Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo/Capitolo XVIII.
Questo testo è completo. |
◄ | Capitolo XVII. | Capitolo XIX. | ► |
S. Lussurgiu — Chiesa di S. Leonardo di Sette Fontane.
CAPITOLO XVIII.
LA CATTEDRALE D'ORISTANO.
CHIESA GEROSOLIMITANA DI S. LEONARDO DI SETTE FONTANE.
IN TERRITORIO DI S. LUSSURGIC.
CHIESA DI S. AGATA E DI S. PIETRO IN QUARTU S. ELENA.
CHIESA PARROCCHIALE DI S. PIETRO PULA E PILA MEDIOEVALE DI SARROK.
CHIESA DI S PLATANO IN VILLASPECIOSA — S. PIETRO DI MARA ARBAREA.
S. GEMILIANO DI SESTU — N. S. DI CABUABBAS IN TORRALBA.
S. LUSSORIO DI FORDONGIANUS — CATTEDR. D'OROTELLI — S. MARIA NAVARRESA.
S. LEONARDO DI MASELLAS — S. GEMILIANO DI SAMASSI
S. BARBARA DI CAPOTERRA — FRAMMENTI MEDIOEVALI NELLE CHIESE
DI SASSARI E NELLA CATTEDRALE DI SUELLI.
Della cattedrale d'Oristano che è, come la maggior parte delle chiese episcopali dell'isola, sotto l'invocazione della Gran Madre di Dio, si hanno notizie sino dal XII secolo; molti atti della postestà sovrana vennero promulgati nelle sue ampie navate. Modificata nel XVIII secolo secondo il gusto dell'epoca, ampliata nella prima metà dello scorso secolo con aggiunte accademiche disegnate dal Cominotti, oggi la cattedrale d'Oristano dell'antica struttura medioevale non conserva che alcune cappelle. pochi frammenti della facciata e la torre campanaria.
Le prime vennero erette sotto l'influenza delle costruzioni gotiche aragonesi che rapidamente s'estesero per tutta l'isola anche in quelle provincie ch'erano sottratte, come il giudicato d'Arborea, al dominio dei re d'Aragona. Di squisita e geniale architettura è una cappella gotica a cupola con costoloni diramantisi dai quattro peducci, che con eleganti motivi d'archetti e di colonnine permettono l'imposta della cupola sui quattro muri perimetrali.
Le altre cappelle sono a sezione quadrata con volte gotiche a crociera, aventi costoloni sagomati intersecantisi diagonalmente. Al loro punto d'intersezione è in ciascuna cappella un rosone di forma anulare. contornato da una fascia ornata ed avente effigiato in piccolo rilievo qualche santo. In una di queste cappelle è murato un marmo colla seguente iscrizione in sardo: iobia ad dies viii de maiv de mcccxlix morivit messer philippo mameli dottore de deretv et de lege et canonicv darbar et iaghet cughe sossa sva.
Quest'iscrizione ci permette d'assegnare la costruzione delle cappelle gotiche al XIV secolo, quando più intensa era nell'isola l'opera dei maestri catalani. ricercati dovunque per l'arditezza delle loro costruzioni. È degno di rilievo in quest'epigrafe l'uso della volgare; in un secolo, in cui la lingua dei dotti era il latino ed in catalano trascrivevansi ne]l'isola gli atti di governo, a mio parere, l'adozione del dialetto oristanese non solo negli atti dei giudici d'Arborea ma anche nelle epigrafi mortuarie e nelle iscrizioni consacratorie, ebbe significato di nobile protesta contro le invadenze e le usanze di quel popolo, che già spadroneggiava nella rimanente parte dell'isola e in cui si presentiva il nemico che dovea soffocare ed annientare l'ultimo residuo dell'antico reggimento dei giudici locali.
Queste cappelle debbono ritenersi aggiunte del XIV secolo portate all'antica Chiesa di S. Maria. Di questa non rimane che un frammento esterno presso la porta della sagrestia, il quale ci attesta quanto cervellottiche sieno le induzioni esposte dallo Spano sull'antico Duomo d'Oristano1.
Asserisce infatti il buon canonico che nel XI anno verso il 1070, allorquando giudice, vescovo e popolo abbandonarono Tharros per eludere le frequenti incursioni dei Saraceni, siasi dato principio ad innalzare la imponente cattedrale della città sorta per opera di una principessa Aristana di Tharros, e che fondatori del tempio, ultimato nel 1228, sieno stati il giudice Mariano ed il vescovo Torgotorio. Volendo ricostruire idealmente le antiche forme, la suppone a cinque navate con quattro file di colonne e con l'abside circolare, costituita della bella cappella gotica con costoloni e con colonnine, di cui facemmo. menzione come una delle più squisite e geniali aggiunte eseguite nel XIV secolo sotto l'influenza dei metodi costruttivi dei maestri di catalogna.
Queste affermazioni sono del tutto fantastiche: le origini della cattedrale, quali sono esposte dello Spano, non hanno altra base se non quella delle famigerate carte d'Arborea, un cumulo d'ingegnose bugie. E volendo l'archeologo sardo, benemerito del resto per tanti altri aspetti verso la coltura isolana, conciliare queste fantasticherie con autentiche iscrizioni suppone la chiesa fondata dal vescovo Torgotorio e dal giudice Mariano e terminata dopo due se coli, nel 1228, mentre questi due personaggi vissero ai primi del XIII secolo.
I frammenti dell'antica chiesa consistono in un tratto di muro posteriore e nel principio dell'abside rettangolare; da questi avanzi si deduce che la caratteristica struttura romanica d'archetti pensili poggiava su mensoline e su lesene sagomate con tori, cavetti e scozie sul tipo di quelle tuttora esistenti nella navata trasversale della cattedrale di Cagliari. Ora questi frammenti hanno tali dimensioni da farci ritenere che la chiesa era ristretta con tre navate sostenute da due file di colonne.
Siamo, come si vede, ben lungi dalla imponente basilica a cinque navate immaginata dallo Spano.
Notizie su questa chiesa riscontransi nelle opere di alcuni storici del seicento, quali il Vico e l'Alco; quest'ultimo ne scrisse con sufficiente ampiezza ed esattezza — a parte il difetto comune a tutti gli scrittori seicentisti, d'esaltare cioè le cose anche le più modeste — nell'opera sua manoscritta Successos Generales de l'ista y Regno de Sardena (Vol. II. pag. 971): Esta Iglesia en sn architectura muestra ser obra de Pisanos, como la demas Cathedrales de la Isola, trazaronla espaciosa alta, y capaz, en forma de cruz, con tres naves, que las dividen dos ordinas de colunas de una pleza de piedra muy fuerte, cun sus arcos de selleria, que sustentan las paredes, y el maderaye del texado de la misma Iglesia; toda la obra dentro y fuera es de cantos quadrados, de color blanco colorado y negro, entreverados con tal arte y primay, que muestra hauer sido edificio, y obra Real muy vistosa, costosa, y primorosa; fabbrico tambien una Torre par le campanas, todo de contos quadrados, tan alta fuere, y hermosa, que no la tiene meyor ninguna otra Cathedral del Regno.
