Storia dell'arte in Sardegna dal XI al XIV secolo/Capitolo XVII.

CAPITOLO XVII.

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Capitolo XVI. Capitolo XVIII.

[p. 295 modifica]Zuri — Chiesa parrocchiale (abside e fianco).


CAPITOLO XVII.

CHIESE NON SOGGETTE ALL'INFLUENZA
DELL'ARCHITETTURA ROMANICO PISANA.
CHIESA DE S. PANTALEO DE DOLLANOVA — CHIESA DI S. PIETRO DI ZURI.
CHIESA DI S. MARIA DI BETLENME DI SASSARI.


Con la suddivisione nei tre gruppi architettonici non devesi intendere che qualsiasi monumento medioevale dell'isola debba rientrare in uno di essi. Abbiamo chiese, che per caratteri stilistici e per documenti epigrafici ci risultano erette quando Pisa già esercitava la sua influenza sulle vicende dell'isola, e che pur tuttavia non presentano i requisiti per esser incluse in uno dei tre gruppi sovramenzionati. Ciò è naturale, perchè gli aggruppamenti in arte non possono avere la coesione e la rigidezza che si riscontrano nelle scienze positive, ma sono ordinamenti sistematici non soggetti a leggi ben definite, e perciò con numerose eccezioni. Procederemo all'esame di alcune di queste chiese, incominciando dall'antica cattedrale di Dolia, la Chiesa di S. Pantalco, posta nell'abitato di Dolianova.

Riferentisi a questa chiesa abbiamo antiche memorie e due iscrizioni, [p. 296 modifica]ma, nonostante tale abbondanza di documenti, pochi edifici monumentali presentano tante incognite e tanti anacronismi.

La diocesi di Dolia è antichissima: il primo presule storicamente accertato è Virgilio che da un documento del 1089 si sa che teneva sua sede nella villa di S. Pantaleo (ora Dolianova) e ch'era suffraganeo dell'arcivescovado di Cagliari.

L'antichità della diocesi non significa che egualmente antica sia la Cattedrale che sotto l'invocazione di S. Pantaleo esiste tuttora e che si manifesta invece di costruzione posteriore al XI secolo. Indubbiamente a questa preesistette altra chiesa dedicata allo stesso santo, la quale poscia per vetustà o per non esser proporzionata all'importanza della diocesi si demolì per ricostrurre l'attuale con forme più eleganti e più grandiose.

Alla Cattedrale di S. Pantaleo accennarono il Valery, l'Angius, il La Marmora e lo Spano che pubblicò un disegno della facciata e del fianco, ma questi cenni e questi disegni sono sommarî ed incompleti, mancando ogni indagine artistica ed archeologica.

La chiesa è perfettamente orientata secondo le regole liturgiche colla facciata a ponente: la sua pianta è basilicale a tre navate con l'abside corrispondente alla nave centrale.

Questa poggia per mezzo di arcate direttamente su pilastri in parte a sezione rettangolare ed in parte polistili ed è coperta da tetto con armatura di cavalletti a vista, Le due navatelle laterali non hanno volte a crociera, ma sono, come quelle di Tratalias, coperte da tavolato.

Si ha nell'interno un insieme di linee architettoniche che ricorda le prime chiese romaniche erette nell'isola. Contrasta purtuttavia questa impressione un pilastro polistilo, in cui il capitello a foglie d'acanto attorcigliate goticamente a nodi ed a gemme, ci porta a tempi meno lontani.

Anche all'esterno si riscontra questa fusione di linee romaniche con elementi gotici, che appariscono timidamente nelle finestrine archiacute, nelle decorazioni salienti della torre campanaria e negli archetti trilobati dell'abside, delle facciate laterali e del frontone.

Nella facciata sono tre porte, delle quali la centrale è più ampia e colla cornice, che limita l'arco di scarico, raggiunge gli archetti del primo ordine.

