fatto preparare un 172 rinfresco sontuoso, e fatto cenno ad un cameriere si riavvicinò a Fra Cristoforo, 173 il quale stava in atto di accomiatarsi, e gli disse: «Padre mi dia una prova di amicizia col gradire una picciola refezione, 174 e fare un po’ di festa con noi.» Intanto giunsero i rinfreschi 175
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176 Il Signore volle servire pel primo il buon novizio: il quale 177 scusandosi con umiltà cordiale: «Queste cose» disse «non sono più per me; ma tolga il cielo ch’io rifiuti 178i suoi doni: io sto per pormi in viaggio, si degni di farmi portare un pane, perché io possa dire di aver goduta la sua carità, di aver mangiato il suo pane, di aver questo segno del suo perdono.
Il signore commosso ordinò che 179 cosi si facesse e tosto giunse un cameriere riccamente vestito, che portando un pane sur un bacile d’argento lo presentò al Padre, il qual presolo e ringraziato, 180 lo pose nella sua 181 bisaccia. Il signore alzando la voce disse al cameriere: «si mandi pane bianco e vino al convento per tutta la comunità.» 182 Dopo alcuni momenti Fra Cristoforo chiese licenza, ed abbracciato di nuovo il signore, e tutti quelli che lo stringevano e che volevano pure abbracciarlo, si strappò da essi a fatica, 183 ebbe a combattere nelle anticamere 184 per isbrigarsi da quelli che gli baciavano il lembo dell’abito, il cordone, il cappuccio; e si trovò nella via portato come in trionfo, ed accompagnato da una folla di popolo fino alla porta donde usci, cominciando il suo pedestre viaggio 185 verso il luogo del suo noviziato.
Il fratello dell’ucciso e il parentado, che si erano 186 preparati ad assaporare quel giorno la trista gioja dell’orgoglio, si trovarono 187 invece ripieni della gioja serena del perdono e della benevolenza. La conversazione rimase più pacata, più semplice, senza apparato, cordiale: e invece di trattenersi di riparazione, di puntigli, 188 di vantare la storia delle soddisfazioni prese, e dei sopramani vendicati, non si parlò che del Padre Cristoforo, 189 e delle virtù dei Capuccini; e taluno che per la cinquantesima volta avrebbe raccontato come il Conte Muzio suo avo aveva saputo fare stare quel Marchese Stanislao che ognun sa che Rodomonte era, parlò invece della vita 190 penitente di un Fra Benedetto morto molti anni prima. Sciolta la brigata, 191 il signore, ancora tutto commosso si maravigliava di tratto in tratto fra di sé di ciò che aveva detto, di ciò che aveva fatto, e borbottava fra i denti: « Frate Frate Frate singolare! 192 Se rimaneva ancor li per qualche momento, quasi quasi gli avrei domandato io scusa.» 193
Però è da notarsi che tutti i convitali partirono di là un po’ migliori di quello che vi fossero andati, e ch’egli stesso fu per tutta la sua vita un po’ meno superbo e un po’ più indulgente.
Il Padre Cristoforo 194 camminava con una consolazione quale non aveva provata mai dopo quel giorno terribile, ad espiare il quale tutta la sua vita doveva essere consacrata. Ai novizj era imposto silenzio; e Cristoforo serbava senza fatica questa legge, tutto assorto nel pensiero delle fatiche, delle privazioni e delle umiliazioni che avrebbe incontrato per espiazione del suo fallo. 195 Fermandosi all’ora della refezione presso un benefattore, egli si mangiò con una specie di voluttà il pane del perdorto: ma ne risparmiò 196 un tozzo 197 e lo ripose nella sporta onde serbarlo come un ricordo perpetuo.
Non è nostro disegno di narrare 198 la vita fratesca del nostro buon padre: diremo dunque soltanto ch’egli passò il suo noviziato sostenendo alacremente le dure discipline 199 di quello stadio, e sottomettendosi bravamente alle prove, talvolta 200 assai strane 201 a cui 202 erano posti i novizii, facendo per regime ciò che gli appariva ragionevole e pensando 203 pel resto che un omicida non doveva esser trattato con molte cerimonie. Divenuto frate professo egli si consacrò specialmente 204 in quanto dipendeva dalla sua scelta a tre 205 sorta di servizj: assistere moribondi, comporre dissidj. ... e proteggere gli oppressi. A questa ultima occupazione era egli portato dalla antica abitudine, la quale operava in lui con 206 motivi più puri e da un resto di spirito guerriero 207 che le umiliazioni e le macerazioni non avevano 208 sopito. Il suo linguaggio come le sue azioni mostravano a chi l’ avesse attentamente considerato i segni di questo spirito 209 indeboliti ad ogni momento da uno sforzo continuo, ma non mai cancellati del tutto.
