Storia della rivoluzione di Roma (vol. III)/Capitolo II
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[Anno 1848]
Col mese di decembre dobbiamo entrare a parlar subito della Costituente perchè appunto nella sessione del Consiglio dei deputati del 1° del detto mese il conte Terenzio Mamiani proponeva il progetto di una Costituente italiana da convocarsi in Roma. 1
Questo progetto portava in sè del ridicolo, poichè Napoli non volendo, la Lombardia non potendo perchè ricaduta sotto gli Austriaci, ed il Piemonte poco o nulla curandosi di assoggettarsi a Roma (per non perdere quella supremazia alla quale oramai disvelatamente aspirava), ne seguiva che tutta la Italia sarebbesi circoscritta agli stati romani e toscani soltanto.
Siccome però nel decorso di questo mese di decembre dovremmo ritornare ad ogni momento su questo particolare, imperocchè tutte le pratiche per attuare la convocazione in Roma della Costituente in detto mese si svolsero, così crediamo che in luogo di ritornare varie volte e interpolatamente sull’argomento stesso, valga meglio di riunire nel presente capitolo tuttociò che alla Costituente si riferisce.
La Costituente era divenuta nel mese di dicembre il motto d’ordine universale; tutti ne parlavano e quasi niuno conoscevano il significato: e questa parola aveva siffattamente riscaldato le teste, che a sentirne i promotori, ei pareva non potervi essere salvezza alcuna se non in essa e per essa, e non potersi sperare senza quella nè felicità nè prosperità alcuna. Era insomma una specie di delirio pur troppo; e noi di questo delirio ritrarremo la storia incominciandone la trattazione dai suoi primordi che furono in ottobre, protraendola per ora fino alla sua proclamazione che fu la sera del 29 di decembre.
La parola Costituente è di nuovo conio e di fabbrica francese. Ella prese sua origine dalla famosa assemblea nazionale di Francia la quale gittò i primi semi dei mutamenti memorabili che accaddero nello scorcio del secolo passato. Essa si sciolse il 30 settembre 1791.2
Chiamasi Costituente o Constituente come quella che ha dal popolo il mandato di dare una costituzione allo stato.3
La prima assemblea costituente ch’ebbe la Francia fece la costituzione del 1791, la seconda l’ebbe nel 1848, e fece la costituzione del detto anno. Anche in Germania si formò nel 1848 la dieta o assemblea costituente liberale germanica.
Ora di questa Costituente alla francese invaghironsi gl’Italiani, ed è perciò che il Gioberti convocò quel suo famoso congresso federativo in Torino pel 10 di ottobre, e sotto il 28 emise il suo schema o progetto di federazione ove all’articolo 4.° si diceva «che l’assemblea costituente promulgherà una legge elettorale comune.»4
Si ricorderanno i nostri lettori che anche il presidente Manin la proponeva invece in Venezia al Leopardi, forse per darle un colore un po’ più repubblicano; ma il Montanelli intanto ne aveva proclamata una fin dall’8 di ottobre in Livorno, d’indole essenzialmente democratica, e questa ebbe su tutte le altre la prevalenza e formò la Costituente normale dei popoli italiani. Il congresso di Torino (di arcadica innocenza secondo il Farini) fu quello in cui convenner da Roma quei semplicioni descritti nel capitolo XVIII del secondo volume, i quali, ritornati dal Piemonte, soffermaronsi in Toscana ove sembra che entrassero nelle viste del Montanelli, promettessero di far prevalere la sua Costituente e, posti tutti gli altri progetti in disparte, quello solo del professore di Pisa intendessero di far attuare. Di esso soltanto difatti in Roma parlavasi, esso solo magnifìcavasi come un capo d’opera di senno politico; e nella riunione del circolo popolare del 15 novembre da noi già memorata, quel popolano che proponeva ministri, e distribuiva portafogli, quale se non la Costituente del Montanelli ad alta voce proponeva e magnificava? Ed era voce da farsi intendere perchè ne vedemmo gli effetti! ....
Egli è dunque incontestabile che dopo gli abboccamenti degli agitatori toscani con quelli che pretendevano di rappresentare Roma, videsi da questi propugnarsene unguibus et rostro l’attuazione; e mentre due mesi prima niuno pariavane affatto, nel novembre se ne parlava da molti. Si noti però che quando diciamo o molti o moltissimi o tutti, ciò è sempre relativo, ed intendiamo riferirlo a quelli che o in buona fede o per appartenenze a consorterie politiche erano entrati nel movimento, al quale la maggiorità dei cittadini era, è, e sarà sempre più o meno estranea.