La particolarità delle tre porte nella facciata, così comune alle [p. 297 modifica]chiese medioevali di Toscana, è rarissima in Sardegna. Un'altra sola chiesa allo stato presente delle ricerche si conosce con facciata a tre porte ed è la cattedrale di Cagliari, nella quale la rimozione dei marmi settecentisti rimise in luce tre aperture, delle quali la centrale è come nella Chiesa di S. Pantaleo più ampia e più alta delle altre due.

Le analogie fra queste due chiese non limitansi solo a ciò, ma Dolianova — Chiesa di S. Francesco (campanile).hanno di comune nelle facciate la disposizione ed il numero delle lesene, e probabilmente anche le forme delle archeggiature costituenti il primo ordine. Sono tante e tali queste analogie da far ritenere che la Cattedrale di Cagliari abbia servito di modello nella struttura architettonica alla Chiesa di S. Pantaleo.

Le ornamentazioni in questa invece si palesano barbaramente esc[p. 298 modifica]guite ed inspirate ad altri sentimenti che non furono quei che seguirono gli artefici di S. Maria di Castello di Cagliari, i quali nei frammenti tutt'ora conservantisi si palesano finissimi ornatisti di classici motivi che rendevano maestrevolmente con tecnica e con sentimento romanico.


Le linee architettoniche della facciata di S. Pantaleo sono schiettamente pisane; non derivano invece dalle fiorite rive dell'Arno gli ornati e le sculture che, profuse con abbondanza insolita nella facciata e nelle pareti laterali, rievocano le strane e barbare decorazioni delle più interessanti chiese dell'Alta Italia. Tutte queste diverse forme pur tuttavia sono fuse con tanta maestria che il loro insieme sembra scaturito dalla fantasia geniale di un solo artista.

La porta principale è costrutta sul tipo toscano: un'architrave monolitico, in cui è scolpita in debole rilievo un'ornamentazione a fiorami, poggia direttamente sui piedritti aventi capitelli decorati con foglie d'acqua, piegate duramente in modo che le punte toccano le parti da cui esse si staccano dal vivo dei pilastri.

La porta ha l'archivolto semicircolare con l'arcata a sesto rialzato, più larga cioè alla chiave che all'imposta al pari di tutte le arcate romaniche-pisane: questa porta, se apparisce di struttura toscana nella forma generale, mostra invece un sentimento romanico nella sagoma intagliata a meandri e terminanti in testine barbaramente scolpite.

Le altre due porte riproducono in minori dimensioni le particolarità stilistiche ed architettoniche della porta principale.

Fra queste tre porte s'elevano le strette lesene, nelle quali vennero scolpite le più barbare ornamentazioni: mostri dalle strane forme, figure ieratiche, leoni affrontantisi ecc. ecc.

Sopra le porte svolgesi una serie di archetti, che in numero di otto s'impostano su lesene e su mensoline. Anche queste archeggiature sono rozzamente intagliate, come puerilmente scolpite si palesano i capitelli delle lesene.

Sopra la galleria del primo ordine si svolge la fascia orizzontale dall'estremità della quale con un sovralzo partono le cornici inclinate corrispondenti alle navatelle laterali. Sotto queste cornici sono due colonnine senza capitelli, una per ciascuna navata.

Nella parte superiore della facciata corrispondente alla navata [p. 299 modifica]Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (facciata). [p. 300 modifica]centrale è una rozza finestra rettangolare, avente lateralmente due lesene con quelle strane scanalature che abbiamo rilevato in S. Maria di Bonarcado, ma che non hanno riscontro alcuno, a quanto io mi sappia, nell'architettura medioevale italiana.

La tozza finestra non è antica, ma venne aperta posteriormente per dar maggior luce all'interno; in origine dovea esservi un'apertura circolare corrispondente a quella della facciata posteriore.

Nel frontone abbiamo piccole archeggiature trilobate ascendenti e poggianti su colonnine che dai pilastri d'angolo vanno sempre più crescendo fino a raggiungere la maggior altezza nella parte centrale.

