Sul mare delle perle/Capitolo XXIII
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CAPITOLO XXIII.
L’ultimo colpo di Amali.
Jean Baret, cogli abiti a brandelli, il viso nero di polvere e la sciabola sanguinante, si era slanciato su per le scale del palazzo, seguito da Durga, dal fratello di Binda e da un drappello di soldati, per intimare anche al marajah la resa e trarlo prigioniero onde sottrarlo al furore del popolo.
I servi non osano più opporre resistenza e anche i candiani, che combattevano dalla cima delle verande e delle terrazze, gettano le armi chiedendo grazia.
Le sale vengono visitate, poi la galleria, gli appartamenti superiori, quindi i solai, la cupola; ma nè il marajah, nè i suoi ministri si trovano in alcun luogo.
Jean Baret, non potendo credere che fossero riusciti a fuggire, stava per procedere ad una nuova e più accurata visita, quando vide alcuni soldati trascinare un uomo sparuto, livido, che mandava acuti gemiti, raccomandandosi alla pietà dei vincitori.
— Signore — disse un soldato, spingendo innanzi il prigioniero. — Ecco il nuovo primo ministro del marajah, che abbiamo sorpreso nei giardini del palazzo, mentre stava scendendo in un sotterraneo. Quest’uomo potrà dirci dove si è nascosto il suo padrone.
Il primo ministro, vedendo il francese, gli era caduto dinanzi in ginocchio, balbettando:
— Grazia, uomo bianco! Non uccidermi!
— Non dimostri di essere molto valoroso per la carica che occupavi, — disse Jean Baret, con disprezzo.
— Grazia, signor uomo bianco, — ripetè il prigioniero, percuotendo il pavimento colla fronte.
— Basta colle tue umiliazioni ridicole! — gridò il francese stomacato. — Alzati e rispondi a quanto ti chiederò.
— Non mi ucciderai?
— Non vale la pena di sgozzarti.
— Io sono un misero uomo.
— Finiscila e rispondimi: dov’è il tuo signore?
— Non c’è più.
— Od è invece nascosto in qualche luogo?
— No, signore, te lo giuro.
— Dov’è andato?
— È fuggito un’ora fa, mentre i candiani difendevano la piazza.
— E con chi?
— Coi suoi tre ministri e dodici cortigiani.
— Non può essere vero! — gridò Jean Baret.
— Le vie erano piene d’insorti e sarebbe stato riconosciuto.
— Si era tagliata la barba e spogliato delle sue vesti e dei suoi ornamenti. Io ti posso giurare che nessuno lo ha veduto.
— E dove si è recato?
— Verso la costa, onde raggiungere la sua flotta.
— La squadra! — esclamò il francese, messo in sospetto da quelle parole. — Dove vuole recarsi?
Il ministro esitò a rispondere.
— Parla o ti faccio gettare dalla finestra e ti mando a romperti il cranio sulle pietre della piazza.
— Ha detto che voleva colpire Amali al cuore.
— Non ti comprendo.
— Ha parlato di Mysora.
Questa volta fu Jean Baret che divenne livido.
— Il miserabile! — gridò. — Ora capisco tutto. Egli vuole assalire la rocca d’Amali, approfittando della lontananza dei pescatori di perle. Durga! Durga!
— Signore! — rispose il luogotenente di Amali.
— Fa’ preparare venti cavalli dei più veloci e scegli una scorta di uomini fidati.
— Si parte?
— E senza perdere un minuto. Si tratta di salvare Mysora, mi comprendi? Se dovesse cadere nelle mani del marajah, sarebbe perduta per sempre per Amali e fors’anche uccisa.
— Dobbiamo inseguire il marajah?
— E lo raggiungeremo prima che s’imbarchi.
Durga si era precipitato giù dalle scale come un uragano, correndo verso le scuderie reali.
Jean Baret si era volto al fratello di Binda:
— Voi terrete prigioniero quest’uomo fino al mio ritorno, — gli disse. — Se ha mentito lo faremo morire fra i più atroci tormenti.