Nel piazzale e nei locali annessi alla cattedrale conservansi tutt'ora le colonne sulle quali doveano poggiare le arcate della navata centrale: esse con alcuni capitelli romani, sparsi qua e là nei fondaci della Chiesa, ci permettono di stabilire che l'antica cattedrale di Oristano, come la vicina chiesa di S. Giusta, avea una costruzione frammentaria con clementi architettonici tolti dalle vicine rovine di Tarros.
La torre campanaria, deturpata nel coronamento da uno strano cu- polino e da più strani e goffi mascheroni, ma ardita ed elegante nel rimanente, palesa un'architettura più moderna e probabilmente fu innalzata nel XIV secolo.
Due iscrizioni ornamentali, contornanti le belle teste leonine dei battenti di bronzo dell'antico portale, conservantisi nell'archivio capitolare, ci forniscono interessanti ed esaurienti notizie sull'origine del Duomo di Oristano. Queste due iscrizioni: a) ad honorem dei et beate marie et ivdicis mariani placentinus nos fecit eT copertvram mccxxviii. b) archiepiscopus trogotorevs nos fecit et copertvra in ecclesie, confermano quanto già espose il Fara nell'opera sua, e cioè che il tempio venne a Torgotorio archiepiscopo et Mariano Judice Arborensi anno 1228 constructum. Alla chiesa di Torghitorio e di Mariano preesisteva altra più antica, come fanno fede non pochi documenti del XII secolo. L'atto di do nazione per parte del giudice d'Arborca, Comita II, al capitolo di S. Lorenzo ed al Comune di Genova della Chiesa di S. Pietro de Oristano — Cattedrale d'Oristano (picchiotto).Claro fu redatto nel 1131 nella Cattedrale d'Oristano, anche allora sotto l'invocazione di S. Maria: Actum in ecclesia sanctae Mariae de Oristano feliciter.
Un altro giudice d'Arborea, Barisone, dona a titolo di antefatto e di donazione per nozze alla sua sposa Agalbursa, figlia di Ponzio di Cervesa, le tre corti di Bidoni, di S. Teodoro e di Oiratili con tutte le loro pertinenze.
L'atto di donazione venne redatto nel 31 Ottobre 1157 nella stessa chiesa: Actum in Oristano apud ecclesiam Sanctae Dei Genitricis Marine archycpiscopatus. Arboreae in palatio archycpiscopi eiusdem ecclesiae...
Altre donazioni di Ugone di Bas (1192) e di Pictro I (1192) giudici d'Arborea, vennero stipulate nella Chiesa di S. Maria d'Oristano.
La nuova chiesa, sorta per opera dell' Arcivescovo Torgotorio e del giudice Mariano, dovea esser riccamente dotata, come ne attestano gli splendidi battenti di bronzo, fusi da Piacentino, la copertura probabilmente plumbea ed i pregevolissimi antifonari del XIII secolo, adorni di belle miniature che tutt'ora si conservano nell'archivio capitolare.
A cinque chilometri da S. Lussurgiu, fiorente villa dell'antico giudicato d'Arborea, in un'amena vallata ricca di boschi e di fresche acque è la chiesa medioevale di S. Leonardo. La facciata, cui sono gentile ornamento chiome di quercie secolari, ha due porte d'ingresso di cui una è murata.
Sotto i lati inclinati del frontone rincorreva la caratteristica decorazione ad archetti, ma il tempo e la rigidità del clima deteriorarono questa cornice, di cui non rimasero che le mensoline. L'ampia e liscia parete del frontone è rotta da una piccola finestra circolare, ora murata.
Il fianco a tramontana si conserva discretamente e ci porge modo di conoscere e d'apprezzare la squisita architettura della più ricca delle chiese che l'ordine gerosolimitano avea nell'isola. In questo fianco sono aperte due finestrine ed una porta: le prime di una certa larghezza sono arcuate con piedritti terminati da basi e da capitelli e hanno un davanzale sagomato.
La porta è architravata e, secondo il tipo toscano, un arco di scarico a fil di muro, contornato da una cornice, lo alleggerisce dal peso sovraincombente. Nella sommità del muro, elevato con cantoni trachitici collocati con tecnica medioevale, rincorre una serie di trentanove archetti pensili poggianti su mensoline.
L'altro fianco, esposto a mezzogiorno, venne sopraelevato ed ebbe diverse aggiunte e modificazioni che ne alterarono l'originaria struttura. Un'antica porta, avente lateralmente i segni della consacrazione — due croci gerosolimitane scolpite su due dadi di marmo — venne rotta e modificata. In questo lato abbiamo inoltre una finestrina differente dalle due che abbiamo rilevato nell'altro fianco.
L'abside è quadrata ed in essa è aperta una bifora che incoscienti restauratori deturparono orribilmente. Le traccie originarie che tuttora restano, mostrano l'eleganza di questa finestra avente trafori ed ornamentazioni di puro gotico italiano.
L'interno non presenta alcuna particolarità: massicci archi a sesto acuto sostengono la tettoia ed il coro è coperto da una volta a crociera cogli spigoli sagomati.
Esaminando attentamente la chiesa rilevansi due costruzioni che eseguite in epoche diverse, sono talmente armonizzanti da riuscire un insieme omogeneo ed in certo qual modo non privo di pregi.
Originariamente la chiesa era più ristretta e della primitiva struttura rimangono nella facciata la porta a destra ed un tratto del fianco a destra.
Le ragioni che c'inducono a ritenere due susseguenti costruzioni medioevali, sono diverse e concludenti: è chiara la concatenazione della vecchia facciata coll'altra che vi si aggiunse, come pure Oristano — Chiesa della Maddalena (finestra).quest'aggiunta è visibile nel muro laterale.
