Cenni intorno alla vita di Costanzo Taverna

Bartolommeo Gamba

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Questo testo fa parte della raccolta Alcune operette di Bartolommeo Gamba bassanese


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cenni

intorno alla vita

del conte

costanzo taverna

gentiluomo milanese

Pubblicati in Venezia l'anno 1819.

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Que' frequenti delirj che hanno a' tempi nostri sconvolto si grande parte di Europa, non tanto mossero la sfrenata licenza di falso filosofare quanto dal mal esempio agi infimi dato dai grandi. Infonde disprezzo ed ira nell’animo più volgare quell'uomo di schiatta cavalleresca, il quale, in cruccio con se medesimo, vive nella trascuraggine, perde tempo e salute nell'ozio e nelle libidini, condanna lo spirito a faticare per la sua gola, mostrasi vile nelle disgrazie, insolenti nelle prosperità, e scordasi in ogni occasione che l'anima di un Lazzaro ha tempera tanto fina quanto quella d'un Epulone. Il populano d'ignobil nascita, che quasi senz'accorgersi a poco a poco modellasi sul suo superiore, resta imbevuto delle rese di lui usanze, e introdotta la corruzione nel cuore, diventa impertinente, vendicativo, sfrenato. Abbiasi l'opposto ad esempio, e mirisi al perfetto gentiluomo. Tiene [p. 206 modifica]

egli la religione nell’animo e nella lingua, è generoso senza essere prodigo, è nobile senza fasto, è uffizioso senza bassezza, gentile senza affettazione, in mezzo agli altrui eccessi è moderato, è fermo ed imperturbabile nelle dure vicende, vendica le ingiurie col perdono, gli affronti coi favori, e s’è severo con se, è discreto cogli altri. Quale è egli in questo caso l’uomo dozzinale che non resti preso di riverenza, che di continuo non legga nella onorata fronte del suo superiore quel nobile contegno che gl’inspira amore, e volontà di secondarlo, di obbedirlo? Lieto come io sono stato di una dimestichezza pressoché quadrilustre e di una intima conoscenza del personaggio, la cui irreprensibile vita ora alquanto disaminerò, riescirà a me soave cosa il fare, abbenchè con rozzo pennello, il ritratto di così fatto gentiluomo; e i pochi ingenui cenni seguenti basteranno almeno a mostrarci il costume suo, la singolare bontà di un cuore nato per la beneficenza, il suo costante esercizio delle virtù cristiane, e quelle ultime rispettabili disposizioni colle quali egli chiuse finalmente gli occhi a placidissimo sonno. [p. 207 modifica]

Educazione e Costume


I nobilissimi conti Lorenzo Taverna ed Anna Lunati Visconti diedero nel mdccxlviii i natali a Costanzo Taverna, e furono bene avventurosi perché dopo questo primo frutto di loro unione da altra numerosa schiera di dieci figliuoli si videro circondati, e tutti di bei costumi adorni e quasi tutti oggidì ancora fiorenti in salute. Il primogenito di una famiglia, ch’ebbe nel suo seno uomini di alto governo, magistrati cospicui, vescovi e cardinali, dovea ad ogni più signorile disciplina addestrarsi, e per quest'oggetto venne affidato al collegio dei Nobili, allora diretto in Milano dai Padri della Compagnia di Gesù. Era il giovanetto nostro di pronto ingegno, di tenace memoria, di cuore amoroso, e nell'atto che stava applicandosi agli studi delle lingue e delle scienze, restava da grandissimo affetto legato a’ suoi educatori; affetto che mantenne loro inalterabilmente in tutta la vita. Io ho imparato poche cose, soleva modestamente dire, e credo che la massa delle mie letture non oltrepassi a pochi volumi in foglio, ma mi conforto sempre di dovere la chiarezza [p. 208 modifica]

delle mie scarse idee al mio ottimo maestro P. Ricchini ed al dottissimo P. Draghetti, uomini famigerati, il secondo de’ quali in età quasi secolare vive tuttavia presso la sua insigne benefattrice l’arciduchessa Beatrice di Este.

