Prediche volgari/Predica XVII

Predica XVII

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Predica XVI Predica XVIII

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XVII.

Qui in questa presente1 predica si tratta de’ reggimenti e delli stati, e con quanta giustizia debba règgiare chi ha offizio.2

Diliges proximum tuum sicut te ipsum (Iterum ubi supra). — Ama il prossimo tuo come te medesimo. — Noi parlammo ieri dell’amore vivente e concordante, il quale díe èssare infra l’uno e l’altro; e Cappelluccio3 maladetto non volse che a pieno si predicasse, come noi avevamo principiato; ma a usura gli starà; chè tutta questa settimana, coll’aiuto di Iesu benedetto, noi predicaremo di ciò. Adunque, per continuare4 la materia principiata, la quale truovo tanto utile e necessaria, quanta materia ch’io vi potesse dire.5 Imperò che questo è difetto grandissimo, nel quale tutti siete cascati; e questa malizia che voi avete in voi, vuole essere medicata nel luogo suo. Se uno il quale avesse male nella spalla, e’ fusse medicato nel calcagno,6 non andarebbe bene; o vuoi, se avesse mal nel capo e fussegli medicata la spalla; [p. 22 modifica] dico, che s’hai mal nel capo, medica il capo; se hai male al braccio, medica il braccio. Adunque si vuol medicare dov’è il difetto. Doh! Egli so’ stamane entrati i Signori nuovi7 e’ quali reggono la vostra città; e questo caso addiviene spesso. È buono di parlare di quelle cose che a loro appartiene di fare; e anco acciò che ognuno lo impari, perchè eglino sappiano poi ben règgiare bene la repubblica.8 E conviemmi il mio parlare abbreviare, imperò che io so’ venuto tardi, e questa è stata mia colpa, che per ignoranzia ci so’ caduto. Io mi credevo avere a predicare a mezza terza.

O tu che ti trovi in offizio, vuoi intèndare e imparare come tu debbi règgiare? Or vede la forma e il modo, che il dimostra Giovanni nell’Apocalisse a l’XI cap. Dice: Et datus est mihi calamus similis virgae, et dictum est mihi: surge et metire templmn Dei, et altare, et adorantes in eo. Atrium autem quod est foris templum, eiice foras et ne metiaris illud, quoniam datum est gentibus, et civitatem sanctam calcabunt mensibus quadraginta duobus. — E gli fu dato uffizio, cioè una canna, dicendogli: sta su, e misura el tempio di Dio e l’altare, e quelli che vi so’ dentro a adorare; l’atrio che è di fuore, nol misurare; imperò che egli sarà dato a altra gente, e possedarannolo quelli della santa città quaranta e due mesi. — Nel qual sacro parlare vedi che è dato a Giovanni offizio, il quale potiamo intèndare per ciascuna persona la quale ha alcuno offizio. Ma diciamo di questo del governare la città. Questo non è piccolo offizio: dove noi potiamo vedere tre misteri per ordine. [p. 23 modifica]

Prima: di chi ha a règgiare, la condizione.

Siconda: di chi regge, la esercitazione.

Terza: di chi ben regge, l’operazione.

Primo misterio, di chi regge o ha a règgiare, la condizione. Tre condizioni si conviene avere a voler ben règgiare:

Prima, umiltà. Datus est mihi calamus.

Siconda, giustizia a punire. Virgae.

Terza, misericordia. Similis virgae, cioè a temperare con rigore la giustizia e la misericordia, e cosi punire il gattivo et esaltare il buono.

Prima, bisogna avere la canna,9 siconda la verga; terza similis virgae. Da capo; prima bisogna umilità: datus est mihi calamus: — Egli mi fu data una canna in mano. — Ètti stato dato l’uffizio? Se’ in alto? — Sì. — Non volere andare col capo alto per superbia, ma va’ coi capo basso per umiltà; e avendo questo, tu avarai allora quest’uffìzio del misurare. Datus est mihi calamus. — Egli mi fu data una canna. — Tre cose so’ nella canna:

Prima, è vuota.

Siconda, è lieve.

Terza, è atta a misurare.

Prima, dico, è vuota: e quanto più è vuota, più è piena d’aere. È anco lieve, cioè leggera; che ode ogni persona, il pòvaro, il ricco; e da questa nasce la terza, che ella è atta a poter èssare maneggiata e pesata, non come queste canne de’ mercatanti, che pure so’ un poco gravette. Sai perchè so’ così gravi? Perchè so’ piene. Vuoi règgiare bene? Or porta il capo basso e umile, e così sarai canna vuota, e ode ogni persona con carità leggiera. Considera te medesimo, e mira come tu se’ atto [p. 24 modifica] a maneggiare gli altri. Sai tu règgiare te medesimo? Come ti sai governare? Come ti sai guardare da’ peccati? Come sai fare quelle cose che so’ circa alla salute dell’anima tua? — Male. — Or se10 non sai règgiare e governare te, pensa che male saprai governare altrui. Che ti convien fare? Stare umile, e così sarai illustrato da Dio. Sta’ col capo basso, canna vuota. Vedeti èssare vuoto da te medesimo? — Sì. — E di che? — Di non volere, di non potere, di non sapere règgiare da me, senza grazia di Dio. — Se tu pure reggi bene, tìen questo da Dio e non da te; imperò che da te proprio non faresti altro che male, e cognoscendoti èssare vuoto, tanto Iddìo t’empirà d’aria, cioè della grazia sua; e quanto più ti cognosciarai èssare vuoto, tanto t’empirà più Dio d’aria e di grazia.11 E però fa’ che tu disponga la mente tua a volerti considerare. che da te non è se non malizia; e come tu ti disporrai a intèndarti vano o vuoto, più sarai ripieno; chè come Idìo ti trovarà disposto e preparato a ricévare la sua grazia, tanto Idìo te ne darà; nè mai ti darà più grazia che tu sia disposto a ricévare. Se t’intendi èssare tutto vuoto, tutto sarai ripieno; se t’intendi poco vuoto, poco sarai ripieno. E però questo sta a te,12 di cercare la perfezione; e se tu sarai disposto a volere questa grazia di Dio, io ti prometto che egli la dà poi alla larga. Egli ti dà prima il volere, il potere e il sapere; e come tu se’ in questa grazia venuto con tanta perfezione, subito ricevi la siconda, cioè che hai abilità a potere maneggiare questa canna, che la trovi leggera, dandoti Dio la libertà di potere, col sapere fare ogni [p. 25 modifica] buona operazione, con una perfezione, non con ignoranza. Imperocchè, avendo tu fatto quello che a te è richiesto di fare, allora e Idio fa a lui quello che non potresti far mai tu; cioè, che ogni cosa per la virtù sua si può méttare a perfetto fine, a la intenzione di Pavolo, dove dice: Omnia possum in eo qui me confortat:13 — Ogni cosa posso fare per la virtù di colui che mi conforta. — E anco dichiarando meglio le buone òpare che si fanno per lo nostro dire, o per lo nostro operare, come da noi non vengono ma pure da Dio: Non enim vos estis qui loquimini, sed spiritus Patris vestri qui loquitur in vobis.14 E questo è detto più15 per noi predicatori, che per altre persone, quando noi predichiamo il Vangelio con verità. — Voi non séte voi che favellate, ma è lo spirito di Dio che favella in voi. — Simile si può dire a colui che legge le cose di Dio, che so’ scritte nella santa Scrittura; imperò che da Dio viene la buona volontà principalmente e la facilità e la potenzia. Adunque, o tu che reggi, se tu ti trovi16 canna vuota, e Idio t’empie di grazia. Ècci niuno che si cognosca aver grazia da Dio? Or siene cognoscente, e tieni che da lui viene e non da te. Inde disse Isaia al xxxv cap.: In cubilibus in quibus prius dracones habitabant, orietur viror calami et iunci: — Ne’ cubili dove abitano i draconi, v’è nata la verzura e il gionco.17 — Sai, che so’ i cubili de’ dragoni? So’ le menti le quali tirano sempre al bene proprio.18 Questi tali uomini hanno gli scorzoni in corpo d’invidia del bene altrui; e questo viene solo per la sua malizia propria. [p. 26 modifica]