Ma più che questi elementi costruttivi persuadono le differenze stilistiche le quali si rilevano anzitutto nelle due porte della facciata in ambedue abbiamo il tipo architettonico romanico toscano cioè a luce rettangolare con architrave monolitico a fil di muro alleggerito da arco di scarico, ma mentre nella porta a destra questo tipo è semplice, arcaico, con stipiti a spigoli vivi, senza capitelli, senza basi, e con archi senza contorni sagomati, in quella di sinistra abbiamo particolarità dinotanti forme più evolute; gli stipiti e l'arcata di scarico sono sagomati elegantemente e quest'ultima è limi tata da una cornice che colle sue estremità poggia su mensoline figurate.
Consimile a questa abbiamo un'altra porta nel muro laterale a sinistra ed alle stesse linee architettoniche s'inspirano le due finestrine.
Queste lievi ma pure decisive differenze rilevansi anche nelle pilastrate, negli scomparti, nel coro, e nella parte posteriore.
Riassumendo, possiamo ritenere che la Chiesa di S. Leonardo, in origine di ristrette dimensioni, venne agli ultimi del XIII secolo modificata coll'ampliamento della facciata e colla costruzione a nuovo del fianco a sinistra e del coro. Rilevansi inoltre aggiunte fatte posteriormente a questi ampliamenti e cioè gli archi a sesto acuto, la sopraelevazione della chiesa, la copertura che sostituì l'antica a cavalletti a vista, ed infine l'informe sostegno campanario, in cui sono due campane del 1589, e del 1658 che non hanno importanza alcuna.
Niente si può dire sull'origine della primitiva chiesetta e delle susseguenti vicende: queste sono connesse all'azione nell'isola dell'Ordine di S. Giovanni, azione, che nel suo svolgimento è storicamente ancora indeterminata.
Oristano — Chiesa della Maddalena
Si sa solo che il priorato di S. Leonardo di Sette Fontane era uno dei più ricchi ed influenti dell'isola: il priore Alberto de Secis intervenne coi più alti dignitari dell'isola alle corti indette in Cagliari da Pietro IV d'Aragona. Il gran mastro dell'ordine, Giovanni dell'Astrio, con sua bolla del 4 novembre 1444 nominava preposto, priore, e commendatore della casa o baliaggio di S. Leonardo un frate Bartolomeo de Sena ordinando fratribus, sororibus et donatis dictae domus, di riconoscerlo e riputarlo per superiore2.
Sempre nel giudicato d'Arborea, anzi in prossimità alla sede dei giudici un'altra chiesa sotto l'invocazione di S. Maria Maddalena ha la particolarità dell'abside quadrata con finestra gotica.
Questa chiesa dista un paio di chilometri da Oristano e merita — malgrado le manomissioni che subì e che ne alterarono l'originario aspetto — l'attenzione degli studiosi dei nostri monumenti.
Anche in questa, fra le linee predominanti schiettamente romaniche, sono accenni di forme gotiche.
La facciata al primo ordine è divisa in tre scomparti dai pilastri angolari e dai pilastrini semi ottagoni che riquadrano la porta centrale.
Tre serie di tre archetti riuniscono i due pilastrini e ciascuno di questi coi pilastri angolari.
Oristano — Chiesa della Maddalena (incavallatura policroma).
La porta segue il tipo architettonico romanico-pisano, e sovra di essa è aperta una finestra, incorniciata da sagome robuste a tori, scozie e cavetti.
Presentemente rompe la cornice superiore una finestra rettangolare, aperta per dar luce all'interno; nel frontone svolgonsi elegantissimi archetti gotici, segnanti la pendenza delle due falde inclinate.
Manca il finimento del frontone, nè si hanno elementi per determinarlo.
Il fianco a destra, parzialmente libero dalle informi costruzioni che sono addossate alla chiesa, si presenta secondo il tipo architettonico predominante nelle chiese medioevali dell'isola, divisa in diversi scomparti da pilastrini riuniti fra loro dagli archetti pensili circolari poggianti su mensoline e rincorrenti sotto la cornice di gronda. Anche nell'abside di forma rettangolare abbiamo l'archeggiatura romanica svolgentesi nei tre lati. Nel lato di ponente è aperta una grandiosa bifora gotica con pilastrini elegantemente sagomati, la quale è ora mancante del traforo.
Oristano — Chiesa della Maddalena (rilievi).
Questa finestra e gli archetti della facciata sono i soli accenni gotici esistenti in questa chiesa, che per la struttura e per le forme architettoniche niente differisce dalle chiese erette nell'isola sotto l'influenza dell'arte toscana.
Ne differisce e non poco per l'ornamentazione che è ben lungi dall'eleganza e dalla spigliatezza delle forme decorative dei maestri toscani.
I capitelli dei piedritti della porta laterale, le mensoline, gli ornati, e Oristano — Chiesa di S.ta Chiara (finestra).gl'intagli della cornice arcuata sono eseguiti grossolanamente da artefici che più non conoscono il disegno e non hanno nè la tradizione nè il sentimento della decorazione.
All'interno il coperto è a vista e le travi della grande e della piccola ossatura al pari del tavolato erano ornate con bellissime decorazioni policrome.
Della Chiesa di S. Maria Maddalena si ha menzione in documenti del XIII secolo, ma indubbiamente dovea trattarsi di una chiesetta preesistente, giacchè l'attuale ha origini più recenti, potendo assegnarsi alla prima metà del XIV secolo.
Più tardi, verso la metà del XV secolo, la chiesetta venne donata dal marchese d'Oristano e conte del Goceano ai primi monaci come risulta dalla bolla pontificia del Oristano Chiesa di S. Chiara finestra, osservanti venuti in Sardegna, aprile 1159.
D'allora in poi la chiesa ed il monastero appartennero a quest'ordine sino alla soppressione delle corporazioni religiose.
La particolarità delle absidi romaniche, allietate da forme smaglianti di gotiche bifore, riscontrasi in altre chiese del giudicato d'Arborea.
La Chiesa di S. Chiara in Oristano conserva tuttora l'abside colla bella finestra gotica murata. Interessantissima in questa chiesa la bella travatura, sostenente il coperto con mensole in legno effigianti i quattro evangelisti.
Questa chiesa ha un valore storico, giacchè è tradizione che in essa venissero seppelliti i giudici d'Arborea.
Non si sa quanto valore abbia quest'opinione, che io ritengo derivata unicamente dalla seguente iscrizione, incisa in un marmo ch'è murato nella parete interna del muro di facciata e che ricorda una giudicessa d'Arborea: ✠ hic jacet egregia do | mina costancia de sa | lvciis olim iudicissa | arboree qve obiit die | xviii mensis febrvarii | anno domini millesimo | ccc qvadragesi | mo octavo.
