Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 40

Canto 40

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Canto 39 Canto 41

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CANTO XL



[1]

L
Vngo farebbe ſé i diuerſi caſi

     Voleſſi dir di quel naual coſlitto,
     E raccontarlo a voi mi patria quaſi
     Magnanimo ſigliuol d’Hercole inuitto
     Portar (come ſi dice) a Samo vaſi
     Nottole Athene e crocodili a Egytto,
     Che quanto per vdita io ve ne parlo
     Signor miraſte e feſte altrui mirarlo.

[2]
Hebbe lungo ſpettacolo il fedele
     Voſtro popul la notte e’l di che ſtette
     Come in theatro, l’mimiche vele
     Mirando in Po tra ferro e fuoco aſtrette,
     Che gridi vdir ſi poſſano e querele
     Ch’onde veder di ſangue humao iſette:
     Per quanti modi in tal pugna ſi muora
     Vedeſte, e a molti il dimoſtraſte allhora.

[3]
Noi vide io giā, ch’era fei giorni inanti
     Mutando ogn’hora altre vetture, corto
     Con molta fretta e molta, a i piedi fanti
     Del gran paſtore, a domandar ſoccorſo,
     Poi ne caualli biſognar ne fanti
     Ch’in tato al Leo d’or l’artiglio e’l morſo
     Fu da voi rotto ſi, che piū moleſto
     Non l’ho ſentito da quel giorno a qſto.

[4]
Ma Alſonſin trotto ilqual ſi trouo in fatto
     Hanibal e Pier Moro e Afraio e Alberto
     E tre Arioſti, e il Bagno, e il Zerbinatto
     Tanto me ne contar ch’io ne ſui certo,
     Me ne chiarir poi le bandiere affatto
     Viſtone al tèpio il gran numero oſſerto:
     E quindice galee ch’a queſte riue
     Con mille legni ſtar vidi captiue.

[5]
Chi vide qlli incendii e quei nauſragi
     Le tante vcciſioni e ſi diuerſe
     Che vendicando i noſtri arſi palagi
     Fin che ſu preſo ogni nauilio ferie:
     Potrā veder le morti ancho e i diſagi
     Che’l miſer popul d’Africa foſſerſe
     Col Re Agramante in mezo l’onde falſe
     La ſcura notte che Dudon l’affalſe

[6]
Era la notte e non ſi vedea lume
     Quando s’incominciar l’aſpre conteſe,
     Ma’ poi ch’I zolpho, e la pece, e’l bitume
     Sparto in gra copia, ha pre, e ſpode acceſe
     E la vorace ſiamma arde e conſume
     Le naui e le galee poco difeſe,
     Si chiaramente ognun ſi vedea intorno
     Che la notte parea mutata in giorno,

[7]
Onde Agramante che per l’aer ſcuro
     Non hauea P inimico in ſi gran ſtima,
     Ne hauer contralto ſi credea ſi duro
     Che refiſtendo, al ſin non lo reprima,
     Poi che rimoſſe le tenebre ſuro
     E vide quel che no credeua in prima.
     Che le naui nimiche eran duo tante,
     Fece pender diuerſo a quel d’auante.

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[8]
Smeta co pochi, oue in piú lieue barca
     Ha Brigliadoro e l’altre coſe care,
     Tra legno e legno taciturno varca
     Fin che ſi troua in piú ſicuro mare,
     Da ſuoi lontan che Dudon pine e carca
     E mena a conditioni acri & amare,
     Gli arde il ſoco: il mar forbe il ferro ſtrugge
     Egli che ne cagion via ſé ne ſugge.