Ogni garzone, nato agli agi e alle dovizie, quando sta per passare dalla palestra delle scabrose istituzioni a quella dei tumulti e della scuola del mondo, trovasi al varco il più arduo e il più spinoso di tutta la vita. Con franco e sicuro piede lo superò il nostro Costanzo: e quantunque le basi di religione e di equità avessero nel suo cuore preso radice, nulladimeno gli riuscì dolce il farsi scudo di un Mentore che lo sostenesse; e tale fu il pio e dotto religioso D. Giuseppe Piantanida di cui null’altra potea essere la cura fuorché quella di tenere con avvedutezza infrenato un temperamento di natura sua fervido e impetuoso. Ma già il generoso destriere era bene ammaestrato al corso, e lo vedremo adesso di per sé volare alla meta.

La capitale della Insubria in quei sereni giorni governavasi dai Firmian e dai Wilsech, ed era ingemmata di stelle quasi tutte appartenenti a lignaggi palrizj. I Verri, i Beccaria, [p. 209 modifica]

i Silva, i Fumagalli, le Agnesi, diventavano nomi europei nell'atto che i Trivulzio, gli Argelati, i Pertusati, i Cenobiti di s. Ambrogio limitavansi nel compiacimento di recare lustro alla patria o con magnifici musei o con ispeziose raccolte o con opere alla nazional civiltà assai proficue. A questi ultimi si collegò per inclinazione il conte Costanzo, e dell'Antiquaria e della Numismatica divenne cultore fervidissimo. Caprese e condusse quasi a buon fine una raccolta di medaglie degl’illustri Italiani, ultra di pontefici e cardinali, altra di medaglie e monete degli Estensi, dei Medici, dei Farnesi, dei Gonzaga e di minori principi italiani, e soprattutto quella delle monete milanesi dai tempi di Arcadio sino ai tempi dell’Augusto ora felicemente regnante. Questa dilettevole sua occupazione mettealo in bisogno di frequenti e familiari ritrovi; e quindi più facilmente nacque, siccome io penso, quella intima conoscenza che poté far la sua patria della dolcezza dell'animo suo e dell'attitudine del suo ingegno.

La patria è un Argo il quale, senzachè altri si avvegga, osserva e disamina, e pesa e valuta le qualità dei suoi figli, e nelle occasioni li impegna in quei carichi che meglio [p. 210 modifica]

possono loro convenire. Ad un gentiluomo che, oltre i nobili passatempi studiosi, cominciava a distinguersi nella gravità del costume, nella soda pietà e nella beneficenza, spettavano pesi corrispondenti; e quindi si vide egli di buon’ora eletto a visitatore delle carceri, indi a deputato ali amministrazione dei luoghi pii, finattantoché, avanzando in età, decretato gli venne il distinto posto di uno dei ix Decurioni; nobile e generosa magistratura il cui oggetto era il governo municipale e la cura dell’interesse e del bene dei poveri. Questo sollievo dei poveri cominciò a diventare la passione dominante del nostro Costanzo, e fu in progresso di tempo quasi la sola in lui permanente.

In età di circa treni anni si determinò allo stato coniugale, e la Provvidenza seppe tessere la sua unione colla contessa Paolina Trotti, matrona che pel cumulo degl’incomparabili suoi pregi valse a raddoppiare in lui la felicità della vita. Ah non potrà oggidì questa prestante e affettusa Vedova trovare al leggi amento alla sua grande tristezza che nei consigli della religione confortatrice!

Della esemplare vita privata del conte Costanzo, tenuta durante il suo domicilio ia [p. 211 modifica]

patria, cioè sino verso il suo cinquantesimo anno, non gioverà fare narrazione minuta. È in generale da considerarsi ch’egli la conduceva tra le benedizioni di ogni ordine di persone, e quale poi da lui continuata venne per tutto il resto dei giorni suoi nelle viniziane contrade. Modestissimo, com’egli era, la nobiltà della sua famiglia non fu mai il soggetto dei suoi discorsi, né io ho saputo giammai ch’egli fosse feudatario di Landriano, né ciamberlano di S. M. I. Nel prosperevole stato di sua fortuna misurava con giusta bilancia le spese colle rendite, osservando che sono ugualmente viziosi gli estremi di una sordida parsimonia che rende l'uomo vile, e di una profusione imprudente che lo rende pazzo. Niuna amara vicenda destava in lui tetro umore, e quello squarcio medesimo che il duro imperio dei tempi faceva della religione dei nostri padri, non lo rimoveva dal rispettar meno il braccio delle autorità, dissimulando ognora quei mali che non era io suo potere di correggere e d’impedire. Non usciva mai dalla sua bocca parola che disconvenisse né alle regole della più fina educazione né a quelle del divino Vangelo; ed era sempre uffizioso e gentile nelle maniere, sem[p. 212 modifica]

