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134 DECIMA

520Al vero unico ben? Dunque è virtude
Il ricercar con ogni ardore il vero
Utile di noi stessi. E qual dell’uomo
È il vero ben, s’ha in seno alma mortale?
Non sarà forse il seguitar costante
525Ciò che render può lieti i giorni suoi?
Se, CQme avvien talor, di noi mortali
È il vizio amico sulla terra, adunque.
È vizio la virtù dunque per noi
Quello è il bene maggior, quello si segua,
530Se nel futuro la virtude è priva
Di premio, e di beltà, se tutta allora
Precipita la base un dì sì altera,
Tutto minaccia, e rovinoso cade
Ogni piacer, che di virtude è frutto*
535Dove corri, ó guerrier? t’arresta;q Io» vado.
Per la patria a morir & frena la tua
Romanzesca follia • Se credi in seno
Avere alma immortai, vantar tu puoi
E coraggio, e ragion; la morte istessa
540Va pure ad affrontar; che sai che questa
Distruggerti non può: ma poi se perdi
Tutto insiem colla vita y il tuo coraggio
È degna di pietà; rivolgi il passo f
Vivi da vile, o perirai da folle * v
545Vittima sono i giorni tuoi d % un vano
Magnifico fantasma: afferra un legno,
Che ti salvi dall’onde y e il suol natio*
Ti sommerga se vuol. La patria, il Prence
Vuole il mio braccio, il sangue. A te che importa
550Della patria, de’ Regi, ( in dirlo io tremo )
Che importa a te d 1 un Dio, se insiem col sangue
Perdi ogni speme? E se tu dei versarlo
Per Comando d’un Dio, che la tua morte
Non compensa, non premia, alla sua legge.
555Sordo esser dei; non ubbidirlo y e vivi.
Vivi, che lungi dal negargli omaggio
Fido ti mostri al cenno suo primiero: