Quando il dormente si sveglierà/XII. Ostrog
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Traduzione dall'inglese di Anonimo (1907)
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Capitolo XII.
Ostrog.
Ora Graham si rendeva conto più esatto della sua posizione sebbene il pensiero di lui continuasse a lungo ad almanaccare, ma dopo la sua conversazione col vecchio, era giunto a questa conclusione evidente: coloro che erano a capo della rivolta erano ammirabilmente riusciti a nascondere la sua fuga, mentre ad ogni istante s’aspettava di ricevere l’annunzio della sua condanna a morte o della sua cattura per opera del Consiglio. In quel momento un uomo si fermò dinanzi a lui.
— La sapete la notizia? — domandò.
— No, — rispose Graham trasalendo.
— Vi è quasi una «dozanda», una dozanda di combattenti!
E l’uomo seguitò la sua strada.
Una truppa d’insorti accompagnati da una fanciulla, passarono nelle tenebre, gesticolando e gridando:
— Capitolati!... Vinti!... Una dozanda.... Due dozande d’uomini.
Le grida si dileguarono, divennero indistinte: altre truppe passarono urlando a squarciagola.... Alcune parole giungendo all’orecchio di Graham, attirarono la sua attenzione ed egli si chiese se tutti quegli esseri parlassero la stessa lingua: pareva che quelle frasi fossero pronunziate in una specie di gergo, in un negro bastardo, ed erano frasi tronche, sfigurate e confuse. Egli non osava fermar la gente per chiedere spiegazioni: l’impressione che il popolo produceva su di lui si opponeva alle idee che si era fatto prima ancora che cominciasse’ la lotta e confermava la fiducia che il vecchio aveva in Ostrog.
Egli non giunse che molto lentamente a capire quanto quei matti si rallegrassero della disfatta del Consiglio, e quanto quel Consiglio che l’aveva perseguitato con tanta ostinazione e con tanto- vigore, fosse insomma il più debole fra i due partiti in lotta. Se le cose stavano così, quali conseguenze dovrebbe egli subire? Con una certa esitazione egli rivolgeva a sè stesso parecchie domande fondamentali e una Volta deviò dalla propria strada, per seguire un omettino grasso e tondo, dall’aspetto simpatico, allo scopo di rivolgergli la parola, ma non ne ebbe il coraggio. Alla fine gli venne in mente di informarsi sulla strada che conduceva agli uffici dei «Motori a vento» sebbene non sapesse che cosa fossero tali motori. Alla Sua prima, domanda gli fu risposto di seguitare la strada verso Westminster: alla seconda gli fu indicato una scorciatoia fatta proprio per smarrirsi. Finalmente gli fu consigliato di lasciare quelle strade nelle quali si era fino ancora inoltrato, non conoscendo altre vie Idi comunicazione, e di prendere, scendendo dalle scale centrali una via trasversale, immersa nell’oscurità. In quel tempo gli capitarono alcune piccole avventure: prima di tutto l’incontro ambiguo di un essere che non poteva distinguere, che parlava, con voce rude, un dialetto barocco, e che sul principio gli sembrò una lingua straniera: era un insieme complicato di sillabe, quasi un resto di parole inglesi, senza dubbio il gergo dei ragazzi della strada. Poi un’altra voce si avvicinò cantando: tralalà, tralalà; una voce di fanciulla che si mise a discorrere con Graham: il suo modo di parlare somigliava molto al primo. Essa dichiarò di aver perduto sua sorella, e si mise a ridere, — senza nessuna ragione, — secondo lui, quindi inciampò, cadde addosso a Graham, attaccandoglisi al collo; ma alcune parole di rimprovero la fecero improvvisamente sparire. Intanto il rumore aumentava intorno a lui: passavan delle persone, s’incontravano, si avvicinavano, discutevano con grande animazione.
— Si sono arresi.
— Il Consiglio? Certo, non il Consiglio!
— Lo dicono! per le strade.
Ora si passava più facilmente: ed in pochi minuti Graham giunse all’estremità del muro. Davanti a sè si apriva uno spazio grandissimo in cui si agitavano degli insorti; e ad ima persona qualunque domandò quale strada dovesse percorrere.
— Attraversate in linea retta! — rispose una voce di donna.