Era a quei tempi comunissimo 210 a tutte le classi di persone l’usanza d’infiorare il discorso di quelle parole delle 211 quali quando si vogliono stampare non si pone che l’iniziale con alcuni puntini, di quelle parole che esprimono 212 o ciò che vi ha di più sozzo o ciò che vi ha di più riverito, di quelle parole le quali quando 213 scappano ad un signorino nella puerizia fanno fare il viso dell’arme alla mamma, e la fanno sclamare: «ohibò! dove hai tu inteso questo: nella via o dai servitori certamente» 214 (l’avrà inteso dal signor padre), di quelle parole che non sono sconosciute nelle sale fastose e che formano la terza parte dei colloquj del popolo, al quale dicono alcuni sapienti che converrebbe abbandonarle; ma questi sapienti non dicono bene, perché 215 comunque gli uomini siano classificati, non ci ha alcuna classe d’uomini alla quale convenga ciò che è turpe. Quest’uso era adunque comunissimo in allora, e chi ne vuol la prova 216 dia una occhiata alle leggi che bestemmiavano pene atroci per impedir la bestemmia, guardi alla cura che i vescovi 217 prendevano per togliere questa vergogna dal clero stesso. 218 Il Signor Ludovico aveva fatto un tale uso di queste frasi che la lingua del Padre Cristoforo durava fatica a rimandarle tutte le volte che si presentavano, cioè ad ogni primo impeto di passione di qualunque genere; ma il Padre Cristoforo faceva stare la sua lingua. Solamente in certi casi rari, nei quali la passione era tanto viva che quasi quasi Cristoforo tornava per un momento Ludovico, 219 veniva ad un componimento. Si proferivano le parole, 220 trasformate: ad alcune consonanti radicali n’erano sostituite altre che toglievano il senso ordinario alla parola, e lasciavano soltanto travedere una lontana intenzione, quasi un bisogno di proferirla. Cosi mutato, trasformato temperato era l’animo, in modo però che riteneva alquanto dell'antica sua natura.
Abbiamo già detto che la Lucia si confessava dal Padre Cristoforo, e che gl'aveva 221 confidate le sozze persecuzioni di D. Rodrigo. È quindi naturale che il Padre accorresse alla chiamata di Lucia con ansia tanto più grande, che avendole egli dato consiglio di non palesar nulla e di starsene quieta sperando che la burasca passasse, temeva ora 222 che il suo consiglio fosse stato cagione di qualche nuovo pericolo; ed alla sollecitudine di carità che gli era naturale, si aggiungeva quello scrupolo delicato che tormenta i buoni.
Ma frattanto che noi 223 siamo stati a raccontare i fatti del Padre Cristoforo, egli è giunto, 224 si è affacciato alla porta, e le donne lasciando il manico dell’aspo che facevano girare e stridere, si sono alzate, 225 dicendo ad una voce: «Oh Padre 226 Cristoforo! Sia benedetto!»
Note
- ↑ la lu
- ↑ dagli
- ↑ le lasciava cadere sulle vie sui campi e sul viottolo
- ↑ Sopra le siepi
- ↑ le foglie delle viti tinte a diversi rossi
- ↑ tinte
- ↑ e i campi già lavorati contrastavano
- ↑ strisce di corretto l'e di lunghe in i
- ↑ pia
- ↑ s'incontravano
- ↑ annunziavano nel
- ↑ e nel portamento
- ↑ Mendichi laceri e macilenti. [parte] alcuni invecchiati nel mestiere [parte] alcuni | parte
- ↑ [ma sconosciuti al Padre] ma che si
- ↑ conoscev
- ↑ spinti dalla fame | ca
- ↑ non potevano
- ↑ avevano
- ↑ più
- ↑ comparire uomini i quali
- ↑ [i quali apparivano] i quali si vede
- ↑ Passando [questi a] tutti a canto al Padre Galdino
- ↑ cosa che essi d
- ↑ ardito
- ↑ ora
- ↑ Non ne abbiamoper due mesi; le casta
- ↑ I ricchi diventano crudeli
- ↑ tristezza
- ↑ [il quale già s’era mosso col presentimento di andare ad udire una sventura, poiché l’invito e la premura di Lucia] al quale l’invito di Lucia e il mistero e la premura con cui gli era stato [fatto] mandato, facevano presentire una qualche sventura. (Qui lacuna d’un rigo e mezzo.) Ma (altra lacuna d'un rigo) al quale il cuore diceva già ch’egli s'incamminava ad udire una qualche sventura.