Amaron però quelli di Roma di comparire spinti da quelli di fuori. Ciò giovava al loro intento, esonerandoli dalla responsabilità, e facendo apparire unanimità di propositi e necessità di pronta adozione.
E primo di tutti si produsse in iscena il circolo dei popolo di Firenze con un suo indirizzo ai Romani, il quale porta sfacciatamente l’impronta di un programma repubblicano.5
Eccone un saggio:
«La lega dei re ha strozzato le nazionalità: la lega dei popoli le risusciti.
» La libertà italiana ebbe vita e potenza in Roma: fu seppellita in Firenze. Queste città, sorelle di sventure e di gloria, si stringano le destre, e la libertà dalla tomba volerà al Campidoglio.
» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» La Costituente è proclamata. Or tu, popolo romano custode dell’universo italico voto, convoca nella eterna città i rappresentanti d’Italia.»
Si omette il resto, ma il Sommario vi supplirà.
E la società patriottica popolare di Pisa dirigeva il 29 al circolo popolare nazionale di Roma altro indirizzo, dal quale estragghiamo le seguenti parole:
«Roma — Mai vi è stata nel mondo potenza eguale
- alla tua. Consacrata da tante grandezze sei la prima fra » le sorelle d’Italia, sei la divina fra le città della terra.
» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» Dio protegge la causa nostra santissima, e da te; o eterna città, vuole che incominci il trionfo.
» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
» Romani, non mentite all’Italia, a voi stessi — Quell’opera che Toscana iniziò tocca a Roma di compiere.»6 Ciò è quanto ci venne dalla Toscana: veniamo ora agli stati della Chiesa.
Ancona era in allora una città assai calda e vogliosa di politici mutamenti, ed i suoi circoli anconitano e popolare sovrastavano agli altri per estensione di rapporti, e per l’influenza che esercitavan sugli altri circoli. Ed essi furono solleciti d’inviare i loro eccitamenti al ministero romano colle parole seguenti:
«Or bene noi vogliamo valerci del presente ministero come di base e di punto d’appoggio alla novella rappresentanza. Noi a lui ci dirigiamo perchè senta il dovere di convocare all’istante un’Assemblea generale con voto universale del popolo. Assemblea che riunirà il senno e la forza del paese, e intorno alla quale si stringeranno tutte le membra onde cooperare insieme agli urgenti bisogni.» 7
Ed il circolo nazionale di Forlì con indirizzo del 3 decembre calde parole nello stesso senso dirigeva ai ministri ed ai componenti i Consigli legislativi dello stato. 8 E quello popolare di Roma con indirizzo del 6 raccomandava al Consiglio dei deputati la pronta convocazione della Costituente.9
Ed i circoli nazionale e popolare bolognesi con indirizzo dell’8 dichiaravano che Bologna aveva disapprovato e deplorato la tragedia del 15 novembre, ma non si era mai staccata da Roma, e la invitava a riunire i rappresentanti della nazione sul Campidoglio. 10
La pressura però che su Roma esercitavasi prese ben altra importanza quando il 13 di decembre tutti i circoli riuniti in Forlì tennero solenne adunanza, ove fra le altre cose statuivasi che:
«Il Consiglio de’ deputati, la sola rappresentanza che abbia un mandato riconosciuto dal popolo, proceda intanto, come a provvedimento di urgenza, alla nomina immediata di un governo provvisorio, il quale debba convocare, interrogando il suffragio universale, un’Assemblea generale dello stato per stanziare il definitivo nostro politico ordinamento, salvi i diritti della nazione unita in Assemblea Costituente italiana, quale venne proclamata dal ministero toscano .»
Fu sottoscritto il detto indirizzo dai seguenti: 11
«Pel circolo nazionale di Bologna
- » Professore Quirico Filopanti
- » Avvocato Ulisse Cassarini.
» Pel circolo popolare di Bologna
» Pel circolo popolare di Ravenna
- » Avvocato Giulio Guerrini.
- » Antonio Camerani.
» Pel circolo patriottico di Faenza
- » Conte Francesco Laderchi
- » Conte Raffaello Pasi.
» Pel circolo popolare di Rimini e per la prima legione romana
» Per la società de' promotori del circolo di Bagnacavallo
- » Pietro Beltrami
- » Avvocato Francesco Burani.
» Pel circolo cittadino di Pesaro
- » Luigi Guidi
- » Achille Stefani
- » Luigi Gessi.
» Pel circolo nazionale di Ferrara
- » Avvocato Carlo Mayr
- » Dottor Carlo Grillenzoni
- » Salvatore Anau.
