II.

../I ../III IncludiIntestazione 22 giugno 2017 100% Da definire

I III
[p. 23 modifica]

II.


Tale è in breve riassunto l’ordine delle idee e delle vedute del Guerry. Siami ora permessa qualche osservazione. Ed anzi tutto torno a ripetere che il libro del Guerry è lungi dall’essere, nella presente sua forma, una completa statistica morale. Per ora è una semplice statistica criminale figurata (con qualche altro elemento analogo); e della criminalità stessa non vi si contemplano che alcuni elementi soltanto. Senza insistere adunque su questo punto, e solo perchè abbiasi, a termine di riscontro, un’idea di ciò che una completa statistica criminale (o penale in genere) avrebbe ad essere veramente, ecco per capi massimi ciò che a me pare che essa dovrebbe comprendere:1

I. Il Processo penale ne’ successivi suoi stadj, a partire dalla denunzia od altro atto che inizia la procedura fino al compiuto esaurimento di questa, con tutti gli elementi [p. 24 modifica]interessanti la repressione che vi si riferiscono, sì dal punto di vista de’ reati e degli atti giudiziali, che degli autori (supposti o provati).

II. La penalità, ossia le pene, colla rispettiva classificazione secondo la loro qualità, gravità, effetti legali.

III. La criminalità, sì obbiettiva (reati), che subbiettiva (rei); qui pure colla corrispondente classificazione, presa anch’essa parimenti da un duplice punto di vista, obbiettivo (cioè dell’oggetto offeso, p. es., le persone, la proprietà, le pubbliche istituzioni), e subbiettivo (della causa movente, per es., cupidigia, violenza o malizia, movente politico ecc., con quelle maggiori specificazioni che possono introdursi rispetto ai motivi di alcuni crimini, come sarebbero gli attentati alla vita, sì minutamente analizzati dal Guerry).

IV. Le circostanze (cause o relazioni influenti nella criminalità), esse pure esterne ed obbiettive (p. es., la varia stagione dell’anno, carestie, crisi, ecc.), ovvero interne, personali, subbiettive, come il sesso, l’età, la professione ed occupazione, la sostanza, l’istruzione, la religione, la nazionalità, ecc., e quella sì interessante della recidività. — Vi è naturalmente una criminalità relativa e specifica per ciascuno di questi elementi e loro differenti combinazioni, e in riguardo a ciascuna specie di crimine in particolare.

V. Per ultimo anche la statistica dei luoghi di pena può considerarsi come un’appendice, se non anche come una parte integrante, della statistica penale in genere.

Farei altresì l’avvertenza generale che la criminalità essa medesima non può assumersi integralmente quale espressione di moralità nel senso proprio di costume morale. Essa riflette energicamente l’insieme delle condizioni [p. 25 modifica]morali e civili, economiche e politiche; vi si traduce non meno la depravazione che il bisogno, la malizia al pari del sistema e delle circostanze variabili della repressione; insomma lo stato politico e quello delle relazioni sociali tutte quante. Certo che quale effetto il crimine figura pur sempre un disordine di ragione morale nella propria significazione del vocabolo; ma le cause prime che ne decidono possono essere diverse e molteplici, e occorre uno studio assai sottile difficile a sceverarne l’elemento proprio e specifico di moralità.

Anche quell’idea e quel titolo di statistica comparata, che figura in testa all’opera di Guerry, e che dovrebbe significarne il metodo e l’intento, può richiamare una riflessione. A tutto rigore non vi è comparazione possibile se i termini da compararsi non sono ridotti ad una espressione uniforme e perfettamente definita, ad un modulo unitario comune; e in ciò sta appunto la difficoltà massima per tali argomenti, a cagione del divario delle legislazioni, delle istituzioni, delle pratiche, delle condizioni tutte quante, fra paesi differenti che vogliansi porre a raffronto. Forse l’ostacolo non è del tutto e in ogni caso insuperabile, ove si proceda coi debiti accorgimenti; ma tale esso parve al Guerry, ed è a questo proposito che egli scriveva la frase più sopra riferita, in cui taccia di assurdo il tentativo di mettere, come dice, in equazione la moralità di due diverse nazioni. Ne consegue che la sua statistica comparata si risolve in realtà in due statistiche distinte, fra loro raccostate per elementi simili; nè va intesa in altro senso che questo.

Quanto poi al concetto generale della statistica adottato dal nostro autore, non parmi in questo luogo opportuno di entrare in apposita discussione, se anche quel concetto avesse a sembrare a taluno troppo largo per l’oggetto e ad [p. 26 modifica]una volta troppo ristrettamente condizionato per l’esigenza che vi si spiega del dato esclusivamente numerico. Come già dissi, esso è quello di un’intera scuola. Alla soverchia larghezza può supplirsi col distinguere una statistica sociale, o civile, se meglio piace dire, di cui la statistica morale non sarebbe essa medesima che un capo particolare: — statistica in senso proprio, conforme alla genesi ed etimologia storica della scienza (da stato, società civile, non però soltanto ordinamento politico; anzichè da stato, condizione attuale di cose); senza impedire in assoluto che altri parli a sua posta di statistica in più larga significazione; e quanto alla condizione del dato numerico, non vuolsi per lo meno disconoscere in via di fatto ch’egli è in questo senso che si pronunzia ora maggiormente, non dirò tanto l’opinione, quanto ancor più l’opera dei cultori della scienza.2

Neologismo un po’ singolare parrà forse quel nome di analitica, e analitica morale. — Un tempo avrebbesi detto [p. 27 modifica]senz’altro aritmetica (politica) e aritmetica morale; salvo a differire alquanto per lo spirito e il rigore dei metodi.3 Lasciando qui pure ogni disputa della parola, e badando al concetto che s’intende significare, l’analitica verrebbe a confondersi più o men completamente, secondo l’estensione che s’intende dare al suo ufficio, con quella che potrebbesi pur dire induzione statistica, od anche in generale induzione matematica; essendo certo del pari che il metodo statistico è di universale applicazione, così nella sfera dei fatti morali, come in quella dei fatti fisici, dovunque esistano al fondo (e possano legittimamente esistere) delle serie di osservazioni ridotte a forma numerica, dalle quali abbiansi ad estrarre i risultati generali e le leggi di fatto che vi si manifestano, nonché risalire alle cause efficienti e più e più remote.

Checché si pensi del nome, parmi però ad ogni modo soverchia e non del tutto legittima quella preoccupazione dell’autore, di separare, come egli argomentasi, la sua analitica, o diremo la statistica, dal calcolo delle probabilità. — L’analitica, egli dice, non fa assolutamente alcun uso del calcolo delle probabilità; essa non ha nulla che le sia comune con questo, né per lo scopo, né per il metodo. — A ciò avea risposto la commissione dell’Accademia francese delle scienze, che ebbe a giudicare dell’opera, per bocca dell’illustre suo relatore Jules Bienaymè, in termini che giova recar testualmente: «Separarne la statistica dalla probabilità, è cosa assolutamente impraticabile. Sia che si conoscano, ovvero che si ignorino i calcoli superiori che sono richiesti dalle prime questioni di statistica, non si lascia [p. 28 modifica]per questo di proporsi tali questioni, e darne una soluzione qualsiasi. Dappoiché qual cosa cercherebbesi mai nei calcoli sì lunghi e sì penosi della statistica? Per certo non si va punto a ricercarvi un’inutile imagine del passato, bensì, come in tutte le scienze sperimentali, si spera farne uscire talvolta una certezza, più spesso delle cognizioni pratiche e delle congetture motivate. Di guisa che la statistica non è essa medesima altra cosa che un calcolo delle probabilità. E il bel teorema di Giacomo Bernouilli è semplicemente l’espressione matematica di questo quesito che gli statistici rivolgono sì spesso ai geometri: Qual è il numero di fatti e di osservazioni da raccogliersi perché si possa contare sull’esattezza de’ risultati?

E così è infatti (mi permetterei per mia parte di soggiungere), né altro ella stessa significa quella maniera di dire oggidì sì frequentemente usata, che i risultati statistici, a qualunque ordine di fenomeni essi riferiscansi, tengono solo sotto la legge dei grandi numeri, che è il nome appunto del più generale teorema, che Poisson ha derivato da quello sì celebre del Bernouilli sulla probabilità risultante dalla ripetizione indefinita degli eventi.4 — Altrove il Guerry sembra limitare l’analitica in tutte le possibili sue applicazioni al solo uso delle medie. — E sia pure; ma la media perché si assume ella a preferenza d’altri valori, se non perché si stima come il valore più probabile fra i molti che risultano da osservazioni [p. 29 modifica]ripetute; ovvero come l’espressione di uno stato di cose che in date circostanze riguardasi quale ordinario e relativamente normale frammezzo alle variazioni contingenti cui può andar soggetto; vale a dire nuovamente come il valore più probabile della vera natura della cosa? E in ogni caso, qual è, in grazia, il grado di fiducia che di caso in caso, e in condizioni d’altronde pari, la media stessa si merita dipendentemente dal numero più o men grande delle osservazioni, su cui è stata calcolata? Tale fiducia, o, come si dice, la precisione della media, si capisce anche d’istinto che non potrebbe essere eguale in tutti i casi; che anzi (a parità d’ogni altra condizione) essa è una funzione del numero delle osservazioni; ossia essa sta in una certa relazione con siffatto numero, cresce in genere o scema con questo; ciò, ripeto, viene suggerito anche dal semplice buon senso; ma il determinare la vera forma di quella funzione, o relazione, ossia la qualità del rapporto che intercede fra la precisione della media e il numero delle osservazioni, a chi altro spetta che al calcolo delle probabilità?5