Altra abside, ornata di finestra bifora identica a quella di S. Chiara, è quella della Chiesa di S. Martino d'Oristano, menzionata il 28 gennaio 1228 in una donazione di Pietro, giudice d'Arborea, e della consorte Diana.
Al cimitero di S. Gavino di Monreale è annessa una chiesetta medioevale, riconoscibile, malgrado le deplorevoli manomissioni, per il bell'apparecchio in pietra da taglio, per diversi avanzi di porte e di finestre, e per l'abside quadrata, ornata, come le chiese precedentemente menzionate, da una finestra con arco a sesto acuto.
Questa chiesetta è sotto l'invocazione di S. Gavino e, costrutta agli ultimi del XIV secolo, venne consacrata dal vescovo Pasarino di Terralba, come rilevasi dall'iscrizione in volgare che ora è illeggibile per esser le lettere sepolte sotto diversi strati di bianco e che si riporta da una Vita di S. Antioco, manoscritta, che si conserva nella Biblioteca di Cagliari: anno domini millesimo ccclxxxviii ivnis a dies xxv de santv sadvrrv fudi cvsta ecclesia benedita da franciscv pasarinv episcopv de terralba cvn sv cvradv ioanni . . . . . . . . e qui segue la enumerazione dei parroci che intervennero alla solenne funzione.
A questa categoria di chiese coll'abside quadrata dobbiamo comprendere anche le due di S. Maria di Guspini e dei Cappuccini in Quartu S. Elena.
La prima, antichissima, subì modificazioni radicali, di cui sono parte le decorazioni della facciata e l'abside quadrata con finestra gotica.
La chiesa di Quartu S. Elena, fino a poco annessa ad un convento di Cappuccini, ha ancor essa origini antichissime.
Sotto l'invocazione di S. Agata essa è ricordata nel XI secolo fra le chiese che il monastero di S. Vittore di Marsiglia possedeva in Sardegna alla dipendenza del priorato di S. Saturnino in Cagliari.
Dell'antica chiesa non si conservano che i due fianchi colla decorazione romanica ad archetti pensili. L'abside quadrata venne aggiunta posteriormente e ciò risulta da molti elementi fra cui l'attacco senza concatenazione muraria dei muri Quartu S. Elena — Chiesa dei Cappuccini (già S. Agata).laterali dell'abside col muro terminale della chiesa.
Nell'abside rincorrono archetti consimili a quelli che si scorgono nei fianchi, eseguiti cioè colla stessa tecnica, colle stesse sagome, e collo stesso sentimento, il che fa presumere che per l'archeggiatura absidale gli artefici abbiano presi per modelli gli archetti che dovettero rimovere per dar posto alle nuove costruzioni.
Questa supposizione è convalidata dal fatto che fra gli archetti circolari a tutto sesto ve ne sono alcuni trilobati evidentemente i costruttori dell'abside vollero eseguire gli archetti mancanti con altri che non fossero imitazione degli antichi ma che s'inspirassero a quelle nuove forme gotiche, di cui fu più ricca estrinsecazione la finestra bifora ora murata.
Nel piazzale, di fronte alla chiesa, conservasi la bellissima croce giurisdizionale dell'antico convento: essa è di forma gotica, avente ad un verso il Cristo ed all'altro la Madonna, circondati da angeli e dai simboli degli evangelisti.
Questa croce di marmo poggia sopra una colonna con capitello d'arte romana che dovea appartenere qualche chiesa antichissima, eretta nei primi secoli del cristianesimo, prima che l'arte bizantina influisse colle nuove forme derivate in parte dall'arte orientale.
Di un certo interesse è un'altra chiesetta medioevale, ora annessa al cimitero di Quartu S. Elena. Essa si distingue per una eccessiva decorazione con archetti, a tutto sesto, a sesto acuto, e trilobati, alternantisi fra loro senz'ordine alcuno.
Nella facciata l'ornamento principale è la porta di schietto stile pisano con architrave monolitico, alleggerito da arco di scarico, contornato da fascia sagomata terminante all'estremità con due testine.
Nell'arcata di scarico si rilevano sette incavi, sui quali una volta erano applicate le coppe iridescenti, le quali in buon numero erano anche nei paramenti ai lati della porta e negli sfondi degli archetti.
Ritengo che nessun'altra chiesa medioevale abbia avuto tante ciotole in così limitato spazio di parete.
Sopra la porta svolgesi la consueta decorazione ad archetti divisa in tre serie dai pilastri augolari e da lunghe e strette lesene.
Sopra questa cornice nella parte centrale è una bifora di piccole dimensioni che rimane perduta nel liscio paramento: questo venne ampliato posteriormente per formare la base ad un informe sostegno di campane, nel quale si volle con imitazione non riuscita e poco felice riprodurre motivi architettonici medioevali.
Gl'intagli degli archetti, le mensoline decorate minutamente, e le testine dei capitelli, su cui poggia l'architrave della porta, ricordano, non come tecnica ma come sentimento, le strane e minute ornamentazioni della Chiesa di S. Pantaleo, alla quale i costruttori di quella di Quartu indubbiamente s'inspirarono.
La Chiesa Parrocchiale di S. Pietro Pula conserva avanzi dell'antica struttura medioevale, manifestantisi con la decorazione ad archetti pensili poggianti su mensoline, suddivisa nei fianchi in quattro serie da pilastri angolari e da lesene. L'antica facciata venne demolita e la si sostituì con altra bruttissima, in cui le pretese decorative dei moderni artefici si estrinsecarono con intonacature dai vivaci colori.
L'abside è mozza nella parte superiore ma non tanto da non lasciar traccie delle antiche forme, per cui si rileva che sotto la cornice di gronda rincorrevano gli archetti pensili come nei fianchi. Questi archetti sono a tutto sesto ad eccezione di quei che rincorrono sotto le falde inchinate del frontone, i quali sono trilobati.
A quest'antica chiesetta, che subì deturpazioni le più mostruose, dovea appartenere una singolare pila, che si conserva nella Chiesa Parrocchiale di Sarrok ch'è a pochi chilometri da S. Pietro Pula. La coppa Quartu S. Elena — Colonia giurisdizionale dell'antico Convento di S. Agata (poscia dei Cappuccini).in marmo, in cui sono scolpiti i simboli dei quattro evangelisti con tecnica che si può assegnare al XII secolo, è sostenuta da un rocco di colonna a scanalature elicoidali, indubbiamente tolto da qualche edificio romano della vicina Nora.
In Sardegna sono numerosissime le chiesette romaniche e ciascuna ha, malgrado l'uniformità del tipo architettonico, qualche particolarità che la differenzia dalle altre e la rende interessante e degna di studio.