[9]
Fugge Agramate & ha con lui Sobrino
     Con cui ſi duol di no gli hauer creduto:
     Quando preuide con occhio diuino
     E’l mal gli annútio e’ hor gli e auuenuto:
     Ma torniamo ad Orlando paladino
     Ch prima che Biſerta habbia altro aiuto
     Conſiglia Aſtolfo che la getti in terra:
     Si che a Fracia mai piú no faccia guerra

[10]
E coſi ſu publicamente detto
     Che’l capo í arme al terzo di ſia íſtrutto:
     Molti nauili Aſtolfo a queſto effetto
     Tenuti hauea, ne Dudo n’ hebbe il tutto,
     Di quai diede il gouerno a Sanſonetto
     Si buò guerrier al mar come all’aſciuto:
     E quel ſi poſe, in ſu l’anchore ſorto
     Cotra a Biſerta, u miglio appſſo al porto

[11]
Come veri chriſtiani Aſtolfo e Orlando
     Che ſenza Dio nò vano a riſchio alcuo:
     Ne l’eſercito fan publico bando
     Che ſieno oration fatte & digiuno,
     E che ſi troui il terzo giorno: quando
     Si dará il ſegno: apparecchiato ogniuno
     Per eſpugnar Biſerta: che data hanno
     Vita che s’ habbia, a fuoco e

[12]
E coſi poi che le aſtinentie e i voti
     Deuotamète celebrati ſoro,
     Parenti amici, e glialtri infíeme noti
     Si cominciaro a conuitar tra loro,
     Dato reſtauro a corpi eſhauſti e voti
     Abbracciandoli inſieme lachrymoro,
     Tra loro vſando i modi e le parole
     Che tra i piú cari al dipartir ſi ſuole.

[13]
Dentro a biſerta i ſacerdoti fanti
     Supplicando col populo dolente,
     Battonſi il petto, e con dirotti pianti
     Chiamano il lor Machon ch nulla ſente,
     Quante vigilie: quante oſſerte, quanti
     Doni promeſſi ſon priuatamente,
     Quanto in publico tèpli, ſtatue, altari,
     Memoria eterna de lor caſi amari.

[14]
E poi che dal Cadi ſu benedetto
     Preſe il populo l’arme, e torno al muro:
     Anchor giacea col ſuo Tithon nel letto
     La bella Aurora, & era il cielo oſcuro,
     Quado Aſtolfo da vn cato, e Sanſonetto
     Da un’ altro: armati a gli ordini lor ſuro,
     E poi che’l ſegno che die il conte: vdiro
     Biſerta con grande impeto aſſaliro.

[15]
Hauea Biſerta da duo canti il- mare
     Sedea da glialtri duo nel lito aſciutto,
     Con fabrica eccellente e ſingulare
     Fu antiquamente il ſuo muro còſtrutto,
     Poco altro ha che l’aiuti o la ripare:
     Che poi che’l re Brazardo ſu ridutto
     Dentro da qlla, pochi maſtri, e poco
     Potè hauer tempo a riparare il loco,

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[16]
Aſtolfo da l’affluito al Re de Neri
     Che faccia a merli tanto nocumento
     Con falariche ſonde e con arcieri
     Che leui d’affacciarli ogni ardimento,
     Si che paſſin pedoni e canallieri
     Fin ſotto la muraglia a ſaluamento,
     Che vengon chi di pietre e chi di traui
     Chi d’aſce e chi d’altra materia graui.

[17]
Chi qſta coſa e chi quell’altra getta
     Dètro alla ſoſſa, e vien di mano in mano,
     Di cui l’acqua il di inanzi ſu intercetta
     Si che in piú parte ſi ſcopria il pantano:
     Ella ſu piena & atturata in fretta
     E fatto vguale infin’ al muro il piano:
     Aſtolfo, Orlando, & Oliuier procura
     Di far falir’i fanti in ſu le mura.

[18]
I Nubi d’ogni indugio impatienti
     Da la ſperanza del guadagno tratti:
     Non mirando a pericoli imminenti:
     Coperti da teſtuggini e da gatti
     Con arieti e loro altri inſtrumenti
     A ſorar torri e porte rompere atti,
     Toſto ſi fero alla citta vicini
     Ne trouaro ſprouiſti i ſaracini.

