Quando il dormente si sveglierà/VI. Il “hall„ dell'Atlante

VI. Il “hall„ dell'Atlante

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Herbert George Wells - Quando il dormente si sveglierà (1899)
Traduzione dall'inglese di Anonimo (1907)
VI. Il “hall„ dell'Atlante
V. Le strade che camminano VII. Nelle stanze silenziose
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Capitolo VI.

Il “hall„ dell’Atlante.

Dal momento in cui il sarto si era congedato da Graham con una profonda riverenza, al momento in cui egli entrò nell’ascensore, erano trascorsi cinque minuti appena. La nebbia di quel sonno immenso avvolgeva e oscurava ancora il suo spirito; lo stupore di trovarsi ancor vivo in quel secolo lontano, gettava sopra ogni cosa una magia, un carattere irrazionale, confondendo il sogno colla realtà. Egli esisteva, spettatore attonito, nella vita attuale alla quale ricominciava ad appartenere: ciò che aveva veduto e in special modo quell’ultimo tumulto, quel movimento formidabile, contemplato dall’alto del balcone, diveniva come un grandioso spettacolo che si può seguire dal palchetto di un teatro.

— Non ci capisco proprio niente, — disse, — che cosa è accaduto? Tutto gira nella mia testa. Ma perchè urlano? Qual pericolo si teme?

— Vi sono delle difficoltà, — rispose evasivamente Howard, evitando di fissare gli occhi interrogatori di Graham. — Attraversiamo un periodo di agitazione, [p. 57 modifica] e infatti la vostra apparizione, il vostro risveglio avvenuto proprio in questo momento, hanno una specie di rapporto....

Parlava con frasi spezzate, come un uomo che non può respirar bene: ad un tratto s’interruppe:

— Non ci capisco nulla, — ripetè Graham.

— Capirete chiaramente in seguito, — rispose Howard alzando la testa con inquietudine come se l’ascensore salisse troppo lentamente.

— Comprenderò meglio senza dubbio quando mi sarò orientato un poco, — osservò Graham perplesso.

— Ciò è per me così torbido.... sì sconcertante. Ora le cose sono sì strane: bisogna aspettarsi tutto.... tutto nei particolari stessi. La vostra numerazione, a quanto ho potuto capire, è molto differente.

L’ascensore si fermò ed essi infilarono una specie di corridoio stretto ma lunghissimo, chiuso da alte mura, lungo le quali s’intrecciava una quantità straordinaria di canne e di grossi canapi.

— Che immensità qui, — esclamò Graham. — È questa forse la forma d’un solo edificio? Che luogo è questo?

— È una delle strade della Città destinata a vari servizi pubblici, illuminazione e altro.

— Era un tumulto popolare, una sollevazione quello.... quello che ho potuto vedere sulla grande piattaforma? Come siete governati? Avete sempre una polizia?

— Parecchie.

— Parecchie?

— Circa quattordici.

— Non capisco.

— È assai probabile. La nostra organizzazione [p. 58 modifica] sociale vi sembrerà molto complicata. Per dir la verità, non la capisco bene nemmeno io, e forse nessuno. Può darsi però che la comprendiate più tardi, fra poco.... Ora bisogna recarsi al Consiglio.

L’attenzione di Graham lottava fra la necessità presente di rassegnarsi e la curiosità che gli mettevano addosso le persone che incontrava nei corridoi e nelle sale.

Lungo i passaggi, nelle stanze, gli uomini in uniforme rossa costituivano la metà della folla; invariabilmente essi lo guardavano con rispetto e lo salutavano insieme a Howard.

