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della rivoluzione di roma | 43 |
rimandarlo al Corsini credette di pubblicar l’indirizzo con la firma di questo.
Non si creda però che di tale infedeltà il Corsini facesse motto finchè fu in Roma. Il timore lo fece tacere; ma nel gennaio dell’anno seguente ritiratosi dalla Giunta di cui era parte integrale e la quale comprometteva il suo onore e la giurata fede al sovrano, partitosene da Roma e rifugiatosi in Toscana, si fece sollecito d’inserirne il racconto in que’ giornali. 1
Anche il circolo popolare con un indirizzo alla guardia nazionale ed ai soldati d’ogni arma pagò loro un tributo di lode per aver gridato viva la Costituente la sera del 19. 2
Vediamo ora come si condusse il Consiglio dei deputati sopra un atto di tanta importanza, essendo che lo stesso ministero avea risposto esser questo un affare non di sua spettanza, ma sì bene di competenza de’ Consigli legislativi.
Il giorno 26 decembre ebbe luogo una lunga, animata, e procellosa discussione su questo tema.
Già la Giunta di stato aveva con un atto del 23 (comunicato il 26) invitato i ministri a proporre ai Consigli deliberanti la convocazione della Costituente.
In detta riunione l’avvocato Armellini lesse il progetto di legge per la convocazione della Costituente, e l’appoggiò con un discorso dei più irruenti, e nel tempo stesso dei più allarmanti e minatori. Esso fu forse il primo di umil genere che uscisse mai dalla bocca di un avvocato concistoriale.
Rappresentava la rivoluzione imminente, l’anarchia pronta ad irrompere. Annibale, disse, è alle porte di Roma. E per farsi meglio intendere diresse all’assemblea queste parole: Eccovi dunque le forche caudine, ecco il bivio: la