Delle notti/Decima Notte

Decima Notte

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Edward Young - Delle notti (1745)
Traduzione dall'inglese di Giuseppe Bottoni (1770)
Decima Notte
Nona Notte Undicesima Notte
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X.N O T’T E.


L’IMMORTALITÀ.


Prove Morali*


ARGOMENTO.


L' amore innato, e la propensioni che abbiamo alla virtù, ed alla gloria: il sentimento morale, che ci fa discernere la turpitudine daW onestà: la stanchezza, e la noja, che destano iti noi tutte le cose sensibili: il cuore inquieto fuori dell* infinita sfera, su cui deve esercitarsi la sua attività, eli c Dio: la vanità de 9 nostri desiderj incontentabili da tutto ciò eh* è materia: sono le prove, che nobilmente sviluppa in questa Notte il Poeta per convincere i libertini dell 9 esistenza d % un anima immortale. Piena di sublimità, unita alle più squisite bellezze poetiche, è questa filosofica Poesia.

Morto adunque £J*à sci, Cigno sublime? (1)
Tu, che genio dal Cielo in dono avesti
Per far altri im mortai, tutto ti perdi?
Ah no, tu vivi, e l’alma tua m’ispira
5E rispetto, e stupor: fa plauso il core
Al tuo passaggio sulla riva opposta.
lo, che sì prèsto riveder ti deggio,
Perchè dar ti dovrei l’ultimo addio?
Presso io sono a lasciar le stelle, il sole,
10Per goder più bel giorno, e ciel più amico.
L’uom non cede alla morte, in lei s’immerge 3
E risorge immortai; la tomba <t solo
Sotterraneo sentier, che al b«n lo guida.

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In due parti tra lor varie: di questa
15Mostra il principio ii suo terren soggiorno:
Ma sol l’eternità tutto il volume
Svolge ore stava, ascoso il suo destino.
Già l’incredulo disse: Io sulla terra
Sol vasta serie di fantasmi osservo,
20De 9 quai nasce ciascun, poi si dilegua,
E nel volger d’un 9 ora a mille a mille
L’uno all’altro succede; ed ombre io miro.
Che un fantastico Dio col soffio crea (
Che col soffio distrugge un Dio crudele.
25Il Lutto altro non è che un corso eterno
D ’esseri miserabili mortali, ’
Che con strepito traggo al nulla in seno
Del tempo il rapidissimo torrente.
Non avrà dunque l’uomo in mezzo a questo
30Torrente, che il trasporta, almen dun mallo
Il misero sostegno., ove il timore
Un momento deponga, al suo destino „
Volger possa uno sguardo, e prender Jena
Nel ripensar, che il viver suo del caso
35Opra non fu, eh 1 ei nacque, e vive ancora?
Ih mezzo adunque al naufragar di tanti
Esseri illustri, e vaghi, un esser primo ’
Non vi sarà, che col suo trono al mondo
Fornii la base, e sullo spàzio stenda
40L’impero suo qual vasto faro ardente,
A cui d’intorno i figli suoi, che Tempia
Morte ferì, disperse, a unir si vanno
Per far più adorna Ja sua reggia, e il sommo
Ben, che a* fonti dispensa, avere in premio?
45Ne un sovrano potere adunque esista,
Che in ogni tempo sia del ver, del girìsto
Vincolo necessario, e centro, e fine?
Dunque colui, che ben potè sul niente
L’impero esercitar, trarne dal seno
50Gli esseri tatti, il vincitor s»o braccio
In certo dì non stenderà per trarli
vDair artiglio di morte? Ad ogni tomba

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Dunque non chiederà la preda antica,
Nè vorrà ohe la terra, e l’oceano
55Rendan quanto a lor diè quand’ei fé 1 il tutta,
Se l’incredulo ornai non può natura
Erudir: se protervo il ciglio ei chiude
A ciò che mira, c fia che poi resista
A ciò chVi sente in sen? Se del supremi
60Arbitro Creator fiacca la voce,
CheNneir opere sue chiaro risuona,
Gli par, l’ascolti in se medesmo: il guardo
In se rivolga, ed in se stesso ei legga:
In lui tutte già son le cifre impresse
65Dell 1 immortalitade, e porta in seno
Il severo censor, che lo condanna.
Non tradisce, o lusinga i figli suoi
Natura: all’uomo in sen giammai non scrisse
Favole, sogni, e non fé’ mai dell’uomo
70Un spettro nienzogner, che l’uomo inganni*
Guida la greggia tua ove più folte,
E più pingui son l’erbe: ella contenta
Pascola, non si lagna; a te si nega
Quella pace che gode. Ha l’uomo in seno
75Molesto senso, che costante il segue,
Sempre il tormenta. Il pastorello, il prence
Della sorte si duole; ed i sospiri
Eco si fan dalla capanna al trono.
Pur qual immenso spazio il suo destino
80Divide! L’un ne’ regni suoi racchiude
Più mari; e sulla terra ha l’altro un solo
Tugurio vii di poche stoppie: e creta,
Che in fretta alzò dove neppur si vede.
Orma d’abitator, debol difesa
85Al ealdo, al gelo, al tempestar del veruo.
E più creder dovrei per la mia greggia,
Che per me generoso il Nume eterno?
Ah no. Questo ch’io provo ingrato senso,
Che scontento mi fa, delF esser miò
90Immortale è l’indizio, è dell’istinto
Vofc.e, che va chiamando il solo oggetto,