Abbandonò il muro che l’aveva guidato fino allora, e un momento dopo inciampò in ima piccola tavola su cui stavano degli utensili di cristallo. Agli occhi di Graham abituati adesso all’oscurità, si offrì una lunga prospettiva, dove, in una luce pallida, si distinguevano vagamente altre tavole da cui si udiva un rumore di piatti, segno evidente che là si doveva mangiare. Vi erano dunque delle persone abbastanza calme per poter mangiare in un tal momento, o abbastanza audaci per appropriarsi delle vettovaglie, favoriti da quella rivoluzione sociale e dalle tenebre.
Entrò in una galleria: due fanciulline singhiozzavano in preda allo spavento rannicchiate contro una balaustra: al rumore de’ suoi passi esse si chetarono ma appena si fu allontanato, ricominciarono a singhiozzare. In breve giunse a’ piedi di una scala: ne salì gli scalini che mettevano in una strada in cui le piattaforme erano ferme. Una truppa di insorti la percorrevano urlando, con voci false e dissonanti, alcuni brani di un canto rivoluzionario. Di nuovo si fece indicare quale strada dovesse percorrere, ma due Volte il medesimo gergo lo gettò nel più grande imbarazzo. Il suo terzo tentativo gli procurò una risposta che potè comprendere: si trovava a due miglia da Westminster; e quando finalmente si avvicinò agli uffici di cui andava in traccia, gli parve, dalle acclamazioni della folla, dal tumulto di allegria, e infine dalla luce che fu resa alla Città, che la caduta del Consiglio dovesse essere ormai un fatto compiuto. E da nessuna parte udiva parlare della propria scomparsa.
La Città tornò ad illuminarsi con una velocità sorprendente: ad un tratto egli rimaste abbagliato; e attorno a lui si eran fermati alcuni uomini, anch’essi abbagliati: pareva che tutto quel luogo divenisse incandescente. La luce li colse vicino alla folla sovreccitata che ingombrava le strade in prossimità agli uffici dei Motori a vento, e l’idea di essere adesso esposto a tutti quegli sguardi, cambiò in una Viva ansietà la sua vaga intenzione di raggiungere Ostrog. Si trovò confuso, imbrogliato, in mezzo ad alcuni uomini resi stanchi e fiochi a forza di aver gridato il suo nome: qualcuno aveva delle cicatrici e delle ferite sanguinanti, per aver difeso la sua causa. Sulla facciata degli uffici fiammeggiavano dei quadri mobili, ma malgrado i suoi vigorosi tentativi, non potè veder nulla perchè la folla gl’impediva di avvicinarsi.
Da alcuni brani di conversazione egli giudicò che tali trasparenti dessero le ultime notizie dell’assedio: del palazzo in cui si era rifugiato il Consiglio.
L’ignoranza e l’indecisione rendevano lenti e impotenti i suoi gesti. Egli chiedeva a sè stesso come avrebbe fatto a penetrare dietro a quella facciata ininterrotta: a poco a poco, tenacemente, si aprì una strada in mezzo alla folla fino a quando si accorse che la scala che partiva dalla via centrale conduceva nell’interno degli edifizii. Persistette in quella direzione, ma la folla era così fitta che gli ci volle molto tempo prima di poter entrare in quell’edifizio. Colà giunto, mille contrasti gli impedirono di raggiungere il suo scopo, tanto che passò un’ora a discutere e a parlamentare in una serie di sale d’aspetto, prima di riuscire a far portare un biglietto a colui che fra tutti gli altri aveva maggior desiderio di vedere. Dapprima la sua storia era stata accolta da risate e da canzonature, perciò, divenuto più savio da quell’esperienza, finì col dichiarar semplicemente, quando lo fermarono ancora, che aveva una notizia di un’importanza estrema da comunicare a Ostrog, rifiutando energicamente di spiegarsi di più.
Dopo esser riuscito a far passare un biglietto che non fu mandato senza una certa ripugnanza, Graham fu relegato in una piccola stanza, in fondo all’ascensore, e, dopo una lunga attesa, scese finalmente Lincoln che si fermò sulla porta a guardarlo, quindi si slanciò su di lui, profondendosi in grandi effusioni e in scuse.