Fra queste, è la Chiesetta di S. Platano posta all'estremità dell'abitato di Villaspeciosa il quale, malgrado il nome poeticamente catalano, ha origini di molto anteriori all'avvento della Signoria dei re d'Aragona. La chiesetta subì diverse modificazioni le quali trasformarono completamente l'interno ed i due fianchi, lasciando inalterate le due absidi nelle quali rincorrono gli archetti sotto la cornice di gronda. In queste niente di singolare, niente che differisca dal solito tipo costruttivo.
La facciata invece venne costrutta con forme che non hanno riscontro alcuno coi tipi architettonici fino ad ora esaminati. È un mosaico di frammenti ornamentali e di marmi disposti saltuariamente senza criteri prestabiliti su un'architettura, in cui sono forme di schietta arte toscana.
Sono fra queste le due colonnine, che dallo zoccolo si staccano per ricongiungersi in alto con due arcate che contornano le caratteristiche decorazioni geometriche ad intarsi, quali riscontrammo nelle chiese di Saccargia, di Sorres, di S. Antioco di Bisarrio e in tutte le chiese dell'isola, in cui più spiccata e più decisa è l'influenza degli artefici toscani,
Una lastra tombale di marmo, ornata con intrecci e con meandri che richiamano le caratteristiche decorazioni preromaniche, campeggia nel paramento calcareo. Le due porte, ciascuna corrispondente ad una navata, si scostano dal tipo toscano, quasi costantemente seguito nell'architettura medioevale svolta nell'isola, essendo senz'architrave e senza lunetta.
Nel lato della facciata a sinistra è una finestrina con ornamentazioni marmoree elegantissime che indubbiamente appartennero ad altro edificio più antico.
Una forma iconografica, molto frequente fra le chiese medioevali della Sardegna, è quella dell'interno diviso in due navate, separate da una sola fila di pilastri o di colonne e terminate da due absidi. In territorio di Serdiana è la Chiesa di S. Maria di Sibiola, dalle forme strane che hanno più di fortezza che di edificio religioso. Ancor essa, come la Chiesa di S. Platano, ha due porte d'ingresso nella facciata, corrispondenti alle due absidi.
Nell'abitato di Mara Arbarca è la Chiesa di S. Pietro, che si ritiene esserne stata in origine la parrocchia. Niente d'interessante del resto in questa chiesetta, ad eccezione delle incavallature sostenenti il coperto, nelle quali rilevai traccie di decorazione policroma.
Ancor essa ha due navate, a ciascuna delle quali corrisponde un'abside circolare. Le pereti absidali, rivestite di conci trachitici, sono divise in diversi scomparti da strette lesene che, partendo dallo smusso dello zoccolo, si elevano sino agli archetti a sesto acuto rincorrenti sotto la cornice di gronda.
Molta rassomiglianza con quest'ultima presenta la Chiesa di S. Gemiliano in territorio di Sestu, della quale non rimasero intatte che le due absidi, in cui è evidentissima l'influenza delle forme decorative della Chiesa di S. Pantaleo. Le altre parti della chiesetta vennero coperte da posteriori costruzioni ed alla facciata, di cui rimangono integre le porte d'ingresso, venne addossato un pesante portico che costituisce il vestibolo della chiesa.
Hanno pure forme romaniche le chiese di N. S, di Cabuabbas in territorio di Torralba presso una sorgente abbondantissima d'acqua, di S. Biagio di Sassari in vicinanza alla stazione ferroviaria, di S. Giuliano di Selargius, di S. Lussorio di Fordongianus, di S. Serafino in territorio di Ghilarza, di S. Nicolò di Senorbi, di S. Maria di Castra, di S. Saturnino di Benetutti, di S. Giovanni Battista d'Orotelli, di S. Maria in Paludis presso Ittiri, di S. Maria di Coros, di S. Leonardo di Masullas, di S. Maria di Palma, di S. Barbara presso Capoterra, di S. Gemiliano di Samassi.
La prima, che non deve confondersi colla Chiesa di N. S. di Cauabbas Quartu — Chiesa di S. Pietro presso il cimitero.di Sindia, ch'era annessa ad un vasto e ricco monastero cisterciense, è posta in vicinanza all'incrocicchio delle due strade di Tiesi e di Torralba. E di ristrette dimensioni e non ha di particolare se non la caratteristica cornice ad archetti circolari poggianti su mensoline ed il bel paramento in cantoni bianchi di calcare, sul quale si depose una patina di tono caldo e simpatico.
Le forme romaniche ad archetti si svolgono nella Chiesa di San Biagio in Sassari solo nell'abside. La facciata ed i fianchi appaiono restaurati in epoca relativamente recente con lavori che tolsero l'antico carattere a queste strutture.
La Chiesa di S. Giuliano in Selargius è preceduta da un portichetto che poggia su colonne e su pilastri costituiti d'antichi frammenti e che venne posteriormente addossato all'antica facciata.
In questa sul liscio paramento in pietra da taglio, ora nascosto dall'intonaco, campeggia una bifora romanica.
La Chiesa di S. Lussorio è interessantissima per le catacombe sopra le quali venne costrutta e per le tradizioni religiose, che ad essa si connettono. Le catacombe sono costituite da un corridoio longitudinale, intersecato da altri trasversali e terminato da un abside in cui è tutt'ora l'antico altare. Le pareti non sono nè intonacate, nè pitturate, e non lo S. Pietro Pula— Chiesa ParrocchialeS. Pietro Pala Chiesa Parrocchiale, furono mai, essendovi un paramento in pietra da taglio il quale, benchè rozzamente eseguito, attesta l'originaria destinazione di restar cioè colla pietra a vista. Il martirologio di S. Lussurgiu, o S. Lussorio, riferisce che questo santo venne decollato in Foro Traiano e precisamente nella chiesa che si esamina. Certo che questa tradizione antichissima, giacchè il Fara ne accenna, scrivendo che presso Forum Traiani era una chiesa. . . . antiquae structurae aedibus, D. Luxorio sacris, in loco, ubi pro Christi nomine fuit decollatus, et huiusmodi inscriptio cernitur ✠ hic effvsvs. est, sangv. . . . beatissimi. martiris. luxurii. celebratur. natale. eivs. xiiks ✠ renobatvs. temporibus hella. epcp.
In questo scurolo si conservano le ossa attribuite a S. Lussorio, le quali poscia dai pisani, che in Sardegna fecero gran bottino di spoglic sante, vennero trasportate nella loro città. Venne eretta inoltre nelle vicinanze di Pisa una chiesa sotto l'invocazione di questo martire sardo, il di cui nome nei cambiamenti diversi si trasformò in S. Luxore e poscia, non si sa come, in S. Rossore, da cui prese il nome la bella tenuta reale presso la marina di Pisa.