- ↑ Ma perché aveva egli in cuore questo presentimento? E perché si pigliava
- ↑ si
- ↑ tanta
- ↑ era
- ↑ se andasse all'o
- ↑ Se il lettore non fa tutte queste interrogazioni per [impazienza né per] malevola impazienza [né colla intenzione] né per [censurare] cavillare il povero narratore, ma per una sincera volontà [di essere informato] d'imparare e di essere informato della storia, legga quello che siamo per dirgli intorno [al Padre Cristo] al nostro buon frate, e sarà soddisfatto.
- ↑ il
- ↑ rubesta
- ↑ pronta
- ↑ e una volontà costante ed efficace
- ↑ [, ed eseguita] e mantenuta costante
- ↑ La barba [canuta che] presso ché (sic) tutta canuta. Le forme della sua faccia erano rilevate,
- ↑ canuta che gli
- ↑ la metà
- ↑ Ma
- ↑ aveva
- ↑ scintillavano
- ↑ e con bizzarria,
- ↑ forse per mostrare che obbediscono
- ↑ freno
- ↑ Qui signor; altrove invece, come si può vedere súbito, Signor. E cosí, con molti Padre, si avranno dei padre e Don, don, D. Rodrigo
- ↑ tale era il nome che fu dato
- ↑ per
- ↑ si st
- ↑ il braccio
- ↑ temendo
- ↑ il pover uomo
- ↑ [signorilmente] il figlio, come s’usava in allora, cercando d’imitare | nobilmente, secondo il costume d’allora,
- ↑ e gli adulatori
- ↑ ma [si accorse che] vide l’accoglimento ch’egli trovò... fra
- ↑ I maggiori
- ↑ non aveva ragione d’amare
- ↑ [nutriva per] nutriva
- ↑ s'
- ↑ Ludovico
- ↑ non avrebbe | ricusarla, ...
- ↑ Sic.
- ↑ era un corsale [non valeva niente più] era un
- ↑ la ragione
- ↑ di calunnie
- ↑ era st
- ↑ dopo la vittoria gli
- ↑ [Condotto da quest] Non dico niente poi
- ↑ [gli era venuto] aveva riposato
- ↑ col darsi alla solitudine [e allora] in quei tempi [col dar] col farsi
- ↑ un tristo accidente
- ↑ dovevano
- ↑ Passeggiava egli un
- ↑ di suo
- ↑ cangiato da quel maggi
- ↑ Era costui un
- ↑ delle
- ↑ ... alla rivolta d'un ...
- ↑ che egli non conosceva di persona
- ↑ piaceri
- ↑ stare a
- ↑ non
- ↑ volle egli fa
- ↑ Non vi av
- ↑ rispondere
- ↑ Io non sono cavaliere ma
- ↑ perché [potè] potete essere insolente e vile...
- ↑ Fermo
- ↑ la mia
- ↑ al suo pa
- ↑ Sic.
- ↑ perché quello | allora perché era
- ↑ cercava
- ↑ era già ferito da una pugna
- ↑ gli...
- ↑ gli pose la punta della
- ↑ : i proditori
- ↑ ma quelli che erano dintorno al povero Ludovico
- ↑ fu accolto da
- ↑ lo pre
- ↑ fatto
- ↑ Nel correggere per la copia, fu cancellato fredda (per freddato), e scritto di séguito superbo: l’ha fatto per sua difesa: c’è stato tirato pe’ capelli.