» Pel circolo popolare di Forlì
- » Conte Aurelio Saffi
- » Avvocato Giovita Lazzarini.
» Pel circolo popolare di Cesena
- » Luigi Serafini
- » Dottor Giovanni Saragoni.
» Pel circolo popolare di Lugo
- » Conte Giovanni Samaritani
- » Dottor Giovanni Morandi.
» Pel circolo popolare di Russi
- » Avvocato Giuseppe Camillo Mattioli.
» Per la società dell'adunanze cittadine di Fano
- » Dottor Giuseppe Tommasoni. »
» Pel circolo popolare di Senigallia
- » Arsenio Paolinelli
- » Girolamo Simoncelli
- » Conte Giovanni Golfarelli Frassoni di Forlimpopoli
- » Sebastiano Siboni di Bertinoro
- » Dottor Vincenzo Torricelli di Meldola
- » Andrea Versari di Civitella.»
Il giorno 14 poi associaronsi a far pressa a questa povera Roma anche i deputati del circolo del popolo di Firenze che già in Roma eransi riuniti. Eccone i nomi:
Dottor | Pietro Maestri |
Filippo de Boni | |
Piero Gironi. |
i quali, con un indirizzo del giorno stesso al circolo popolare di Roma, raccomandavano la convocazione della Costituente. 12
Il giorno seguente anche Bologna continuava a dar segni di vita con un indirizzo al parlamento e ai popoli dello stato romano, ove dopo avere annunciato con rincrescimento la non accettazione del senatore Zucchini di far parte del potere esecutivo, o suprema Giunta di stato in Roma, dicevasi: «Bologna volge gli sguardi alle vette del Campidoglio, e da quelle vette gloriose aspetta la salvezza d’Italia.» 13 Osservino bene i nostri lettori, ch’eravamo già passati dal Vaticano al Campidoglio.
Non ostante però tutti questi eccitamenti, Roma che null’affatto sapeva che cosa si volesse significare la parola Costituente, non iscotevasi, ed il movimento nel senso della Costituente montanelliana non usciva dalla periferia degli uomini del partito o degli aggregati al circolo popolare divenuto e mantenendosi tuttavia onnipotente.
Lo stesso monsignor Gazola nell’opera parecchie volte citata (e il suffragio di monsignor Gazola è qualche cosa) dichiara che la Costituente non era in Roma il voto della maggioranza assoluta, ma della maggioranza potente nei circoli.14
Ma intanto una circostanza di grave momento era venuta ad imprimere nuovo coraggio ai partigiani della Costituente. Garibaldi era in Roma fin dal giorno 12.
E quantunque i suoi partigiani pubblicassero subito alcuni cenni encomiastici sulla sua vita, quantunque ne fosse annunziato l’arrivo con un pomposo articolo,15 la sua presenza in genere, tranne che al partito esaltato, non riuscì gradita.
Si rinforzarono la sera in cui giunse le pattuglie, s’intesero alcuni fischi sul suo passaggió, ed in sui primi i civici si ricusaron perfino di prestarsi a fargli la guardia di onore, siccome si fece nel maggio al Gioberti, all’albergo Cesari ove era alloggiato.
Queste cose non si stampavano, ma furon vere. Ed il governo fingendo di secondare queste antipatie popolari faceva già divulgare che di buon garbo sarebbe stato allontanato Garibaldi da Roma con alcuni de’suoi più caldi partigiani. I fatti che narreremo proveranno non essere state queste se non altrettante gherminelle per ingannare e tranquillare i Romani, mostrando una deferenza illusoria ni loro scrupoli ed alla loro suscettibilità.
Il partito moderato insomma temeva che la venuta del Garibaldi fosse combinata per predisporre gli animi e per ispianare la via alla proclamazione della repubblica, ed il governo furbescamente li rassicurava con un: Non dubitate, lo allontaneremo noi.
Intanto Roma venivasi riempiendo di persone sconosciute pronte al mal fare, e queste costituivano quelle compagnie ambulanti, che con grazioso lepore ci rappresentò il d’Azeglio in quel suo opuscolo saporito intitolato Indirizzo ai suoi elettori, ove così diceva:
«Una compagnia di comparse, di professori di chiassi e di tumulti va girando per l’Italia da un paese all’altro coll’incarico di rappresentare il popolo. Chi ha bisogno di un popolo, d’una dimostrazione per diventar ministro, o per altro, se s’intende col capo-comico. La compagnia arriva, le si danno pochi soldi, le parole da gridare, e la cosa è fatta.» 16
Ebbene di queste compagnie ne avevamo ancora noi in Roma, uò per verità i buoni Romani se ne curavano gran fatto; che anzi vedendo la brutta piega cli’eran per prendere le cose, sopratutto dopo la partenza del pontefice, eransi allarmati non poco, ed avrebber voluto liberarsene. Queste compagnie o comparse eran come le leve di cui servonsi i cacciatori, e recitavano in Roma la parte di promotori di alcune dimostrazioncelle che si tentarono in senso garibaldino, le quali senza bisogno di molto acume d’ingegno, si comprende che odoravano di repubblicanismo.