La struttura architettonica di questa facciata è romanica e richiama tanto le gallerie del secondo gruppo quanto quelle del terzo. Le differenze purtuttavia sono così notevoli da escludere un'inclusione della Chiesa di S. Pantalco nell'uno e nell'altro gruppo. Infatti le archeggiature dei frontoni delle Chiese di Saccargia, di Sorres ecc. ecc. sono classicamente ampie con colonnine aventi capitelli elegantemente decorati, mentre in S. Pantaleo gli archi trilobati sono di piccole dimensioni, per cui si hanno dodici colonnine senza capitelli decisi ma con qualche testa ricavata in rilievo. Nè maggiori analogie presenta colle chiese del terzo gruppo, avendo questi archi trilobati ampi e sagomati a tori c cavetti, i quali senza capitello od ornato alcuno si prolungano verticalmente in giù fino a raggiungere colle basi la cornice orizzontale.

Il muro terminale della navata centrale ha la stessa decorazione della corrispondente facciata, per cui non c'intratterremo su di esso.

L'archeggiatura dell'abside è invece grandiosa: tre archi bizzarramente decorati e poggianti sui pilastri terminali e su lesene semiottagone, dividono la parete cilindrica in tre campate.

Nelle navate laterali rincorrono sotto la gronda, pur distandone di due filari, gli archetti trilobati poggianti su mensoline e decorati colle più strane forme. Alcuni riproducono visi interessantissimi, in cui paiono rivivere il sentimento e la tecnica puerile degli artefici eneolitici che modellarono le statuine bronzee preistoriche.

Dopo un certo numero di archetti si ha una stretta e lunga le sena, poggiante con base attica sullo smusso dello zoccolo. Il fianco della navatella a sinistra ne ha cinque per cui esso resta diviso in sei campate.

La stessa decorazione ad archetti trilobati sono nei muri laterali [p. 301 modifica]della navata centrale, in cui sono aperte alcune finestre circolari con forme timidamente gotiche.

Alla navatella a sinistra si accede da una porta laterale che presenta lo stesso tipo architettonico di quelle della facciata. Non ha alcunché di notevole ad eccezione di una serie di testine umane, rese con arte puerilmente naturalistica, che ricordano le modellature preistoriche. Essa resta inquadrata fra la soprastante cornice ad archetti trilobati e due Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (portale).strette lesene poste a lato. Nella lesena a destra più che scolpita è incisa una figura in rozzo rilievo.

All'altro lato di questa lesena è un momento funerario del massimo interesse: una tomba ad arcosolio elegantissima, benchè molto guasta che ricorda consimili monumenti delle Chiese S. Francesco e di S. Romana a Lucca.

Essa è costituita da un sarcofago romano di marmo bianco bacellato, sopportato da due mensoloni con sottomensole che sporgono dal muro. Lastre d'arenaria con gli orli sagomati coprono il sarcofago e sopra di esse poggiano due pilastrini ottagonali con capitelli decorati a fogliami e con basi attiche sagomate con gusto. Sopra di esse ed il muro impostano archi trilobati, dai quali parte un'imbotte a direttrice archiacuta. Manca il finimento superiore che si potrebbe facilmente completare con gli elementi che si conservano.

Le due tozze colonne di sostegno vennero collocate posteriormente a maggior rinforzo del sarcofago, non sembrando forse atti a sostenere il non lieve peso dei due mensoloni che originariamente sopportavano da soli l'intero monumento funerario.

Ad una testata del sarcofago romano vennero scolpite le armi gentilizie del personaggio. le di cui spoglie sono — o meglio erano — rinchiuse dentro la cassa marmorea. [p. 302 modifica]

La torre campanaria si eleva a destra e nella stessa linea della facciata principale. Ha quindi la stessa disposizione del campanile della Cattedrale di Cagliari e, come questa, ha un lato che poggia sul muro laterale a sinistra e le finestre archiacute che aumentano d'ampiezza dal basso all'alto. Forse in origine esse erano adorne di trafori e di colonnine come le bifore e le trifore dei campanili toscani. Notevoli gli archetti ascendenti sopra le finestre del terzo ordine. Questi come gli altri di coronamento sotto la cuspide non sono più trilobati ma a tutto sesto.