— Sì! — esclamò. — Siete voi? E non siete morto?
Graham gli fornì qualche breve spiegazione.
— Mio fratello vi aspetta, — dichiarò Lincoln. — È solo in ufficio. Noi avevamo paura che foste rimasto ucciso in teatro. — Egli era molto imbarazzato. — La situazione è sempre pericolosa malgrado quella che noi diciamo.... altrimenti egli sarebbe venuto ad incontrarvi....
Salirono nell’ascensore e giunsero così in. una stanza relativamente piccola, ammobigliata unicamente da un. lungo sofà e da un gran disco ovale di un grigio nebbioso e cangiante, sospeso al muro con delle corde. Là Lincoln lasciò Graham che, rimasto solo, esaminò senza capirle le forme mobili e incerte che lentemente si disegnavano su quel disco. La sua attenzione fu distratta da uno schiamazzare improvviso: e riconobbe quello strepito, quell’esultanza frenetica di una folla immensa, ma molto lontana, un’esultazione rumorosa che finì bruscamente come era incominciata, simile a un rumore percepito a traverso una porta socchiusa. Nella stanza adiacente si udivano dei passi affrettati, e uno scricchiolar melodioso come una catena allentata fatta scorrere sui denti di una ruota. Poi un fruscio di abiti che non, riusciva a vedere e la voce di una donna che diceva:
— Ecco Ostrog!
Al risuonar di una campana tutto tornò nuovamente in silenzio; ma in breve si udirono di fuori delle voci, un va e vieni confuso: solo il rumore di un passo che si avvicinava, si distinse fra gli altri; un passo uguale e fermo. La tenda si sollevo adagio adagio: un uomo alto, da’ capelli bianchi, vestito di tela crema si mise a guardare tenendo un braccio alzato: per un momento stette fermo sostenendo la tenda, poi la lasciò ricadere dietro a sè.
Quei pochi secondi permisero a Graham di esaminar rapidamente quell’uomo e vide una fronte amplissima, due occhi di un azzurro pallido, profondamente infossati sotto bianche sopracciglia: un naso aquilino e una bocca risoluta dalle forti linee. Le rughe visibili attorno agli occhi, gli angoli cadenti della bocca, contrastavano colla bella presenza, col portamento altero di quell’uomo e indicavano chiaramente la sua schiettezza.
Graham si alzò istintivamente e per un momento i due uomini rimasero in piedi, in silenzio, osservandosi l’uno coll’altro.
— Voi siete Ostrog? — disse Graham
— Sono Ostrog.
— Il gran conduttore?
— Così mi chiamano.
Graham provava un certo imbarazzo a parlare.
— So, — aggiunse, — che la mia sicurezza la debbo a voi in principal modo.
— Noi avevamo paura o che vi uccidessero, — rispose Ostrog, — o che vi facessero tornare a dormire.... per sempre.... e abbiamo fatto di tutto per tener celato il nostro segreto.... il segreto della vostra fuga. Dov’eravate? Come avete fatto a venir qui? Graham glielo raccontò brevemente. Ostrog ascoltava in silenzio, sorridendo.
— Sapete il piano che avevo fatto quando mi son venuti a dire che eravate qui?
— Come volete che faccia a indovinarlo?
— Preparavo il vostro spettro.
— Il mio spettro?
— Sì: un uomo che vi rassolmigliasse il più possibile: che avremmo ipnotizzato per evitargli le difficoltà della sua parte. Ciò era inevitabile. La rivoluzione non può esistere se il popolo non è convinto che voi siete con noi sveglio e vivo. In questo stesso momento una gran folla è riunita pel teatro reclamandovi ad alte grida. Non si fidano di noi.... Voi sapete naturalmente qualche cosa sulla vostra posizione?
— Pochissimo.
— Ecco come stanno le cose....
Ostrog si allontanò, di alcuni passi, quindi ritornando:
— Voi siete possessore assoluto — incominciò — di più della metà del mondo, per conseguenza voi siete praticamente il re. I vostri poteri sono limitati in mille maniere molto complicate, ma voi siete la più alta personificazione, il simbolo popolare del governo. Quel Consiglio di uomini vestiti di bianco, quel Consiglio di Commissari, come usiamo chiamarlo....