— Giuro d’aver detto la verità, — disse il ministro.
— Te lo auguro.
Quando scese, i venti cavalli, tutti bellissimi animali di razza, erano pronti. Diciotto uomini erano già saliti in sella, armati di carabine, di scimitarre e di pistole.
Maduri, informato dell’imminente partenza del francese, era accorso per seguirlo.
— No — disse Jean Baret. — Il vostro posto ormai è qui, perchè siete il marajah di Jafnapatam.
Tutta la popolazione della capitale vi ha proclamato signore del reame.
— Vorrei vedere mio zio, — disse il ragazzo.
— M’impegno di condurvelo e presto. Addio, marajah, contate su di me.
Gli strinse la mano e balzò in sella. Il drappello attraversò le vie della città a corsa sfrenata, dirigendosi verso i bastioni.
Il popolo, che si affollava dappertutto, festeggiando con danze e suoni la caduta del tiranno ed il trionfo della insurrezione, vedendo il francese lo acclamava con indicibile entusiasmo, gridando:
— Viva l’uomo bianco! Viva il nostro generale! Che Budda gli conceda lunga vita!
Usciti dalla città, i cavalieri presero la via dei boschi dirigendosi verso Abaltor, dove speravano d’incontrare Amali ed i suoi pescatori di perle.
Dal mattino il tempo si era rimesso al bello ed il vento aveva cessato di soffiare, quindi l’approdo dei pescatori doveva essere avvenuto, salvo che lo avessero impedito circostanze impreviste.
— Quale via avrà preso il marajah? — chiese, ad un certo momento, Jean Baret a Durga. — Ti sei informato dove si trova la squadra?
— Mi hanno detto che, dopo la sconfitta subìta alla rocca, si era ancorata in una baia che si chiama Chanil.
— Lontana da quella che ha servito di sbarco a noi?
— Venti o venticinque miglia più al sud.
— Due ore di galoppo! Giungeremo in tempo per impedire al marajah d’imbarcarsi.
— E se giungessimo tardi?
— Daremo la caccia alla flotta coi pescatori di perle. Barche ne hanno ad esuberanza e poi abbiamo anche il Bangalore.
— Se incontrassimo presto Amali.
— Non si sarà ancora mosso dal borgo — disse Jean Baret. — Lo troveremo occupato a organizzare i suoi pescatori. Cerchiamo di guadagnare cammino e non occupiamoci d’altro, per ora. Quando arriveremo ad Abaltor?
— Se i cavalli mantengono questo galoppo, prima di tre ore vi saremo se....
— Che cosa se?
— La via sarà libera.
— Quali truppe vorresti incontrare?
— Quelle che ci hanno assediato nel fortino, signore — rispose Durga.
— Saranno fuggite dinanzi ai pescatori. Mille contro quattordici o quindici mila! Non avranno resistito nemmeno cinque minuti.
— Che cosa dirà Amali quando udrà che Maduri è già marajah di Jafnapatam?
— Sarà una sorpresa colossale — disse Jean Baret. — Ci avrà creduti morti, mentre invece torniamo vincitori e più vivi di prima. Sprona, Durga! Sono impaziente di dargli la buona nuova.
I venti cavalli, continuamente eccitati, divoravano lo spazio, galoppando in mezzo alle foreste che si estendevano fra la capitale e la costa.
La via però, che era quella usata dalle truppe, era buona e sufficientemente larga in modo che quattro cavalieri potevano galoppare di fronte.
A mezzogiorno i cavalieri giungevano sul luogo dove sorgeva il fortino, di cui non erano rimasti in piedi che pochi pali semi-carbonizzati ed i bastioni di terra.
Jean Baret, temendo che in quei dintorni si trovassero ancora i candiani che lo avevano fatto prigioniero, aveva raccomandato di avanzarsi con prudenza, mandando contemporaneamente Durga in esplorazione, onde non cadere in qualche imboscata.
Dopo una mezz’ora il luogotenente d’Amali era tornato, dicendo di non aver incontrato nessuno.