pre uguale e costante nelle amicizie. Piaceagli di convitare spesso li suoi conoscenti, non per inebbriarli di liquori Franchi od Iberi, come per fasto avviene nelle mense odierne, ma per intrattenere le più accette corrispondenze, e per aggiugnere vita e giovialità alle ore destinate al familiare convivio. Il suo contegno era dignitoso, e quale conviensi ad uomo che non si piega mal ad incensare la fortuna: nobile era il suo aspetto, e sì dolce da lasciar trasparire dal volto il candore della sua anima: vestiva sempre senza ombra di pompa, persuaso che l'abito proporzionato al carattere sia molto pili alla moda dell'abito assettato alla persona: ed in fatti non è la pompa che imprima negli uomini la riverenza, ma la virtù.

Quando si sollevò la bufera tanto fatale al riposo italiano, cioè nell'anno mdccxcvi, il conte Costanzo, a fine soltanto di andare cercando quella tranquillità ch’era più indispensabile alla salute della sua diletta Compagna che a lui medesimo, passò in contrade di cielo mea fosco, e soggiornò a Lecco e in Val d’Olba, e più lungo tempo in Lugano, Rimisesi poi in Milano, e nell’anno mdccxcix, nel tempo in cui le armate austriache ricom[p. 213 modifica]

ponevano le antiche istituzioni dilla sua patria, dovette lasciarla di bei nuovo per passare nei Veneti Stati a faro uso dei salubri bagni di Abano. Veramente amica di queste contrade fu quella stella che fra noi lo portò e che vegliò per circa altri vent'anni alla conservazione de’ suoi giorni, con noi inalterabilmente condotti per parlarci sempre colle opere e coll'esempio, per darci in sé stesso il modello del perfetto cavaliere cristiano, e per lasciarci prove di beneficenza che vuolsi adesso con qualche maggior particolarità ricordare.


Beneficenza.


Io non aveva alcun diritto alla nascita e alle ricchezze; e non è ella follia lo appropriarsi tutt’ i doni di Dio e della natura quando non si può pretendere ad alcuno di essi? Il Signore mi ha fatto io depositario di pingui somme, ma queste non sono mie ed io tengo obbligo di dispensarle a chi ne ha bisogno, prescrivendo giusti limiti alle mie brame come alle mie imprese. Alcuni vengono al mondo per non godere altre rendite fuorché quella della carità dei loro fratelli, ed altri nascono nell’abbondanza perché ab- [p. 214 modifica]

biano comodo di esercitare la carità, di modo che la virtù di questi dipende assolutamente dalla miseria di quelli, e i donatori non sono meno obbligati di quei che ricevono. Questi aurei sensi erano negli sfoghi più liberi del cuore proferiti dal conte Costanzo, ed a questi sensi sempre si conformavano le sue azioni. La bella rettitudine dell'animo suo non avrebbe bisogno di più ampio commento.

Dal letto maritale non ebbe mai alcun rampollo, ma questa mancanza non rendealo meno applicato alle cure di padre. Paterfamilias chiamavano i Romani i padroni di casa, appunto perché, anche non avendo figliuoli, assumevano la vigilanza e la soprintendenza dei loro servi; ed in ciò era egli veramente perspicace e zelante. Sempre attento nello instillare in tutti l’amore della religione e l'esercizio delle cristiane virtù, attendeva che temperata fosse tra loro la distribuzione dei pesi e degli uffizj. Il dissoluto non ha mai trovalo ingresso nella sua casa, poiché Costanzo riguardavalo come contagioso, e bastante uno solo ad infettare tutta la sua famiglia. Sapeva che l'unico modo d’indur ad obbedire con rispetto è il comandare con moderazione; quindi trattava sempre i suoi [p. 215 modifica]

servi da sudditi liberi, non da schiavi. Non potea egli comportare la prosontuosa condotta di quelli che comandano con arroganza, o come se i loro dipendenti fossero bestie da carico; e quand’anche trovavasi costretto a correggere qualche trascorso, intentamente astenevasi dal risentimento e dall’ardore, sapendo bene che la collera ottenebra la ragione, rende l'uomo inferiore alla sua dignità, e inasprisce il male in vece di sanarlo. In mercede di tanta bontà non si è veduta mai famiglia in cui la mano, ed il cuore dei servi fossero con più affetto consacrati alla divozione del loro padrone: tutti lo rispettavano, lo amavano, e se pure nascere poteva tra essi qualche dissensione, era il padrone che componeva le discrepanze con equità di giudice e con carità di padre.