Il fatto sta che sotto l’impero esagerato di quella sua apprensione, il Guerry, trattando la storia di questo calcolo dal punto di vista delle due applicazioni, ne ha omesso uno stadio essenziale, il più recente, e quello in cui [p. 30 modifica]svolgonsi le applicazioni che oggi sono considerate come le principali del calcolo stesso. Egli ha mancato di accennare quella teoria degli errori di osservazione, che attualmente è pressoché la sola che attragga l’attenzione de’ matematici, e cui si rivolga l’opera loro perfezionatrice. È dessa che fornisce il filo conduttore in quelle indagini che appunto direbbonsi nel più ampio senso d’induzione statistica, e la dottrina delle medie non ne è anch’ella che un capo particolare. Il calcolo delle probabilità, in riguardo alle sue applicazioni, e senza sostanzialmente innovarsi ne’ suoi fondamenti astratti, avrebbe di tal modo percorso, non due soli stadj generali, come risulterebbe dalla storia succinta che ne dà il Guerry, ma tre, come meglio parrebbe. Nel primo esso si applica poco più che a giochi e scommesse; nel secondo, cominciando da Giacomo Bernouilli, tratta principalmente di problemi fisici ed economici, e viene sempre più accarezzando con certa predilezione problemi morali; presume colle sue formole astratte dar norma ai giudizj, ai suffragj, alle testimonianze, alla credibilità storica tutta quanta; inetto spesso, non tanto per erroneità od insufficienza intrinseca e teoretica, quanto per deficienza od inosservanza delle condizioni estrinseche e pratiche per la sua applicabilità; nel terzo infine, esso viene assumendo un indirizzo assai più pratico e positivo, perfeziona i suoi metodi in vista delle applicazioni concrete da farsene, e con una più profonda teorica delle medie, della precisione, dell’errore e suoi limiti, rimanendo deduttivo pur sempre quale procedimento matematico, aspira a guidare il criterio induttivo nella stima dei fatti osservati, entro i limiti e giusta il valore proprio dell’osservazione essa medesima; generale del resto per quanto riguarda la sfera e l’oggetto delle sue applicazioni; atto cioè ad [p. 31 modifica]essere esteso, coi necessarj riguardi, dappertutto dove l’osservazione si traduca in serie numeriche, e siavi da tener conto di errori o variazioni contingenti.

Il modo con cui va presa una media in statistica propria è perfettamente identico a quello con cui essa si determina in altre scienze come per es. in meteorologia (e fino a questo punto il Guerry stesso ne conviene ed anzi espressamente insiste sull’analogia); identico il modo di stimarne la precisione secondo il numero e la precisione elementare delle osservazioni esse medesime; e così pure il metodo con cui si indaga e definisce la legge di una serie numerica, o s’investiga in dati casi la probabilità di esistenza di una causa regolare influente; quello stesso metodo che trionfa in altre scienze di osservazione a base numerica sotto il nome di metodo dei minimi quadrati, in sostituzione della media aritmetica, pel caso che sienvi più incognite da determinare, una delle più belle scoperte di Legendre e di Gauss,6 non ha nulla in sé medesimo [p. 32 modifica]per cui non possa eventualmente, e colle debite osservanze, rendersi applicabile anche nel campo specifico della statistica; e il principio su cui si appoggia e da cui deriva il suo nome è per sé stesso affatto generale. Ora, tutto ciò entra nel calcolo delle probabilità e conta tra le principali applicazioni di esso. Ed è ancora questo calcolo che ammonisce del termine, al quale l’elaborazione aritmetica deve arrestarsi, a seconda del più o men largo limite di errore che può temersi nei fatti osservati.

Bensì (e m’affretto di buon grado a constatarlo) questo limite è solitamente assai più esteso nella statistica propria che non in altre discipline; e ad una volta i fatti osservati (soprattutto nel campo morale) si presentano incomparabilmente più complessi e versatili, e in generale men facilmente ed esattamente definibili e comparabili nei loro elementi proprj e concomitanti: circostanze capitali, che senza distruggere l’essenza e l’identità fondamentale del metodo da applicarsi, ne ristringono grandemente le applicazioni effettive, che vogliansi veramente legittime, ed oltre un certo segno possono anche escluderle del tutto. Chi abbia consultato anche solo le lettere sulla teoria delle probabilità e sulle sue applicazioni alle scienze morali e politiche dell’illustre Quetelet,7 che il Guerry ha il torto [p. 33 modifica]di non citare distintamente, crederei non potesse esitare ad ammettere (fra i debiti limiti) la competenza di quel calcolo in siffatti argomenti.