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Che per esser felice ancor gli manca.
Stabil legge è che l’uom, sempre agitato
Dalla natia grandezza, in rozzo tetto,
95E sul trono si lagni • I suoi tormenti
Della sua nobiltà son prova, e voce
Son le miserie sue che al cuor mV infuona,
Che per esser beato ei fide il giorfio.
Questo, in cui vive Tuoin, globo infel ice
100La sua patria tion è: terra straniera • •
E’ dove alPuom, che la traversa, un cibo,
Che saziarlo non può, natura appresta •
In van di raddoppiar diletti, e gioje
Da’ mortali si tenta: in mezzo a questa *"
105Sterile copia più infelici ancora,
Più famelici sono, e il più toccante
Diletto lascia un desiderio in seno.
Se più alto poggiar l’uomo non puote,
Scendere ei vuol, che di restar si sdegna
110In tranquillo riposo. Il soglio, e Roma
Se Tiberio abbandona, e in ermo lida ~
Negl* infami piacer s’immerge, e lorda A
E’ l’ambizion, che di salir dispera/
E in sozzo vischio l’avvilisce, e inceppa» "
115Dio con occulta ed invincìbil forza
Lancia verso il futuro il cor dell’uomtf.
Colle sempre spiegate ali robuste
L’instancabile speme il voi dirige
Ad ogni oggetto, che a veder s’incontra - ’
120Insaziahil costei, sempre scontenta
De’ trapassati eventi, astringe l’uomo
Ad immolare a cento larve e cento
Il riposo, la pace, e vuol che al case
Ritorni ad affidar quel ben, che gode.
125Del presente costei sprezza ogni dono, 1
Ogni piacer sul nascere distrugge, ’ •
Fino alla tomba ci molesta, e incalza;
Nò di strazio maggior forse è sorgente - r
Un cieco, un fiero, e disperato affetto. ’
130Perchè men vivo ò del desio che nacque

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Un gustato piacer? Perchè d’uà soglio
Una brama è più cara? Appena è questa
Paga perchè distrugge ogni diletto?
Ah P eterno Signor, che in questo esilio
135Sol la speme ci lascia, altri più veri,
Più stimabili beni a noi riserba
All’avvenire in seno; e sempre #nela
Ogni mortale alPinvisibil meta,
Ove la destra onnipotente il trae.
140Voglio che Palma tua, tutto te stesso
Più dappresso In veggia • In questa terra
Le potenze deJP uom restano sempre
Nella minore età; sempre imperfetti
Sono i prodotti loro, e assai più vili
145Della loro ragion. Dell’uomo osserva
Quanto sia la ragion distante, e varia
Dall’istinto de’ bruti. E’ sempre quella,
Di perfezion capace, e sempre avanza
Con progresso infinito: in pochi istanti.
150Questo nasce, si forma, ed è perfetto.
Tende allo scopo suo con lento piede
La ragion: ma P istinto allor eh è scopre
Ciò che brama, si lancia, e a quel s’unisce
Giungon ben presto i bruti al punto estremo
155A cui giunger da lor si puote, e sorge
Quasi in un punto in essi il genio, il moto,
Quanto è proprio di lor; nè posson mai,
Se di secoli ancor prodiga fosse
La Parca, in nuova, o più perfetta guisa
160Sapere, agir, bramare }, esser pili lieti.
Ma Puom, se vita al più helP astro eguale
Avesse, ognor qualche novello arcano
Potria scoprire, e nel momento estremo
Il desio di saper vivrebbe ancora.,
165Al Ciel c’invitan colla voce istessa
La nostra piente, il nostro cor, le nostre
Potenze tutte, e le passioni ancora.
Sentono queste, che inattiva resta
Di lor gran parte in questo esilio. ( Oh quanto

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170Sono attive però pe’ vili oggetti,
Che offre lor questo globo! ) E queste vaie Ai
Seducenti chimere atte non sono:8
Tutta la forza ad occuparne, insieme
Fissarle a giusta lance, e porle in calma;
175Cosi sempre in tumulto, e sempre in moto,
Son tormento dell 9 nomo, e il viver suo
Rendono un tempestoso irato mare.
Delle passioni la vorace fiamma!
Della terra in un punto arde, e consuma
180Gli aridi frutti; e mentre avida in traccia
D’altri sen corre, a desolar va il mondo
Colui,che d’ambizion solo si pasce,. *
Sprezza quei che sortì felici eventi,
E oggetto vii la gloria sua gli sembra-.
185Cesar dell’universo al soglio asceso,
Di valor, di poter, di gloria pieno,
Tristo in volto proruppe: E questa è tutto?...
Quando l’uomo s’accende, e fiero orgoglio
Sente del suo saper, de’ inerti suoi;
190Che in trionfo la fama il nome, e l’opre
Per un secol ne poi’ti, ad esso è poco».*,»
Pago non è che faccian plauso intanto
Quei che vivono ancor, se la sua gloria
Non va sicura a contrastar coirli anni:
195Se le sue lodi risuonar non fanno
- Quei che nati non son. Da noi si brama.,
D’aver nome invmortal? Strana follìa-!
Che allo spirito uman sarebbe ignota,
Se immortale non fosse. Un forte istinto
200Neir avvenir ci spinge, e fa che in esso
Util si cerchi. Ah forsennati, ah ciechi!
Che di vera sostanza andando in traccia,
U ombra di quella il nostro corso arcesta..
Non è la fama, a cui Tuoni sempre ancia,-..
205Non è immortalità: ma sol può dirsi j:
Un’immagine sua, che vii rassemhra
• Allor che si possiede, e poi si perde.
Ma benché nelle-nostre ardenti cure j