Se tu udisse l’origine segreta dond’ella viene, tu la vedaresti nel mezzo del suo cuore. La quale non dice mai altro che mio, mio, mio. Nibbio! O maladetto dracone! Hai tu posto mente come il dracone va? Egli gira con la coda in qua, poi di là19; mai non va per altro modo, se non di qua e di là al proprio modo, che significa il proprio amore. Come sta quella città che non v’è canna per poterla misurare; che se i cittadini cognosciessero come da Dio viene ogni bene, e da loro ogni malizine peccato, non vi sarebbe quello v’è; cioè che per volere èssare alto e grande, egli viene a odiare ora questo ora quello. Oh quanto sta male quella città! Egli bisogna la canna vuota in tal città; che se ella vi fosse, egli vi sarebbe l’amore e la carità l’uno coll’altro; e se tal carità non vi fusse, vuolsi tenere questo modo. Dice che v’è nata la verzura. Tu vedi che la verzura dà un conforto all’occhio e dà un’allegrezza al cuore. Questo ti dimostra a te che hai a règgiare, e andando per potestà, o in ogni offizio dove tu puoi esercitare questo: che laddove tu trovi alcuna inimicizia o odio o rancore, sempre t’ingegna di spegnerle e di méttarvi ogni pace, ogni concordia che tu puoi. Così dico dei Signori i quali so’ il capo di tutta la città: che se vogliono avere o usare di quello di Dio, che sapendo una inimicizia, subito mandare per loro, e a giusta loro possa far lo’ far pace. E sai che può operare questa verzura? Che solo una pace è atta a campare una città; e simile può èssare tale inimicizia che è atta a disfarla. Questa canna vuota20 è buona a misurare, come tu hai udito, la [p. 27 modifica] città. Anco puoi misurare con essa l’anima. Anco si può misurare la fama della tua vita. Che se non hai la canna da misurare queste cose, tu vai indietro, la città, l’anima, la fama e la vita. . . . . eccetera, eccetarone. Anco dice che vi nasciarà il giónco. A iungendo dicitur. Il giónco è un legame, col quale si può legare ogni cosa. Non potrai mai bene avere nè pace nè riposo21, se tu àrai discordia col tuo cittadino: egli bisogna la carità e lo amore l’uno coll’altro, e non si vuole mai raportare ogni parola che si dice. Nè anco, con tutto ch’ella sia raportata, non si vuol crédare; e seppure per lo passato si so’ dette e fatte di queste o altre operazioni meno che buone, non andare rammentando: — così mi fece e così mi disse; egli m’infamò, egli disse che io avevo fatta tal cosa e tale. — Non ci andare dietro, mai non verrai a fine. Taglia, taglia tutti questi parlari22, e vogli fare quello bene che per innanzi si può fare. Ode nei Proverbi: Iustus in principio. Seguita le virtù, datti in sullo spégnare ogni ruggine, la quale è stata insino a qui; e tu che hai ricevuta la ingiuria, non stare duro, ma sta benigno. Se voi èssare pieno della grazia di Dio, sia canna vòta; aumiliati e dì: — fratello mio, io ti perdono ogni offesa che mai io ricevetti da te. — E amalo poi, come si díe amare l’un fratello l’altro. E così questo giónco lega con amore e con carità l’uno cittadino coll’altro. Et in questo modo una terra piena di draconi tornarà tutta pacifica con verzura d’amore l’uno coll’altro. La canna, cioè l’umiltà e non superbia. El giónco, la carità dell’uno coll’altro con fervente [p. 28 modifica] amore, perdonando l’uno all’altro con animi pacifici e caritativi. E così puoi aver veduto la prima condizione di colui che vuole bene règgiare. Datus est mihi calamus, cioè umiltà.

Siconda condizione che debba aver colui che regge, si è giustizia; dove dice, Virgae; cioè corrèggiare. Augustino in libro de Civitate Dei.23... Che so’ i regni senza la giustizia? Sai che so’? So’ una grandissima ladroncellaria; e perchè questa è cosa molto manifesta, che le città e le provincie vengono a mancare non mantenendovisi giustizia, però è tanto commendata. Diligite iustitiam qui iudicatis terram: 24 — Amate la giustizia voi i quali giudicate le terre.25 — Vuoi amar la giustizia? Or non la mancare; fa’ che sempre tu punisca con misericordia: non la sturbare; non dimostrare una per un’altra. O tu che vuoi esercitar prudenzia, che tali volte usarai cotali malizie, non fare, chè tu non ingannarai mai Idio, gli uomini forse che sì. O tu che vuoi esercitare la virtù della umiltà, che talvolta coll’umilità vi si mescola superbia, tu non ingannarai già Dio, piuttosto ingannarai te. Come dico di queste virtù, così puoi intèndare di tutte le altre.26 Va’ dritto e non ingannare; manda ogni cosa al suo fine dritto, e così àrai la verga. Che è la verga? Sai, la verghetta la quale è posta in mano al podestà et anco a molte altre Signorie27? Quella ti dimostra come colui debba far giustizia a tutti, e che la giustizia debba stare dritta, che non torca nè indietro, nè innanzi, nè da destro, nè da sinistro. Della quale verga disse David profeta a cviiij salmi: Virgam [p. 29 modifica] virtutis tuae emittet Domimis ex Syon: — Idio ha mandato in Sion la verga della virtù. — E in altro luogo, anco disse Idio a David: Dabo tibi gentes haereditatem tuam. E soggiogne: Reges eos in virga ferrea:28 — Io ti darò la gente in tu’ eredità, e reggiaralli29, in verga di ferro. — Vuol dire, reggiaralli che tu non pieghi la verga tua per isperanza a dietro, nè innanzi per timore, nè anco da lato dritto per amore, nè dal sinistro per odio. Tutte queste cose so’ necessarie a tutti coloro che hanno a règgiare. Va’, legge nel Decreto, al capitolo che comincia Quatuor, dove chiarissimamente dimostra, che nè per isperanza in verso i tuoi, nè per odio in verso colui, nè per giustizia a quello, nè per misericordia a quell’altro, ma colla verga dritta a ciascuno il suo dovuto. Doh! egli mi viene a proposito un bellissimo esemplo. O donna, doh! ode questa novella30.