E a proposito di medie e della loro significazione e precisione, mi permetterei pure un altro appunto particolare circa il modo con cui esse sono prese nell’opera del Guerry. — Una media calcolata sopra un periodo sì esteso, come quello che per la Francia comincia col 1826, cimenta non rappresentare più per quel paese il vero stato attuale; dappoiché essa elimina bensì gli effetti delle cause accidentali di variazione, ma maschera ad una volta gli effetti delle cause modificatrici regolari; e per es. è constatato che in Francia nell’ultimo quindicennio la proporzione degli accusati di crimine è scesa grado grado a circa la metà di quello che era, per un movimento che si appalesa principalmente a favore delle classi più giovani di età, ossia della nuova generazione che sorge; laonde risulterebbe al presente modificata anche la criminalità relativa secondo le età. E alla stessa guisa hanno probabilmente mutato altri elementi, compreso pur quello della ripartizione geografica, ossia della criminalità relativa delle varie località, che è l’elemento principale studiato nell’opera di Guerry.8 Converrebbe pertanto spezzar le serie, [p. 34 modifica]prendere le medie parziali e raffrontarle; studiare insomma la criminalità nel suo movimento, dopo averla studiata nel suo stato medio generale per l’anzidetto periodo. A tal uopo servono fino ad un certo punto alcuni dei tracciati grafici che incontransi sulle tavole del Guerry, ma ciò ancora non basta e vorrebbesi più largo lavoro, che forse l’autore stesso già tiene in serbo.

L’antecedente osservazione alla sua volta può servire a far rettamente apprezzare ciò che pocanzi accennavasi circa la precisione di una media dipendentemente dal più o men grande numero delle osservazioni e loro precisione elementare propria. I canoni che somministra in proposito il calcolo delle probabilità tengono solo sotto la condizione che le osservazioni esse medesime non vadano affette da qualche causa regolare di errore, ovvero (ciò che vi corrisponde per l’effetto) non si venga progressivamente modificando il sistema attuale delle cause influenti, come appunto sarebbe intervenuto nel caso qui avvertito.

Ed ora io non istarommi a disputare di quella generale proposizione del Guerry che l’analitica si limiti a determinare ciò che è, laddove il calcolo delle probabilità aspirerebbe invece a ricercare ciò che dev’essere. Bastami che gli appunti fatti possano persuadere che anche a ritrarre ciò che è nella sua vera e normale espressione è d’uopo invocare l’ufficio proprio di quel calcolo; ond’è ch’esso non saprebbesi separare, come all’autore nostro parrebbe, dall’analitica, o diremmo dalla statistica. Giova ripeterlo: dal momento che si deve discutere un documento numerico e [p. 35 modifica]che incontransi errori e variazioni accidentali, qualunque poi sia l’ordine dei fatti di cui trattasi, entra per sua naturale competenza anche il calcolo delle probabilità. Si può farne un uso più o men largo, secondo la natura propria del caso; si può eventualmente eccedere ed abusarne; se ne abusò spesso per vario modo e grossamente (oggi peraltro assai meno); ma non può contendersi in via di massima la legittimità del suo intervento, e spesso è assolutamente indispensabile avervi ricorso. Non sempre il criterio inerme è bastevole, e vuolsi saper all’uopo usare anche qui dell’arma poderosa e precisa del calcolo. Molti fra coloro che ne temono e vi si rifiutano con ostinata riluttanza, sarebbero per avventura maravigliati, se di fronte agli errori, pur gravissimi, cagionati per l’una parte dall’abuso, venissero (come se ne avrebbero il diritto) a contrapporsi quelli che quotidianamente provengono dalla ignoranza. — Abbiasi intera la scienza, pur rendendola il più possibile veridica e pratica.