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Sempre ingannati siam t sempre scontenti
210Di quanto l’ambiziosa avida sete
Saziar promise, ah non possiam dal seno
Svellersi questa brama, e la natura,
Che a più nobile oggetto in noi P impresse *
Senza il nostro voler quella conserva.
215Troppo faro tra noi vantati i sensi,
Che a Pirro espese il Consiglier sagace.
Saggi sembrano allor: ma pur fallaci
Que’ detti son, che dell’eroe la spada
Domalo il mondo avria f ma la ragione
220L’amLizion dell’eroe non, vinto avrebbe.?
L v iiom non puote arrestarsi, e in ogni istante
Tenta in alto poggiar. Un moto interno,
Incapace di freno, un urto ardito.
Sempre lo sprona 5 «l’alma sua solleva •.
225La colmi pur de’ deiii suoi fortuna,
Inceppcrla n©n può, che più vivace
S’agita, s’erge, ed ha di lei vittoria.
Sente il regnante, e sente il vii ti folco
Stimoli d’ambizion. Tra’ lacci suoi
230E’ lo schiavo si fier, quanto sul trono
E’ l’Odrisio Signor; anch’esso esclama
Con l’Assiro Monarca: Olà fermate,
E di mia possa ognun vegga i portemi:
Perchè immortai, come il suo fier tiranno
235Ei si conosce. E’ necessaria all’alma
Una vera grandezza ad altro oggetto*
Che ne mostri il fulgor. Priva d’entrambi
Simil fantasma a se medesma crea..
Quea lode, che l’uomo all’uom dispensa >
240Se le leggi del ciel secenda, affatto
Inutile non è. Del cor l’impera
Han l’orgoglio, il piacer sempre a vicenda.
Del piacere all’amor fu dato in cura
Di conservar la nostra salma, e insieme
245La specie propagarne. In noi fu impresso
Della lode l’amor perchè difesa
Dell’alma fesse, e mezzo a far più illustra

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Ogni pregio di lei. Questo più bello
Rende il nostro soggiorno, e l'arti ispira,
250Fa più vasti i peiisier, di nob il manto
L’opere adorna, e sol per lui più pura
È la felicità. Ciò, che tra noi
È vago, e grande, e maraviglia desta,
E"li produsse: ed il desìo di trarre
255Pili agiati giorni, e povertatle ( a lui
Artefici soggetti ) ergon la baie
Al magnifico suo genio fecondo,
Che veste di splendor, compie, e «prona
Della gloria dell’uom la mole altera.
260E quanto debbe a questo amor di lode
Fin la virtude istessa! Ei con segreta
Voce l’accende ad emular d’altrui
Le gesta, ed il saper. Ei fa g$ grato
Oni bene mortai, di cui nelFuomo
265Desta sete maggior. L’orgoglio, ancor*
Fu che produsse i saggi, i sommi eroi
Delle remote età. Quante virtudi
Or sarebbero ignote a noi, se fiero
Men fosse l’uomo! Alla ragion, che som
270Sovente altro di noi non è che un Vile.
Privato adulator, viene in soccorso
Del pubblico favor la brama accesa
Il desio di ottener gli applausi altrui
Ogni nostro pensier pronto soggetta
275Al pubblico giudizio, e a giusta lance
Quei ne fa giusta peso. Il nostro ardore
Poscia raddoppia, ed ogni nostra cura
Del disprezzo il timore: e la virtude
Resa così maggior, sembra più bella*
280Questa dell’altrui lode avida sete,
Che la natura in ogni petto accende,
Perchè mai palesar l’uomo non osa.
Perchè, se nota sia questa sua brama
Della lode ha rossor, ssbhen sia quella
285Premio d’opere illustri, ed ei l’ascolti
Dal più saggio mortai? Per arte eccelsa