- ↑ che moriv
- ↑ affatto
- ↑ [grave] severa
- ↑ tratto
- ↑ Cond
- ↑ appena sapeva
- ↑ nella
- ↑ dei frati
- ↑ II padre che assi | Un pad
- ↑ campo di
- ↑ che
- ↑ risentire
- ↑ fece sentire
- ↑ per la
- ↑ [i contorni] le uscite
- ↑ Ripetuto il del
- ↑ dalle usc
- ↑ in modo però che
- ↑ lo pregò che
- ↑ come abbiamo detto
- ↑ il suo che
- ↑ ancora
- ↑ I frati erano in un impiccio serio
- ↑ cosicché | l'esser cosa vile e crudele (ragione .. . che è già potente quando è accompagnata da altre)
- ↑ riguardava
- ↑ e toglierlo
- ↑ un esempio insigne di inaudita potenza
- ↑ che avrebbe renduta sempre
- ↑ eterne div
- ↑ e fare
- ↑ compiac
- ↑ avrebbe potuto pigi
- ↑ che non era persuaso
- ↑ Scritto inpose
- ↑ non si rimarrebbe in Cremona.
- ↑ mandarlo tosto in un altro convento
- ↑ far
- ↑ i magistrati
- ↑ aveva lo spettacolo di am
- ↑ il nostro Ludov
- ↑ si propose
- ↑ Scritto veramente morde
- ↑ e fu novizio
- ↑ barb
- ↑ Appena ebbe vestito l'abito, il guardiano l'avverti che adasse a fare il noviziato a Modena, e che partirebbe l’indomani. In margine Il sospetto che la sua risoluzione fosse attribuita al timore lo afflisse un momento; ma tosto egli fu lieto di poter sofferire questa ingiustizia.
- ↑ ed ognuno indovina che Ludovico assunse quello di Cristoforo perché [ogni chiamata] voleva ad ogni volta che si faceva nominare... ma [il dirlo] il dir di più sarebbe veramente far torto alla perspicacia del lettore.
- ↑ quelli che lo piangono,
- ↑ con essi
- ↑ dai loro cuori
- ↑ In | caso parve al guardiano da pensarvi
- ↑ sarebbe bene accolto
- ↑ gli facesser
- ↑ così potessi
- ↑ senza cerimo
- ↑ confuso si trovò
- ↑ sempre crescente ma
- ↑ dar
- ↑ restituirvelo
- ↑ farvi
- ↑ vi
- ↑ s’era preparato
- ↑ avuto colpa
- ↑ avrà mi
- ↑ ove il minor s’appiglia
- ↑ si fece
- ↑ gra
- ↑ e gli disse
- ↑ in segno di allegria, e Fra Cristoforo
- ↑ Qui lacuna di quattro righe almeno.
- ↑ Fra Cristoforo
- ↑ rifiutando con
- ↑ i doni della sua casa:
- ↑ si
- ↑ il signore
- ↑ sporta
- ↑ Fra Cristoforo dopo
- ↑ passò a
- ↑ dove
- ↑ per avviarsi [al suo] al
- ↑ disposti a godere
- ↑ senz'avvederseue, penetrati
- ↑ di soddisfazioni
- ↑ di cui [Fra'] del perdono di nuovo
- ↑ astinente
- ↑ [fratello] padrone della festa,
- ↑ [quasi] se il colloquio durava ancora, quasi
- ↑ perch’egli mi [avesse] abbia ammazzato il fratello.
- ↑ poi
- ↑ All’ora del pr.
- ↑ serbò
- ↑ che
- ↑ far la storia della vita
- ↑ che gli erano in
- ↑ stranissime
- ↑ che si
- ↑ si mettevano
- ↑ trovando
- ↑ ad assitere a tre
- ↑ opere
- ↑ altri
- ↑ he non aveva mai
- ↑ estinto
- ↑ [compressi] compressi
- ↑ Sic; ma spiegabile con l’uso d’infiorare tutti
- ↑ le
- ↑ [le idee] o le idee le più sozze, o le cose le più riverite
- ↑ ad un
- ↑ e lui
- ↑ la cosa
- ↑ legga le
- ↑ stessi
- ↑ Il Padre Cristoforo era stato [del secolo e quando] dilettante di queste parole da secolare
- ↑ si lasciava sfuggire alcuna di queste parole, faceva una transazione
- ↑ ad alcune consonanti radicali veniva (sic) congiunte
- ↑ Sic.
- ↑ di esser forse
- ↑ abbi
- ↑ alla porta
- ↑ gli si sono fatte incontro
- ↑ guardiano
- ↑ Corretto in Cristoforo e poi cancellati tutt'e due. Per altra redazione del principio del capitolo, si veda l'Appendice E.