I vestiti azzurro pallido che aveva veduto in gran numero sulle strade mobili non c’erano affatto in quel luogo. Sempre andando dietro a Howard, egli entrò in un lungo corridoio dove alcune bambine eran sedute su delle seggiole basse, come in una scuola. Egli non vide nessun maestro, soltanto un apparecchio bizzarro dal quale s’immaginò che dovesse uscire una voce. Le fanciulle, a quanto potè accorgersi, squadravano lui e il suo compagno con curiosità e meraviglia; capì che dovevan conoscere Howard ma non il nuovo venuto, e che si domandavano chi poteva essere; ma prima che avesse potuto farsi un’idea chiara di ciò che era questa riunione, fu condotto più lontano. Quell’Howard sembrava un personaggio abbastanza importante; eppure non era che il guardiano di Graham. Subito dopo essi sboccarono in un corridoio rischiarato da una luce crepuscolare; vi era sospeso un marciapiede in modo che delle persone che passavano non si potevano vedere che i piedi e le caviglie; poi sembrò a Graham d’attraversare delle gallerie dove poche persone si rivolgevano [p. 59 modifica] meravigliate a guardare i due uomini e le loro guardie vestite di rosso. L’effetto salutare dei liquidi che aveva bevuto non era che temporaneo e la fretta con cui camminava lo stancò presto, perciò chiese al compagno di rallentare il passo. Entrarono allora in un ascensore i cui finestrini davano sulla strada, ma siccome non si potevano aprire che a una certa altezza era impossibile vedere le piattaforme della strada; nonostante Graham potè scorgere alcune persone che per mezzo di lunghi canapi saltavano degli strani e fragili ponticelli.

Giunti ad un’altezza considerevole, essi attraversarono la strada sopra un ponte interamente circondato di vetro e così trasparente che il solo pensarci dava la vertigine a Graham tanto più che anche il pavimento era di vetro.

Rammentandosi le rive scoscese di New-Quay a Boscastle, ricordo tanto lontano riguardo al tempo, ma tanto vicino nel suo spirito, gli sembrò che questi ponti raggiungessero un’altezza di quattrocento piedi al di sopra delle strade movibili.

Egli si fermò chinandosi a guardare in basso tutto quel formicolio di vestiti azzurri e di uniformi rosse, che dall’alto apparivano rimpiccioliti, tutta quella gente che si spingeva per farsi strada, accennando con gesti vivaci il balcone che da lontano sembrava minuscolo, lo stesso balcone dal quale poco prima Graham aveva dominato lo spettacolo. Un tenue vapore e la vivida luce delle grandi lumiere investivano tutto e tutti. Seduto in una specie di piccola culla, intrecciata da assi sconnesse, un uomo passò come una palla di cannone che, lanciata da un punto più alto ancora sdrucciolasse rapidamente lungo un canapo, quasi [p. 60 modifica] più rapidamente che se fosse lasciata addirittura cadere. A quel punto, e senza volere, Graham si fermò per osservare quello strano passeggiero che disparve in una grande apertura circolare che guardava molto più in basso; poi spinse di nuovo lo sguardo verso la folla tumultuosa.

Sopra una delle vie più veloci una truppa compatta, una confusione di macchie rosse, comparve ad un tratto; s’inoltrò avvicinandosi al balcone e si riversò come un torrente sulle strade meno rapide, verso la fitta moltitudine a cui sopra abbiamo alluso, che si dibatteva nella parte centrale.

Quegli uomini vestiti di rosso erano armati d’un grosso bastone, una specie di clava colla quale colpivano ripetutamente.

Un tumulto spaventoso scoppiò ad un tratto; grida, di collera, urli di dolore o di spavento assordirono Graham che ne rimase sbalordito e tremante.

— Avanti, — gridò Howard trascinandolo per un braccio.

Un altr’uomo scivolò vertiginosamente lungo un canapo e Graham alzò vivamente la testa per vedere di dove uscivano quegli acrobati: a traverso il tetto vetrato e l’inviluppo di funi, di travi, di sbarre, delle vaghe ombre sembravano proiettare dalle ali d’un mulino a vento che girava con un movimento ritmico; tra uno spazio e l’altro s’intravedeva un lontano lembo di cielo azzurro. Sempre trascinato da Howard egli aveva attraversato il ponte e s’era introdotto in uno stretto passaggio ornato di disegni geometrici.

— Non voglio veder più nulla, — gridò Graham opponendo resistenza. [p. 61 modifica]

— No, no, — rifiutò Howard senza lasciargli il braccio. — Venite da questa parte.