Si volle anche che la chiesetta di S. Lussurgiu di Fordongiamus fosse l'antica cattedrale della città già prospera sotto il dominio romano. Indubbiamente Forum-Traiani fu sede episcopale, menzionando ineccepibili Villaspeciosa — Chiesa di S. Platano.documenti un Martiniano, vescovo di Foro-Traiano, che intervenne nel 484, insieme all'arcivescovo di Cagliari ed ai vescovi di Sulcis e di Torres, al concilio di Cartagine tenuto dal re goto Unerico. Di più non si può dire con esattezza storica.
La chiesetta soprasuolo non ha niente di particolare: la solita cornice romanica si svolge lungo i lati e l'abside; i muri sono rivestiti di pietra trachitica e nel bel paramento sono avanzi d'edifici romani. Nella navata interna sono pilastri massicci con frammenti d'archi che indubbiamente doveano appartenere ad un antico edificio, sull'origine + sulla natura del quale ogni giudizio allo stato attuale delle ricerche sarebbe prematuro.
La porta principale è romanica con arcate sagomate di trachite rossa, poggianti su capitelli rozzamente scolpiti. Essa venne costrutta posteriormente, forse dal vescovo Elia che trascrisse l'iscrizione di S. Lussorio.
Nei limiti territoriali fra Ula e Ghilarza, nello scosceso versante che dall'altipiano, in cui svolgevasi l'antica strada romana di Fordongianus, degrada al Tirso è un gruppo di casolari, fra i quali spicca la chiesetta medioevale dedicata a S. Serafino. I muri sono rivestiti di trachite rossa e sopra la porta è inciso la stemma d'Arborea, un albero sradicato, il più antico che si conosca fino ad oggi. Nel fianco a destra è una porticina architravata con arco di scarico contornato da una elegante cornicetta.
Nell'architrave di questa porta sono scolpiti con arte e tecnica primitiva due leoni che farebbero pensare alla scultura del XI secolo. L'arcaicità delle scultura è apparente e ciò non sfugge a chi è pratico delle manifestazioni artistiche isolane, che furono sempre in ritardo e che molto spesso costituiscono una reversione ad antiche forme.
La chiesetta di S. Nicola di Sigolai che s'erge in una collinetta a poca distanza da Senorbi, si contradistingue per il bel paramento in arenaria e per la bellezza e l'eleganza della bifora che sovrasta la porta.
Ancor di più semplici forme si manifesta Santa Maria di Castra, che si vuole fosse l'antica cattedrale della diocesi di Castra. Le prime memorie sui vescovi di Castra risalgono al XII secolo e la serie continua non interrotta dal 1231 al 1501, nel qual anno con bolla del 1503 la diocesi venne aggregata a quella d'Alghero.
È certo quindi che per oltre cinque secoli Castra fu sede episcopale, il che rende inverosimile che la chiesetta, che oggi si addita come l'antica cattedrale, abbia avuto tale dignità ecclesiastica che da per tutto portò ad abbellire ed ingrandire gli edifici dove essa si esercitava.
Non esprimo un giudizio ma emetto un dubbio che più estese ricerche permetteranno a me o ad altri di risolvere.
Sono prove dell'invadenza dei maestri del medio evo in quelle regioni, dove per la natura ancora primitiva dell'uomo ogni forma d'arte e di culto trovò sempre resistenza fortissima, le chiese di S. Saturnino di Benetutti, di S. Giovanni Battista d'Orotelli e di S. Maria di Navarresa. Sono esse in quella parte dell'isola che fu l'ultima in Italia ad adottare il rito cristiano, in quella Barbagia, cioè, quasi inaccessibile per le aspre giogaie dei monti e per le folte foreste, in cui gli abitatori, per lo più nomadi pastori ed avvezzi a spadroneggiar nelle ampie distese delle loro vallate, furono eterni ribelli. Discendenti dalle fiere genti che costrussero i nuraghi e che si sottrassero al dominio delle schiatte che approdarono nell'isola col portare le loro famiglie le loro mandre, e le loro usanze nelle più aspre montagne dell'isola, essi furono ribelli contro i cartaginesi, contro i romani, contro Bisanzio, contro tutti gl'invasori: e tutt'ora, avranno potuto i nuovi tempi e gli estesi mezzi di comunicazione attenuare quel che di selvaggio avea la loro fierezza, ma in fondo essi si sentono i padroni Villaspeciosa — Lastra tombale nella Chiesa di S. Platino.delle loro montagne, opponendo una sorda ma viva ribellione ad ogni invadenza, di qualsiasi forma essa sia, civile come religiosa. Fra loro non attecchirono nè chiese, nè superstizioni, nè grosse prebende.
È oramai consacrata alla storia l'azione intensa di Gregorio Magno per condurre al rito cattolico le genti di Barbagia, che il fiero pontefice nell'epistola ad Ospitone definisce belve insensate, che prestano culto alle pietre ed ai legni. . . . . Barbaracini omnes, ut insensata animalia vivent, Deum Verum nesciant, ligna autem et lapides adorant. . . . il che lascia presumere che questi pastori più che il rito pagano continuassero forme religiose derivate da quelle che osservarono i loro antenati eneolitici.
Malgrado la conversione di Ospitone, loro duce, certo è che la fede cristiana non ebbe mai fra queste popolazioni il culto entusiastico e riverente con cui si svolse e si svolge nelle altre parti dell'isola.
E di quest'indifferenza — se non opposizione — sono indice evidente il ristretto numero d'edifici religiosi medioevali. Le poche chiese romaniche, esistenti nella Barbagia di Bitti, di Lanusei, e del Nuorese, sono per lo più episcopali; raramente sono annesse ad edifici monastici.
La Chiesa di S. Saturnino presso le terme di Benetutti non ha alcunchè di particolare e venne costrutta colle solite forme decorative Villamar — Chiesa di S. Pietro (absidi).romaniche. È notevole, perchè conferma l'esistenza d'edifici religiosi in vicinanza a sorgenti che vennero usate a scopi sanitari.
La parrocchiale di Orotelli, l'antica cattedrale di Ortillen traslata poscia ad Ottana, ha fra le aggiunte moderne molte strutture medioevali degne d'interesse: fra queste è il campanile, che non è, come al solito, una torre campanaria, ma un sostegno murario, terminato superiormente da due arcate in cui sono le campane.