E1 lione udì una volta che i frati avevano fatto capitolo, laddove essi s’accusavano peccatori de falli i quali ellino avevano commessi, rendendosene in colpa. Dice el lione: — o, se i frati fanno capitolo di tutti loro dinanzi al loro maggiore, io che so’ il maggiore di tutti gli animali della terra, e so’ signore di tutti loro, debbo io èssare peggio di loro? — E subito fece comandare il capitolo a tutti gli animali, che venissero dinanzi a lui. E ragunandosi così, elli entrò in una sedia; e come fu dentro, elli fa comandare che tutti si ponessero a sedere intorno a lui.31 E così sedendo, disse il lione: — io non vo[p. 30 modifica] glio che noi siamo peggio32 che gli altri in questo. Io voglio che noi facciamo capitolo come fanno i frati, laddove voglio che si dica ogni peccato e male che si fa; però che essendo io el magiore, voglio saperli. Io ho sentito che molti pericoli so’ stati fatti per voi. Io dico a chi tocca. E però voglio che ciascuno dica a me il peccato suo. Venite tutti a me a uno a uno accusarvi peccatori di quello che voi avete fatto. — Egli fu detto all’asino che andasse prima; e l’asino andò oltre al lione, e inginocchiossi e disse: — missere, misericordia! — Dice il lione: — che hai fatto, che hai fatto? dillo. — Dice l’asino: — missere, io so’ d’un contadino, e talvolta egli mi carica e pommi la soma della paglia e menami33 alla città per venderla: elli è stato talvolta, ch’io ne tollevo un boccone, mentre ch’io andavo, non avvedendosene il mio padrone; e così ho fatto alcuna volta. — Allora, dice il lione: — o ladro, ladro, traditore, malvagio; non pensi tu quanto male tu hai fatto? E quando potrai tu restituire quello che valeva quello che tu hai furato e mangiato? — E subito comandò che quest’asino fusse preso e fussegli dato una grande carica di bastonate; e così fu fatto. Doppo lui andò la capra dinanzi al lione, e similmente34 si pose ginocchioni, domandando misericordia. Dice il lione: — che hai fatto tu? O dì il peccato tuo. — La capra dice: — signore mio, io dico mia colpa, ch’io so’ andata talvolta in cotali orti di donne a far danno, e spezialmente in un orto d’una vedova, la quale aveva un suo orticello, dove erano molte erbucce odorifare, petorsello, maiorana, serpollino et anco del [p. 31 modifica] basilico; e molte volte feci danno di cotali cavoli, et anco di cotali arboscellini giovanelli; e tollevo le cime che erano più tènare. E come io feci questo danno a costei, così anco ho fatto in molti orti; e talvolta feci danno per modo, che io non vi lassavo nulla di verde. — Dice il lione: — doh! io mi so’ abbattuto già a due coscenzie molto variate: l’una l’ha tanto sottile, che è troppo; e l’altro l’ha troppo grossa, come fa el ladro dell’asino. Tu ti fai una grande coscienzia di mangiare queste tali erbacce? Eh! va’ in buon ora; va’, non te ne fare coscienzia; doh! vattene alla pura, come vo’ io.35 Non bisogna dire di questo peccato: egli è usanza delle capre di fare a questo modo. Tu hai una grande scusa, imperò che tu se’ inchinata a far questo. Va’, va’, ch’io t’assolvo, e non vi pensar più. — Dietro alla capra andò poi la volpe, e posesi in ginocchioni dinanzi al lione. Dice il lione: — or dì i tuoi peccati; che hai tu fatto? — La volpe disse: — missere, io dico mia colpa, ch’io ho amazzate di molte galline e mangiatole, e talvolta so’ entrata al pollaio ove albergano; e perchè io ho veduto di non poterle agiógnare, ho fatto vista che la mia coda sia un bastone, e che io el voglia arrandellare; e perchè elleno hanno creduto che sia bastone, subito spaventate so’ volate a terra, e allora io so’ corsa fra loro, e quante ne ho potuta giógnare, tante n’ho amazzate; e mangiavo36 quelle che io potevo, e l’avanzo lassavo stare morte, benchè talvolta io me ne portavo una o più. — Dice il lione: — o, tu hai quanta coscienzia! Vai in buon’ora, va’: egli è naturale a te tutto questo che tu fai; io non te ne do già niuna [p. 32 modifica] j)enitenzia, e non te lo iinpiito già in peccato: anco ti dico che tu facci valentemente nel modo che tu hai fatto, e non t’incresca se non di quelle che rimangano. — E partita costei, v’andò poi il lupo, e disse: — signor mio, io so’andato talvolta a torno alla mandria delle pecore, vedendo com’ella sta. Tu sai che la rete è alta intorno intorno, e io ho posto mente il luogo dove e più agevolmente io possa entrare; e come io ho trovato il luogo, e io so’ andato per un legno, che io pensi che sia grave quant’una pecora, e provo come io possa entrare e uscire con esso: e questo fo per non èssare sopraggionto da’ cani. E come io ho fatto questo, e io entro dentro, piano quanto io ho potuto, col peso del bastone; e subito ho ammazzate più pecore ch’io non ho avuto bisogno, e sommene venuto cor una in collo. — Dice il leone: — O questa è l’altra coscienzia sottile! Sai che ti rispondo? Non te ne far mai coscienzia di tali cose; va e fa’ gagliardamente da ora in là, senza pensiero niuno di me. — E cosi partito il lupo, v’andò la pecora; e andò col capo basso, dicendo: — be, be. — Dice il leone: — che hai fatto, madonna ipocrita? — Ella risponde: — missere, io so’ talvolta passata per le vie, al lato dove so’ seminate le biade, e so’ talvolta salita alla macchia, e vedendo quell’erbuccine verdi e tenaruccie, io n’ho tolti cotali bocconcelli: non l’ho già cavate, ma holle svettate di sopra, sopra quello tenaruccio. — Allora dice il lione: — o maladetta ladra, ladra traditrice, sicchè tu hai fatto cotanto male! E vai dicendo sempre be, be, e rubbi in sulla strada! O maladetta ladra, quanto male hai fatto! Oltre: datele di molte bastonate; tanto ne le date, che voi la rompiate tutta quanta, e fate che voi la teniate tre dì senza mangiare niuna cosa. —

Oh, e’ c’è quanto sale in questa novella! Hammi in[p. 33 modifica] teso? Corbo con corbo non si cava mai occhio. A proposito: quando sarà uno gattivo lupo o volpe che farà una cosa, cuopre, cuopre che non si vegga, sai, come la gatta. Ma se è la pecoruccia o la capra,37 cioè la vedova, o il pupillo o un póvaretto che dica o faccia una piccola cosa; amazza, amazza, e’ si vorrebbe fare. E così è rubbato per modo, che non gli rimane nulla. Lupo e lupo non si mangiano insieme, ma mangiano l’altrui carni. E però vi dico: o tu che reggi, non bastonare l’asino e la pecora per una piccola cosa, e non commendare il lupo e la volpe per lo fallo grande. Che debbi fare? Témpara il liuto38 con discrezione, discernendo difetto da difetto.