— Mi hanno vagamente spiegato queste cose.
— Io mi domando in qual modo....
— Ho incontrato un Vecchio molto loquace.
— Capisco.... Le nostre masse.... questa parola risale ai vostri tempi, e voi capirete che colla parola conserviamo sempre la cosa.... le nostre masse dunque vi considerano come il vero governatore, precisamente come un gran numero di persone della vostra epoca confondevano la corona col potere. In tutto il mondo, le masse sono scontante de’ nostri commissari, del modo con cui governano. In generale ciò è l’antico pregiudizio, l’antica questione del disgraziato contro la propria miseria, la miseria del lavoro, della disciplina e dell’incapacità. Ma i vostri commissari sono stati realmente inetti poichè in certi casi, per esempio nell’amministrazione delle Compagnie. del Lavoro, essi hanno addotto ulna quantità di pretesti.... Di già, noi altri del partito popolare avevamo fomentato l’agitazione per ottenere alcune riforme.... al momento in cui vi siete destato. Il momento non poteva esser più opportuno, anche se l’avessimo scelto apposta. — E pronunziando tali parole sorrise enigmaticamente. — Lo spirito pubblico, senza tener conto dei vostri anni di riposo, aveva già pensato a svegliarvi e a contar su di voi, e poi, crac....
Indicò colla mano quel disordine popolare, e Graham scosse la testa per far vedere che aveva capito.
— Il Consiglio s’è imbrogliato, ha questionato; non ha fatto altro e non è giunto mai a decidere ciò che doveva fare di voi! Sapete in qual modo vi hanno imprigionato?
— Lo so.... lo so.... ed ora.... possiamo cantar vittoria?
— Sì: dopo cinque rapide ore. Improvvisamente abbiamo colpito dappertutto e in una volta: gli impiegati dei Motori a vento, la Compagnia del Lavoro co’ suoi milioni di individui, tutti ruppero le dighe. Noi avevamo messo le mani addosso agli aereonati....
Qui s’interruppe.
— Sì, — disse Graham indovinando che aereonato voleva significare la macchina volante.
— Quella era naturalmente una precauzione essenziale. Senza di ciò essi avrebbero potuto fuggire: tutta la città si sollevò, quasi i due terzi della popolazione, tutti gli azzurri, tutti quelli del servizio pubblico, salvo alcuni aereonati, e circa la metà della Polizia Rossa. Tutti si occuparono per liberarvi: la loro polizia delle strade, di cui una debole parte era ammassata al Palazzo del Consiglio, è stata dispersa, disarmata o uccisa. La città intera è ora in nostro potere: non c’è che il Palazzo del Consiglio che resista ancora. La metà della Polizia Rossa è perita in quella carica insensata, tentata per riacchiapparvi. Essi persero la testa quando seppero che eravate fuggito e lanciarono tutte le loro forze contro il teatro. Allora noi abbiamo loro impedito la ritirata: in verità fu una gran serata vittoriosa quella! Dappertutto ha brillato la vostra stella: soltanto ventiquattr’ore fa il Consiglio dagli uomini vestiti di bianco governava come ha governato durante una intera grossa di anni, dà un secolo e mezzo; poi, dopo poche parole sussurrate a bassa voce, dopo che. un numero di persone si sono armate qua e là.... ad un tratto.... tutto è finito.
— Io sono molto ignorante, — disse Graham — Suppongo.... Non capisco molto bene le condizioni di una tal lotta. Se voi poteste spiegarmi.... Dov’è il Consiglio ora? A che punto è la battaglia?
Ostrog attraversò, la stanza; si udì uno scricchiolio, e improvvisamente, tolta un’apertura ovale che rimase illuminata, furono avvolti nell’oscurità. Graham rimase momentaneamente stordito. Il disco grigio, nebbioso, aveva assunto una certa profondità e un certo colore, e offriva l’apparenza di una finestra ovale che si apriva sopra una scena strana.
Alla prima occhiata gli fu però impossibile d’indovinare ciò che potesse significare quello spettacolo. Era un paesaggio d’inverno in una giornata grigia e chiara. A traverso quel quadro, e precisamente a mezza distanza fra gli spettatori e il punto visibile più lontano, ima grossa corda bianca, fatta di fili di metallo intrecciati, tagliava verticalmente in due parti quella prospettiva.