E gli uomini rosso-vestiti sembravano pronti a rinforzare i suoi ordini. Alcuni negri dalla curiosa uniforme nera e gialla, che, da va loro l’aspetto di grosse vespe, comparvero in fondo al corridoio; uno di essi s’affrettò a tirar su, facendola bruscamente sdrucciolare, un’assicella che Graham aveva preso per una porta e precedette gli altri in una galleria che dava in una vasta sala dove lo stesso negro vestito di giallo e nero fece scivolare una seconda intelaiatura, quindi attese. Quel luogo sembrava un’anticamera, e vi era in mezzo un certo numero di persone; da una parte s’apriva al di sopra di qualche gradino una vasta ed imponente entratura adorna d’una stoffa spessa che serviva da portiera, un lembo della quale, sollevato, lasciava intravedere al di là una stanza ancor più grande, dove Graham scorse altri uomini vestiti di rosso dal volto bianco, altri negri, nero e giallo vestiti, in piedi, rigidi e immobili vicino alla porta. Quando egli attraversò la galleria tutti gli sguardi si fissarono su di lui e nello stesso tempo una voce risuonò:

— Il dormente.

Per mezzo di un’uscita aperta ad un tratto nel muro di quest’anticamera, il piccolo gruppo s’introdusse in un altro passaggio, e sboccò in una galleria metallica dalla ringhiera di ferro che s’allungava a metà altezza, lungo la parete della gran sala intravista dietro la portiera.

Graham entrò da un angolo di questa sala, di modo che rimase meravigliato della sua enorme grandezza. Più delle altre ancora questa seconda stanza era [p. 62 modifica] riccamente decorata; nella parte più lontana e più rischiarata, s’innalzava sopra un piedistallo una gigantesca e bianca statua di Atlante, muscoloso e imponente, sostenente il Globo sulle sue spalle reclinate.

Questa allegoria colpì la sua attenzione; quel colosso era così meravigliosamente e pazientemente lavorato e così bianco e semplice; salvo questa statua ed un palco nel centro, il pavimento non era che un nitido spazio. Il palco perduto nell’immensità della sala avrebbe potuto assomigliarsi ad una semplice placca di metallo se non vi fosse stato quel gruppo di sette uomini in piedi attorno a una tavola dando per esempio, l’idea delle sue proporzioni.

Essi erano vestiti di bianco; sembrava che si fossero alzati in quel momento dalle loro seggiole e squadravano Graham con insistenza. Dall’altra parte della tavola il dormente vide scintillare degli apparecchi meccanici, e avrebbe voluto osservarli meglio, ma Howard lo condusse lungo la galleria fino a che si fermarono in faccia alla maestosa statua della forza; anche gli uomini vestiti di rosso si fermarono rimanendo ciascuno a lato di Graham.

— Bisogna che voi restiate qui qualche minuto ancora, — mormorò Howard e senza aspettare risposta entrò nella galleria.

— Ma perchè? — domandò Graham.

Egli fece l’atto d’accompagnare Howard, ma un uomo dall’uniforme rossa gli sbarrò il cammino.

— Bisogna aspettare qui. Sire.

— Ma perchè?

— Ordini, Sire.

— Quali ordini?

— Ordini che ci hanno dato. Sire. [p. 63 modifica]

Il volto di Graham manifestò una collera mal repressa.

— Dove sono? — egli interrogò ancora. — Chi sono queste persone?

— Sono i signori del Consiglio, Sire.

— Quale Consiglio? Oh! — si contentò di dire Graham e dopo aver fatto, vicino all’altro guardiano un tentativo ugualmente inutile, egli s’avanzò verso la ringhiera e guardò, meravigliato, quegli uomini vestiti di bianco, che, stando in piedi, lo esaminavano da lontano parlando fra loro a voce bassa.

— Il Consiglio?

S’accorse che ora erano otto, e non potè capire come aveva fatto ad entrare il nuovo venuto.

Che cosa poteva essere questo Consiglio, questo piccolo gruppo riunito ai piedi della simbolica statua d’Atlante, lontano da tutti gli orecchi curiosi, in quel luogo così impressionante? A che scopo l’avevan condotto dinanzi a quei personaggi che l’osservavano in modo sì strano e parlavano di lui senza che egli potesse comprendere nulla? Howard ritornò, avanzandosi vivamente sul pavimento nitido, verso il gruppo dei Consiglieri.

