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Ostrog 157

dovinare ciò che potesse significare quello spettacolo. Era un paesaggio d’inverno in una giornata grigia e chiara. A traverso quel quadro, e precisamente a mezza distanza fra gli spettatori e il punto visibile più lontano, ima grossa corda bianca, fatta di fili di metallo intrecciati, tagliava verticalmente in due parti quella prospettiva.

Le file delle grandi ruote a vento che Graham vedeva su quel quadro, i vasti intervalli, gli abissi profondi che si spalancavano qua e là, erano identici a quelli che egli aveva veduto nella sua fuga dal Palazzo del Consiglio. E vide sfilar davanti a sè, in bell’ordine, un gran numero di uomini Vestiti di rosso che attraversavano uno spazio libero, fra due file di altri uomini vestiti di nero, e capì, prima ancora che Ostrog gli avesse parlato, di dover contemplare la superficie superiore della Città. La neve della notte era scomparsa, egli pensò che quel quadro fosse qualche perfezionamento moderno della camera oscura mia non gli fu data alcuna spiegazione. Per quanto quella truppa di uomini vestiti di rosso si avanzasse da sinistra a destra, pur tuttavia passava al di fuori del quadro a sinistra: Graham rimase per un momento maravigliato, quindi constatò che quella scena scorreva lentamente come un panorama a traverso quello specchio ovale.

— Fra un istante vedrete la battaglia, — disse Ostrog avvicinandosi a lui. — Questi uomini dall’abito rosso sono i nostri prigionieri: e questa è la superficie dei tetti di Londra.... gli edifizi formano una massa continua ora; le strade e le piazze pubbliche sono coperte: i vuoti, gl’intervalli del vostro tempo, non esistono più.