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Questa macchina nostra ottenne il dritto
D erudir alma, ed al sanguigno umore
Un simbolico moto il cielo ha dato.
290il vuol che ascenda, sulle guancie pin-a
Vergognoso rossor, che a noi rinfacci
Dell alma la y, tà, che al suol si prostra
Mendicando dall’uomo e gloria, e lode.
Forse non s,ede in lei terribil giusto
295Giudice assai maggior, che in ogni istante
In segreto l’approvi, o la condanni?
Uuesto orgoglio, che in noi l’idea conservaDella
immortalità, che si rammenta
A.a futura grandezza, abbiamo al fianco
300p5 U TrVJt 1 p " cer ~’ Fu l’uoni creato
e ei la felicita. Ferma il diletto
U suo bene maggior: ma se. risente
Aossor d, quello, il S „ 0 gioir l a n suisce,,
AÌ iù°7 * 1 ° rg °S,Ì0 in faccio 0 ancora *
305Al f i dolce contento, ed il piacere
Da gì ipocriti oi. A noi fa d’uopo •
D letto tal, che sia ministro insieme ’
SJi Ai il 6 PÌaC6r ’ Q" el doIce invi *>,
Kg". V. V0 P.,ac che l 3 uom talora •
310lincia m braccio ubcabta
Ch’ebbri ’li rende a nn f 1 ineaD,a ’
È costretto servir ’ Se ignoto istinto
A coprir col silenzio, e 6 colla notte
Q«i tener, trasporti all’uomo insegna,
315E 1 orgogli che l’uomo allor mirando,
Avvilirsi così per esser lieto,
stende sovra di lui lamano amica
Di modesto rossor manto onorato.,,
Perche fll deli ’ uoni ° «cuore
320Di si mobili libre, e perchè mai
iutti gli umani sensj Jn d
Organ. misteriosi, e sì perfetti?
Alia virtù soccorso i *ensi ancora
Uanno, se nel cammin di nostra vita
 325ragwn si smarrisce, e l’abbandona.,

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Forse questo del core antico orgoglio
Chimerico saria? Tutti quei moti,
Che tirannico impero hanno sull’alma,
Privi sarian di quell’oggetto, in cui
330Tutto l’impeto lor $’ arresta, e tace i..
Ognun m’ascolti, e voi che il ver fuggite
Fieri increduli tutti. Il vostro astruso
Essere sviluppar, spiegar i moti;
Può l’immortalità *.Se questa è sola
335Dell’umane passioni, e delle brame,....
Che ha l’uomo in seno, in insolubii nodo,;
È la parte maggiore, e sogni sono
Tutte le srue -virtù. D’oro, di glòria ’;
E di piacer la non mai sazia sete * *
340Dice, che nato ò l’uom per beni eterni.
Se non esiston questi, è assurda, è strana
Ogni passiòn, perchè non basta a lei, *
Quanto il mondo può dar, ma più Faccende.
Queste passioni, che teatro angusto
345Hanno sul nostro globo, ergon se stesse
Come l’aquila i vanni oltre il lor nido.
Lungi esclamando vari y lungi da quanto.
E’ grande in terra: Ah che di lei pia vaste
Noi siami presaghe di più nobil volo,
350Certe che i dritti lor giungono al cielo.
Quegli l’inganna, che dì, ghiaccio il core
Cinte, ed i s ensi, a sostener s 1 mpegna,
Ch’ogni ardente passion nell’uom si desta
Dal baratro infamai. Sì ardenti moti
355Non da cieco, da guasto, ed empio genio
Han l’origine lor, sebbene a questo,
Che genitor non è, ma sol tiranno,
Sembrin soggetti. Dall’eterea sede
Puri partirò un dì,, quali scintille.
360Dell’eterno fiammante ampio oceano
Ad animar lo spirto a grandi imprese.
Che se perversi son, pur io»e veggio
La sublime sorgente, e il fine illustre*:
Non di fuoco minore arsero in quella.

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365Terra Beata innanzi al fallo primo,
Benché nel desiar fosser più saggi.
DalP eterno Signor percossi, eome
Il monarca orientai caddero in braccia
Alla follìa. Della viltà seguaci
370Or sono 5 ed in obblio le brame eccelse
Ch"* ebber già poste, di fangosi, e sozzi
Ciacer, di vane larve or vanno in traccia
Ma l’antica splendor traluce assai..,
Nelle sventare ancor come si scorge ’
375Nel Prence, che perde sudditi,, e trono..
Che se braccia divin, se la ragione
Torni a prenderne il fren salir potranno
All’altezza primiera l’ove all’olimpo
Ergeana i voti, e donde tratti allora
380Che vaneggia la Genitrice antica
Sulla terra vagaro, e in fuoco, orrenda.
Per opra lpr su questa terra avvolta*
Sparge l’eternità splendor sublime
Su quanto v?ha di tenebroso in terra*
385E di questa splendor vestita il; tutta
Prova l’eternità * Se tu nell’uoma.
Un esser immortai vedi, ogni arcana
Già comprender tu puoi f se l’uom ti sembra
Mortai, tutto si rende astruso, e veste.
390Dell’infelicità l’aspetto ingrato;
Nè mira ovunque la ragion afflitta l’
Che oggetti di dolor, di smania y e lutto
I pensieri dell’uom, le colpe, i folli
Sogni, le brame sue sicura pruova
395Son ch’ei nacque immortai. Tutto il creato
Una seconda vita all’uom promette,
O la dimostra $ e vaticinio è questa
Globo d’un altro mondo igpoto ancora»
Nell’universo intero il sommo Nume
400Qual si conviene ad ogni oggetto assegna
II desio, la potenza. Ogni esser compie
Il cerchio imposto, e si fa poi perfetto.
QuelP armonia 9 per cui sempre 4el tutto