Lascio qualche altra osservazione parziale che potrebbesi fare, e vengo ad altro punto di più generale importanza e già avvertito più sopra. — Come si disse, il Guerry sarebbe stato assolutamente fra i primi, insieme al Quetelet, a porre in evidenza quella regolarità e costanza relativa che si appalesa nei fatti dell’ordine morale, anche i più dipendenti da libertà di arbitrio, allorchè si considerano in una numerosa popolazione collettivamente, anzichè in singoli individui o gruppi poco numerosi. Il risultato è tale che anche quando già si conosce da lungo tempo, e si è in certa guisa dimestici con esso, non lascia di fare sull’animo una singolare impressione. — Vi è un tributo, diceva Quetelet, che si paga con una puntualità ancor maggiore di quello che l’uomo deve alla sua natura ed al tesoro dello [p. 36 modifica]Stato, ed è il tributo del delitto! — Ogni anno, con divarj comparativamente leggieri, si ripetono gli stessi fatti morali, presso a poco collo stesso ordine, talvolta fino nell’ultime particolarità, precisamente come se una legge arcana e fatale ne intimasse il compimento. I fenomeni più comuni del mondo fisico nulla hanno, fra certi limiti, di più regolare ed esatto; la temperatura media presenta spesso da anno ad anno dei divarj più risentiti della proporzione dei matrimonj e di quella de’ crimini; in un paese vasto, come per es. la Francia, il suicidio si ripete all’incirca nella stessa cifra proporzionale, a seconda dei sessi, delle stagioni, delle ore del giorno; gli stromenti anch’essi mostrano rimanere, nella relativa loro proporzione, presso a poco i medesimi. — Non già che non siavi variazione e movimento progressivo in uno od altro senso (lo si è pocanzi avvertito riguardo alla criminalità in Francia, e in ciò sta una differenza capitale coi fenomeni del mondo fisico, i quali hanno solitamente uno stato medio assoluto, oppure non variano in esso che lentissimamente); ma questo movimento pure si opera per lo più e, ad eccezione di straordinarie influenze e perturbazioni, solo grado grado, senza brusche variazioni, con certa regolarità. — In ultima analisi l'individuo parrebbe andar assorto affatto nella massa, e la libertà di determinazione, il libero arbitrio svanire.

Ora se un tale risultamento poté essere accarezzato più o meno apertamente da qualche scrittore, di cui mostrava a primo aspetto favorir il sistema, arieggiante in vario modo di fatalismo, si comprende invece la viva apprensione di altri intelletti più delicati, e la loro preoccupazione a fine di presentare in tutta la sua integrità il principio supremo della libertà morale; e Quetelet e Guerry sono [p. 37 modifica]anch’essi di questo numero. Come già indicavasi, il nostro autore insiste calorosamente che nei fatti di tale specie non vi è nulla ancora da cui quel principio possa andar vulnerato.

Per me (senza pretendere di andare a fondo dell’argomento, mettendomi in una formale discussione) reputerei che il fatto esso medesimo, per quel tanto che vi è effettivamente di vero, giacchè è pur facile che venga esagerato, riesca in realtà, a chi attentamente ne consideri le ragioni, assai meno maraviglioso di quello che a primo aspetto si mostra, nè siavi ragione alcuna di allarme. — La regolarità e costanza relativa del risultato (Quetelet ne aveva fatto l’avvertenza generale fino dal principio) è il naturale effetto della regolarità e costanza delle cause da cui vanno in complesso influite le azioni, pur libere, dell’uomo; cause, che agiscono come motivo, ovvero come limite, della sua volontà. Finchè non mutano la natura fisica e morale dell'uomo, l’ambiente fisico e l’ambiente sociale, se così può parlarsi, ragion vuole che anche i risultati generali della vita comune riescano presso a poco della medesima qualità ed entità, salve parziali e sempre ristrette deviazioni; e alla sua volta la natura dell’uomo è termine assolutamente fisso; tale, o presso a poco, per ciascun paese è pur l’ambiente fisico; e infine l’ambiente sociale (e ciò che di esso riflettesi nella cultura, nel carattere, nelle passioni ed abitudini dei singoli) non può di regola variare che con certa lentezza, per ciò che rappresenta un capitale accumulato da secoli. — Libertà è scelta, non assoluto e sconfinato capriccio. — Vi è, per così dire, un orizzonte aperto tutto all’ingiro; ognuno può volgersi all’una o all’altra parte di esso, piegare a destra o a sinistra, avanzare o retrocedere, a suo talento, [p. 38 modifica]secondo che stima a sè stesso migliore. Dopo qualche tempo, osservando l’insieme, si constata che un certo numero, più o men grande, ha preferito una direzione piuttosto che un’altra, e che la proporzione corrispondente sul totale, se non rimane ulteriormente fissa in assoluto, muta però poco, per gradi, con certa regolarità. — Tal è per un’imagine e in via ordinaria, il fatto statistico generale. — A darne ragione, non è bisogno di sospettare un difetto di libertà; basta soltanto ammettere che gli uomini, comunque liberi, si lasciano però guidare da certi motivi, perfino nelle loro stesse enormità, e non perdere di vista che nella loro somma tali motivi si trovano influiti e determinati dall’insieme delle circostanze e delle relazioni generali, dominanti a un momento dato in società. — A dirla col linguaggio del calcolo delle probabilità, usato pure dal Guerry, finchè non varia in una od altra guisa la composizione dell’urna sociale, ovvero secondo il modo e grado con cui essa viene a variare, è naturale che rimangano invariati, o variino di corrispondenza, anche gli effetti che per una od altra guisa ne dipendono.