Terza condizione di chi vuole ben règgiare, vuol èssare misericordia, cioè temparare la giustizia colla misericordia. E però dice: similis virgae; simile l’uno coll’altro; che se si fa giustizia senza condimento, non va bene. Due cose so’ nella giustizia; padre è l’una, madre è l’altra; e conviene che a voler bene oparare la drittura, vi sia giustizia e misericordia. Inde hai quel detto di Pavolo, quando scrisse a quelli di Corintio, essendo cascati in peccato, e ammonendoli disse, come loro padre: Veniam ad vos non in virga ferrea:39 — Io ritornerò a voi, se io potrò, e non verrò col bastone, ma con amore. — Doh! diciamo di me che so’ ritornato a voi, e hovvi trovato tanto mal disposti a rispetto ch’io vi lassai. Oh, s’io fosse venuto come un diavolo scatenato e gridatovi, volutovi mostrare ruvidezza, non ârei fatto con buon modo a volervi far tornare a via di Dio! Non ci so’ venuto in [p. 34 modifica] quel modo, ma so’ voluto venire con umiltà, e hovvi dimostrato il vizio vostro pian piano;40 e così per l’avvenire dimostrarò; e per questo voi unicamente state a udire; e così per l’aiuto di Dio spero che andarà bene la cosa. Io non dico che tu guasti la giustizia; anco dico se tu hai a fare impiccare uno che il meriti, non gli perdonare. Hai a fare ardare un soddomito? No ’l campare. Doh! io vorrò un dì predicarvi della giustizia come si díe fare, e come si díe avere all’anime misericordia e al corpo far giustizia. Basti alla prima parte: che condizione díe avere chi vuol ben règgiare. Dove t’ho detto tre condizione: umiltà: datus est mihi calamus. Siconda, díe avere la giustizia; cioè la verga che corregga il gattivo. Terza, díe avere la misericordia insieme con giustizia:41 similis virgae. E così potrai misurare colla canna in mano.

Vediamo la siconda parte principale: esercitazioni, dove dice: Surge, metire templum Dei et altare et adorantes in eo. Tre gradi díe avere il governo d’esercizi:

Primo, e’ peccati rifrenare.

Sicondo, beni e virtù augumentare.

Terzo, il ben comune conservare.

Primo; e’ peccati e mali rifrenare. Solo per questo so’ posti li offìzi nelle città: per tutti i vizi che si fanno, per rifrenare lussurie, e perchè non sia chi lo’ dia nissun favore. Io ve ne farò una predica di questa usura, e farolla per modo, che se fusse di mezzo gennaio, voi sudarete, chè gittarete gocciole così grosse, se voi considerarete la verità. Anco so’ poste le Signorie per raffrenare le bastemmie di Dio e de’ Santi. Simile, per levar [p. 35 modifica] via che non siano rubbate le vedove e’ pupilli: che non sia fatto oltraggio al pòvaro uomo; che si levino via gli odi e’ rancori; che non si faccia niuna cosa contra Dio. E conviensi tenere questo modo. O uffiziale, tu debbi considerare dov’è maggior pericolo, ine più ratto riparare; dove tu vedi lo scandolo, ine pónere subito il rimedio. Oh, quando si fa a questo modo in una città, come germina ella bene! Dice nello Ecclesiastico al X capitolo: Regna a gente in gentem transferuntur:42 — I regni si trasferiscono da gente in gente per ingiustizia. —

Doh! io voglio che tu ne porti un esemplo, che non so’ se l’udisti mai, di quello che disse Pietro Pettinaio.43 Era andato a Pisa per comprare ferri da pettini, che era sua arte; e in questo tempo che egli era andato, a Siena s’era rimosso uno stato, e cert44i usciti erano andati verso Pisa. Eglino trovarono santo Pietro per via, che tornava a Siena. Eglino gli dissero, credendo che egli avesse spirito di profezia: — o Pietro, quando tornaremo noi a casa nostra, che ne siamo stati cacciati da chi ha potuto più di noi? — Rispose santo Pietro: (doh! odi buona parola o scrittore, scrivela questa);45 disse così: — [p. 36 modifica] Quando coloro saranno pieni di peccati atti a èssar puniti, e quando voi sarete purgati de’ peccati vostri, e voi tornarete, e loro saranno cacciati: e così poi addiverrà a voi un’altra volta; che quando i vostri peccati saranno moltiplicati e i loro purgati, et ellino tornaranno e cacciaranno voi. — Hàlla intesa? È perchè, se non si facesse la giustizia, ogni città sarebbe piena d’iniquità. Ti dico: tien ferma la giustizia, e gastiga il gattivo. Tu vedi l’esemplo chiaro: se l’erba non germina, mai non ricogliarai. Così se tu levi i gattivi d’una città, poche volte vi trovarai delle ingiustizie: che se levi il ladro, poche volte vi si furarà; se levi via il traditore, poche volte vi si farà tradimento: e così dico d’ogni vizio. E però dice Giovanni: — misura chi adora nel tempio, — cioè misura la città, chi è la comunità, chi è il suggetto, chi è nella città. Se nella città v’è un gattivo, o uffiziale, corrèggialo e gastigalo; o puniscelo, o raffrenalo per modo, che tal vizio non si facci più. Non vedete voi come ognuno fa in casa sua? Che, perchè la feccia è cosa putrida e fetente,46 voi la mettete nel privale,47 perchè non facci danno a niuno. Così vi dico che voi facciate di colui che è gattivo: fate che se uno è gattivo, che voi lo incarcerate; inserratelo per modo, che egli non faccia danno agli altri. E anco poi gli tura la bocca, acciò che non puta, e che non appuzzi la camara tua; imperocchè Idio ha permesso che così si facci; e se così non farai,48 egli guastarà l’altra brigata. Egli è possibile che uno gattivo, non che egli guasti la sua casa, ma tutta la sua città e anco tutta Italia. E però, gastiga, [p. 37 modifica] gastiga, o offiziale; fa’ che da te non resti ch’el male sia spento. E qui hai veduto il primo esercizio: metire templum.