Le file delle grandi ruote a vento che Graham vedeva su quel quadro, i vasti intervalli, gli abissi profondi che si spalancavano qua e là, erano identici a quelli che egli aveva veduto nella sua fuga dal Palazzo del Consiglio. E vide sfilar davanti a sè, in bell’ordine, un gran numero di uomini Vestiti di rosso che attraversavano uno spazio libero, fra due file di altri uomini vestiti di nero, e capì, prima ancora che Ostrog gli avesse parlato, di dover contemplare la superficie superiore della Città. La neve della notte era scomparsa, egli pensò che quel quadro fosse qualche perfezionamento moderno della camera oscura mia non gli fu data alcuna spiegazione. Per quanto quella truppa di uomini vestiti di rosso si avanzasse da sinistra a destra, pur tuttavia passava al di fuori del quadro a sinistra: Graham rimase per un momento maravigliato, quindi constatò che quella scena scorreva lentamente come un panorama a traverso quello specchio ovale.
— Fra un istante vedrete la battaglia, — disse Ostrog avvicinandosi a lui. — Questi uomini dall’abito rosso sono i nostri prigionieri: e questa è la superficie dei tetti di Londra.... gli edifizi formano una massa continua ora; le strade e le piazze pubbliche sono coperte: i vuoti, gl’intervalli del vostro tempo, non esistono più.
Qualche cosa che non si trovava a posto e la cui forma indicava un uomo; nascose per metà quel panorama.
Un lampo metallico, un bagliore accecante attraversò l’ovale, che riapparve chiaro poco dopo.
Così Graham potè scorgere alcuni uomini che correvano fra le ali delle macchine a vento, puntando le armi da cui scaturiva del fumo misto ad una luce viva e breve. La loro truppa aumentava sempre più verso la destra: e tutti gesticolavano, forse emettevano grida, ma quel quadro non dava alcuna indicazione su questo punto. In tal modo passarono, come le ali della macchina, ad un’andatura lenta e regolare, a traverso il campo dello specchio.
— Ora viene il Palazzo del Consiglio, — disse Ostrog.
E a poco a poco una striscia nera attrasse l’attenzione di Graham: in breve però non si trattò più di una striscia nera, ma di una cavità, di un enorme spazio nerastro, fra il gruppo degli edifizi, da cui sottili spirali di fumo si elevavano in quel pallido cielo d’inverno. La massa degli edifizi, distrutta, crollante, in una confusione di enormi travi e di colonne troncate, si elevava lugubre in quell’oscurità cavernosa. E sulle vestigia di quello splendido palazzo; una folla incalcolabile d’uomini, piccolissimi, si arrampicava, saltava, gridava.
— Ecco il Palazzo del Consiglio: la loro ultima fortezza, — dichiarò Ostrog. — Imbecillii Facevano saltare tutti gli edifizi intorno a loro.... e nella speranza d’impedire il nostro attacco, hanno sciupato una quantità di munizioni sufficiente per resistere un mese. Avete udito l’esplosione? La metà dei vetri della città sono stati fracassati.
Mentre egli parlava, Graham vedeva al disopra di tali rovine, un edifizio bianco, enorme e devastato che pendeva e si elevava ad una grande altezza. Quella massa era rimasta isolata dall’implacabile distruzione degli edifici da cui era circondata: nel luogo delle gallerie travolte dal disastro, si aprivano grandi aperture nere: Vaste sale dalle pareti rovinate, mostravano lugubremente le loro sfarzose decorazioni, e lungo le mura screpolate pendevano festoni di canapi strappati dalle estremità attortigliate, di corde e di fusti metallici.