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Per cui sempre ogni oggetto ai moti impressi
405Risponde nell’agir, non mai si vide
Violata finor. Franta saria
Solo adunque per L’uomo. E Tuoni distrutto
Alla metà del corso esser dovrebbe?
Foràe noi sul meriggio il bel pianeta
410Tramontar rimiriam, o i raggi suoi
Nell’indica marina allora immerge?
E perchè solo alTuom quasi matrigna
La natura saria, se madre amante
È degli esseri tutti? E men perfetta
415Perchè lasciar dell 1 opre sue la prima,
Se degl’infimi parti è sì gelosa,
Se la_dotta sua mano a questi imprime
I più vaghi sublimi ultimi tratti?
Che seppur debbe l’uosa nel sen di lei
420Restar informe > e in pochi istanti appena
Adombrato morir; perchè fra tanti
Palpiti, e smanie Tuoni lascia la vita?
Dunque dell’uomo grande, illustre, e saggio,
Ch’ebbe in dono dal ciel quella sublime
425Intelligenza, quella fiamma ardente
Di genio superior, quell’alma eccelsa
Immagine d’un Nume, altro non resta
Che poca polve? E allor che il proprio aspetto
Questa immago prendea, che luce aurata
430Cominciava a vibrar; la morte estingue
II suo vago splendore, e la disperde
NelT abisso d’eterna orrida notte?
Oliando alla tomba sua taciti, mesti
Un luminoso Eroe seijuiam, d’Urania
435Un figlio illustre, od un fedel seguace
D’alta virtude, e che de’ pregi eccelsi
Di lor l’alma s’accende, e in essi vede
Cittadini del ciel tra noi discesi;
Sogno dunque saranno i nostri doJci
440Animati trasporti, in polve oscura
Sì perderà quella mortai grandezza,

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A cui giunsero un giorno, e tutta estinta,
Tutta restar dovrà del niente in seno?.
Uomo, se questo è il tuo destino, il vano p
445Scettro deponi, e nell’ovile onora
Con fronte umil la greggia tua, che schiavo
Tu sei, tuo rege è quella, e assai più vasto
Gode il regno de* sensi, assai più lieto.
Sotto i passi di lei verdeggia il prato,
450Lieta vi pasce, e d’ogni cura è priva.
Spegne la sete ma nell’acqua chiara
Del sempre colmo rio, nè l’avvelena
Dubbio, duolo, timor, vana speranza,
E disperato affetto. Elia non cerca,
455Onde il fianco vestir, barbaro clima;
Nò guerra porta, e stragi ai mondi ignoti
Per rapirne i tesori: e la natura
D’ogni suo ben custode, e l’altee agnclle
Giammai non cita alFara ingorda, e cupa
460Della mondana Astrea. Quel ben che gode
E compiuto, è sincero, è senza affanno*
In ogni verde prato ella ritrova
La sua felicità se un mal risente,
Termina col dolor, nè mai l’accresce
465Previo’ spavento, o posterior rimorso,
E se giunge la morte, almen di quella
Non conosce timor: le sue sventure
Incomincia, e finisce un colpo solo.
Una sol volta umor; oh amabil dono
470Solo a’ bruti concesso! E l’uomo altero,
Che pianeti misura, intende, e scopre
Delle stelle il valor, l’eroe guerriero,
Quegli, che del saper corse le vie,
Di morte al nome impallidisce, e trema?
475Ma se tra’ i bruti, e l’uom questa si mirar
Differenzacrudel restando in vita,
Sarà da morte in una massa istessa
Di polve il bruto, e Tuoni confuso, e misto?
Questa sorte inegual non fia clje tolga
480Ua?jpiiv lieto avvenir? Sorda per sempre

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Ai gemiti dell’uomo, a’ suoi tormenti
Sarà l’eternità? Se questo 6 il fato,
Che a’ viventi k si serba, è ingiusto, è strano.
Assordin pur la nostri voci il cielo,
485Un essere incompleto adunque è l’uomo,
Esser, che al suo Fattor gloria non porta.
Resta del mondo il Re qual sozza macchia
Nel maestoso accordo, onde risulta
Della natura tutto il quadro eccelso.
490E che? Per l’émpio sol dunque si serba
Opulenza, e piacer: miseria, e pianto
È ciò, che ottien chi alla virtude è fido?
E più infelice è quei, che a lieta sorte
Ha diritto maggior? Gran Dio, che sei
495Della giustizia il fonte, e tu potesti
Mirar tranquillo la viitude oppressa,
E di serto vegal la colpa adorni?
Uomo, che saggio sei, che mar ti resta
Da sperar, da temer, se guida al niente
500È la tomba feral? Perchè si puro
Vegli costante a Qonservar quel core t
Che rimorsi non ha? Sa™io ti credi?
Ah che folle tu sei; t’affanni in vano
A vincer sogni, a debellar chimere.
505Virtude, vecità! Nomi che l’uomo
Sempre mai celebrò, nomi che furo
In ogni tempo venerati, "sacn,
Ricchi di plauso ovunque, e posti in Cielo
Piangi su questi nomi ognun, se Palma - >
510Debbe un giorno morir: tormenti sono
A’ nostri mali aggiuHti, e son sorgente
Di più miseri giorni. A1P usui che giova
jLa virtude, se questa o cresce, o irrita
I suoi disastri? A che servire a lei?
515II suo premio dov’è? Se questo è vano,
Qual resta la virtude? Il più sublime
Pregio di lei è quel piacer che in petto
L’uomo risente nel saper eh* ei scelse
Delle ie la miglior. Ma questa scelta.