Infine è da rilevarsi l'interno con pilastri di differenti forme e con arcate di diverse ampiezze. Nell'abside e nelle pareti sono traccie di affreschi, interessanti per le forme iconografiche e per la storia ecclesiastica.

Le finestrine sono a doppia strombatura, strette e terminanti superiormente con archiacuti delicatamente sagomati, ai di cui lati sono incisi intrecci geometrici e rose oltremodo eleganti. Esse costituiscono una nota gentilmente sobria fra la più originale e barbara decorazione.

Aggiunge non piccola attrattiva a questa chiesa il bel paramento in pietra arenaria giallognola, estratta dalle cave di Tiria, regione distante all'incirca un miglio dall'abitato.

I rilievi che succintamente abbiamo esposto, attestano dell'importanza di questa chiesa, tanto diversa dalle altre fino ad ora esaminate. I piani di essa dovettero modellarsi sulla Cattedrale di Cagliari, ma con tutto ciò non è da ritenersi un'imitazione pura e semplice, giacchè certe particolarità decorative non hanno riscontro nè in questa nè in alcun'altra chiesa medioevale di Sardegna. L'architetto che la disegnò e che la costrusse, dovette essere geniale artefice, nè sminuisce il merito suo l'aver preso per modello il Duomo di Cagliari, il che forse gli venne imposto nell'ordinazione.

Alla sua dipendenza egli per l'ornamentazione dovette avere un artista educato non alla classica bellezza delle decorazioni toscane, ma alle barbare rappresentazioni scultoriche delle chiese dell'Alta Italia, se pur non ci troviamo davanti a qualche artefice locale di fervida fantasia che con indocile scalpello profuse le più strane e puerili rappresentazioni, facilitato in quest'esuberanza dall'arenaria, che facilmente si presta alle più delicate ornamentazioni.

Il nome dell'architetto della Chiesa di S. Pantaleo ci è sconosciuto, nè le due iscrizioni che sono incise su pietre inserite nelle pareti esterne, diffondono maggior luce sulle origini dell'edificio. [p. 303 modifica]Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (abside). [p. 304 modifica]

In una di esse, situata in un cantone del pilastro a destra della facciata si legge: ✠ A(nno) D | ominice | INCAR | nationis MCLXX. IN D(itione) III MARIA PISANA ANNOR(um) | XVI M(ensium) IIII ET(at) I(s) O(biit) XIIII X(a)L(endas) SEP(tembris) IN PACE. ALIO VERO ANNO DE | POSITA IN DIE S(an)ctoR(um) XL M(a)R(tirum). ORA(te) P(ro) EA A DEO P(re)MIV(m) RECEPT | VRI VNDECIES CE(n)TVM PARIT(er) CV(m) LXX ANNI POST ORTVM | CVRREBA(n)T NVMINIS ALMVN.

L'altra è scolpita negli abachi dei capitelli della porta aperta nel fianco della chiesa; a destra A(nno) D(omi)NE MCCLXI EP(iscop)O. D(e) ECTLI a sinistra: IOH(ann)I MVR(a) RIOLO IOH(ann) E MARCEGA MAVA . . . . . . .LI. Quest'ultima è incisa anche sull'architrave della porta.

Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (porta laterale).Mentre questa iscrizione farebbe presumere esser stata la chiesa eretta nel 1270 la prima ci dice che nel 1170, venne nella chiesa deposta la salma di Maria Pisana, morta nello stesso anno ancora in fresca età.

Da quest' insieme di documenti epigrafici e dai rilievi stilistici e costruttivi possiamo dedurre che molto probabilmente la chiesa venne costrutta nel XII secolo e che durante i lavori venne deposta nel vano del muro la salma di Maria Pisana con l'epigrafe mortuaria che la ricorda.

Non dopo, giacchè il cantone d'arenaria sul quale sono scolpite le lettere, è così bene ed intimamente collegato col resto del paramento, senza slabbrature o ritocchi, da escludere senz'altro un collocamento in breccia e quindi posteriore all'erezione del muro.