Davanti al palco egli s’inchinò facendo qualche bizzarro movimento in apparenza cerimonioso; poi gravemente si fermò in piedi vicino ad alcuni apparecchi, in fondo alla tavola. Graham spiava il colloquio senza però riuscire a capir niente; di quando in quando uno degli uomini dall’abito bianco volgeva uno sguardo verso di lui, e Graham maggiormente tendeva l’orecchio ma invano perchè era troppo distante. Ora gli oratori s’animavano nei loro gesti ed egli li guardò ancora un momento, poi si mise ad [p. 64 modifica] osservare i segni passivi delle guardie che lo accompagnavano. Quando guardò di nuovo verso il palco, vide Howard che stendeva le mani e scuoteva la testa come un uomo che protesta; gli sembrò che uno di quelli vestiti di bianco lo interrompesse dando un colpo sulla tavola.

La conversazione, a quanto Graham potè giudicare, durò un tempo interminabile; egli alzò gli occhi verso il gigante immobile ai piedi del quale si teneva il Consiglio, quindi volse un’occhiata intorno. La sala era adornata con dei lunghi dipinti in stile quasi giapponese, molti dei quali erano bellissimi, raggruppati in una vasta e sontuosa incorniciatura di metallo scuro, che terminava nelle cariatidi metalliche delle gallerie e nelle grandi linee architettoniche della sala. La grazia delicata di tali ornamenti faceva ancor più risaltare la forza potente della bianca statua che era il centro della composizione.

Allorchè Graham tornò a guardare verso il Consiglio vide che Howard scendeva i gradini del palco e notò che aveva il volto acceso e che brontolava a voce bassa.

Poco dopo egli ritornò dall’entrata della galleria, col volto ancora stravolto.

— Di qui, — disse brevemente e si diressero, in silenzio verso una porticina che si apriva loro dinanzi.

I due uomini vestiti di rosso, si fermarono da una parte e dall’altra in modo da permettere a Howard e a Graham di passare: quest’ultimo volgendo la testa, vide i consiglieri vestiti di bianco sempre in piedi in gruppo serrato che lo seguivano cogli occhi. Quindi la porta si chiuse pesantemente dietro di loro e per la prima volta dopo essersi svegliato, Graham si trovò [p. 65 modifica] in un profondo silenzio. Il pavimento stesso non faceva alcun rumore sotto i suoi piedi. Howard aprì un’altra porta che dava su due stanze contigue dalla mobilia bianca e verde, ed entrarono nella prima.

— Dunque qual è questo consiglio? — chiese Graham. — Che cosa discutevano? Perchè si occupano di me?

Howard chiuse accuratamente la porta, emise un profondo sospiro e pronunziò alcune parole a voce bassa, quindi attraversò la stanza e si voltò indietro brontolando ancora e interrompendo le sue frasi con frequenti esclamazioni di collera.

— Auf! — sospirò alla fine come sollevato.

Graham lo guardava.

— Bisogna certo avvertirvi, — cominciò Howard senza tanti preamboli, evitando di guardar Graham, — che il nostro ordine sociale è assai complesso. Una semi-spiegazione, un’esposizione incompleta e difettosa di fatti, non vi darebbero che un’impressione falsa.... In realtà non si tratta che di un affare di interessi composti.... Il vostro piccolo patrimonio, quello del vostro cugino Warming da voi ereditato.... insieme a certi altri assegnamenti.... è diventato assai rilevante. E, per ragioni difficili a comprendersi, voi siete ora un personaggio importante.... importantissimo.... implicato nell’organismo mondiale.

Tacque.

— Davvero? — domandò Graham.

— Abbiamo gravissime perturbazioni sociali.

— Davvero?

— Le cose sono arrivate a un tal punto da ritenere indispensabile di chiudervi qui. [p. 66 modifica]

— Sicchè m’imprigionate? — esclamò Graham.

— Ma!... Noi vi chiediamo di voler stare in disparte....

— Sapete che tutto; ciò è molto strano! — protestò Graham al colmo dell’irritazione.

— Non vi sarà fatto alcun male.

— No?

— Ma è indispensabile che restiate chiuso qui dentro.

— Il tempo necessario perchè sia informato sulla mia posizione, non è vero?

— Precisamente.

— Allora va benissimo; vi ascolto; che cosa significa questo «alcun male»?