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520Al vero unico ben? Dunque è virtude
Il ricercar con ogni ardore il vero
Utile di noi stessi. E qual dell’uomo
È il vero ben, s’ha in seno alma mortale?
Non sarà forse il seguitar costante
525Ciò che render può lieti i giorni suoi?
Se, CQme avvien talor, di noi mortali
È il vizio amico sulla terra, adunque.
È vizio la virtù dunque per noi
Quello è il bene maggior, quello si segua,
530Se nel futuro la virtude è priva
Di premio, e di beltà, se tutta allora
Precipita la base un dì sì altera,
Tutto minaccia, e rovinoso cade
Ogni piacer, che di virtude è frutto*
535Dove corri, ó guerrier? t’arresta;q Io» vado.
Per la patria a morir & frena la tua
Romanzesca follia • Se credi in seno
Avere alma immortai, vantar tu puoi
E coraggio, e ragion; la morte istessa
540Va pure ad affrontar; che sai che questa
Distruggerti non può: ma poi se perdi
Tutto insiem colla vita y il tuo coraggio
È degna di pietà; rivolgi il passo f
Vivi da vile, o perirai da folle * v
545Vittima sono i giorni tuoi d % un vano
Magnifico fantasma: afferra un legno,
Che ti salvi dall’onde y e il suol natio*
Ti sommerga se vuol. La patria, il Prence
Vuole il mio braccio, il sangue. A te che importa
550Della patria, de’ Regi, ( in dirlo io tremo )
Che importa a te d 1 un Dio, se insiem col sangue
Perdi ogni speme? E se tu dei versarlo
Per Comando d’un Dio, che la tua morte
Non compensa, non premia, alla sua legge.
555Sordo esser dei; non ubbidirlo y e vivi.
Vivi, che lungi dal negargli omaggio
Fido ti mostri al cenno suo primiero:

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E qual è questo cenno? Ama 10 stesso,
E in questo solo a te si nega il dono
560Della tua libertà. Per noi mortali
L’essere è necessario, il bene è premia. i
Or se l’esser di noi virtude annienta,
Colpa diviene, e temeraria offesa
D’una suprema Iege, e di te stesso
565Empio uccisor ti fai, sebbeu di lodi
Largo il mondo ti sia, che il proprio acquisto
Nelle perdite tue soltanto osserva.
Bella" è in se la virtù. Tai pregi ha in fronte,
Che celeste rassembra: eppur se in vano
570Un premio attende, e se raccoglie in questo
Globo sì amari frutti, ognun di lei
Ammirator sarà; ma poi seguace.
Sarà del vizio, se diletta, o giova.
E all’uom che giova aver creduto un Dio,
575Se non v’ha premio, o pena?,ÀlPalma è sempre
La speranza, il timor stimolo, o freno;
Ma se co* giorni nostri ha fine ancora
Il timor, la speranza, ognun se stesso
Sol deve amar finché la vita ei gode.
580Dunque non più dimore: ornai tradita
La patria voglio, e al genitor, che lento
S* incammina a morir, che i miei tesori
Da sì gran tempo usurpa, un ferro, un taccio
Tolga la vita e tutto insiem perisca
585Il germe uman, se più felice io sorgo
Dalle ruine sue* La colpa amica
E y la legge eh? io se»uo, e mia virtude
Chiamo, ed asilo mio la frode accorta,
E la viltà, che l’esser mio conserva.
590Se la virtù d’ogni corona è priva,
Perchè un ente crudel soffre che in vano
U uom s’affanni per lei? Perchè soffrire
L* acuto morso, e quella voce ingrata,
Che nel centro del cor risente un reo?
595Perche portiam nell’alma aspro, severo,
E perfido censor, che prende a gioco

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Tradirci sempre, ed a sedurci intenta
È con vano piacer? Se un cieco istinto
È costui, che s’arroga il nome sacro:
600Di coscienza l’che in seno a noi vaneggia,
E perchè la ragion con lui cospira,
Rigida a noi si rende, e sol per trarci
AI precipizio il suo splendor ci mostra?
Ah se l’uomo talor riman sul globo;
605Dalla virtù distrutto, e come mai
Altra vita, e miglior fia che non goda?
S e ncir urna si ptT.de, e se per P uomo
Principio e meta è questo suolo infido,
Perchè vive un istante, e il suo desio
610L’eternitade intera abbraccia e brama?
Perchè sempre il pensiere ora al passato,
Or volge all’avvenir? Che giova all’uomo
La prevision, che lo spaventa, e come
Utile è la ragion, se i mali suoi
615Lo rende atto a sentire? Ah perchè mai
0 mia figlia, o Filandro, o cara Elisa,
Provar dell’amistade i dolci frutti,
1 tormenti soffrir, se un solo istante
Gli amici, e l’amistà porta, ed invola?
620Perchè ogni mal sotto il mentito aspetto
D’unpiacer si presenta, e perchè l’uorap
Della felicita sen corre in traccia,.
Se certo egli è che la ricerca in vano?
Forse tende il creato al nulla? E l’uomo»
625Vittima de* suoi pregi, una, più trista.,
Sorte dovrà soffrir? •.. Adunque io veggio
Dell’universo rovesciato, e franto
L 1 ordine > involte in folta nebbia, e miste
Degli esseri le schiere; e in cento e cento
630Parti tronca vegg’io quella che tutte.
Sostiene, unisce le create cose...
Ammirabil catena orrida notte»
Siignra, avvolge la natura; il tutto
Un tormento si rende, e la ragione
635In disperato abisso alfin si, perde*