El sicondo esercizio è il bene e le virtù favoreggiare e augumentare. E questo è misurare l’altare di Dio. Che è l’altare? So’ coloro che vogliono e fanno bene. Tutti costoro si dicono altare49, quasi ab altare; come a dire una casa molto alta, cioè casa di vita eterna, dove mai non vi si fa altro, che tutto bene. Chi è quello che non volesse èssare dove non si fa altro che bene? Solo in gloria si fa solo bene. E però dice Pavolo: Nostra conrersatio in coelis est: — La nostra conversazione è in cielo; — cioè, che quando l’uomo fa bene, sempre arde in amor di Dio con Dio. Simile, è in amor di Dio che favoreggia il bene. E però hai: Ignis in altare meo semper ardebit: — Il fuoco ardarà sempre nel mio altare. — Sònci de’ buoni? — Sì. — Da’ lo’ favore. Ècci de’ gattivi? — Sì. — Tòlle lo’ la forza sì e per tal modo, che non possino far male.

Voi avete fatto ordine che non si vada a’ monasteri. Io vi do consiglio che voi facciate come io vi dirò: che i padri e le madri e i parenti50 vi vadano ogni dì, e che si partino fra loro. Qual vi vada la mattina per tempo, e stievi insino a terza; chi vi vada fra dì; qual vi vada la sera, e chi la notte; parte di notte e parte di dì; e partansi in quattro parti, e vadanvi per modo, che sempre e’ sieno ben guardati. Io so’ già stato in paesi, che eglino hanno ordinato che non si vada a’ monasteri per nissun modo; e sai che si faceva perchè la persona non fosse giónta dalla Signorìa? Subito com’egli giógneva [p. 38 modifica]elli era aperto l’uscio e messo dentro. E questo face»vano, perchè e’ non fusse veduto51: prima non vi si faceva così. Anco, quando un gattivo vi giógneva stava di fuore a parlare e pregare; e per quello Statuto si fece52 peggio. Or io non ne voglio dire ora più. Altra volta ne vorrò parlare più per agio; poniamolo per ora daccanto.

Io quando capito53 in una terra, subito mi viene alle mani ogni bene e ogni male che vi si fa. Egli mi viene alle mani ogni cosa odorifera, ogni puzza: per qualche modo si conviene che mi capiti alle mani, o per un modo o per un altro; e non già per confessioni ch’io facci; imperocchè da dieci anni in qua io ho saputo qualche cosa di questo mondo. Che cosa dirò io? Quando io era secolare54, egli mi pareva sapere tutte le cose del mondo; ogni bene e ogni male. Ora a quello ch’io ho saputo poi, io non sapevo e non conoscevo nulla. Poi che io confessai, seppi tanto più. Ma poi ch’io non ho confessato, io ho saputo tanto di questo mondo, che dicendolo io, egli ti parrebbe bene assai. Ora a casa, per non pagare cinque soldi, chè non gli ho da pagare55. Dico che in luogo so’ stato, che chi v’andava, stava di fuore a parlare con loro; poi per li ordini, come so’ giòlni, subito entrati dentro56. Io ho tanto udito da chi m’ha voluto dire di quello che si fa, ch’io ho sì [p. 39 modifica] fracide l’orechie57 del tanto udire, ch’io non vorrei avere udito tanto. Sai che rispondo? Gastiga, gastiga il gattivo, e favoreggia il buono. Quando tu vedi colui che è buono, dalli degli uffizi; e colui che è gattivo, lassalo stare; e in questo modo il buono darà esemplo al gattivo, per l’onore che egli ârà del suo benfare, e sarà onorato, come è dovere. Che solo questo dovarebbe fare ritenere il gattivo, per èssare onorato com’è colui che è buono58; e ciascuno s‘ingegnarà di far bene. Così dico per contrario. Se è un gattivo, e vogli pur seguitare il mal fare, gastigalo; e se il gastigarai, tutti i gattivi âranno paura di far poi male, e guardarannosene. L’esemplo. Rompe la gamba a un cane: tutti gli altri cani fuggono per paura che non sia rotta a loro.

Terzo esercizio díe avere colui che regge: conservare il ben comune. E però dice: Et qui adorant in eo. Non vedi tu, che se tu oppremi il bene, tu guasti il Comuno? Se tu lodi, e dai vigore al male, similmente? Dunque misura il tempio. Che cosa è il tempio di Dio? Ode Pavolo: Templum Dei sanctum est; quod estis vos: — Il tempio di Dio è santo, il quale siete voi. — Simile si può dire d’una città unita nel fare ogni bene a loda di Dio: oh, quanto è santa cosa! Noi aviamo negli Atti degli Apostoli, della primitiva Chiesa parlando, dice: Quod erat cor unum et anima una — Era il cuore de’ fedeli uno, e così un’anima: — tutti erano in uno volere. Oh, quanta consolazione è una città, uno popolo in un volere accordandosi insieme! Però, cittadini miei, io vi 1 Negli altri Codd., fracidi gli orecchi. [p. 40 modifica] prego per l’amore della passione del nostro Signore, che voi vi voliate accordare in un volere. Che se tu trovi colui che è buono, amalo e non l’odiare; e pure se fusse odiato da persona, fa lo’ far pace insieme. Se è gattivo, va’ e gastigalo se non si vuole emendare; e se così farai, tiene e abbi ferma fede che non ti potrà nuòciare niuna persona. Confidati in Dio, facendo quello che tu se’ tenuto di fare. Tu hai l’esemplo nel Libro de’ Re, dove parla d’una vedova che aveva uno suo figliuolo morto in casa sua59. Ella andò a Elia profeta (il quale è interpetrato Dei donatio), dicendogli: — rendemi il figliolo vivo; — dicendogli: — o Elia, che mi giova60 a me il tuo èssare qui e avere il mio figlio morto? Io voglio che tu mel renda vivo, com’era prima. — Infine Elia prese questo fanciullo, e posesi in un palco di sotto, e pose il fanciullo disteso a piano61, e misurossi tre volte sopra del fanciullo in questo modo: ch’elli pose il suo viso sopra il viso del fanciullo, e così le mani sopra le sue, e ’l corpo sopra il corpo, e’ piei sopra i piei; et avendo così fatto la terza volta, e Elia andava per lo palco in qua e in là, e il fanciullo cominciò ad alitare, e alitò sette volte62. A proposito: chi fece vivare il fanciullo? Sai chi? La fede di costei e la santità el’orazione del profeta, Simile voglio dire a te, che tu abbi fede, che d’ogni pericolo camparai facendo bene. O città di Siena, credemi, fa’ come io63 ti dico a laude di Dio. Se ti viene il gattivo alle mani, [p. 41 modifica] gastigalo. Così se è buono, lodalo pure a loda di Dio; ogni cosa riferisce a Dio. Ode Pavolo a Romani all’ viij cap.: Diligentibus Deum, omnia cooperantur in bonum: — Colui che ama Idio, ogni cosa che egli fa, la dirizza in bene. — Questa vedova con perfetta fede disse e chiese ad Elia il suo figliuolo vivo a laude di Dio; et egli a laude di Dio sì impetrò la grazia da Dio; e questo miracolo fu fatto per fede e operazione del santo Profeta, e così questa madre ricevette la grazia ch’ella adomandò. E perchè io ho insegnato come debbano règgiare gli uomini il palazzo e la città; così anco voglio insegnare alle donne quello che debbano fare64 alle case loro. Tre discrezioni si conviene che abbia la donna:

Prima, contemplazione;

Siconda, devozione;

Terza, ministrazione.