Questi sostegni più rozzi e più informi si riscontrano in molte chiese e noi li abbiamo rilevati nelle chiese di S. Maria d'Uta, di Tratalias, di Ghilarza, di S. Leonardo di Sette Fontane e di tante altre, ma tutti quanti sono aggiunte posteriori che non hanno alcun collegamento artistico o costruttivo colle rimanenti parti dell'edificio. Invece nella parrocchiale di Orotelli il campanile è coevo alla chiesa, formando con questa un tutto organico.
Menziono qui la Chiesa di S. Maria Navarresa, non perchè presenti alcunchè che sia degno di particolare attenzione, ma perchè un'antica tradizione sulle sue origini rende suggestive le antiche e disadorne muraglie. Dicesi ch'essa venne elevata da una figlia del Re di Navarra per voto fato alla Vergine durante una violenta tempesta, che mise a pericolo la nave dov'era la giovine principessa. Questa potè sbarcare nella Sestu Chiesa di S. Gemiliano (absidi).spiaggia a tre miglia e mezza dal Capo Bellavista e nel punto di sbarco fece erigere la chiesetta che da lei prende nome. Anche il Fara con più fronzoli riferisce questa leggenda: Altero deinde anno, nempe 1052 regis Navarrae filia, e paterna domo rapta et tempestate in Sardiniam acta sedes suas cum sociis collocavit in regione Ogugliastri, ubi Sanctae Mariae Navarresae inde dictae, templum ab ea conditum adhuc cernitur3.
In territorio d'Ittiri sono due chiese, S. Maria in Paulis e S. Maria di Coros, annesse in origine a due monasteri dell'ordine cisterciense. La prima conserva molte parti antiche e nel muro posteriore, in cui è una finestrina crociforme, si svolge la caratteristica cornice romanica coi sottostanti archetti pensili poggianti su mensoline. Fra i molti fabbricati, che in epoca relativamente moderna si addossarono alla chiesa, a cui la mania innovatrice tolse l'originaria erutmia di forme, sono ancora visibili le muraglie dell'antico monastero, fondato nel 1205 da Comita giudice di Torres. L'atto munifico venne esaltato da Pietro, vescovo di Chiesa di S. Serafino nell'agro di Ghilarza (porta laterale).Sorres, in una lettera scritta in buon latino ed indirizzata ai più distinti magnati del suo tempo: Ego Petrus Dei gratia Sorrensis episcopus notum facio presentibus et futuris, quod nobilis vir Comita index Turritanus, devotionem concipiens aedificandi monasterium de ordine Cisterciensi, misit ad Claram-Vallem, omnimodis cupiens ex ea monachorum et conversorum habere conventum.
Minore importanza aveva il monastero di S. Maria di Coros, di cui alcuni frammenti dinotano le ristrette e modeste dimensioni nonchè la semplicità delle sue lince, scevre da qualsiasi motivo decorativo. Fra i sigilli monastici riprodotti al Cap. V di questo libro avvene no già studiato dallo Spano4, in cui è rappresentato il fondatore dell'ordine con la seguente iscrizione: SIGHILUX ALBERTIS MONASTERII SANCTAE MARIAE DE PADULIS ET SANCTAE MARIAE CHORO.
In una piazzetta di Masullas s'erge isolata la Chiesa medioevale di S. Leonardo, attualmente adibita a monte granatico. È di ristrette dimensioni con una sola navata terminata dall'abside circolare. Nessun documento, nessuna iscrizione si conosce atta a far un pò di luce sulle origini e sulle vicende di questa chiesetta, non menzionata da alcun scrittore.
Meritevole di accenno è anche la Chiesa di S. Gemiliano in una altura, chiamata Su Cunventu, presso l'abitato di Samassi. Ha le pareti rivestite di cantoni squadrati provenienti dalle cave trachitiche di Serrenti.
Nel paramento della facciata, presso la porta, è un marmo bizantino ornato con una rosetta. La chiesa è ad una sola navata, coperta da incavallature scoperte e terminata da un'abside circolare, in cui si svolge la solita cornice romanica, che cogli archetti pensili poggianti su mensoline e su strette lesene rincorre nei fianchi.
Merita un attento esame all'interno il monumento funerario innalzato e scolpito con forme quattrocentiste ai primi del XVII secolo.
Di questa chiesa si ha menzione in una bolla pontificia del 1119, colla quale Gelasio Il riceve sotto la sua protezione, fra le altre, quattro chiese possedute in Sardegna dal monastero di S. Mamiliano della isola di Monte-Cristo: . . . . . . . in Sardigna Ecclesiam Sanctae Mariae de Scala, Heliae, Sancti Gregori, et Sancti Mamiliani de Simassi5.
Ai primi del XVI secolo presso questa chiesetta si costrusse un convento di Romitani della regola di S. Agostino, un'informe costruzione che non presenta pregio alcuno.
Ora questo è ruinante e l'amministrazione comunale di Samassi intende demolirlo per dar posto ad un casamento scolastico ed in pari tempo per conseguire l'isolamento dell'antica chiesetta, che certamente è la più interessante e suggestiva memoria storica dell'industre paese.
Nelle montagne di Capoterra si conserva tutt'ora, un romitorio, dedicato a S. Barbara, il quale fu eretto dall'arcivescovo Gallo come risulta dalla seguente inscrizione: ad honorem dei et beate | barbare martiris presens ecclesia est constructa sub anno dominice | incarnationis mcclxxxi | indictione viii. domino gallo | kallaritane ecclesie presuli residente | fratre guantino hmiga prefatum re locum et heremitas suos re eodem tempore gubernante.
Nel Sulcis furono diverse chiesette di romanica costruzione derivate da quel modello nobilissimo che fu la Chiesa di S. Maria di Tratalias. La maggior parte andarono distrutte, non rimanendo di esse che pochi frammenti decorativi e pochi avanzi di muri. Ancora integra è la parrocchiale di Narcao che ha qualche rassomiglianza di forma colla Chiesa di X. S. di Pilar o meglio di S. Ranieri in Villamassargia.
Sassari — Campanile della CattedraleAltri edifici medioevali di struttura ro manica sono due chiesette in territorio di Silanus, una nell'abitato di Oschiri, la cappella cimiteriale di Quartucciu ed altre su cui non ritengo opportuno dilungarmi, non presentando esse caratteri stilistici o costruttivi differenti da quei finora presi in esame.
Frammenti di antichi edifici si conservano in fabbricati di costruzione relativamente moderna. Hanno speciale interesse, gli avanzi medioevali che sono tuttora nella Cattedrale di Sassari. Questa è ricordata negli antichi documenti come una delle cinque parrocchie, in cui dal vescovo Torgotorio venne nel 1278 divisa la città di Sassari.