Nella seconda metà del XIII secolo la chiesa dovette ampliarsi e si può ragionevolmente presumere che allora venissero costruiti i due frontoni ed i coronamenti dei fianchi, lasciando intatto il tratto inferiore e parte della navata centrale, di cui rimasero i pilastri ad eccezione di [p. 305 modifica]uno che gli artefici Giovanni e Marcega vollero rifare con gotiche ornamentazioni, colle nuove forme cioè che in Italia erano già dominanti e che nell'isola apparivano ancora timidamente fuse colle antiche forme romaniche.


A basso della ripida falda, per cui dall' altipiano di Ghilarza e di Abbasanta si scende nella fertile vallata del Tirso, e presso le sponde di questo fiume è il villaggio di Zuri, del quale troviamo menzione nelle carte medioevali.

Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (pianta).

Dovette esser una villa fiorente, ma su di esso incombette lo stesso duro fato che trasse a rovina un altra villa, Ottana, posta ancor essa presso al Tirso e nelle stesse condizioni.

Come questa, Zuri decrebbe rapidamente ed oggi è il più meschino villaggio dell'isola con una popolazione di qualche centinaio d'individui, sofferenti di febbre e di miseria, senza strada alcuna di comunicazione salvo un rapido e scosceso sentiero, non facilmente praticabile durante la cattiva stagione. [p. 306 modifica]

In mezzo a tanta disperazione, fra le diroccate casupole che segnano l'ultimo stadio di questo paese, s'ergono le fulve ed ornate pareti della Chiesa di S. Pietro di Zuri.

Questa è un eccezione all' architettura che si svolse con tanta squisitezza nell'isola ed è un eccezione interessantissima per le belle forme decorative, di cui non abbiamo altri esempi.

La facciata esposta a ponente è incompleta, essendo mancanti le Sassari — Chiesa di S.ta Maria di Betleme.decorazioni della parte superiore, probabilmente rimosse per vetustà, se pur vennero portate a compimento.

Rimase pur tuttavia ad attestare dell' abilità del costruttore l'intercolonio inferiore a tre arcate, di cui la centrale costituisce la struttura architettonica della porta principale d'ingresso.

Questa è schiettamente romanica e ricorda i portali dell'architettura lombarda e, come questi, ha una strombatura ampia ma poco profonda. [p. 307 modifica]

L'imbotte di questa porta è decorata con pilastrini e con colonnette, due delle quali scanalate elicoidalmente le quali hanno un unica base di forma attica che contorna lo zoccolo. I capitelli di queste colonnette, piuttosto alti ed ornati di fogliami, di animali e di teste umane, hanno un bassissimo abaco. Due mensole sagomate sostengono l'architrave, nel quale la Madonna e diverse figure di santi sono effigiate con l'arte la più barbara e la più puerile.

Sassari — Chiesa di S.ta Maria di Betlemme (portale).

Questa porta che per il suo carattere architettonico ed ornamentale puossi assegnare al XIII secolo, esclude ogni direttiva od influenza d'artefici toscani. Le cordonate concentriche e decrescenti ricordano le porte a foggia lombarda che i maestri comacini sparsero per le città toscane e specialmente a Lucca.

Le altre due arcate dell'intercolonio ripetono le prime archeggiature della porta centrale. Interessanti le pilastrate d'angolo, in cui sono abbon[p. 308 modifica]dantemente profuse le più strambe ornamentazioni con fogliamme araldico e con animali delle forme le più mostruose.

Nei lati della chiesa abbiamo un archeggiatura ampia, quasi classica, che non ha altro riscontro se non in quel tratto di muro laterale del- l'antica cattedrale di Ottana, compresa fra la facciata ed i ruderi della torre campanaria. Le lesene strette ed alte sono sormontate da capitelli decorati alla foggia lombarda: nessun tentativo d'imitazione delle Sassari — Anulare di una volta a crociera della Chiesa di S.ta Maria di Betlemme.classiche forme: l'acanto gentile, che fiorisce nella decorazione toscana, è bandito dalle fasce, dalle cornici e dai capitelli della Chiesa di Zuri.

La cornice di gronda è eseguita ad imitazione di quella di S. Ambrogio di Milano con archetti a tutto sesto intersecantisi nel mezzo in modo da ottenere archetti ancor più piccoli a sesto acuto.