[19]
Che ferro e fuoco e merli e tetti graui
     Cader facendo a guiſa di tempeſte
     Per ſorza aprian le tauole e le traui
     De le machine in lor danno conteſte,
     Ne l’aria oſcura e ne i principii praui
     Molto patir le battezate teſte:
     Ma poi che’l Sole vſci del ricco albergo
     Volto Fortuna a i ſaracini il tergo.

[20]
Da tutti i canti risforzar l’affalto
     Fé il cote Orlando e da mare e da terra:
     Sanſonetto e’ hauea l’armata in alto
     Entro nel porto: e s’ accorto alla terra,
     E con ſrombe e con archi facea d’alto
     E con varii tormenti eſtrema guerra:
     E facea inſieme eſpedir lance e ſcale
     Ogni apparecchio e munition nauale.

[21]
Facea Oliuiero, Orlado, e Brandimarte
     E quel che ſu ſi dianzi in aria ardito
     Aſpra e ſiera battaglia da la parte
     Che lungi al mare era piú dentro al lito,
     Ciaſcun d’ eſſi venia con vna parte
     De l’hoſte che s’hauean quadripartito:
     Quale a mur, quale a porte, e quale altroue
     Tutti dauan di ſé lucide proue.

[22]
Il valor di ciaſcun meglio ſi puote
     Veder coſi che ſé foſſer confuſi,
     Chi ſia degno di pmio e chi di note
     Appare inanzi a mill’occhi non chiuſi,
     Torri di legno trannoſi con ruote
     E gli depilanti altre ne portano vſi,
     Che ſu lor doſſi coſi in alto vanno
     Che i merli ſotto a molto ſpatio ſtanno.

[23]
Vien Bradimarte, e pon la ſcala a muri
     E ſale, e di ſalir altri conforta,
     Lo ſeguon molti intrepidi e ſicuri
     Clie no può dubitar chi l’ha i ſua ſcorta,
     Non e chi miri o chi mirar ſi curi
     Se quella ſcala il gran peſo comporta,
     Sol Brandimarte a gli nimici attende
     Pugnado ſale: e al ſine vn merlo prende.

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[24]
E con mano e con pie quiui s’attacca
     Salta ſu i merli, e mena il brando inuolta,
     Vrta, riuerſa, e fende, e ſora, e ammacca:
     E di ſé moſtra eſperientia molta:
     Ma tutto a vn tépo la ſcala ſi ſiacca
     Ch troppa ſoma e di ſopchio ha tolta:
     E ſor che Brandimarte, giú nel ſoſſo
     Vanno ſozopra, e l’uno all’altro adoſſo

[25]
Per ciò no perde il cauallier l’ardire
     Ne pèſa riportare adietro il piede,
     Ben che de ſuoi non vede alcun ſeguire
     Ben che berzaglio alla citta ſi vede,
     Pregauan molti (e non volſe egli vdire)
     Che ritornaſſe: ma dètro ſi diede:
     Dico che giú ne la citta d’ un ſalto
     Dal muro atro, che treta braccia era alto

[26]
Come trouato haueſſe o piume o paglia
     Preſſe il duro terren ſenza alcun danno,
     E qi e’ ha ítorno affrappa, e ſora, e taglia
     Come s’ affrappa, e taglia, e ſora il panno,
     Hor còtra qſti, hor contra quei ſi ſcaglia
     E quelli, e qſti in ſuga ſé ne vanno,
     Penfano qi di ſuor che l’han veduto
     Detro ſaltar: che tardo ſia ogni aiuto.

[27]
Per tutto’l campo alto rumor ſi ſpande
     Divoce ivoce e’l mormorio e’l biſbiglio
     La vaga Fama intorno ſi fa grande
     E narra: & accreſcendo va il periglio:
     Oue era Orlando (perche da piú bande
     Si daua aſſalto) oue d’Othone il figlio:
     Oue Oliuier: quella volando venne
     Senza poſar mai le veloci penne.