Ma usciamo dal ricinto delle domestiche pareti, e tocchiamo alcuna cosa che faccia vie meglio conoscere coni egli sapesse bene nutricare i frutti del campo non a suo pro, ma ad altrui benefizio; e rendendo ora palese alcuna di quelle virtuose opere da lui praticale nella oscurità del silenzio, lo farò, Iddio concedente, ad universale edificazione. Erano indicibili le segrete sue limosine, sempre però [p. 216 modifica]

misurate colla grandezza della sua fortuna; e perché non fossero ricevute con rossore, o a spese della pazienza, egli era quanto mai può dirsi industrioso, sicché la stessa sua maniera di donare aggiugneva al dono prezzo maggiore. L’umanità sofferente era prima di ogni altra cosa lo scopo suo, e con fina arte informavasi di quelle decadute famiglie tra le quali potesse giugnere più utile il suo soccorso; e senzaché sapessero quale fosse la mano sollevatrice, si trovavano bene assistite di medici e di medicine. Povere e oneste giovani, in occasione di accasarsi, erano sicure di ricevere dotazioni di ajuli, né altramente faceva per quelle che speralo egli avesse di poter ritrarre dalla putredine. Religiosi claustrali, ridotti per contraria fortuna a meno che decorosa comparsa, avevano in lui chi loro ben provvedeva; e larghi e secreti soccorimenti offerì in tempi molto più avversi di questi nostri per salvare loro tempio e ricovero. Accomunavasi spesso col bottegajo e coll’artiere per iscoprire lo stato di qualche indigente; e nascondendosi agli occhi de’ più intimi suoi famigliari, o valendosi d’indirette vie, faceva giugnere presidj tali che bastassero a rimettere una sbilanciata fortuna. Ricorderanno [p. 217 modifica]

sempre il suo nomo con gratitudine i Luoghi Pii e gl'instituti di opere di carità di Venezia, e di Padova principalmente, e potrebbero ricordarlo eziandio tanti altri benefici asili eretti in lontani paesi, ché a Loreto, a Parma, a Bologna e sino alla Dalmazia pervenivano le sue generose limosine. In una delle estremità di enezia si sta innalzando oggidì ampia casa di ritiro e tempio di preziosa struttura per dare agio di servire a Dio, o di apparecchiarsi a formare la felicità delle famiglie, a quelle donzelle spezialmente le quali, nate fra qualche fortuna, caddero poi nella indigenza. Parli lo zelante religioso che di questa nuova opera di carità è assiduo e benemerito amministratore, e dirà egli che ben rilevanti somme, fornite dal conte Costanzo, venivano ad allargargli il cuore, e sempre con nuove industrie che poteano soltanto fargli indovinare chi fra i tanti suoi generosi benefattori stesse fra i più liberali. E di siffatta liberalità, ch'estendevasi in oltre a somministrar lavori ad artisti, a beneficare amici, ad accogliere signorilmente ospiti, a nobilmente regalare parenti, era direttrice la più fine prudenza, mentre dispregevole riusciva agli occhi suoi quel gentiluomo, il quale per sua [p. 218 modifica]

propria disavvedutezza restasi ingolfato nei debiti, e fonde e biscazza il patrimonio degli avi con danno della carità e della giustizia.


Virtù Cristiane.