Il buon senso anch’esso, come altri ne ha fatto l’osservazione, si attende ad alcunchè di regolare o non troppo facilmente e capricciosamente mutabile nell’andamento ordinario delle cose; tutte le regole comuni della prudenza riposano su questa persuasione, ed ogni norma generale di condotta e di governo sarebbe resa frustranea, ove accadesse che all’arbitrio non fosse posta alcuna misura, e, cosa impossibile, gli effetti collettivi riescissero altrettanto versatili quanto le singole azioni individuali. Il criterio comune collima adunque, così all’indigrosso, coi risultati generali dell’indagine scientifica. Il merito proprio di questa ha consistito, non tanto nel constatare in genere quella [p. 39 modifica]regolarità, quanto nell’assegnarne il grado e la natura. Essa comprova che le mutazioni dell’ordine, esistente a un momento dato, sono in generale assai più lente e difficili di quello che un tempo erasi inclinati a pensare; e che intorno a quel risultato, che può riguardarsi come l’espressione dello stato relativamente normale dell’attualità, le deviazioni particolari obbediscono abitualmente a ciò che Quetelet ha denominato la legge delle cause accidentali9

[p. 40 modifica]

E da ciò nuovamente la competenza del calcolo dei probabili per la rispettiva valutazione ed analisi. Esso interviene a riconoscere il costante nel variabile, il normale nel contingente10. La media essa medesima riceve da ciò la propria significazione per simili casi, esprimendo ella appunto ciò che rimane quale risultato del sistema ordinario delle cause operanti, compensate tutte le eventualità che vengono in vario senso a perturbarlo.

L’eccedere per l’uno o per l’altro in questi varj argomenti, di lor natura assai delicati e non facili a ben definirsi, è cosa del rimanente troppo naturale, perchè si debba pigliarne scandalo. Ond’è altresì che non vorrebbesi esser troppo severi col Guerry, appuntandolo di certa [p. 41 modifica]contraddizione con sè medesimo, laddove, esponendo l’assunto e l’intento proprio delle sue indagini, pretende poter giungere a risultati di un valore assoluto ed universale, e non soltanto applicabili alle presenti condizioni d’Inghilterra e Francia (i due paesi da lui specialmente studiati), non essendovi, com’egli dice, scienza vera di ciò che passa; e non ostante che in altro luogo egli pronunzj che i risultati tengono solo in quanto non si muti la composizione dell’urna sociale, ossia il sistema delle cause operanti a un momento dato in società. — Certo dappertutto dove agisce l’uomo vi è e dev’essere alcunchè di assoluto e costante, che sta sotto al contingente e variabile e lo governa; alcunchè di fisso, quanto la natura umana essa medesima. E non v’ha dubbio che la scienza sarebbe mutilata, e a mala pena potrebbe pretendere questo nome, ove non desse opera incessante a penetrare fino a quell’ultimo sottostrato, su cui tutto riposa e sostentasi. Di già Quetelet ha fatto da lungo tempo intravvedere come in tale ordine di ricerche, dalla semplice statistica di ciò che esiste a un momento dato, si passi a quella più larga e generale disciplina che egli vorrebbe denominata la fisica sociale; dalla legge puramente empirica, ordine di fatto e nulla più, alla legge vera e naturale, espressione degl’immutabili rapporti generali delle cose; e qualche luminoso saggio ha fornito egli stesso del come si possa, se non altro, accostarvisi anche nel campo de’ fatti morali. Io non so, p. es., se nelle indagini di questa fatta esista nulla di più interessante e di più impressivo di quella pagina classica, e spesso ricopiata dappoi, nella quale il Quetelet riassume l’andamento della criminalità relativa secondo le età, e il progressivo risvegliarsi della propensione criminosa, secondo la varia specie del reato; pagina dettata or sono trent’anni e che sembra [p. 42 modifica]la semplice trascrizione dei fatti quali più generalmente succedono anche oggidì11. Nondimeno la meta, a cui intendesi di tal modo aspirare, è ancora per molti rispetti ben lungi ed ardua a raggiungersi, appunto perchè, come pocanzi accennavasi, all’elemento fondamentale della natura umana se ne associano di continuo nell’azione altri e variabili; solo è vero e confortevole che ogni passo dato nella retta via dell’osservazione ci fa avanzare indubbiamente verso di essa; s’indovina già o si sente confusamente il ritmo del cuore che pulsa, se anche non si giunga ancora ad assegnarne con precisione la misura. Riguardo poi a certi fatti, che formano anzi il fondo del presente saggio del Guerry, come la ripartizione territoriale della criminalità nei varj paesi, sta nella natura stessa della cosa che nulla possa esistere di assoluto.