Una porticina aperta nel fianco a destra non ha alcunché di particolare, essendo a luce rettangolare con architrave monolitico alleggerito da arco di scarico.

Le finestre arcuate a strombatura sono ampie e non presentano analogia alcuna con le finestre delle chiese medioevali fin'ora esaminate.

L'abside è semiesagona con tre arcate poggianti su fasci di colonnine. Nel campo centrale è una finestra arcuata con imbotte profondo decorato da otto colonnine, quattro per parte.

Negli altri due scomparti sono due tondi sagomati con traforo elegantissimo ottenuto coll'intreccio di piccoli cerchi.

A tutta prima l'abside si presenta come la continuazione della restante chiesa, sc non che, estendendo le indagini, mi convinsi ch'essa [p. 309 modifica]venne costrutta posteriormente. Infatti nel muro terminale da cui parte l'abside, si avverte l'inizio di due archi che, impostantisi sui pilastri d'angolo, sono rotti a metà dell'apertura della nuova abside.

La finestra è certamente foggiata sul tipo lombardo, ma i capitelli sono eseguiti con diversa arte di quella con cui vennero eseguite tutte Sassari — Gruppo di bronzo nella fonte di S.ta Maria di Betlemme.le altre ornamentazioni della chiesa: saranno queste l'espressione di una tecnica poco corretta ed indipendente da ogni forma classica, ma purtuttavia palesano vivacità di scalpello e sicurezza di effetti decorativi. I mostri accovacciati fra il fogliame saranno orribili, saranno tozze, puerili e senza forma le figure umane, ma palpitano ed imprimono movimento e vita alla struttura decorativa, agli archi, alle lesene, alle pilastrate, a tutte le parti dell'organismo romanico della pregevole chiesa. I capitelli invece delle colonnine della finestra sono eseguiti da mano inesperta ed ignara di qualsiasi forma ornamentale. Riescono freddi e più che scolpiti paiono incisi. Furono artisti provetti gli scalpellini che profusero le ornamentazioni della chiesa, dovette esser un mediocre muratore chi eseguì capitelli della finestra absidale.

All'interno poi, in uno dei lati dell'abside, è una nicchia singolarissima, che si manifesta eseguita contemporaneamente al muro. Essa ha forma archiacuta ed è ornata di un elegantissimo arco trilobato con vivi rilievi; poggia su due mensoloni ornati di foglie, in cui è quella stessa indecisione ed imperizia che si riscontrano nella finestra centrale. I mensoloni sono sostenuti da fasci di colonnine ofitiche che ricordano le [p. 310 modifica]colonne poste dinanzi ad una delle porte del Duomo di Trento ch'è di schietta architettura lombarda.

Gli elementi esposti sono più che sufficienti a ritener posteriore alla costruzione della chiesa l'abside semi-esagona; in origine questa dovea esser di più modeste dimensioni.

L'architetto della Chiesa di Zuri trovò il compito suo agevolato dalla trachite usata per il paramento e per le parti in rilievo; essa è Zuri — Chiesa di S. Pietro (portale).di un bel tono rosso e si presenta, appena cavata, morbida e facile alle più intrigate ornamentazioni.

Anche le pareti interne vennero rivestite di cantoni trachitici, il che non tolse che venissero affrescate. Susseguenti intonaci con relativi scrostamenti fecero andar a male queste pitture, le quali si manifestano con leggerissima imprimitura nelle pareti.

La navata ha la copertura a vista, costituita da tavolato poggiante sulla grossa travatura e sostenente il tegolato. Nel dirigere alcuni lavori di consolidamento ebbi modo di riscontrarvi traccie di decorazioni policrome.

Questa chiesa è ora parrocchiale, ma anticamente era annessa ad un monastero di donne. Questo abbandonato, venne adibita al nuovo ufficio e fu forse in questo trapasso che si costruì l'abside semiesagona, si affrescarono le pareti e s'ingentilì con decorazioni policrome il tavolato del tetto.