— Avranno levato il campo per rifugiarsi in qualche altra città? — domandò il francese. — Oppure il marajah sarà giunto qui prima di noi e li avrà condotti seco?
— Io la penso diversamente, — disse Durga.
— Spiegati.
— Da questa ritirata precipitosa deduco che i pescatori di perle siano sbarcati. I candiani, vedendosi nell’impossibilità di dare battaglia, devono essersi rifugiati nei boschi e ripiegati verso l’ancoraggio della squadra.
— Andiamo ad Abaltor — disse il francese. — Se i pescatori sono sbarcati, troveremo Amali e anche il capitano.
Accordarono ai cavalli un po’ di riposo, poi ripartirono di buon trotto, mandando innanzi quattro esploratori, per essere sicuri che la via era sgombra.
Dal fortino alla baia la distanza era brevissima. Bastava attraversare una foresta che non aveva più di sei miglia d’estensione.
Avevano superato mezzo cammino, quando udirono in lontananza delle grida che parevano mandate da un numero enorme di persone.
Jean Baret, impaziente di giungere al borgo, spronò risolutamente il cavallo e, appena superato l’ultimo tratto di foresta, ai suoi sguardi stupiti apparve la spiaggia piena di gente e la baia coperta da centinaia e centinaia di scialuppe e di barche d’ogni dimensione.
— I pescatori di perle! — gridò.
Un momento dopo giungeva come una bomba in mezzo alla folla e cadeva fra le braccia d’Amali.
È inutile descrivere lo stupore e la gioia del prode cingalese nell’apprendere quelle strabilianti notizie.
— Maduri marajah! — ripeteva, credendo di aver male compreso. — Jafnapatam presa! La rivoluzione! Ed io che vi aveva pianto credendovi caduto nella pugna! È impossibile! Mi pare un sogno troppo dolce!
— Il risveglio può essere però fatale per voi, Amali — disse il francese. — Il marajah, il fratello di Mysora, è fuggiasco e tenta di vendicarsi.
— In quale modo? Ormai siamo qui in quindicimila e avremo ben presto ragione delle poche truppe che gli sono rimaste fedeli.
— E quanti ne avete lasciati alla rocca? — chiese Jean Baret.
— Il mio scoglio non ha bisogno di molti soldati per vegliarlo. Non siamo vincitori quì?
— Sì, ma non sul mare e vi so dire che il marajah sta per assalire il vostro rifugio e prendervi Mysora.
— Mysora in pericolo! Mysora minacciata! — gridò il re dei pescatori di perle, con voce terribile. — Ah! Miserabile marajah! Sarebbe capace di uccidermela onde impedirle di diventare mia moglie!
Si era slanciato fuori dalla sua tenda come un pazzo senza ascoltare più altro, gridando:
— In mare! In mare! Imbarcatevi tutti!... La mia rocca! La mia rocca!
I pescatori, quantunque non avessero compreso nulla di quell’ordine improvviso, vedendo il loro re così agitato, col viso sconvolto, gli occhi accesi, si erano precipitati verso la riva, raggiungendo le loro barche.
Anche il Bangalore si era accostato alla riva per imbarcare il padrone.
Jean Baret e Durga avevano seguito Amali, il quale dava, con voce angosciata, delle istruzioni ai capi, spiegando alla meglio il motivo di quella precipitosa partenza.
— Calmatevi, — disse il francese che aveva raggiunto il re dei pescatori sulla sua nave. — Il marajah non ha che qualche ora di vantaggio su di noi, quindi non dovete prendervela con tanta furia. Io anzi dubito che abbia potuto raggiungere la sua flotta.
— E se fosse già partito? — chiese Amali, con angoscia.
— La vostra rocca, anche difesa da pochi uomini, non si prende in dieci minuti.
— Questo è vero, — rispose il re dei pescatori, il quale a poco a poco riacquistava la sua calma. — Quanta riconoscenza vi debbo, Jean Baret! Senza di voi avrei certamente perduto Mysora, perchè io non avrei mai potuto immaginare tanta perfidia in quell’uomo!