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Ah yw&il desìo, che l’alma al nulla
Kieda, nascer non può, se pria non muore
Neil uomo ogni virtude, e allor che l’nonio
Esser uomo non vuol. Ma neghi ancora
640Costui, che regna un Dio. Tetro fantasma
Resta allora quel nume in mezzo al mondo.
Uomini indegni, e dal natal sublime,
Che sortiste, caduti; uomini privi
Di speranza e ragion, ehe schiavi,i ete
645amando hhertade: arbitri, e infame
Macchia dell’universo, e mandra vile
Stupida più della lanuta eresia,
Che l’ubbidisce; voi, che la ragione ’.
Cangiate in frenesia} voi, che alla colpa.
650Fate quello servir, che il ben produce,
fcd a perder voi stessi usate i doni
Dell eterno Signor: ditemi, e quale
Astro maligno al nascer vostro apparve!
la qual momento e disperato, e nero
655Apriste al dì le ciglia! E quali furie
V agitarono il cor, la mente, e tutta
L alma con tetro orribile governo
Fer farvi immaginar questo sì folle
Empio sistema, che distrugge, annienta
660Ui esseri, > beni! Ah, che già sie te estinti,
E poco lango in voi tuttora ha vita
Ma sicuri voi siete almen di questo
Nulla che vi lusinga? È certo almeno,
Che la vostr’alma un di tutta si sciali
665Fer1 etelea region qual aura lieve?
guai coraggio fa d’uopo, e quali angosce
Soffrir dovete a strascinar voi stessi
Alla incredulità! Ma pure è vana
Ogni cura, ogni sforzo, e mai quel nulla
670Voi potrete ottener. Per poco il proprio
Esser vi s’abbandona: a vostro senno
Sfiguratelo pur; ma poi permesso
D annientarlo non v’è. Miseri! il vetro
rullo dal rimirar diviso, e sciolto

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675Dalla natura il mistica volume
Ha l’origine sua. La mente, il ciglia
Tutto raccolto insiem lo vegga, e tutto
Lo combini; ed allor del vostro errore
Sentirete rossor, vedrete allora
680Quest’anima immortai, che a voi fu ignota
Tuttochiaro sarà, vedrete Iddio»
Sorge di nuovo allor dell’" universo
L’ordine, e Tuoni sovra de’ bruti il seggio
Ritorna ad occupar • Tutto si vede
685Grande, sublime, e d’altra luce adorno
Dell’alta creazione il grande arcano
Sol T immortalità scioglie: di tutti..
I secoli è legame: ogni momento
All’altro unisce, e fa che ognun risponda
690Ad un termine solo, al sommo bene
Essa il fisico mondo, e quel de’ varj
Usi al mondo.moral congiunge, e leg.a:
1 due primier al loro fin verranno;
E l’alma^ che di quei più vive, in quali if
695Stupida chiederà, spazj brillato l
Strana ti sembra un’esistenza eterna?
Ma non è strano ancor, che un’ora sola
Tu la vita possieda? 11 gran portento
Non forma il proseguir, ma il primo istante
700Deli’ esistenza tua. Se togli ua Dio
Dal sen della natura, il tutto resta
Tenebroso mistero, e se vii soffri,,
Maraviglia jcian v’ha che il Nume istesso
Ogn’essere divieii prezioso e grande
705Sol qtianto estesa ha l’esistenza. E quale
Pregio vantar potrebbe il più sublime
Spirto,, se vita un giorno solo avesse?.
Che vai, che in alta s’erga, © sia servile
Se più vita non ha? Ma il Nume eterna,.
710Ha dritta d’occupar colui, che vanta
Esistenza immortai; merta che sia
Giudice e testimon dell’opre sue,.
De’ suoi pender; nè s’avvilisce il Nume

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Se d’un essere tal modera il fato
715Nò avvolse già d’iiupenetrabil nube
11 destina dell’uom: la destra eccelsa
In alto un lembo al sacro vi sospese.
Verso, di noi mortali ei stesso il piede
Mosse dagli antri eterni, e al nostro ciglio
720S’offrì sull’universo. In osni luo<»o
A noi giura che esiste, e giura insieme
La natura immortale, il pregio immenso
Di quell’alma, che l’uomo, ia seno alberga*.
Che non fé’ questo Dio, perchè nel corg
725Tai dogmi, avesse ogni mortale impressi?
P6r si nobile oggetto ei trasse il mondo
Dal nulla, e lo sommerse y e le mine
Poscia ne ristorò. Per questo i Regi
Fa nascere, e merir* Per questo i regni
73012 rovescia, ed innalza. I saggi primi
Se Dio mandò, perchè, dispesto il mondo
Fosse alla: luce dai costume eccelso, ’.
Che chiudevano in sen: se nel futuro h
Che leggessero volle i sacri vati:
735Se Funi verso han corso, uomini adorni.
Di cedeste virtù: se sangue e vita
Martiri han profuso in mille e afille
Casi; se la natura, alle sue leggi
Por vid* un fre» da» maraviglie ignote r
740Se all’empirò, sali dei terreo manto
Cinto taluno ancori se scese Iddio,
Ne* cupi seni dell’abisso, il volle
Sol perchè apprender l’uom potesse i pregi
D’un’anima immortale; e perchè ignoti.
745Non restassero all’uom, dal ciel partissi,
E del codice sagro all’uom fé’ dono.
Ferma > Incredulo, e pria che il folle bracoio*
Sopra di lui tu stenda, ai suol tremante
Precipita, che forse un cenno attende
750Quel mortifero strai, che gli empj atterra.
Con qua! solenne e fornii da bil pompa
Annunziò questo Nume i detti supit