S’incominciò allora a parlare e sul serio del loro discacciamento, ei governanti o gl’intimi loro facevan sembiante di voler secondare questo divisamente che dicevano ottimo, ma richiedevano ai Romani ed a’ civici sopra tutto l’attiva loro cooperazione.
Mentre le cose erano in questo stato, e i circoli spingevano affinchè la Costituente si proclamasse, Sterbini mise in mote altra delle sue macchine per raggiunger lo scopo, e la sera del 17, d’accordo col Ciceruacchio, organizzò una dimostrazione di un cinquecento persone circa, tutti lavoranti di strade i quali egli, come ministro del commercio e dei lavori pubblici, comandava a bacchetta. Essi recaronsi al ministero per chiedere la Costituente.17 Ma il ministero rispondeva il giorno seguente 18, con atto riportato nella Gazzetta di Roma del detto giorno, non essere di sua competenza la proclamazione della Costituente, ma sì bene dei due Consigli legislativi.18 A noi sembra non doversi passare, senza rifletterci, sopra alla circostanza che mentre la parte colta di Roma non chiedeva la Costituente, la chiedesse la parte illetterata ch’erano i lavoranti di Torre di Quinto; e che mentre i Romani che sapevan leggere i libri e trattare la penna non sapessero per la massima parte che cosa fosse questa Costituente, ne implorassero il beneficio gli uomini avvezzi a trattare la vanga e la marra. Si sarebbe portati a credere che i lavoranti, in luogo di lavorar la terra, avessero preso da Sterbini e Ciccruacchio lezioni di legislazione e di diritto pubblico. Il Consiglio dei ministri disapprovò per altro con un proclama siffatta dimostrazione come illegale, dovendo l’oggetto in questione esser deciso dalle Camere.19 E così, col rimandarsela da Erode a Pilato, non si trovava chi volesse assumere la tanto desiderata proclamazione.
Ed allora fu che volendo profittare delle disposizioni in cui era la civica di agire contro i sussurroni, se ne tirò partito, e si escogitò quella riunione famosa di tutta la guardia civica per la sera del 19 decembre nello scopo unico e solo (come dicevasi) di scacciare i perturbatori della pubblica quiete. Questa riunione invece si rivolse a totale profitto della rivoluzione, e costituì la più solenne corbellatura che ricevessero i Romani dagli abilissimi promotori del movimento. Nè crediamo che possano prendere ciò in mala parte, perchè l’è cosa talmente pubblica e notoria, da non soffrire eccezione veruna. Manca soltanto che i Romani stessi conoscati bene come passaronsi le cose, e questo lo diremo noi al meglio che potremo appoggiando sempre coi documenti il nostro racconto.
Già fin dal 18 decembre erasi manifestato del movimento in città per parte di persone del più torbido aspetto, ma la civica avendo spiegato molta operosità, l’ordine non venne turbato, ed il generale Gallieno con un sollecito ordine del giorno ne lodò la condotta.20
In seguito di che, per la sera del 19, si convocò una generale riunione della guardia civica sulla piazza dei santi Apostoli per l’oggetto esclusivo di concertarsi sui mezzi, e procedere ben anco al discacciamento di questi perturbatori che tenevano inquieta e timorosa la città, e minacciavanla di una graziosa visita della repubblica una e indivisibile.
Vi concorsero per lo meno un cinque o sei mila civici, e furon fatti i fasci d’armi e accesi i fuochi nella piazza per bivaccarvi occorrendo anche la notte, ed in ciò i Romani detter prove non dubbie di coraggio, di buon volere, e di patriottismo.
Tutti i colonnelli, i maggiori, e il generale della civica Gallieno col suo stato maggiore eran sul luogo, ed il quartiere del 2° battaglione Trevi situato in quella piazza formava il quartier generale.
Quando tutto ad un tratto si videro circolare per le file dei militari copie stampate di un indirizzo al generale della guardia civica ove, se da un lato si accennava al discacciamento dei perturbatori, figurava dall’altro come il vero oggetto della riunione, la proclamazione della Costituente.