Prima, díe avere contemplazione; che tanto attenda a contemplare a Dio, che ella non abandoni lo esemplare, senza dire orazioni. So’ di quelli che si stanno fra sè e Dio con uno santo e buono vivare; e così anco dico: io temo di molte che stanno in tal pensiero, che non vanno poi salde65. Io non dico questo da me. Ode Buonaventura, che dice che tale vorrà contemplare, che poi fantastica.

Siconda è devozione. O donna, sai tu il Paternostro? Sì. — Or usalo di dire, imperocchè quello è una scala da poter salire infine a vita eterna a contemplarlo; e mai non l’abandonare, e dillo come lo insegnò Cristo; e se tu no ’l sai, va’ e imparalo come il dice la santa Chiesa; e quando il sai, va’ e contemplalo e saglie su tanto quan[p. 42 modifica] to tu puoi. E se tu non puoi contemplare tu, fa’ almanco che tu il dica come tu puoi; chè Idio ti farà grazia a te, come a un altro che salga nel contemplare nel grado tuo. E perchè Cristo Iesu vidde che ognuno non era atto di salire in contemplativa vita, però disse egli a’ discepoli suoi: Pauperes enim vobiscum semper habebitis; me autem non semper habebitis:66 — Voi non àrete sempre mai me con voi, ma de’ povarì voi ne potrete avere sempre mai. — Adunque, non hai la vita contemplativa? — No. — Or fa’ che almeno tu abbi l’attiva, col modo che io ti dico. Usa la carità in verso il prossimo per l’amore di Dio, e ogni volta che voltarai l’operazion67 tua al prossimo per Dio, tu farai assai. E tu altro che se’ più atto alla contemplativa, saglie alto quanto tu puoi; e se tu non puoi salire insino a Dio, fermati pure in Dio, quando se’ salito quello che puoi. E perchè noi aviamo di queste due vite,68 l’una in Maria Maddalena, la quale fu contemplativa, a la quale fu detto: Optimam partem elegit sibi Maria, quae non auferetur ab ea69: — Maria, tu hai eletta l’ottima parte; — nondimeno tu sai che a Marta, che ebbe la vita attiva, non ebbe però mala parte; anco ebbe buonissima parte. Ma io voglio pure dire questo: ch’io commendo molto la vita mistica. Ecci qui di quelle che servano a Dio nell’una vita e nell’altra, avendo la dilezione ad amare Dio, et anco ad amare il prossimo per l’amor di Dio? Ben fai. Ècci chi abbia lo infermo in casa? — Sì. — Non cognosci tu quanto bene [p. 43 modifica] fa il governo suo? Non l’abandonare per venire alla predica. Hai figliuoli? — Sì. — Non gli abandonare di quello che hanno bisogno, per venire alla predica. Hai il marito e’ figliuoli, i quali bisogna che sieno governati di quello che bisogna alla famiglia? — Sì. — Fa’, fa’ che non gli lassi per venire alla predica; fa’ che tu prima governi la casa di quelle cose che bisognano, e poi viene alla predica: perocchè se tu non procurasse70 di far quelle cose che bisogna per tutta la famiglia, io non lodarei il venir tuo, chè ti conviene misurare l’altare. E che così sia, tu n’hai una figura nel Levitico al primo cap. Dice, che quando si sacrificava colombi o tortole, non volevano che fossero sacrificati, se non facesse che l’ala passasse di sopra, e che il capo fusse tenuto dall’ale dalla parte di sopra; e se il capo si rompeva, o il gobbio, non lo sacrificava. Che sònno i pipioni? So’ le donzelle delle contemplazioni. Vuol dire che tu contempli per modo, che mai l’ali non si ristieno71 che non operino nella vita attiva, in quello che veggono di bisogno con carità per l’amor di Dio. Sai tu quando si parte il capo dal busto? Quando tu ti parti dall’attiva e vai alla contemplativa. E quando si rompe il gobbio? Sì è quando tu non vai alla vita contemplativa; e però tanto lodo la mistica, quanto cosa bonissima che ine tu adòpari a Dio e al prossimo. So’ due cose che molto piacciono a Dio. Hàmi inteso? — Sì. — Or così sì misura el tempio e l’altare di Dio e quelli che adorano.

Terza è ministrazìone; cioè di governare il tuo prossimo e la tua famèglia pure con regola; chè con tutto che tu governi i tuoi, che tu non dimentichi però Iddio; [p. 44 modifica] cioè che, perchè tu abbi a governare la tua famèglia, non lassare però quello che Iddio t’ha comandato che tu facci per te. Hai a governare? — Sì. — Non fare però centra Dio. Tu hai a fare due cose tra l’altre; ma queste non le mancare mai; cioè che tu guardi il dì comandato. Ode come Idio disse colla sua bocca: Memento ut diem sabathi sanctifices72. E’ dice: — Fa’ che ti stia a mente (memento), ch’el dì del sabato tu il santifichi; — imperò che questo è il guadagno dell’anima, quello che si díe fare il dì del sabato. Tu debbi il dì santo comandato fare tutte quelle operazioni che siano in aiuto dell’anima tua, e anco per l’anima del prossimo tuo73, e ogni operazione fa’ che tu la riferisca a loda e gloria di Dio. L’altra operazione che tu hai a fare, si è che tu dia la decima: e benchè tu t’eserciti tal dì per la salute d’un’anima del tuo prossimo; se tu puoi tanto aoparare, che tu la metta in buono filo, in timore di Dio, e in amore e in carità di Dio e del prossimo, tu hai guadagnata e data la decima a Dio, e hai fatto buonissima operazione. O donne, ogni operazione che si fa, si vuole avere rispetto a Dio, e dire: — Signor mio, a tua laude sia ogni òpara74 ch’io fo; — e ingegnarti sempre di far bene. E così va bene. Io non so s’io vi dissi l’altra volta di dieci grazie le quali Idio diè a Adamo nel tempo della innocenzia sua, le quali tutte per lo peccato della disubbidienzia le perdè; le quali grazie tutte riferiscono in uno fine, cioè in bene. La prima, sapesse far bene; la siconda, volesse far [p. 45 modifica] bene; terza, facesse bene; quarta, discernesse di far bene; quinta, premeditasse di far bene; sesta,. . . . . .75; settima, insufficiente di far bene; ottava, temesse Idio in far bene; nona, amasse Idio in far ogni bene; decima, ciascuna di queste cose dirizzasse76 in Dio.

