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Intanto Roma venivasi riempiendo di persone sconosciute pronte al mal fare, e queste costituivano quelle compagnie ambulanti, che con grazioso lepore ci rappresentò il d’Azeglio in quel suo opuscolo saporito intitolato Indirizzo ai suoi elettori, ove così diceva:

«Una compagnia di comparse, di professori di chiassi e di tumulti va girando per l’Italia da un paese all’altro coll’incarico di rappresentare il popolo. Chi ha bisogno di un popolo, d’una dimostrazione per diventar ministro, o per altro, se s’intende col capo-comico. La compagnia arriva, le si danno pochi soldi, le parole da gridare, e la cosa è fatta.» 1

Ebbene di queste compagnie ne avevamo ancora noi in Roma, uò per verità i buoni Romani se ne curavano gran fatto; che anzi vedendo la brutta piega cli’eran per prendere le cose, sopratutto dopo la partenza del pontefice, eransi allarmati non poco, ed avrebber voluto liberarsene. Queste compagnie o comparse eran come le leve di cui servonsi i cacciatori, e recitavano in Roma la parte di promotori di alcune dimostrazioncelle che si tentarono in senso garibaldino, le quali senza bisogno di molto acume d’ingegno, si comprende che odoravano di repubblicanismo.

S’incominciò allora a parlare e sul serio del loro discacciamento, ei governanti o gl’intimi loro facevan sembiante di voler secondare questo divisamente che dicevano ottimo, ma richiedevano ai Romani ed a’ civici sopra tutto l’attiva loro cooperazione.

Mentre le cose erano in questo stato, e i circoli spingevano affinchè la Costituente si proclamasse, Sterbini mise in mote altra delle sue macchine per raggiunger lo scopo, e la sera del 17, d’accordo col Ciceruacchio, organizzò una dimostrazione di un cinquecento persone circa, tutti lavoranti di strade i quali egli, come ministro del commercio e dei lavori pubblici, comandava a bacchetta. Essi recaronsi al

  1. Vedi l’opuscolo del d’Azeglio intitolato: Ai suoi elettori nel volume degli Opuscoli di lui, n. 6, pag. 26.