Questo indirizzo riuscì nuovo a tutti, meno che agli affigliati alle riunioni d’onde scaturiva la riprovevol manovra.
Esso diceva così:
«Nei gravi e solenni momenti in cui trovasi Roma e lo stato, nelle presenti circostanze eccezionali, la guardia civica romana, a prevenire qualunque non giusta interpretazione de’ suoi sentimenti e delle sue disposizioni, crede opportuno di far palese a voi, degno suo generale, onde per voi sia fatto manifesto al governo e al popolo, come la civica romana desidera ardentemente che sieno fatti paghi i voti di Roma e delle provincie, mediante una pronta convocazione della Costituente dello stato a norma dell’indirizzo redatto dai deputati delle provincie riuniti in Forlì; che la civica romana crede soltanto questa immediata misura poter convenire allo stato presente di cose, e prevenire ogni disordine; che ad ogni modo però essa non permetterà mai che sotto qualunque pretesto sia turbato in questi giorni l’ordine pubblico che tanto onora il nostro popolo, e saprà come appoggiare il trionfo dalla libertà, così resistere con ogni sua forza ai perturbatori, massime estranei, che volessero imporre la loro volontà a un popolo libero, e che si mostrò degno de’ suoi grandi destini.»21
Questo fu l’indirizzo che a nome dei Romani ed a loro insaputa si fece stampare e circolare per le fila de’ loro battaglioni, quasi che fosse l’espressione delle loro volontà: e dite voi, se videsi mai un abuso di buona fede così sfacciato come questo? Secondare in apparenza lo slancio dei civici che gridavano: facciamola una volta finita cogli estranei che si sono traforati fra noi, che insinuano massime perniciosi nel popolo, e cacciamoli; farli riunire con grande apparato come si fece; e poi, in quel luogo stesso, voltare loro sotto gli occhi le carte, e far comparire uh indirizzo (elaborato nel circolo popolare) il cui scopo precipuo era la proclamazione della Costituente, e quasi forzarli dicendo: volete voi una cosa? Accordateci l’altra.
Saltò agli occhi dei colonnelli riuniti nel quartiere del 2.° battaglione un simile tratto di tradita buona fede, e se ne querelarono altamente; fra questi primeggiò il principe Torlonia.22
Si adottò allora il ripiego di consultare partitamente i militi, la qual cosa non potè farsi se non che nel modo il più irregolare e tumultuario. I rapporti recarono che i più non sapevano che cosa fosse la Costituente, e rispondevano non esser stato quello l’oggetto della loro chiamata. Pochissimi aver risposto di volere la Costituente.
Ma allora alcune voci prepotenti s’inteser gridare in tuono minaccioso: va bene, va bene: tutti vogliono la Costituente. Viva la Costituente; e viva la Costituente ripeterono tutti gli affigliati ai circoli.
Guardavansi l’un l’altro stupefatti e sdegnosi i civici, ma che fare? Viva la Costituente fu il grido che si voleva e che si pronunciò ad alta voce; e lo Sterbini che era già in serbo per compire il colpo di scena, slanciossi dal quartiere per recarsi al palazzo Ruffo che era dirimpetto ed ove alloggiava in quel tempo il Cardinal Macchi. Egli apparve sulla loggia e pronunciò un discorso allusivo alla occasione, promettendo sulla sua parola di onore, che nella notte i perturbatori sarebbero stati allontanati.
Applausi non mancarono al discorso dello Sterbini; dopo di che quello stessa milizia cittadina che era pronta a bivaccare la notte sulla piazza de’ santi XII Apostoli, ottenne la sua licenza, e ordinatamente difilando pel Corso restituissi ai suoi quartieri e quindi si separò.23 A che veramente ritenerla di più? L’operazione che volevasi, era fatta. Volevasi che si potesse dire: la civica ha proclamato la Costituente, e ciò potè dirsi.
D’altra parte essa era in armi, non si oppose, dunque (concludevasi) aderì. Avrebber voluto molti e molti far segno di opposizione aperta, ma ove ben si consideri siffatto partito, in quel momento non poteva scaturirne se non la guerra civile. I colonnelli V indomani quasi tutti avrebber voluto rinunziare, ma poi il timore del peggio li ratteune. Rinunziando gli onesti, sarebbero altri onesti stati loro sostituiti? Ov’era la lealtà, ov’era la libertà, quando sotto gli occhi di tutti si osava di meditare e si riusciva di portare a fine simili sorta di sopraffazioni? E ciò sia di esempio a tutti, non solo uomini viventi, ma anche uomini nascituri, per inferirne che cosa valga in rasi consimili la guardia cittadina. Risero molti, e molti ricoprirono il volto per la vergogna: ma il male era fatto, e l’indomani a compiere lo scorno patito in modo sì flagrante, venne fuori un ordine del giorno del generale Gallieno il quale incominciava con queste parole:
«La mirabile energia che ieri spiegaste, a tutela dell’ ordine pubblico, vi coperse di nuova e meritata gloria.» E terminava con queste altre:
«Voi, ne sono certo, mi corrisponderete, conforme faceste il 19 decembre: giorno di sempre onorata ricordanza pe’ militi cittadini di questa eterna Roma.