— Non date troppo merito a me. Se il ministro del marajah non me lo avesse detto, nessuno avrebbe saputo nulla.
— Siete partito subito?
— Senza perdere un minuto.
— Ed io che vi credevo morto!
— Ucciso dai candiani?
— Sì, Jean Baret.
— E anche Maduri?
— Anche lui.
— Avevate però deciso di continuare l’impresa.
— E di vendicarvi — rispose Amali.
— E come avete potuto sfuggire ai candiani?
— Non lo so. Il mio drappello era riuscito a sfondare le loro linee ancora malferme e passare. Fuggimmo a bordo del Bangalore per non venire ripresi e nell’istesso momento giungevano le prime barche dei pescatori di perle, le quali avevano cercato rifugio in una baia poco lontana da questa.
— Ed i candiani?
— Sono fuggiti appena hanno veduto giungerci quei rinforzi.
— Dove saranno andati?
— Non so, nè mi curo di saperlo. Più tardi, se non deporranno le armi, li inseguiremo e anche li batteremo. Ormai le nostre forze sono imponenti e nessuno oserà più opporre resistenza. Vedrete che domani anche tutte le altre città dello stato riconosceranno Maduri per marajah.
— E voi?
— Sarò il suo primo ministro e reggerò le redini del potere finchè avrà raggiunto la maggior età! E di voi, mio caro Jean Baret, che cosa ne faremo?
— Mi accontenterò della carica di gran cacciatore di Maduri.
— No, sarebbe troppo poco. Voi, che avete guidato la rivoluzione, sarete il nostro generale. Nessun altro uomo potrebbe eguagliarvi per coraggio e per abilità guerresca.
— Lasciamo queste cose, — disse il francese, ridendo. — Ne parleremo più tardi e poi non avete l’approvazione del nuovo marajah.
— Maduri deve principalmente a voi il trono e poi quel ragazzo farà quello che vorrà il suo primo ministro, almeno finchè avrà raggiunto l’età necessaria per ben regnare.
La immensa squadra dei pescatori di perle, preceduta dal Bangalore, era intanto uscita dalla baia, disposta su due interminabili colonne e si era diretta verso il mezzodì, manovrando precipitosamente i remi.
La notizia che il loro re andava a dar l’ultima battaglia all’ex-marajah, per impedirgli di andare a distruggere la rocca ed impadronirsi di Mysora, si era sparsa e quei bravi marinai, che fino allora non avevano avuto l’occasione di mostrare il loro valore, erano ansiosi di menar le mani.
Volevano avere anche loro una parte nell’insurrezione che aveva atterrato il tiranno, per rimettere sul trono il discendente dell’antica dinastia.
Essendo il mare tornato tranquillo, la navigazione riusciva facilissima. Le due colonne speravano quindi di giungere in meno di quattro ore nella baia che serviva di rifugio alla squadra e di sorprendere il marajah prima che lasciasse la costa.
Amali e Jean Baret, a prora del Bangalore, scrutavano l’orizzonte e la costa per vedere se le galee comparivano; entrambi erano impazienti e nervosi e anche un po’ preoccupati.
Verso le quattro del pomeriggio, mentre stavano girando una punta che copriva la baia nella quale doveva trovarsi la flotta, scorsero numerose barche che stavano per prendere il largo.
— Le galee! Le galee! — gridarono i marinai del Bangalore, afferrando le armi.
Clamori assordanti si alzavano sulle scialuppe dei pescatori di perle.
— Alle armi! Alle armi! Ecco il nemico!
Le galee, una trentina in tutte, montate da numerosi equipaggi, scorgendo i nemici si erano divise in due squadre. Mentre l’una si disponeva in linea di battaglia per contrastare il passo ai pescatori, la seconda si era data alla fuga prendendo il largo.
Questa era preceduta da una grossa barca, ricca di dorature, lunga più di venti metri e armata da quattro spingarde. Ventiquattro rematori la spingevano e altrettanti guerrieri si tenevano raggruppati a prora ed a poppa.