Dell'antica chiesa non rimane che la parte inferiore della torre campanaria a diversi piani con bifore e monofore in parte murate ed in parte rotte. La parte superiore, in cui doveano aprirsi le trifore della cella campanaria crollo e sul massiccio tronco delle brunite e terse: murature, ingentilite dagli archetti romanici e dalle iridescenti coppe, si costruì con forme barocche un esile campanile, sormontato da uno strambo ed informe cupolino.
Della chiesa propriamente detta nessuna traccia: indubbiamente la si demolì dalle fondamenta per ricostrurla con forme gotiche aragonesi, estrinsecantisi con ardite volte a crociera, con finestre archiacute e con doccioni figurati dalle più strane forme.
Susseguentemente anche queste strutture gotiche vennero rimosse e vennero sostituite con ornamentazioni le più trite e le più barocche.
Traccie d'antiche costruzioni riscontriamo in altre chiese di Sassari: le mura di S. Donato conservano tuttora le caratteristiche archeggiature pensili poggianti su mensoline ed il campanile di S. Pietro di Silchi si innalzò sovra l'antico basamento. La chiesetta del Latte Dolce, in cui sono le consuete forme decorative romaniche, conserva un affresco del XIV secolo effigiante la Madonna che allatta il bambino Gesù. Altra Madonna affrescata degna d'interesse è nella lunetta di una porta gotica del Seminario, che dava in origine accesso alla Chiesetta di S. Andrea, come risulta dalla seguente iscrizione: ✠ anno domini mccciii tempore domini bonifatii pape vii venerabilis | pater dominus thedicivs archiepiscopus | iviisanvs. fecit fieri istam ecclesia | m ad honorem [b]eati a[ndree].
La cattedrale di Suelli è assai celebrata negli annali ecclesiastici dell'isola, giacchè si ritiene che in essa o meglio in vicinanza ad essa venisse sepolto S. Giorgio di Suelli, uno dei santi più venerati dell'isola, che da tutti gli scrittori si riteneva vissuto nel XII secolo, mentre indubbiamente le vicende miracolose, narrate in buon latino dal vescovo Suellense Paolo, devono ascriversi ad epoca più antica, probabilmente al X secolo.
Dell'antica chiesa dedicata a S. Pietro ora non rimangono che pochi frammenti, fra i quali una finestra elegantissima, alta, stretta e con arco acuto. Nella strombatura di questa è in rilievo scolpita un'aquila, simbolo molto frequente nelle chiese medioevali.
Altri avanzi si riscontrano nell'andito conducente al santuario e consistono in archeggiature elegantissime poggianti se mensoline, ornate con gusto squisito. Rocchi di colonnine di marmo, capitellini ed altri frammenti di forme decorative, ch'erano buttate nel giardino e nel cortile, potei far raccogliere in luogo sicuro ad attestare che la chiesa in origine dovea esser elegantissima e decorata con forme inspirantisi all'arte toscana la più squisita.
Certe particolarità ornamentali di questi frammenti e la forma della finestrina, rimasta ancora intatta e riprodotta al capitolo V, m'inducono ad assegnare la costruzione di questa chiesa al XIII secolo.
Nelle antiche forme rimase per più di tre secoli; poscia venne rimosso il tetto coi cavalletti a vista, sostituendovi archi a sesto acuto sui quali si poggiarono gli arcarecci sostenenti il coperto: agli antichi muri laterali si addossarono cappelle gotiche a crociera e nel fianco a sinistra si costrusse il santuario, che pur essendo tanto rinomato non è che una mediocre cosa sotto tatti i rispetti.
Interessanti sono i frammenti romanici riscontrantisi nella chiesa parrocchiale di Villamassargia sotto l'invocazione della Madonna della Neve.
In vicinanza alla città di Bosa esiste tutt'ora l'antica chiesa episcopale della diocesi dedicata a S. Pietro. Che quivi fosse Bosa vetus risulta da un passo del Fara, che fu storico esatto quanto mai, e da oggetti e frammenti pagani e cristiani che nella località si ritrovano in gran copia.
La località in cui sorge la chiesa è chiamata Calmedia, e da qui la leggenda che quivi fosse una città antichissima, Calmedia, con la Chiesa di S. Pietro per cattedrale.
La Chiesa di S. Pietro, qual'è presentemente, attesta una costruzione antichissima. tale da poterla includere nel gruppo arcaico. se anche la facciata si fosse mantenuta integra al pari dei fianchi e dell'abside. Invece l'antica facciata venne demolita e sostituita — forse nel XIV secolo — da altro prospetto in cui le particolarità decorative del frontone e dei pinnacoli, costituiti da colonnine ofitiche inspirantisi alle ornamentazioni romaniche dell'Alta Italia, si fondono colla struttura gotica delle porte e delle arcate al primo ordine.
I fianchi e l'abside palesano la semplice e rude architettura delle chiese del periodo arcaico; nel terso paramento sono alcune iscrizioni romane e molti frammenti classici sono fra le trachiti di cui furono rivestite le pareti.
Le nostre induzioni stilistiche sono confermate dalla seguente iscrizione, riportata anche dal Fara: 6ego costantino. de. castra | episcopvs pro amore dei ad honorem. sancti | petri. hanc ecclesiam, aedificare. feci | mclxxii.
Distrutta la vecchia città dal Marchese di Malaspina, questi nel 121 fondò la nuova città di Bosa, in prossimità alla foce del Temo, circondandola di mura e munendo di potentissimo baluardo il colle che sovrasta la città.
Questa dovette esser abbellita d'edifici pubblici in breve svolger d'anni: il mozzicone di torre campanaria della cattedrale ricorda le costruzioni consimili del XII secolo e nell'oratorio dell'antico episcopio è un piccolo abside pensile, di squisitissima fattura, in cui una bifora, avente a lato due stemmi, ricorda le squisite eleganze delle forme decorative e costruttive dell'architettura toscana.
- ↑ Spano, Appendice al Bullettino Archeologico Sardo, Anno X, 1864.
- ↑ Martini, Storia Ecclesiastica della Sardegna, Vol. III, pag. 438.
- ↑ Fara, De Rebus Sardois, lib. III, pag. 194.
- ↑ Spano, Illustrazione di due sigilli Sardi. Cagliari, 1852, Tipografia Nazionale, p. 9.
- ↑ Tola. Cod. Dipl. Sard., Sec. XII, pag. 198.
- ↑ Fara, De Chorographia Sardiniae, pag. 89.