— Ora non posso spiegarlo.

— Perchè?

— È una storia troppo lunga. Sire.

— Ragione di più per cominciar subito. Voi avete detto che sono un personaggio importante. Che cosa significano quelle grida che ho udito? Perchè, il popolo si agita nel sapere che il mio letargo è finito, e chi sono mai quegli uomini vestiti di bianco nell’immensa sala del Consiglio?

— A tempo debito saprete tutto. Sire, — rispose Howard, — ma non così di punto in bianco.... Noi attraversiamo uno di quei periodi incerti in cui gli animi sono eccitati.... Nessuno s’aspettava che voi vi destaste.... Il Consiglio delibera....

— Qual Consiglio?

— Il Consiglio che avete veduto.

— Questo non è giusto, — fece Graham con un gesto di vivacità. — Si doveva tenermi al corrente di ciò che accadeva. [p. 67 modifica]

— Bisogna che aspettiate. È assolutamente necessario.

Graham sedette bruscamente.

— Credo che, giacchè ho aspettato tanto per ritornare in vita, è meglio che aspetti ancora un poco.

— È molto meglio, — approvò Howard. — Sì, ciò è molto meglio. Ora bisogna che vi lasci solo per un momento.... mentre assisterò alla deliberazione del Consiglio.... Mi dispiace....

E si diresse silenzioso verso la porta, davanti a cui esitò un poco, ma poi sparve. Graham si avanzò verso quella porta, tentò di aprirla, la trovò ermeticamente chiusa con un sistema per lui incomprensibile, fece un mezzo giro, passeggiò febbrilmente per la stanza, e finì col mettersi a sedere. Rimase per alcuni minuti colle braccia incrociate sul petto, le sopracciglia corrugate, mordendosi le mani e sforzando di riordinare nella sua mente le differenti scene del caleidoscopio in quella prima ora di resurrezione; i vasti spazii meccanici, la enorme lotta che infieriva in quelle vie strane, le interminabili serie di sale e di corridoi, il piccolo gruppo lontano di quegli antipatici personaggi sotto la colossale statua di Atlante, e finalmente il misterioso contegno di Howard.

Già intravedeva qualche immensa eredità — un’eredità illecitamente impiegata — che gli dava una potenza e delle prerogative senza esempio.... Che doveva fare? E il silenzio di quella camera chiusa testimoniava abbastanza eloquentemente la sua prigionia.

Nello spirito di Graham si formò la convinzione irresistibile che quella serie d’impressioni magnifiche fosse un sogno.

Volle chiudere gli occhi e vi riuscì, ma quando li [p. 68 modifica] riaprì si accorse che non aveva sognato davvero. Allora si mise a toccare e ad esaminare ad uno ad uno i mobili così poco famigliari che adornavano le due stanzette, e guardando in uno specchio ovale vide riflessa la sua immagine e ne restò stupefatto.... Vestito con un elegante abito color porpora e bianco, di un bianco azzurro, con la barbetta grigiastra, tagliata a punta, coi capelli neri fra i quali brillavano alcuni fili d’argento, accomodati accuratamente sulla fronte, ma in modo così strano! pareva un uomo di forse quarantacinque anni. Per un istante non si rese conto che quella fosse proprio la sua immagine, e riconoscendosi, scoppiò in una gran risata.

— Dovrei andar così dal vecchio Warming, — esclamò, — e farmi offrire un pranzo alla trattoria.

Quindi pensò a ciascuno degli antichi amici avuti nella sua giovinezza, e in mezzo a quei cari e piacevoli ricordi dovette convenire che tutti coloro coi quali avrebbe potuto ora rallegrarsi erano morti da anni e anni.... A tal pensiero fu còlto da una dolorosa angoscia, e il suo volto impallidì sotto l’effetto di quell’improvvisa costernazione.

Il ricordo tumultuoso delle piattaforme mobili, e dell’enorme facciata di quella strada meravigliosa, gli tornò in mente: rivide distintamente la folla plaudente; rivide quei consiglieri vestiti di bianco, lontani, muti, ostili, ed allora si sentì un essere molto piccolo, sperduto, impotente, miseramente in evidenza in un mondo inverosimile.