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capitolo iv. - il padre galdino. | 77 |
mosso si maravigliava di tratto in tratto fra di sé di ciò che aveva detto, di ciò che aveva fatto, e borbottava fra i denti: « Frate Frate Frate singolare! 1 Se rimaneva ancor li per qualche momento, quasi quasi gli avrei domandato io scusa.» 2
Però è da notarsi che tutti i convitali partirono di là un po’ migliori di quello che vi fossero andati, e ch’egli stesso fu per tutta la sua vita un po’ meno superbo e un po’ più indulgente.
Il Padre Cristoforo 3 camminava con una consolazione quale non aveva provata mai dopo quel giorno terribile, ad espiare il quale tutta la sua vita doveva essere consacrata. Ai novizj era imposto silenzio; e Cristoforo serbava senza fatica questa legge, tutto assorto nel pensiero delle fatiche, delle privazioni e delle umiliazioni che avrebbe incontrato per espiazione del suo fallo. 4 Fermandosi all’ora della refezione presso un benefattore, egli si mangiò con una specie di voluttà il pane del perdorto: ma ne risparmiò 5 un tozzo 6 e lo ripose nella sporta onde serbarlo come un ricordo perpetuo.
Non è nostro disegno di narrare 7 la vita fratesca del nostro buon padre: diremo dunque soltanto ch’egli passò il suo noviziato sostenendo alacremente le dure discipline 8 di quello stadio, e sottomettendosi bravamente alle prove, talvolta 9 assai strane 10 a cui 11 erano posti i novizii, facendo per regime ciò che gli appariva ragionevole e pensando 12 pel resto che un omicida non doveva esser trattato con molte cerimonie. Divenuto frate professo egli si consacrò specialmente 13 in quanto dipendeva dalla sua scelta a tre 14 sorta di servizj: assistere moribondi, comporre dissidj. ... e proteggere gli oppressi. A questa ultima occupazione era egli portato dalla antica abitudine, la quale operava in lui con 15 motivi più puri e da un resto di spirito guerriero 16 che le umiliazioni e le macerazioni non avevano 17 sopito. Il suo linguaggio come le sue azioni mostravano a chi l’aves-