Quegli che vanta di professar le virtù morali senza avere il fondamento della religione nel cuore è come quel!’ intemperante che parli molto di sobrietà in mezzo alle gozzoviglie apiciane. Felice l'uomo che imprende da giovanetto ad avvezzarsi alle cristiane virtù, le quali sole possono conformargli lo spirito ai godimenti più puri e non accompagnati mai dalla inquietezza, dalla incostanza, dal disconforto! Sino dai suoi più verdi anni il conte Costanzo erasi affezionato a divote pratiche religiose, e mantennesi poi sempre esemplare nella pietà, senza mai rifiutarsi ai diritti della mondana grandezza. I suoi cristiani esercizj, la sua piena docilità alla voce dei ministri del Santuario, i suoi atti di umiliazione verso il Creatore, la sua rassegnazione nelle disgrazie, le sue astinenze, erano di continuo mirabile esempio alla famiglia, che noi vedea per tutto questo riuscire men giocondo e vivace nella società. Impetuoso di tempera [p. 219 modifica]

mento, come si è accennato, e sensitivo delle industrie le tante volte con fina malizia ordite contro la santità delle divine leggi, avrebbe volentieri lasciato sfogo alla effervescenza dello instinto scagliandosi contro la impudente sfrenatezza o l'astuta impostura, ma rivolta la mente a Iddio, guardava il Cielo, e ricomponendosi tosto alla tranquillità, cristianamente si rasserenava.

Come abborriva i libri contrarj alla morale e al buon costume, così prediligeva quelli che possono illuminare l'intelletto ed infiammare la volontà. Di queste sicure guide, di questi sostegni nelle afflizioni dello spirito voleva che ne fosse divolgato possibilmente il conoscimento, ed alcune eccellenti operette si stampavano e ristampavano a spese sue per farne poi diffusi regali agli amici e ai direttori delle coscienze. Grande quantità di divote immagini si andava eziandio per sua cura pubblicando; e queste, siccom’egli era delle arti graziose fino amatore, così voleale sempre di corretto disegno e di elegante bulino, riconoscendole più atte ad insinuare la regolare pietà. Le arricchiva poi alcuna fiata egli stesso di brevi ed affettuose orazioni per isfogo spezialmente della singolare sua divozione alla [p. 220 modifica]

Concezione di M. V. ed a S. Giuseppe suo protettore. Si è di già detto che erasi dedicato una volta a dilettevoli raccolte di Antiquaria e di Numismatica, e negli ultimi suoi anni con innocente passatempo, dando pascolo all’ombra sola rimastagli di si ingenui tendenze, era sollecito a formarsi ora una serie delle più dotte Difese fatte alla celebre Compagnia di Gesù, ora altra dei più profondi trattati scritti intorno alla Concezione di M. V., ed in fine la curiosa e copiosissima collezione di tutte le Immagini che in ogni tempo e in ogni luogo vennero impresse del suo inclito concittadino S. Carlo Borromeo.

Quel sibarita, elle per non disturbare i suoi sonni, vantavasi di non aver veduto mai nascere il sole; che si doleva che il canto dei galli li interrompesse, e che non potea riposare placidamente perché due foglie di rose si erano addoppiate sotto al suo fianco, sarebbe le mille volle morto di spasimo se veduto avesse in quanto disprezzo teneva il nostro cavaliere i comodi della vita. Per lunghi anni soggiornò in case aperte a comune albergo; era sempre contento delle stanze le meno agiate, e coricavasi volentieri sopra materassa duramente impuntita. Ogni sua [p. 221 modifica]

premura stava, in conclusione, riposta nello staccarsi da tutte quelle mondane compiacenze che gli uomini avidamente cercano: così né amava la vita, né temeva la morte, ed era ugualmente disposto a conservare il suo posto o ad abbandonarlo al primo comando del suo Creatore.

Il conte Costanzo Taverna, pio e benefico personaggio, era prossimo a compiere il suo settantesimoprimo anno quando gravo e penoso malore lo colse in Padova, ed ivi nel dì iv di gennajo del corrente anno mdcccxix la sua virtuosa anima si disciolse dai legami del corpo. Mori in mezzo alle copiose lagnime dei suoi e di quelle dei Padovani, che fervide e spontanee preci porgevano il cielo per lo suo sanamento; morì placidamente e da santo, accompagnando le orazioni del sacerdote che ungevalo degli Olj santi; morì in somma come peregrino che passa da incomodo albergo ad altro più riposato e sicuro.


Ultima volontà.