Il tenente generale |
Lo Sterbini poi ebbe l’impudenza di pubblicare nel Contemporaneo del 19 dicembre quanto appresso:
«Una scena imponente è passata oggi in Roma che servirà a provare definitivamente ai nostri nemici esser vane tutte le loro arti per ispingere questo popolo a riprovevoli eccessi, c a quella guerra civile che riehiamerebbe senza fallo immensi mali sulla nostra patria.
» Alcuni agitatori dell’ordine pubblico non appartenenti al nostro stato e venuti da pochi giorni in Roma, si erano fìtti in capo di rinnovare fra noi le funeste lotte accadute in Livorno, in Genova, e in altre città d’Italia. Il popolo e la guardia civica gli hanno sofferti fino ad un certo limite, ma poi han voluto Unirla, con questi perturbatori; e in questa sera più di seimila uomini di guardia civica si sono riuniti in battaglioni c hanno formulato un indirizzo diretto al ministero in cui lo pregavano ad allontanare dalla città questa razza di falsi liberali nemici primi del popolo e della nostra indipendenza.
» Nel tempo stesso domandavano al governo di convocare in Roma la Costituente degli stati romani.
» I battaglioni civici riuniti sulla piazza de’ santi Apostoli e nelle piazze adiacenti incaricarono il loro generale e i comandanti superiori di presentare il loro indirizzo al ministero. Questi rispose che si farà un dovere di presentare immediatamente alla Camera dei deputati il voto della guardia nazionale, che è conforme al desiderio universale delle provincie, ed ivi appoggiarlo con tutte le sue forze per l’attuazione della Costituente.»25
Noi possediamo lo stampone originale del detto impudentissimo articolo con le correzioni dello Sterbini.26
Diciamo impudentissimo, perchè ivi si dice che i battaglioni riuniti sulla piazza de’ santi XII Apostoli formularono l’indirizzo, mentre esso, simile al biglietto di Rosina nel Barbiere di Siviglia, era già stampato.
In seguito pertanto dell’indirizzo della civica la Giunta di stato composta del principe Corsini, del conte Camerata (di Ancona), e dell’avvocato Giuseppe Galletti (di Bologna) emanò il 20 un indirizzo ai popolo sulla necessità della convocazione della Costituente.
Vi figurarono è vero i tre nomi, ma il Corsini non vi appose il suo, quantunque apparisse stampato. Il Galletti ebbe lo stampone per farvi alcune correzioni, e prima di rimandarlo al Corsini credette di pubblicar l’indirizzo con la firma di questo.
Non si creda però che di tale infedeltà il Corsini facesse motto finchè fu in Roma. Il timore lo fece tacere; ma nel gennaio dell’anno seguente ritiratosi dalla Giunta di cui era parte integrale e la quale comprometteva il suo onore e la giurata fede al sovrano, partitosene da Roma e rifugiatosi in Toscana, si fece sollecito d’inserirne il racconto in que’ giornali. 27
Anche il circolo popolare con un indirizzo alla guardia nazionale ed ai soldati d’ogni arma pagò loro un tributo di lode per aver gridato viva la Costituente la sera del 19. 28
Vediamo ora come si condusse il Consiglio dei deputati sopra un atto di tanta importanza, essendo che lo stesso ministero avea risposto esser questo un affare non di sua spettanza, ma sì bene di competenza de’ Consigli legislativi.
Il giorno 26 decembre ebbe luogo una lunga, animata, e procellosa discussione su questo tema.
Già la Giunta di stato aveva con un atto del 23 (comunicato il 26) invitato i ministri a proporre ai Consigli deliberanti la convocazione della Costituente.
In detta riunione l’avvocato Armellini lesse il progetto di legge per la convocazione della Costituente, e l’appoggiò con un discorso dei più irruenti, e nel tempo stesso dei più allarmanti e minatori. Esso fu forse il primo di umil genere che uscisse mai dalla bocca di un avvocato concistoriale.