— La galea del marajah! — gridò Amali. — Diamogli addosso prima che ci sfugga.
Mentre una colonna correva contro la prima squadra con velocità fulminea, assalendola a colpi di carabina e di spingarda e circondandola, l’altra, preceduta dal Bangalore, assaliva la seconda, impegnando un sanguinoso combattimento che, dato il numero enorme dei pescatori di perle, doveva finire colla peggio pei cingalesi.
Amali, vedendo la galea reale continuare la fuga, si era messo ad inseguirla, scaricandole addosso le spingarde.
Gli uomini del marajah, pur sempre continuando la ritirata, avevano risposto con molto animo, per difendere il loro signore che correva serio pericolo di venire catturato.
Non si trovavano però in grado di sottrarsi all’inseguimento, a causa della straordinaria velocità del Bangalore, il quale stringeva da presso la nave avversaria.
Il duello d’artiglieria durò dieci minuti, intenso Il nuovo marajah Maduri da ambe le parti e facendo grande strage, poi il Bangalore abbordò la galea presso la poppa.
Amali aveva sessanta uomini; il marajah cinquanta. Sì gli uni che gli altri erano però guerrieri scelti, d’un valore straordinario e armati di carabine, di pistole e di scimitarre.
Amali e Jean Baret, pei primi, si erano slanciati sulla tolda della galea, impegnando una lotta tremenda.
I guerrieri di Jafnapatam si erano stretti intorno al marajah, formando una barriera irta d’armi e assolutamente compatta.
— Arrendetevi! — aveva gridato Amali. — Le vostre squadre sono già state sgominate!
I cingalesi avevano invece risposto con urla di guerra e di morte e si erano scagliati all’assalto, cercando di respingere gli avversari. I pescatori erano intanto accorsi in aiuto dei loro capi, attaccando colle scimitarre e colle pistole, risoluti ad impadronirsi della galea e del marajah.
Combattevano d’ambe le parti con grande valore, con vero accanimento, tirando fendenti per ogni dove e scaricando le pistole.
Tre volte Amali e Jean Baret avevano cercato di sfondare le linee nemiche e altrettante erano stati respinti con gravissime perdite.
— Tirate colle spingarde dentro la massa! — gridò Jean Baret.
Durga volse una spingarda, la fece caricare a mitraglia e, fatto staccare il Bangalore onde non colpire i compagni, la spinse sul fianco destro della galea e fece fuoco quasi a bruciapelo.
Quel colpo, che atterrò più di quindici uomini, fu fatale pei cingalesi. Disperando ormai di vincere e vedendo già altre barche accorrere in aiuto del Bangalore, gettarono le armi cadendo in ginocchio e chiedendo grazia.
Solo il marajah, pallido, col viso sconvolto, era rimasto in piedi, guardando Amali e Jean Baret con occhi truci.
Il re dei pescatori di perle s’aprì il passo fra i cingalesi e, ponendo una mano sulla spalla dei marajah, gli disse:
— Sei mio prigioniero.
— Uccidimi giacchè mi hai vinto e detronizzato, — rispose quegli con voce cupa.
— Io non uccido un uomo che domani sarà mio cognato, — disse Amali.
— Io tuo parente!
— Mysora diverrà mia moglie.
— La miserabile!
— Dovresti ringraziarla. Ella ha acconsentito a sposare il re dei pescatori di perle a condizione che io salvassi la vita a suo fratello.
Il marajah aveva chinato la testa sul petto.
— Che cosa farai di me? — chiese, dopo alcuni istanti di silenzio.
— Ti darò un piccolo principato da governare, quello di Seran.
— E non vendicherai la morte di tuo fratello?
— Io t’ho perdonato.
— Tu sei generoso, mentre io sono sempre stato cattivo, — mormorò il marajah. — La lezione è stata dura, ma me la meritavo.
— Acconsenti a diventare mio cognato?
— Mia sorella è tua, — rispose l’ex-principe. — Tu te la sei guadagnata e nessuno, più di te, è degno di lei.