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In mezzo al lampo, alla tempesta, al tuono
Udì natura la sua voce, e tutta
75512 si scosse, e tremò. Tu parla, o eccelso
Sina, di cui le cime avvolte in vasta
Fiammante nube, e la cui base in atto
IH vacillai, della presenza eterna
Fui* trombe. E voi dell’eritreo diviso
760Onde, che rotto il fren, da cui sospese p,
In aria foste, e ricadendo in folla y
Negli abissi chiudeste il fiero Egitto
Coli insana minaccia. E voi parlate,
Babiloniche fiamme accese all’ira,
765Quanto rabbiosa più, tanto più vana
Dell’Assiro Tiranno. E parli ancóra
Il suol, ch’avide gole aprendo, in quella
D’un saciilego ardire i figli ascose*
Non conferita a vicenda il pregio eccelso
770Dell’alma ogni elemento, e forse al saggio
Non ìo giura ciascun? Palpita, e trema
Tu, che negarlo ardisci; e pensa intanto,
Che veglia un Dio: che questo nume in petto
Tenta scolpirti il ver -dal primo istante
775De’ secoli, dal primo albor del mondo
Fino a quest’ora, in cui da folle ad esso
Con indomito cor tu neghi omaggio»
Degli antichi sapienti o ardito, e ciecs
Seguace, ai detti lor dunque soltanto
780Tu giuri fedeltà? Tu sol d’Atene..
Gli oracoli rispetti, e insiem con essi.
L’alma tu vuoi mortai? Ma puoi quei detti
Udir senza che ancor tu senta in petto
E disprezzo, e stupor? Osserva in fatti
785Che ardito immaginar, quai chiari lampi
Splendor ne’ sogni, che produsse il loro
Chimerico saper! Nè giunse mai
Il più caldo furor d’Ascra, o di Ttibe
Ad emular de 5 saggi tuoi l’insano
790Filosofico voi, ch’or ti rammentò.
Non sentono il dolor del saggio i sensi, •

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Kè queWacciar, che gli trafigge il seno,
E yx molesto per lui. Tulli i tormenti
San per esso un piacer, son cari oggetti •.
795Dolce riposo e guai prende, se preme
Molle strato di rose, ovver se chiuso
Neir infuocato fianco ei resti a forza 1
Del Fàlarico toro. E non ti sembra
Strano, che chi non spera oltre la tomba
800Tai dogmi annunzj? Eppur quei saggj istessi
Far ciechi vati d’un prodigio ignoto,
t_Jie verità divenne, e in Jor produsse
Insolito stupor. Quella sicura <
Fronte, di cui vantossi un folle orgoglio
805Senza fasto mostrar gli alti campioni
D’evangelica insegna, allor che cinti
D 1 ingorde fiamme in dolci canti il labbro
Sciolsero, e trionfar de’lor tiranni.
Li vide della Stoa l’altero alunno
810Ardere, ed esultar: stupido il ciglio
Di lui restò nel rimirar quei prodi,
Nel ripensare a se. Vide che troppo
Ei non ardì nell’orgoglioso inganno
Del suo pensiero, ed ammirò la sua
815Temeraria menzogna eguale al vero.
Ma donde un tal pensiero? E come mai
Questo rapido sorse a tale altezza,
Che mostruosa appar? L’interno orgoglio,
L’istinto rispirò. Si, quell’istinto
820D’un 1 anima immortai, che d ombre folte
Sebben sia cinta, i pregi suoi comprende,
Un vero all’uom dettò, che l’uomo istesso
Non sapea conce pir. Allor de’ sensi
Nel tirannico impero, e tra le folte
825Nebbie d’ogni passione, in fioca luce
Sorser di verità sparse faville
Quai lampi oppressi dal notturno orrore. *
L’orgoglio acceso al seducente raggio
Di sovrumana idea, quei detti espose,
830Che rifiutava il core; e <jllal di Delfo

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Ia fatidica donna, in stranie guise
Si contorser quei saggi a render voci,
Che vane far, ma che veraci e ferme
Esser doveano allor quàfido svelato
835D’una vita immortai fosse l’arcano,
E che di morte il tenebroso impero
evangelico Sol distrutto avesse.
Sol un’alma immortai pensar potei
Cib, che Atene dettò: per lei rimasé
840Scientifico armamento, ed -ora ia salda
Base si sta di véra luce adorno.

  1. Pope