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teressanti la repressione che vi si riferiscono, sì dal punto di vista de’ reati e degli atti giudiziali, che degli autori (supposti o provati).

II. La penalità, ossia le pene, colla rispettiva classificazione secondo la loro qualità, gravità, effetti legali.

III. La criminalità, sì obbiettiva (reati), che subbiettiva (rei); qui pure colla corrispondente classificazione, presa anch’essa parimenti da un duplice punto di vista, obbiettivo (cioè dell’oggetto offeso, p. es., le persone, la proprietà, le pubbliche istituzioni), e subbiettivo (della causa movente, per es., cupidigia, violenza o malizia, movente politico ecc., con quelle maggiori specificazioni che possono introdursi rispetto ai motivi di alcuni crimini, come sarebbero gli attentati alla vita, sì minutamente analizzati dal Guerry).

IV. Le circostanze (cause o relazioni influenti nella criminalità), esse pure esterne ed obbiettive (p. es., la varia stagione dell’anno, carestie, crisi, ecc.), ovvero interne, personali, subbiettive, come il sesso, l’età, la professione ed occupazione, la sostanza, l’istruzione, la religione, la nazionalità, ecc., e quella sì interessante della recidività. — Vi è naturalmente una criminalità relativa e specifica per ciascuno di questi elementi e loro differenti combinazioni, e in riguardo a ciascuna specie di crimine in particolare.

V. Per ultimo anche la statistica dei luoghi di pena può considerarsi come un’appendice, se non anche come una parte integrante, della statistica penale in genere.

Farei altresì l’avvertenza generale che la criminalità essa medesima non può assumersi integralmente quale espressione di moralità nel senso proprio di costume morale. Essa riflette energicamente l’insieme delle condizioni