In mezzo ad un tale ammasso si vedevano muoversi piccole macchie rosse: erano i difensori del Consiglio. Ad ogni momento, deboli e lievi sprazzi di luce, illuminavano quelle ombre desolate. A prima vista parve a Graham che un attacco fosse diretto contro quel bianco edifizio: pur nonostante parve a lui che gli insorti non si inoltrassero ma che riparati da quella colossale distruzione, si trascinassero senza posa. Mentre quell’episodio di guerra si svolgeva in silenzio nel centro dello specchio, Ostrog si mise a descrivere al suo compagno, con frasi concise, in qual modo gli assediati avessero cercato di isolarsi nel timore di un assalto. Egli parlava con grande indifferenza della perdita d’uomini prodotta da una tale catastrofe e indicava un cimitero improvvisato in cui in certo punto, o mostrava alcune ambulanze che formicolavano lungo quel solco pieno di rovine, che un tempo conduceva ad alcune strade mobili.
Manifestò maggior interesse indicando le diverse parti del Palazzo del Consiglio, e le disposizioni degli assedianti; in capo a pochi minuti la guerra civile che aveva sconvolto tutta Londra, non fu più un mistero per Graham. Non era la rivolta tumultuosa scoppiata il giorno prima, nè una battaglia tra forze uguali: era un colpo di stato splendidamente organizzato. Ostrog aveva in modo maraviglioso preveduto tutti i dettagli, pareva che egli sapesse qual parte dovesse avere l’infimo di quegli uomini vestiti di nero o di rosso che si trascinavano in mezzo a quelle macerie.
A traverso quel quadro luminoso egli stese un enorme braccio nero mostrando la stanza nella quale Graham si era salvato e indicando, in mezzo a tutte quelle rovine, la strada che aveva percorso nella sua fuga.
Graham riconobbe l’abisso che oltrepassava la grondaia e i motori a vento presso i quali si era rifugiato per evitar la macchina volante. Il resto della sua strada era stato distrutto dall’esplosione. Guardò ancora il Palazzo del Consiglio già seminascosto sullo specchio; a destra, il fianco di una collina si perdeva lentamente con un gruppo di cupole e di torri, nebbioso, confuso, lontano.
— E il Consiglio è realmente rovesciato?
— Rovesciato, — affermò Ostrog.
— Ed io.... è proprio certo che io....
— Voi siete il padrone del mondo.
— Ma quella bandiera bianca....
— È la bandiera del Consiglio.... la bandiera della dominazione del mondo. Ora cadrà: la battaglia è finita: l’attacco contro il teatro è stato il loro sforzo supremo. Essi non hanno più che un migliaio di uomini, una parte dei quali è pronta a passare nelle nostre file. Essi hanno poche munizioni e noi facciamo rivivere le antiche arti: noi facciamo fondere i cannoni.
— Ma questa Città è forse tutto il mondo?
— Praticamente ciò è tutto quello che riman loro dell’antico impero. Le città lontane di qui, o si son rivoltate con noi, o aspettano un provvedimento. Il vostro risveglio le ha rese perplesse: le ha paralizzate.
— Ma il Consiglio non possiede macchine volanti? Perchè non se ne serve per combattere?
— Ne avevano, è vero; ma la maggior parte degli aeronati erano con noi per la rivolta. Senza voler correre il rischio di combattere dada nostra parte, essi non volevano nondimeno esserci ostili e gli altri lo sapevano. Il Consiglio non ha potuto disporre che di una sola macchina per inseguirvi quando foste fatto scappare, e, un’ora fa, abbiamo giustiziato l’aereonato che ha tirato su di voi. Fin da principio abbiamo messo le mani sugli scali e le rimesse delle macchine volanti, in tutte le città dove è stato possibile e in tal modo abbiamo fermato e catturato gli aeropiani. In quanto alle piccole macchine volanti che si sono mostrate, giacchè qualcuna l’ha osato, abbiamo diretto contro di esse un fuoco troppo serrato e troppo forte perchè abbiano potuto avvicinarsi al Palazzo del Consiglio. Se esse avessero approdato, non avrebbero potuto poi tornare a slanciarsi perchè la natura del luogo non lo permetteva affatto. Noi ne abbiamo distrutte parecchie: parecchie si sono arrese: le altre sono partite verso il continente per cercare una città amica se pure la possono trovare, avanti che si estingua il loro combustibile. Molti di quegli aeronati furono contenti di esser fatti prigionieri e di sentirsi in tal modo al sicuro. Capitolare con una macchina volante, non è mia prospettiva molto attraente.... e da questo lato, nessuna fortuna per il Consiglio: egli ha fatto il suo tempo.