Tutte queste grazie egli le perdè per lo peccato suo. E se ben tu consideri, questa è la decima spirituale, la quale sarà richiesta a ciascuno nell’altra vita; e a chi non l’ârà pagata in questa vita, sarà discacciato da Dio nell’altro mondo. Adunque chi vuol èssare di quelli di Dio, paghi la decima per non pèrdare tanto bene, quanto ne seguita poi, cioè il reame del cielo, dove sempre è beatitudine e gloria. Adunque ogni operazione che tu fai, sempre la manda a Dio e per Dio, e poi sarai con Dio. E di questi tali fu David profeta, il quale disse queste parole nel suo salmo: Proponebam Dominum in cospectu meo: — Sempre io proponeva Idio nel mio cospetto. — S’io facevo battaglia, sempre l’ochio a Dio; s’io parlavo, l’ochio a Dio; s’io andavo, l’ochio a Dio; s’io stavo, l’ochio a Dio; s’io pensavo, sempre l’ochio a Dio. Ogni cosa che facevo, sempre il mio rispetto era in verso Idio. Così voglio dire a tutti e a tutte, d’ogni operazion che tu fai, tu puoi guadagnare; ogni cosa fa’ a laude e gloria di Dio; e così andarai per una via che ti menarà là dove sta Idio; e ine rimarrai con lui in beatitudine.

La terza parte principale del reggimento: l’oppressione. Tre cose n’è da vedere, le quali so’ contrarie al ben règgiare:

Prima: non sapere ben règgiare. [p. 46 modifica]

Siconda: non voler ben règgiare.

Terza: non poter ben règgiare.

Come tu hai meno una di queste tre cose, tu non farai mai bene, e non sarai mai buono. E se tu non hai queste cose, dice Giovanni: Quoniam datum est gentibus, et civitatem sanctam possidebunt77 mensibus quadraginta duobus: — Ogni volta che questo ci manca, dice che sarà dato il regno ad altra gente, e possederannolo quarantadue mesi. — Tre cose vedremo. — Prima: possono esser di quelli che non sanno far bene, perocchè non hanno cognoscimento. Altri so’ che sanno far bene, e non vogliono, perocchè costoro hanno l’animo dirizzato al ben proprio, che sempre dicono: mio, mio, mio. Altri so’ che, con tutto che sappine e vorrebbero fare bene e vivar bene, nondimeno e’ non possono; perocchè âranno gattiva compagnia; come si può vedere spesso, che saranno più insieme in un uffizio; che, benchè vi fusse uno o due che volessero far bene e vivar bene, e i compagni non volessero seguitare el suo volere e sapere, non ârebbe il suo luogo; e così non può far nulla. Sai che ci è detto per bocca di Dio di questi diavoli incarnati, che non vogliano il ben vivare, ma il tirannico78 vivare, ognuno a furare e sforzare chi eglino possono? Dice Dio: Eiice foras79 — cacciali fuore nella loro mala ventura; — imperocchè eglino non meritano tal dignità, non meritano quest’onore, se non colui che sa e vuol far bene. Datum est gentìbus et civitatem sanctam. Questo [p. 47 modifica] si vuol dare a genti buone e sante, che sappine e voglino ben vivare.

Questo mensibus quadraginta duobus ha più significati. Egli ci è dentro quatro volte dieci, che ti significa80 le quatro Virtù cardinali. Come è Prudenzia, in avere l’avvedimento a tutte quelle cose che bisognano a una città; che come una cosa adiviene o di scandolo o di pericolo, subito avere l’avedimento a riparare. L’altra è Giustizia; che questa sia generale; e chi falla, seguita la giustizia: se è gattivo, gastiga; se è buono, gastiga: non perdonare a uno, e a un altro no81. L’altra è Fortezza; che se ti fusse fatta una violenza, non ti turbare; fa’ che tu stia saldo con una costanzia non femminile, ma tutta virile; non per ogni piccola cosa volerti rómpare. L’altra è Temperanza; che come una cosa ti capita alle mani, non usar furia; cerca la verità, e poi come tu trovi, e tu seguita. E questo è quatro volte dieci. Ècci poi due, che significa l’operazione infine, cioè potere e volere. El quale potere e volere il debbi usare in far bene a gloria e laude di Dio; e così hai i quarantadue mesi. Ma se ti mancasse il sapere, tu vedi che tu non meriti tale onore. Se ti manca il volere, anco vedi che tu non meriti onore d’uffìzio. Anco mancandoti il non potere, vedi che non puoi venire al vero e perfetto fine. Ma colui che non sa nè vuole nè può far bene, come sta costui in uffìzio? Dico che tu nel cacci fuore. Se tu vorresti e sapresti e non puoi, prega almeno Idio che la grazia sua discenda per modo in coloro che non ti lassano potere; che eglino sieno sì illuminati, che eglino [p. 48 modifica] possino, sappino e vogliano fare quello che sia prima, gloria e onore di Dio, poi utile dell’anime, e poi salute dei corpi; acciocchè ci sia amore di Dio, amor del prossimo, e infine la salute delle anime. Coglie in somma: tu hai. Diliges proximum tuum sicui te ipsum. E hai vedute tre parti. Prima: di chi vuol bene règgiare, la condizione; dove vedesti che bisogna umiltà, giustizia e misericordia. Siconda: di chi reggie, la esercitazione; che i peccati si debbino rifrenare, le virtù augumentare82, e ’l ben comune conservare. La terza; del règgiare, la operazione; dove vedesti, non volere, non potere e non sapere ben règgiare co’ rimedi che hai uditi. A’ quali rimedi se con diligenzia guardarete con operazione, voi acquisterete qui nel mondo gloria e onore e utile, e poi nell’altra vita la gloria eterna; alla quale Iesu Cristo vi conduca83 per la sua pietà e misericordia, durante in saecula saeculorum. Amen.