Io mi propongo di esporre finalmente alcuna cosa intorno alle disposizioni testamentarie colle quali l'ornatissimo nostro gentil[p. 222 modifica]

uomo chiudere volle i suoi giorni. Ciascuna di queste disposizioni bene meriterebbe di vedere la pubblica luce, siccome dettata dalla equità, dalla generosità, dall’amore. I maritaggi, come suol dirsi, e l’estreme volontà, scritte dagli uomini perché abbiano effetto dopo la loro morte, sono la bilancia che rende il giusto valore di quanto si è operato vivendo: e se cos’i è, e se fu il Taverna, nei suoi vincoli di dolce unione, quanto mai può dirsi felice, ascoltiamo adesso come meriti di restare in benedizione la sua memoria anche per la saviezza dello scompartimento fatto del suo patrimonio.

E cominciando dalle sue misere spoglie comanda che abbiano esequie senz'alcuna pompa, ma che per la salvezza della sua anima si preghi in molte e molte parrocchie, e si dispensino tosto cinque doti a cinque povere e nubili figliuole, nate in quella contrada io cui egli cessi di esistere.

Nelle tre famiglie dei suoi amorosi fratelli ammogliati depone la universale eredità; e sebbene mi sieno egualmente cari, soggiugne, gli altri due miei fratelli, ed io non possa in alcuna menoma parte posporli seguendo gli impulsi del mio cuore, tuttavia non debbo [p. 223 modifica]

allontanare da me l'idea ch’essi hanno minori bisogni e minori impegni degli altri, perché senza moglie e senza figliuolanza. Diretto da questo principio di giustizia dà loro l'ultimo fraterno addio con nobili legati particolari.

La stato vedovile dell'amatissima sua Consorte è provveduto con lautezza pari alla sua fortuna, e fallosi come industrioso di non istaccarla mai dalle consuetudini familiari, vuole che li palagi tutti di città e di villa, che le gioje e i corredi della famiglia, che le raccolte e tutti gli oggetti di arti belle restino ad uso suo.

Ampli legati lascia alle sorelle maritale; annuo assegno ad una sorella ex-monaca; ed alle nipoti, figliuole dei suoi fratelli, stabilisce pingui doli, ovvero regolari contribuzioni se condurre volessero vita nubile; né dimentica le cognate sue, dalle quali tutte si congeda con pegni di soave memoria.

Volendo far sentire, egli dice, gli effetti della mia gratitudine e benevolenza alle persone addette alla mia casa ed al mio servigio, dispongo i seguenti legati. E qui bello e commovente è il trovare famiglie e persone di ogni età e di ogni sesso con generosi la[p. 224 modifica]

sciti beneficate per tutta la loro vita. Voi, prudenti amministratori del suo retaggio; voi che foste a lui stretti per instrinsichezza; voi, fidi e leali suoi camerieri; voi dimestici del più basso grado, voi vi trovate tutti assicurali della perpetua vostra sussistenza; altri di voi vede assicurata anche quella de’ vostri figliuoli; e volle il benefico uomo che fosse provveduto sin anche ai vostri bisogni in casi di malattie, come pure rimesso ogni debito a chiunque seco lui incontralo lo avesse.

Tutte le accennate disposizioni hanno in fine il corredo di una singolare prudenza, attesa la scelta dal Testatore fatta di un arbitro assoluto, nominato ad orsetto di definire in ogni evento e per sempre qualunque quistione senza avere mai bisogno di alcuna solenne formalità di giudizio.

Col tenore in brevi cenni sin’ora da me indicato, e che altri potrà ben isvolgere in forma che più nobilmente si addica, visse e morì Costanzo Taverna. Ora il gentiluomo che batte gli spaziosi campi della orgogliosa ambizione non riconoscerà egli che meglio sarebbe guidato anche alla terrena felicità serbando di continuo, come Costanzo, un cuore umile, giusto, benefico, religioso? E [p. 225 modifica]

non sarebbe questo il veracissimo mezzo per ottenere che vengano rispettati eziandio dal mondo i suoi giorni, e che vengano poi baciate le pietre stesse del suo sepolcro? Ricordiamoci della sentenza di Seneca: In homine quocumque nihil ad rem pertinet, quantum aret, quantum foeneret, a quam multis salutetur, quam pretioso incumbat lecto, quam pellucido poculo bibat, sed quam bonus sit.... Nullum aliud bonum quam honedtum, nec aliud malam quam turpe. De Virtute.