Rise e si voltò di nuovo verso lo specchio ovale per mostrare a Graham ciò che intendeva per scali e per rimesse di macchine volanti. Le quattro più prossime apparivano lontane e scure a causa della nebbia mattutina, ma Graham potè rendersi conto che erano costruzioni dalle dimensioni molto vaste paragonandole alle altre da cui eran circondate.
In seguito, al momento in cui gli imbarcaderi passavano a sinistra, Graham potè veder di nuovo lo spazio libero attraversato dagli uomini vestiti di rosso, disarmati, quindi le nere rovine e la bianca fortezza del palazzo assediato che non aveva più l’aspetto di un lugubre edifizio, ma splendeva invece come l’ambra al sole, giacchè nessuna nebbia l’oscurava più. All’intorno, la lotta dei pigmei era Sempre sospesa ma i rossi difensori avevan cessato di far fuoco.
Così in quel silenzio e in quella calma crepuscolare, l’uomo del XIX secolo assistè alla scena finale della grande rivolta e vide stabilire il suo dominio colla forza: scuoprì trasalendo, che quel mondo stava per diventar suo e non l’altro che si era lasciato dietro: che quello non era uno spettacolo destinato a sparire dopo aver colpito il suo parossismo: che l’esistenza che gli rimaneva ancora avrebbe dovuto scorrerla in quel mondo, con tutti i doveri, i pericoli e le responsabilità. Nuove domande s’imposero alla sua mente alle quali Ostrog s’accingeva a rispondere, ma s’interruppe bruscamente.
— Queste cose ve le spiegherò meglio in seguito. Ora abbiamo.... delle occupazioni più urgenti: il popolo arriva Verso questo quartiere da ogni punto della città.... I mercati e i teatri sono affollati.... Voi siete venuto proprio a tempo: essi vi reclamano in coro gridando e dappertutto vogliono vedervi; a Parigi, a New York, a Chicago, a Denver, a Capri.... Migliaia di città si son sollevate, tumultuose, irresolute, ed esigono di vedervi. Da tanti anni si va gridando che è necessario risvegliarvi, ed ora, che ciò è un fatto compiuto, rifiutano di crederlo.
— Ma, pur nonostante.... io non posso! andare....
Ostrog rispose dall’altra parte della sala, e sul disco ovale il quadro impallidì e poi svanì del tutto, mentre la luce invadeva di nuovo, improvvisamente, quella stanza.
— Noi abbiamo il «cinetotelefotografo;», — disse. — Dal mondo intero, e simultaneamente, miriadi e miriadi di persone addensate e immobili in oscuri anfiteatri, vedranno voi salutare, salutare il popolo.... e udrete le loro grida che rinforzeranno le grida del vostro uditorio immediato.... V’ha un mezzo ottico da noi usato, — continuò Ostrog, — un metodo di cui si servono le mime, gli acrobati e le ballerine. Ciò vi sembra affatto nuovo, non è vero? Voi rimarrete avvolto in una vivida luce ma non sarete veduto, soltanto un’immagine della vostra persona sarà proiettata su un parafuoco di modo che là un individuo lontano situato nella galleria più distante, potrà, se vuole, contare le vostre ciglia.
Graham lanciò disperatamente una delle domande che da tanto tempo gli saltavano in mente.
— Qual’è la popolazione della città? — chiese ad Ostrog.
— Ventotto miriadi.
— Come?
— Più di trenta milioni.
Tal cifra oltrepassava l’immaginazione di Graham.
— Voi sarete obbligato di rivolger loro alcune parole, — riprese Ostrog. — Non un’arringa, come dite voi, e nemmeno un discorso, ma ciò che noi denominiamo un «dire», niente altro che una frase; sei o sette parole.... qualche cosa di preciso.... per esempio: «Io mi sono svegliato e il mio cuore è con voi».
Ecco ciò che vuole il popolo.
— Niente altro che questo? — domandò Graham.
— «Io mi sono svegliato, e il mio cuore è con voi». Quindi v’inchinerete regalmente. Ma prima di tutto, bisogna che abbiate un mantello nero, poiché il nero è il vostro colore.... Ciò non v’importa, è vero? Finalmente tutti si disperderanno e torneranno alle loro case.