Note

  1. Per errore il Testo ha, precedente.
  2. È la settima delle Prediche pubblicate dal Milanesi, ed ha il titolo: De’ reggimenti, e come si díe règgiare con giustizia.
  3. Così anche altrove chiama il Diavolo, a cui fa colpa della pioggia che impedì il fine della predica precedente.
  4. Errano gli altri Codd. leggendo, quale per confermarvi, e quale confinarvi.
  5. Costrutto irregolare, conforme in tutti i Codd. e nella stampa.
  6. Gli altri Codd., ne le calcagna.
  7. Questa predica fu fatta nel primo di settembre, nel qual giorno entrava per due mesi in ufficio la nuova Signoria (M).
  8. Negli altri Codd., perchè eglino sappiano poi bene ragionare e règgiare la città.
  9. Errano gli altri Codd. leggendo: punire il buono, e ’l giusto esaltare.
  10. Il Cod. Sen., 6: E se.
  11. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal. leggono: tanto più t’empirà Idio di grazia e d’aria.
  12. Gli altri Codd., starà.
  13. Epist. ad Philippenses, cap., iv v. 13.
  14. Vangelo di san Matteo, cap. x, v. 20.
  15. Ma gli altri Codd., pure.
  16. Gli altri Codd., trovarai.
  17. Gli altri Codd., v’è nata la verzura e la canna e ’l gionco.
  18. Si legge negli altri Codd., le quali tirano scuperte al ben proprio.
  19. Più compiuta è la lezione degli altri Codd. che dicono: Egli gira con la coda in qua, poi va in là, poi ritorna in qua, poi di là.
  20. Il testo ha nata, ma l’evidente errore è corretto dagli altri Codd. che hanno vuota. E subito dopo in cambio di buona dicono atta.
  21. Gli altri Codd.: non potrai mai avere nè bene nè pace nè riposo.
  22. Negli altri Codd., tutto questo parlare.
  23. Manca nei Codici il passo di S. Agostino (M).
  24. Sapienza, cap. I. vers. 6.
  25. Gli altri Codd., voi che avete a giudicare la terra.
  26. Il Cod. Sen. 6. e il Cod. Pal., le altre virtù.
  27. Negli altri Codd., a molti altri signori?
  28. Salmo II, vers. 8 e 9.
  29. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., reggerai.
  30. È il nono dei Racc. di S. Bernard., editi dal Zambrini, pagg. 20-27.
  31. Questo periodo intero necessario al senso, manca al solo nostro Cod., e certo per colpa dell’amanuense, tratto in inganno dalle parole a lui, con le quali han fine due periodi di seguito. Fu pure omesso nella stampa dal Milanesi, non dallo Zambrini.
  32. Il Cod. Sen. 6. e il Cod. Pal., peggiori.
  33. I detti Codd., mandami.
  34. Gli altri Codd., e simile.
  35. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., come fo io.
  36. Il Cod. Sen. 6, mangiatone.
  37. Il Cod. Sen. 5, capretta. Gli altri Codd., gatta.
  38. Tutti gli altri Codd., il vizio.
  39. Ma non così la Vulgata che dice: Quid vultis? in virga veniam ad vos., an in charitate et spiritu mansuetudinis? (Epist. II ad Corinthios, cap. iiij, v. 21).
  40. Gli altri Codd., e hovvi dimostrato piano piano il vizio vostro.
  41. Gli altri Codd., la misericordia che corregga insieme con giustizia.
  42. La Vulgata: regnum a gente in gentem transfertur propter iniustitias ec. (Vers. 8).
  43. Altri Codd., Santo Pietro Pettinato. È quel Pier Pettinagno che l’Alighieri rammenta nel Canto xiij del Purgatorio; uomo che per la interezza della vita, serbata costante anche ne’suoi commerci, meritò d’essere iscritto tra’ beati sanesi. Morì il 5 dicembre 1289, e per decreto pubblico ebbe in San Francesco di Siena, al cui Ordine apparteneva come terziario, un sepolcro marmoreo. Un vicolo della città, dove si vuole che esercitasse l’arte del vender pettini, si denomina tuttora da lui.
  44. Era cioè avvenuta una di quelle mutazioni di governo, che nell’istoria sanese occorrono frequenti.
  45. Il Cod. Sen. 6; o scrittore., scrivela. Volge la parola forse a quello stesso Benedetto, cimatore di panni, che giorno per giorno raccoglieva le parole dette predicando dal Santo.
  46. Le parole, e fetente, mancano al Cod. Sen. 6 e al Pal.
  47. Lo stesso che, privato o cesso.
  48. Gli altri Codd., non fate.
  49. Il Cod. Sen. 6, so’ detti altari.
  50. Il Cod. Sen. e il Cod. Pal., e suono e parenti.
  51. I detti Codd., preso.
  52. Gli stessi Codd., si faceva.
  53. Gli altri Codd., quando vo.
  54. Negli altri Codd., scolalo.
  55. Qui scherza sulla pena di cinque soldi data a coloro i quali, dopo sonata la campana dell’un’ora di notte, fossero stati trovati fuori di casa (M).
  56. E gli altri Codd., entrano dentro.
  57. Diversa lezione danno gli altri Codd., dicendo: Che solo questo dovrebbe essere esempro al gattivo a farlo ritenere da ogni peccato per èssare onorato il gattivo come il buono.
  58. Cap. iiij, vers. 32.
  59. Lib. iij, cap. 17.
  60. Meglio degli altri Codd. che hanno, giovava.
  61. Il Cod. Sen. 6 e il Pal., e poi il fanciullo distese a piano.
  62. Più brevemente negli altri Codd. che dicono così: e misurossi tre volte sopra del fanciullo, e il fanciullo risuscitò. A proposito ec.
  63. Il Cod. Sen. 6, quello ch’io.
  64. Forse per errore degli altri Codd., dire.
  65. Il Cod. Sen. 6, molti e saldi.
  66. Vangelo di S. Giovanni, cap. xij, vers. 8. Ma la Vulgata dice ambedue le volte, habetis.
  67. Meglio del Cod. Sen. 6, che dice: l’orazione.
  68. I Codd. e la stampa per errore, vie. Ma è chiaro che il Santo qui parla della vita attiva e della vita contemplativa.
  69. Maria optimam partem elegit ec. (Vangelo di San Luca, cap. x, vers. 42).
  70. Gli altri Codd., se tu prima non procurassi.
  71. Gli altri Codd., non resistino.
  72. Esodo, cap. XX, vers. 8.
  73. Mancano nel nostro Testo alcune parole. Dicono gli altri Codd. La domenica debbi laorare per l’anima tua e anco per lo prossimo tuo, e ogni operazione ec.
  74. Il Cod. Sen. 6 e il Cod. Pal., operazione.
  75. Lacuna dei Codici.
  76. Gli altri Codd., dirizzare.
  77. La Volgata, calcabuat. Il passo appartiene al cap. xj, vers. 2 dell’Apocalisse.
  78. Gli altri Codd., tirannesco.
  79. I Codd. e la stampa, ecce foras; errore di amanuensi, che ci parve di dover correggere.
  80. Il Cod. Sen. 6, significano.
  81. Gli altri Codd.: L’altra è giustizia: se è gattivo, gastiga. Non perdonare ec.
  82. Negli altri Codd., aumentare.
  83. Il Cod. Sen. 5, alla quale Cristo Iesu ci conduca.