[28]
Queſti guerrier, e piú di tutti Orlando
     Ch’ amano Bradimarte e l’hano in pgio:
     Vdendo che ſé van troppo indugiando
     Perderanno vn cOpagno coſi egregio,
     Pigliai! le ſcale, e qua e la montando
     Moſtrano a gara animo altiero e regio:
     Con ſi audace ſembiante e ſi gagliardo
     Che i nimici tremar fan con lo ſguardo.

[29]
Come nel mar che per tempeſta ſreme
     Aſſaglion l’aque il temerario legno.
     C’hor da la prora hor da le parti eſtreme
     Cercano entrar co rabbia e con iſdegno:
     Il pallido nocchier ſoſpira e geme
     Ch’aiutar deue, e nò ha cor ne ingegno:
     Vna onda viene al ſin ch’occupa il tutto
     E doue quella entro ſegue ogni ſlutto.

[30]
Coſi di poi e’ hebbono preſi i muri
     Queſti tre primi, ſu ſi largo il paſſo
     Che glialtri hormai ſeguir ponno ſicuri
     Che mille ſcale hanno fermate al baffo:
     Haueano in tanto gli arieti duri
     Rotto in piú lochi, e con ſi gra ſraccaſſo,
     Che ſi poteua in piú che in vna parte
     Soccorrer l’animoſo Brandimarte.

[31]
Co quel furor che’l Re de ſiumi altiero
     Quando rompe tal volta argini e ſponde
     E che ne i campi Ocnei s’apre il ſentiero
     E i graſſi ſolchi, e le biade feconde
     E con le ſue capanne il gregge intero
     E co i cani i paſtor porta ne l’òde:
     Guizzano i peſci a gliolmi in ſu la cima
     Oue ſolean volar gli augèlli in prima.

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[32]
Con quel furor l’únpetuofa gente
     La doue hauea I piú parti il muro rotto:
     Entro col ferro e con la face ardente
     A diſtrugere il popul mal condotto,
     Homicidio rapina, e man violente
     Nel ſangue e nel’hauer, traſſe di botto
     La ricca e triomphal citta a ruina
     Che ſu di tutta l’Africa regina,

[33]
D’ huomini morti pieno era per tutto:
     E de le innumerabili ferite
     Fatto era u ſtagno piú ſcuro e piú brutto
     Di quel che cinge la citta di Dite,
     Di caſa in caſa vn lugo incendio indutto
     Ardea palagi, portici, e meſchite:
     Di pianti e d’urli, e di battuti petti
     Suonano i voti, e depredati tetti.

[34]
I vincitori vſcir de le funeſte
     Porte vedeanſi di gran preda onuſti,
     Chi con bei vaſi, e chi con ricche veſte,
     Chi con rapiti argenti a Dei vetuſti:
     Chi trahea i ſigli, e chi le madri meſte:
     Fur fatti ſtupri, e mille altri atti ingiuſti:
     De i quali Orlado vna gran parte inteſe
     Ne lo potè vietar, ne’I Duca Ingleſe.

[35]
Fu Bucifar de l’Algazera morto
     Co eſſo vn colpo da Oliuier gagliardo:
     Perduta ogni ſperanza ogni conſorto
     S’ ucciſe di ſua mano il Re Branzardo:
     Con tre ferite onde mori di corto
     Fu preſo Foluo dal Duca dal Pardo:
     Queſti eran tre ch’al ſuo partir laſciato
     Hauea Agramate a guardia de lo ſlato.

[36]
Agramante ch’in tanto hauea deſerta
     l’armata, e con Sobrin n’ era fuggito,
     Pianſe da lungi e ſoſpiro Biſerta,
     Veduto ſi gran ſiamma arder fu’l lito,
     Poi piú d’ appretto hebbe nouella certa
     Come de la ſua terra il caſo era ito,
     E d’ uccider ſé ſteffo in pender venne
     E lo facea, ma il Re Sobrin lo tenne.