Note

  1. Veggansi del resto le discussioni avvenute in proposito ai congressi internazionali di statistica, e in particolare a quello di Vienna (1857) e di Londra (1860). — Le statistiche dell’Impero austriaco tengono il medesimo ordine.
  2. È notevole che Quetelet, al quale per certo si addice il primo posto fra gli statistici matematici, è però lungi dall’assumere un concetto della statistica che sia esclusivamente matematico. Egli propone il dato numerico dappertutto dove è possibile, senza escludere in assoluto il dato puramente descrittivo. — Fra noi sostenne il punto di vista matematico principalmente il Racciopi. In Germania il Knies propose due scienze: matematica l’una, la statistica, storica l’altra, la Descrizione degli Stati (Staatenkunde); idea combattuta, fra altri, dal Jonak. — Più generalmente, Italia e Germania mostrano prediligere il più ampio concetto storico; Francia, Belgio, Svizzera, Inghilterra, il più preciso, matematico. Alla fine, come in tutte le scienze che hanno vero rigoglio di vita, la controversia sarà decisa dai fatti, vale a dire dal merito comparativo dei risultati. — Ai congressi di statistica la questione teorica fu riservata e messa in disparte, ma si convenne di esigere nei documenti uffiziali soltanto dati numerici, colle necessarie indicazioni per bene comprenderli e valutarli; e ciò pure come una guarentigia d’imparzialità. Nel che conveniva appieno anche il Quetelet.
  3. Il torto grande dell’antica aritmetica politica stava nel voler dedurre da pochi e mal certi dati, ovvero all’appoggio di principii ipotetici o puramente speculativi.
  4. Bernouilli trattava il caso di probabilità costanti; Poisson intese trattar quello di probabilità comunque variabili; caso naturalmente più generale e di lunga mano il più importante per le applicazioni fisiche e sociali. La sua soluzione fu impugnata dal Bienaymè. L’eguale problema, ripreso dal Bienaymè stesso, ha occupato il Cournot, al capo VII della sua Exposition de la théorie des chances et des probabilités (Parigi, 1843).
  5. È noto che la precisione della media si proporziona, non al numero delle osservazioni da cui la media fu dedotta, ma alla radice quadrata del numero stesso, supposte le osservazioni tutte egualmente buone, o, come dicesi, di egual pes. — Quetelet ha messo ripetutamente in rilievo le applicazioni che ottiene questo canone nella statistica. Veggasi in particolare, oltre l’opera sulla probabilità citata in appresso, il saggio De la statistique considérée sous le rapport du physique, du moral et de l’intelligence de l’homme. 1.er Mémoire, Bruxelles, 1860.
  6. Il Guerry, fra i numerosissimi autori da lui citati, introduce anche il nome di Gauss a proposito delle sue Disquisitiones arithmeticae, laddove per la natura dell’argomento avrebbe ancor meglio figurato pe’ suoi lavori sulla probabilità degli errori e la dottrina dei minimi quadrati, da lui esposta nella grande opera Theoria motus corporum in sectionibus conicis solem ambientium (1809), e maggiormente svolta nella Theoria combinationis observationum erroribus minimis obnoxiae (1821-23), e Supplementum theoriae, etc. (1826), memorie comunicate alla Società R. di Gottinga, e pubblicate anche a parte (1823 e 1828, rispettivamente). Se ne ha pure una traduzione francese di J. Bertrand: Méthode des moindres carrés, mémoires sur la combinaison des observations par Ch. Fr. Gauss, Parigi, 1855, coll’aggiunta di quanto ha scritto il Gauss nello stesso argomento. — Il principio fondamentale consiste nel prendere come criterio di approssimazione al valore più probabile delle incognite da determinarsi, non la somma degli errori, ma quella dei quadrati degli errori stessi; scegliendo poi la combinazione che riduce questa somma ad essere un minimo. E da ciò il nome del metodo. Se vi è una sola incognita, il risultato viene appunto a coincidere colla media aritmetica.
  7. Lettres à S. A. R. le Duc regnant de Saxe-Coburg et Gotha sur la théoire des probabilités, appliquée aux sciences morales et politiques, par M. A. Quetelet. Bruxelles, 1846. La parte IV, che comprende le lettere XXXIV e XLVI, è per intero dedicato alla statistica, della quale l’autore ebbe pure ad occuparsi in altri scritti (op. cit. sup.). Bensì egli accenna di avere più propriamente seguito i fenomeni materiali. — Una breve, ma precisa esposizione esemplificata dalla teorica degli errori, desunta dal calcolo delle probabilità giusta i metodi moderni ed applicata alla statistica, si contiene nell’introduzione al Manuale di statistica dell’Impero Austriaco (Handbuch der Statistik des Oest. Kaiserstaats. Vienna, 1852) di Giuseppe Hain. — In complesso però parmi che l’argomento meriterebbe di essere ripreso con più larghe elucidazioni e sviluppi; in particolare una monografia completa delle medie, a livello delle dottrine attuali, e più specialmente adattata alla natura propria dei problemi statistici, potrebb’essere una delle più belle ed utili contribuzioni scientifiche, colmando una lacuna che nella pratica è generalmente sentita.