L'epoca della costruzione di quest'interessante chiesa, che tanto s'allontana dal tipo architettonico predominante nell'isola, ed il nome [p. 311 modifica]dell'architetto risultano dalla seguente iscrizione: ✠ ANNO DomiNI MCCXCI | FABRICATA Est Hec ECCLesiA ET COnSEC | RATA IN HONORE BEATI PETRI | APOsTolI | DE ROMA SVB TemPoRe IV | DICIs MARiani IVDIcis ARBOREE ET | FRatrE IOHanneS EPiscopuS SanCtE IVSTE EO | DEm TemPoRe ERAT OPerARIA ABADISA | DOnNA SARDInGNA De LACO | MAGisteR AnSELEMus De CVMIS FABrICAVIT.

Questa iscrizione, ricordante che la chiesa venne eretta da un maestro comacino, conferma i risultati ai quali pervenimmo dai rilievi stilistici e per i quali questo edificio deve includersi fra quei pochi che vennero costrutti da artefici lombardi venuti nell'isola in concorrenza alle maestranze toscane, che qui trovarono larga protezione, aiuti, e facilitazioni.

Quest'altra iscrizione è incisa in un cantone della facciata nel lato sinistro: ANNO DomiNICE INCA | RNACIONIS MLIII | I DEDIcante PAOLO | DE MVRTAS, la quale ci fa conoscere la preesistenza dell'altra chiesa, demolita per dar luogo alla nuova eretta sui disegni di mastro Anselmo, che in parte si servi del materiale proveniente dalle demolizioni.


Immune dall'influenza delle forme architettoniche toscane si palesa anche la Chiesa di S. Maria di Betlemme in Sassari, la quale è degnissima di studio, mostrando accoppiati due stili differentissimi che, unendosi materialmente, restano per altro disgiunti per gli elementi di cui si compongono; le forme romaniche si svolgono nella facciata e quelle gotiche s'estrinsecano negli archetti trilobati della cornice, della quale ora non rimangono che pochi accenni nei fianchi,

Due larghi pilastri angolari limitano la facciata della Chiesa di S. Maria ed al primo ordine nel terso paramento calcareo trionfa il bellissimo portale. Questo è uno dei pochi schiettamente romanici che sieno in Sardegna. Il vano d'ingresso è rettangolare, chiuso in alto dall' architrave monolitico, come nelle porte di architettura toscana; ma, mentre in queste i piedritti e l'architrave sono membrature che hanno funzione organica, reggendo il muro sovrastante, nella porta di S. Maria l'architrave è messo per riguardare la porta, dando modo all'impianto di battenti rettangolari, molto più comodi di quelli a centina.

La struttura organica della porta è l'arcata a strombatura interna a cordonate concentriche e di raggio decrescente verso l'interno. Questi cordoni s'impostano su esili colonnine, tre per parte, che fiancheggiano [p. 312 modifica]la luce con basi di forme attiche che, rese con tecnica ed arte medioevali, costituiscono la cimasa dello zoccolo.

Queste colonnine sono nella strombatura, mentre sporgono dal muro le due strette lesene terminali della porta sovra le quali s'imposta l'arcata estrema costituita da una fascia liscia e da ano smusso traforato con ornati geometrici.

I capitelli di queste lesene e delle colonnine sono disposti in fuga e formano una ricca lascia decorata a fogliami.

Zuri — Chiesa di S. Pietro (particolari dell'abside).Il tipo architettonico di questa porta è schiettamente ro manico, esente da qualsiasi influenza toscana.

Sovrasta questa porta una serie orizzontale d'archetti impostantisi su mensoline e svolgentisi sotto una fascia sagomata. È la consueta cornice che si riscontra in tutte le chiese medioevali della Sardegna. In essa pur tuttavia sono diverse particolarità che la distinguono dalle altre: gli archetti qui sono frastagliati con minutissimi intagli e le stesse mensole sono ornate con intrecci minuti e poco simpatici. Sopra questa cornice trionfava un rosone, che costituiva colla porta il motivo architettonico più spiccato della facciata.