Rappresentava la rivoluzione imminente, l’anarchia pronta ad irrompere. Annibale, disse, è alle porte di Roma. E per farsi meglio intendere diresse all’assemblea queste parole: Eccovi dunque le forche caudine, ecco il bivio: la deliberazione legale della nazione, o la deliberazione dell'anarchia.29
Surse lo Sterbini, e appoggiò la misura come di diritto e di necessità. Audinot come di necessità soltanto. Mayr escluse l’uno e l’altra. Il marchese Potenziani l’appoggiò, minacciando in caso diverso di ritirarsi dall’assemblea.
Intanto si annunciavano le rinunzie del conte Ratighiasci-Braticaleoni, e del conte Lauro Lauri altro deputato che chiedeva licenza per suoi affari. Il dottor Pantaleoni non potè pronunciare un suo discorso, e si limitò di consegnarlo alle stampe.30 La peritanza però e la incertezza invadevano molti dei deputati, ed il timore delle violenze delle tribune gli atterriva, perchè erano esse costantemente in attitudine minacciosa e tirannica.
In una parola nulla affatto in detta riunione si concluse: e fra l’incertezza, la scissura, e la trepidazione: fra che non vi era più il numero legale e le rinunzie piovevan da tutte le parti, si agitò, si minacciò, si discusse; ma con tutto ciò l’assemblea sia che sentisse la propria incompetenza, o l’indebolimento delle sue forze, si sciolse senza deliberare e senza votare sopra una misura di tanta importanza, quale si era la proclamazione della Costituente, ad onta delle forche caudine, e dello spettro di Annibale alle porte di Roma, che con rettorica eloquenza si fecer giocare dall’avvocato Armellini.
Allora senza frapporre indugi ulteriori, il ministero (quel ministero stesso che il giorno 26 facendo plauso alle deliberazioni dei ministeri toscano e piemontese, rinunziava al titolo di eccellenza) 31 invitava lo stesso giorno 26 la Giunta a sciogliere le Camere: ed il giorno medesimo la Giunta ne decretava lo scioglimento. 32
Il giorno 27 essendo festa solenne non vi fu riunione, ma il 28 fu il giorno della morte della già agonizzante assemblea; e dopo avere annunciato altre tre rinuncie, quelle cioè dell’avvocato Sturbinetti, del duca di Montevecchio, e dell’avvocato Scaramucci, si lesse il decreto della Giunta per la chiusura della sessione dei Consigli deliberanti, ed il decreto figurò coi nomi di Corsini, Camerata e Galletti, quantunque il Bonaparte stesso sentendo pronunziare il nome del Corsini, rammentò ch’egli aveva già rinunziato,33 indicando con ciò che si faceva allora un uso indebito della 5ua firma, come si era già fatto nell’atto del 20 e nel successivo dei 23.
Con questo si venne ad imprimere un marchio indelebile d’illegalità su tutto quello ch’erasi operato dal governo in merito alla Costituente, una volta che la Giunta la quale lo rappresentava e che era composta di tre individui, ne aveva due soltanto per funzionare.
Noi citiamo documenti incontestabili all’appoggio di simili fatti che vorremmo non fosser mai dimenticati, ed invitiamo i nostri lettori a verificarli da per loro.
Riassumendo la narrazione dei fatti stessi diremo che 11 Giunta violentata dai circoli di Roma e delle provincia, dallo strepito e dalla pressura delle tribune, e dal prepotente governo della piazza, quantunque non fosse in numero legale, si trovò costretta inevitabilmente di finirla una volta, emanando il giorno 29 il decreto per la convocazione in Roma dell’assemblea nazionale la quale rappresentar dovesse con pieni poteri lo stato romano. E detto decreto venne sottoscritto tanto dai due membri della Giunta rimasti, quanto da tutti i ministri, fondendosi tutti insieme. Eglino furono i seguenti:
F. Camerata |
E non dovremo querelarci dopo di ciò, e compianger le nostre miserie per queste palpabili irregolarità (e ci sembra la più mite delle espressioni di cui possiamo far uso) che in Roma commettevansi?
Una guardia civica che non sa nè punto nè poco di Costituente, che non la cerca, che non la vuole, e che non ostante si trae in inganno per farle dire di sì quando avrebbe voluto dire di no. Un ministero che dichiara non essere di sua competenza il proclamar la Costituente, e non ostante sottoscrive l’atto del 29 decembre. Una Giunta di stato con un membro rinunziante, ma del cui nome si abusa e si fa comparire fra i segnatari degli atti di governo. Un’assemblea incerta, timorosa, e che per non essere in numero non delibera, non vota, e muore esinanita. E con quali forme legali si proclamò dunque in Roma la Costituente se non ne apparisce traccia veruna?