[37]
Dicea Sobrin che piú vittoria lieta
     Signor potrebbe il tuo inimico hauere?
     Che la tua morte vdire? onde quieta
     Si ſperaria poi l’Africa godere?
     Queſto contento il viuer tuo gli vieta:
     Quindi haura cagion ſempre di temere
     Sa ben che lungamente Africa ſua
     Eſſer non può ſé non per morte tua.

[38]
Tutti i ſudditi tuoi, morendo priui
     De la ſperanza, vn ben che ſol ne reſta,
     Spero che n’habbi a liberar ſé viui
     E trar d’affanno e ritornarne in feſta:
     So che ſé muori, ſian ſempre captiui
     Africa ſempre tributaria e meſta:
     Dunque s’ in vtil tuo viuer non vuoi
     Viui Signor p non far danno a i tuoi.

[39]
Dal Soldano d’Egytto tuo vicino
     Certo eſſer puoi d’ hauer danari e gente,
     Mal volentieri il figlio di Pipino
     In Africa vedrá tanto potente:
     Verrá con ogni sforzo Norandino
     Per ritornarti in regno il tuo parente:
     Armeni: Turchi, Perſi, Arabi, e Medi,
     Tutti in ſoccorſo haurai ſé tu li chiedi.

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[40]
Con tali e ſimil detti il Vecchio accorto
     Studia tornare il ſuo Signore in ſpeme
     Di racquietarli l’Africa di corto:
     Ma nel ſuo cor ſorſè il contrario teme,
     Sa bè quato e a mal termie e a mal porto
     E come ſpeffo in van ſoſpira e geme
     Chiunqj il regno ſuo ſi laſcia torre
     E per ſoccorſo a Barbari ricorre.

[41]
Hannibal e Iugurta di ciò ſoro
     Buon teſtimoni, & altri al tépo antico:
     Al tempo noſtro Ludouico il Moro
     Dato in poter d’ un’ altro Ludouico,
     Voſtro fratello Alſonſo: da coſtoro
     Bè hebbe eſépio, a voi Signor mio dico
     Che ſempre ha riputato pazzo eſpffo
     Chi piú ſi ſida in altri ch’in ſé ſteffo.

[42]
E perho ne la guerra che gli moſſe
     Del pontiſice iratovn duro ſdegno,
     Anchor che ne le deboli ſue poſſe
     Non poteſſi egli far molto diſegno,
     E chi lo difendea, d’ Italia foſſe
     Spinto, e n’ haueſſe il ſuo nimico il regno
     Ne per minaccie mai ne per pmeſſe
     S’induffe che lo ſtato altrui cedeffe.

[43]
Il Re Agramante all’Oriente hauea
     Volta la prora, e s’ era ſpinto in alto
     Quando da terra vna tempeſta rea
     Moſſe da banda impetuoſo aſſalto,
     Il nocchier ch’ai gouerno vi ſedea
     Io veggo (diſſe alzado gliocchi ad alto)
     Vna procella apparecchiar ſi graue
     Che contraffar non le potrá la naue.

[44]
S’attendete Signori al mio conſiglio
     Qui da man manca ha vn’ iſola vicina
     A cui mi par e’ habbiamo a dar di piglio
     Fin che paſſi il furor de la marina,
     Cofenti il Re Agramante: e di periglio
     Vſci, pigliando la ſpiaggia mancina,
     Che p ſalute de nocchieri giace
     Tra gli Afri e di Vulcan l’alta ſornace.

[45]
D’ habitationi e l’iſoletta vota
     Piena d’humil mortelle e di ginepri
     Ioconda ſolitudine e remota
     A cerni a daini a capriuoli a lepri
     E ſuor ch’a piſcatori e poco nota
     Oue ſouente a rimondati vepri
     Soſpendon per feccar V humide reti:
     Dormeno in tato i peſci in mar quieti.

[46]
Quiui trouar che s’ era vn’ altro legno
     Cacciato da Fortuna giá ridutto,
     Il gran guerrier ch’in Sericana ha regno
     Leuato d’ Arli hauea quiui condutto,
     Con modo riuerente e di ſé degno
     Lú Re co l’altro s’abbraccio all’aſciutto
     Ch’erano amici, e poco inanzi ſuro
     Compagni d’ arme al Parigino muro.