Disgraziatamente niente possiamo dire del suo traforo e delle altre forme decorative, giacchè per il collocamento dell'organo lo si chiuse con murature, sostituendo l'ampia finestra circolare con due aperture rettangolari aperte ai lati del rosone.

Di questo ora non rimane che la cordonata estrema intagliata riccamente se non con gusto. Forse, rimovendo le murature di chiusura, si rinverrebbero tracce delle decorazioni dello sguancio e del traforo, le [p. 313 modifica]quali a mio parere devono aver non lieve interesse, essendo questo di S.Maria uno dei più antichi rosoni, che siansi eseguiti nelle chiese sarde.

Ignoransi le origini e le vicende di questa chiesa: il Tola volle in essa vedere la Chiesa di S. Maria della Scala, menzionata in una bella di Gelasio II in data 1.º ottobre 1339, colla quale questo pontefice ricevette sotto la sua protezione quattro chiese che il monastero di S. Mamiliano dell'isola di Monte Cristo possedeva in Sardegna, e cioè Sancta Maria de Scala, Heliae, Sancti Gregorii et Sancti Mamiliani de Simassi.

Ritengo errata l'assegnazione del Tola, che non è del resto confortata da alcun altro elemento, giacchè nella bolla probabilmente si alluse alla Chiesa presso Osilo che tutt'ora si chiama di S. Maria della Scala e che è menzionata nelle carte medioevali come S. Maria de Ogosilo. I caratteri stilistici c'inducono ad assegnare la costruzione della facciata agli ultimi del XIII secolo, forse quando la preesistente chiesa ed il monastero vennero occupati dai benedettini.

Che la Chiesa di S. Maria di Betlemme sia stata eretta sull'area di altra chiesa, risulta da antiche memorie e dalle traccie d'iscrizioni funerarie incise con belle lettere romaniche del XIII secolo in lastre di marmo che poscia vennero adoperate per formare la soglia del portale.

Nel XV secolo la Chiesa subì nell'interno radicali trasformazioni: s'elevarono i muri laterali, si rimosse l'originario coperto e si gettarono ardite volte gotiche a crociera con cordoni sagomati intersecantisi in diversi punti. Nelle intersecazioni furono messe gemme anulari, alcune delle quali elegantemente decorate con figure sacre. Nel convento me rinvenni una, in cui è squisitamente scolpita con arte gotica una Madonna seduta in trono avendo in grembo il bambino Gesù.

Queste volte sono separate da arcate goticamente sagomate con tori, cari, scozie impostantisi su fasci di colonnine in cui sono proseguite le modanature degli archi. I capitelli sono decorati con fogliami e figure gotiche ed in uno di essi è la seguente data A. D. MCCCCLIV.

Alla Chiesa era annesso un monastero che ebbe sempre parte notevole nelle vicende religiose della città di Sassari e che ancor oggidì, malgrado le trasformazioni e manomissioni subite, si presenta interessantissimo per le molte iscrizioni incise nelle pareti e per una fonte medioevale, in cui l'acqua sgorgava da tre cannelle ornate con mascheroni di bronzo. [p. 314 modifica]

Fra le iscrizioni ne trascrivo due funerarie che hanno un certo interesse: ✠ HIC IACET DomiNA ELICSEnDIS Condam | VXOR VENerABILIS GALEArDI De NATA Qae | OBIIT XX DIE NOVEMBRIS ANnO | Domini MCCCCXLII. CVIus AnIma ReQuiESCAT INPACE | ET PETIT Pro ELEMOSINA PATer NOSTros. L'altra: ✠ AMen IACet DONA GVILLelmA SINONE MV | LER GirArDI | DE✠ NIG✠ IS | GENOVESe |

Ambedue sono del XIV secolo e quest'ultima di Donna Guglielmina di Genova potrebbe esser un indizio, benchè lieve, delle origini della Chiesa di S. Maria di Betlemme che, costrutta quando Sassari era sotto la protezione di Genova, risente nella sua architettura più la influenza degli artefici liguri che quella dei maestri toscani.


Dolianova — Chiesa di S. Pantaleo (tomba ad arcosolio).