Ma questo non è tutto: sentiranno nei capitoli seguenti i nostri lettori che i municipi, i municipi stessi, ed in prima linea quello di Roma, lesi mostrarono avversi; sentiranno come il popolo si mostrasse decisamente contrario alla sua attuazione coi non aver voluto illuminare la città.; e con tutto ciò sfrontatamente si andò avanti sempre sullo stesso sistema d’illegalità. La madre che fu la Costituente, dette in luce la figlia che fu la repubblica. E Roma, e le provincie, e il mondo tutto caddero in inganno, e crediamo vi restin tuttora, e vi resteranno, ignorando così la verità delle cose nostre, a meno che tempi più sereni e propizi non permettano un giorno a queste carte di veder la luce.
Con ciò chiudiamo per ora questo II capitolo, proponendoci di svolgere nel seguente il racconto degli avvenimenti estranei alla Costituente, che nel mese di decembre 1848 occorsero sia in Roma sia in Gaeta, dove il pontefice riposto avea la venerata sua sede.
Note
- ↑ Vedi il Supplemento alla Gazzetta di Roma n. 249. — Vedi Documenti vol. VII, n. 80.
- ↑ Vedi l 'Enciclopedia italiana, voce Costituente.
- ↑ Vedi Dizionario politico, Torino, 1849, pag. 224.
- ↑ Vedi Gazzetta di Bologna dell’8 novembre 1848.
- ↑ Vedi nel Sommario n. 44 l’Indirizzo del circolo del popolo di Firenze del 28 novembre 1848. Può vedersi pure fra i Documenti, vol. VII, n. 69.
- ↑ Vedi nel Sommario n. 45, l’Indirizzo della società patriottica popolare di Pisa, 29 novembre 1848. — Vedilo fra i Documenti al n. 73. vol. VII.
- ↑ Vedi i Proclami e indirizzi dei cireoli e municipi n. 19. — Vedilo in Sommario n. 46.
- ↑ Vedi i Proclami e indirizzi dei circoli e municipi n. 20.
- ↑ Vedi Documenti, n. 89, vol. VII.
- ↑ Vedi Documenti, n. 97, vol. VII e Sommario, n. 47.
- ↑ Vedi i Proclami e indirizzi dei circoli e municipi n. 25. — Vedi nel Sommario n. 48 l’Indirizzo di tutti i circoli riuniti in Forlì il 13 decembre 1848 .
- ↑ Vedi Documenti, vol. VII, n. 101, e l’Epoca n. 228.
- ↑ Vedi Documenti, vol. VII, n. 102.
- ↑ Vedi il Prelato italiano monsignor Carlo Gazola ed il vicariato di Roma, ec. pag. 278.
- ↑ Vedi il VII vol. Documenti, n. 99 B e n. 100.
- ↑ Vedi l’opuscolo del d’Azeglio intitolato: Ai suoi elettori nel volume degli Opuscoli di lui, n. 6, pag. 26.
- ↑ Vedi il Costituzionale del 18, pag. 295.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma, 18 decembre 1848.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma, pag. 1053. — Vedi il Contemporaneo del 19 dicembre, terza pagina, e la Pallade del 18.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma del 19 decembre 1818.
- ↑ Vedi vol. VII Documenti, n. 101.
- ↑ Vedi la Pallade del 23 la quale si scagliò contro due maggiori civici che fecero opposizione.
- ↑ Vedi il vol. VII, Documenti, n. 105, 105, 107 e 111.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma del 21 decembre, la Pallade n. 126.
- ↑ Vedi il Contemporaneo del 20 decembre 1848.
- ↑ Vedi fra i Documenti, vol. VII, n. 105.
- ↑ Vedi Annali delle scienze religiose, vol. VII, serie 2ª, pag. 68, fasc. 10, anno IV, bimestre di gennaio e febbraio 1850.
- ↑ Vedi Atti officiali, n. 121
- ↑ Vedi il 1º e 2.º Supplemento alla Gazzetta di Roma, n. 208.
- ↑ Vedilo nel vol. LXV delle Miscellanee storico-politiche, n. 8.
- ↑ Vedi Gazzetta di Roma del 28 decembre 1848.
- ↑ Vedi la Gazzetta di Roma, n. 269.
- ↑ Vedi il Supplemento alla Gazzetta di Roma, n. 269.
- ↑ Vedi Gazzetta di Roma del 29 decembre 1818, Sommario, n. 49