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che incontransi errori e variazioni accidentali, qualunque poi sia l’ordine dei fatti di cui trattasi, entra per sua naturale competenza anche il calcolo delle probabilità. Si può farne un uso più o men largo, secondo la natura propria del caso; si può eventualmente eccedere ed abusarne; se ne abusò spesso per vario modo e grossamente (oggi peraltro assai meno); ma non può contendersi in via di massima la legittimità del suo intervento, e spesso è assolutamente indispensabile avervi ricorso. Non sempre il criterio inerme è bastevole, e vuolsi saper all’uopo usare anche qui dell’arma poderosa e precisa del calcolo. Molti fra coloro che ne temono e vi si rifiutano con ostinata riluttanza, sarebbero per avventura maravigliati, se di fronte agli errori, pur gravissimi, cagionati per l’una parte dall’abuso, venissero (come se ne avrebbero il diritto) a contrapporsi quelli che quotidianamente provengono dalla ignoranza. — Abbiasi intera la scienza, pur rendendola il più possibile veridica e pratica.
Lascio qualche altra osservazione parziale che potrebbesi fare, e vengo ad altro punto di più generale importanza e già avvertito più sopra. — Come si disse, il Guerry sarebbe stato assolutamente fra i primi, insieme al Quetelet, a porre in evidenza quella regolarità e costanza relativa che si appalesa nei fatti dell’ordine morale, anche i più dipendenti da libertà di arbitrio, allorchè si considerano in una numerosa popolazione collettivamente, anzichè in singoli individui o gruppi poco numerosi. Il risultato è tale che anche quando già si conosce da lungo tempo, e si è in certa guisa dimestici con esso, non lascia di fare sull’animo una singolare impressione. — Vi è un tributo, diceva Quetelet, che si paga con una puntualità ancor maggiore di quello che l’uomo deve alla sua natura ed al tesoro dello