Graham esitava.
— Sono nelle vostre mani, — disse.
Ostrog era visibilmente di quel parere: e dopo aver riflettuto si voltò dalla parte della tenda e dette ordini brevi a servitori invisibili. Quasi immediatamente fu portato un mantello nero, uguale a quello che Graham aveva indossato al teatro) e mentre egli se lo gettava sulle spalle si udì nella camera adiacente il tintinnio acutissimo di una campana. Ostrog si voltò con aria interrogativa verso un domestico, quindi, improvvisamente parve cambiar di pensiero, sollevò la tenda e sparì.
Per un momento Graham rimase solo col servitore, pieno di curiosità deferente, mentre Ostrog si allontanava. AI di fuori si udiva un lieve scambio di domande e di risposte, e dei passi affrettati. Di nuovo la tenda si sollevò per far passare Ostrog sulla cui grossa faccia si leggeva un’eccitazione straordinaria. Con un salto attraversò la stanza; prese un piccolo apparecchio, lo girò facendo un leggero scricchiolìo, e la camera rimase nelle tenebre: allora s’impadronì del braccio di Graham e gl’indicò lo specchio.
— Nei momento stesso in cui volgevamo le spalle, — disse laconicamente Ostrog.
Il suo indice nero e colossale indicava la sommità del Palazzo del Consiglio. Graham guardava senza capire, quindi si accorse che l’asta che sorreggeva la bandiera bianca era spoglia.
— Che cosa significa? — incominciò.
— Il Consiglio ha capitolato. Il suo regno è finito per sempre. Guardate.
E Ostrog gli mostrava un rotolo nero che saliva a piccoli sbalzi lungo l’asta e si spiegava gradatamente.
In quel momento, sollevando la tenda, entrò Lincoln e il quadro si scolorò.
— Essi s’impazientiscono, — disse.
Ostrog teneva sempre il braccio di Graham.
— Noi abbiamo indotto il popolo a rivoltarsi, — fece egli, — noi gli abbiamo dato le armi: per oggi almeno la sua volontà dev’essere sovrana....
Lincoln sollevò la tenda per lasciar passare il Maestro e il Gran Conduttore. Lungo la strada in direzione dei mercati, Graham intravvide alla sfuggita una sala dalle bianche mura, lunga e stretta, nella quale alcuni uomini vestiti della solita tela azzurra, trasportavano alcune cose coperte, simili a bare e in cui altri uomini che indossavano la rossa uniforme dei dottori correvano qua e là con gran fretta.
Da quella sala uscivano gemiti e grida di dolore: Graham scorse un letto vuoto macchiato di sangue, e alcuni uomini insanguinati avvolti in lenzuoli, distesi su altri letti. Ma egli non potè dare che una rapida occhiata a tutto ciò, il tempo necessario per attraversare una galleria.... poi, ima trave intercettò tale spettacolo, ed essi continuarono la loro strada verso i mercati.
Intanto il rumore della folla si avvicinava, ingrossava, simile al rombo d’un tuono: un ondeggiamento di bandiere nere e azzurre; dei cenci agitati in aria, attrassero la sua attenzione e l’immenso teatro pieno di un formicolio umano, si offrì alla sua vista, in cima a un lungo passaggio, vicino ai mercati pubblici.
Era il gran teatro in cui Graham aveva già fatto una prima apparizione, il teatro nel quale egli aveva assistito a tutto un giuoco di luce e di tenebre, nella sua fuga davanti alla Polizia Rossa. Questa volta vi arrivò da una galleria situata a un livello molto elevato sopra allo scenario. La sala era splendidamente illuminata: tentò di vedere il corridoio dal quale era fuggito, ma non potè distinguerlo poichè ve ne erano tanti altri uguali: non vide più nè le sedie sfondate, nè i cuscini rovinati, nè altre traccie di combattimento, tanto fitta era la folla: solo il proscenio rimaneva libero. Dall’alto pareva una Vasta arena picchettata di punti rosei, di cui ciascuno era una faccia umana rivolta verso di lui, e quando egli comparve insieme ad Ostrog, le grida e i canti cessarono: un interesse comune calmò quel disordine. Ciascuna unità di quella moltitudine, contemplava il «Maestro».