  8. La tavola dell’istruzione in Francia è costrutta sulla media dell’istruzione (leggere e scrivere) dei coscritti in 22 anni. Il dato essendo di sua natura progressivo, quella media non risponde più all’attualità. Invece essa può servire pei raffronti colla criminalità media del periodo corrispondente. Noto però, per debito d’imparzialità verso l’autore, che nel 1857, a cui si arrestano i suoi dati, quel movimento regressivo della criminalità in Francia non erano ancora ben pronunziato e distinto.
  9. In generale tutto quello che fu dettato a più riprese in tale argomento da codesto insigne scrittore, è forse ancora il meglio che siasene detto. — È singolarmente notevole il passo seguente (Du système social et de lois qui les régissent. Parigi, 1848. L. I, sez. II, c. V, p. 96-97): «Quant au libre arbitre, bien loin de jeter des perturbations dans la série des phénomènes qui s’accomplissent avec cette admirable régularité, il les empêche au contraire, dans ce sens qu’il resserre les limites entre lesquelles se manifestent les variations de nos différents penchants. L’énergie avec laquelle notre libre arbitre tend à paralyser les effets des causes accidentelles, est en quelque sorte en rapport avec l’énergie de notre raison. Quelles que soient les circonstances dans les quelles il se trouve, le sage ne s’écarte que peu de l’ètat moyen dans les quel il croit devoir se resserrer. Ce n’est que chez les hommes entièrement abandonnés à la fougue de leur passions, qu’on voit ces transitions brusques, fidèles reflets de toutes les causes extérieures qui agissent sur eux. Ainsi donc, le libre arbitre, bien loin de porter obstacle à la production régulière des phénomènes sociaux, la favorise au contraire. Un peuple qui ne serait formé que de sages, offrirait annuellement le retour le plus constant des mêmes faits. Ceci peut expliquer ce qui semblait d’abord un paradoxe, c’est-à-dire que les phénomènes sociaux, influencés par le libre arbitre de l’homme, procèdent, d’année en année, avec plus de régularité que les phénomènes purement influencés par des causes matérielles et fortuites.»
    Lo studio fu di recente ripreso da Adolfo Wagner, ed applicato in particolare al suicidio, col proposito di estenderlo anche alla criminalità. Vegg. Die Gesetzmässigkeit in dem scheinbar willkührlichen menschlichen Handlungen vom Standpunkte der Statistik (La regolarità nelle azioni apparentemente arbitrarie dell’uomo, dal punto di vista della statistica). Amburgo, 1864, I, II. L’autore si mostra persuaso che le spiegazioni fornite sieno ancora incomplete, per quanto riguarda la libertà dell’arbitrio. — Una cosa sembra veramente necessaria, ed è lo studio particolareggiato e monografico dei singoli ordini di fatti dal punto di vista delle cause che possono riescire in essi influenti. E per esempio nel suicidio conta talvolta l'imitazione, financo ad accostarsi ad una vera mania, e spesso la causa è puramente patologica, e perciò indipendente da libertà. — Nelle statistiche penali vi è parimenti da far calcolo d’una folla di circostanze specifiche, ecc.
  10. Questo ufficio è sì importante che Cournot ha creduto doverne fare il carattere essenziale della statistica, assunta nella più ampia significazione del vocabolo. «Nous entendrons par statistique la science qui a pour objet de recueillir et de coordonner des faits nombreux dans chaque espèce, de manière à obtenir des rapports numériques sensiblement indépendents des anomalies du hasard, et qui dénotent l’existence des causes régulières, dont l’action s’est combinée avec celle des causes fortuites.» (Op. cit., cap. IX). Egli passa quindi a svolgere, all’appoggio del calcolo dei probabili, il metodo statistico in tutta la sua generalità, e nei capi XV e XVI fa l’applicazione di quel calcolo alla statistica giudiziaria, discutendo i resoconti della giustizia in Francia. Egli perviene a risultamenti (non dirò altro) assai più temperati di quelli de’ precedenti scrittori; e cui piacesse ripigliare a fondo la discussione di un tale argomento, d’allora in poi ben poco frequentato, farebbe bene ad ogni modo di non sorpassare le osservazioni di quel distinto geometra e filosofo.
  11. Op. cit. Lib III, Cap. III, 5. — Quetelet vi tentò pure, in via empirica, una formolazione algebrica della propensione generale al crimine in funzione dell’età.