[47]
Con molto diſpiacer Gradaſſo inteſe
     Del Re Agramante le ſortune auuerſe:
     Poi confortollo, e come Re corteſe
     Con la propria perſona ſé gli oſſerſe,
     Ma ch egli andaſſe all’inſedel paeſe
     D’ Egytto per aiuto non foſſerſe,
     Che vi ſia (diſſe) periglioſo gire
     Douria Pompeio i profugi ammonire.

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[48]
E pche detto m’hai che con l’aiuto
     De gli Ethiopi ſudditi al Senapo,
     Aſtolfo a torti l’Africa e venuto
     E ch’arfa ha la citta che n’era capo:
     E ch’Orlado e con lui, che diminuto
     Poco inanzi di ſenno haueua il capo,
     Mi pare al tutto vn’ ottimo rimedio
     Hauer penſato a farti vſcir di tedio,

[49]
Io pigliero per amor tuo l’imprefa
     D’entrar col Conte a ſingular certame,
     Contra me ſo che non haura difeſa
     Se tutto foſſe di ferro o di rame,
     Morto lui ſtimo la chriſtiana Chieſa
     Quel ch l’agnelle il lupo e’ habbia fame,
     Ho poi péfato (e mi ſia coſe lieuel
     Di fare i Nubi vſcir d’ Africa in breue.

[50]
Faro che gli altri Nubi, che da loro
     Il Nilo parte, e la diuerſa legge,
     E gli Arabi, e i Macrobi, queſti d’oro
     Ricchi e di géte, e quei d’eqno gregge,
     Perſi e Caldei, perche tutti coſtoro
     Con altri molti il mio ſcettro corregge:
     Faro ch’in Nubia lor faran tal guerra
     Che no ſi fermeran ne la tua terra.

[51]
Al Re Agramante assai parue oportuna
     Del Re Gradano la feconda oſſerta,
     E ſi chiamo obligato alla Fortuna
     Che l’hauea tratto all’ifola deſerta,
     Ma non vuol torre a conditione alcuna
     (Se racquiſtar credeſſe indi Biſerta)
     Ch battaglia p lui Gradaſſo prèda
     Che’n ciò gli par ch l’honor troppo offèda.

[52]
S’a disfidar s’ ha Orlando, ſon quell’io
     (Riſpofe) a cui la pugna piú conuiene,
     E pronto vi faro, poi faccia Dio
     Di me come gli pare o male o bene,
     Faccian (diſſe Gradaſſo) al modo mio
     A vn nuouo modo ch’in pèſier mi viene:
     Queſta battaglia pigliamo ambedui
     Incontra Orlando, e vn’ altro ſia con lui.

[53]
Pur ch’io non reſti ſuor non me ne lagno
     Diſſe Agramáte, o ſia primo o fecondo:
     Ben ſo ch’in arme ritrouar compagno
     Di te miglior non ſi può in tutto’l modo,
     Et io (diſſe Sobrin) doue rimagno?
     E ſé vecchio vi paio: vi riſpondo
     Ch’io debbo eſſer piú eſperto, e nel periglio
     Preſſo alla ſorza, e buono hauer 9figlio.

[54]
D’ una vecchiezza valida e robuſta
     Era Sobrino: e di famoſa proua:
     E dice ch’in vigor l’etá vetuſta
     Si ſente pari alla giá verde e nuoua:
     Stimata ſu la ſua domanda giuſta
     E ſenza indugio vn meſſo ſi ritroua
     Ilqual ſi mandi a gli Africani lidi
     E da lor parte il conte Orlando sfidi.

[55]
Che s’ habbia a ritrouar con numer pare
     Di cauallieri armati in Lipaduſa,
     Vna iſoletta e queſta, che dal mare
     Medeſmo che li cinge e circonfuſa,
     Nò ceſſa il meſſo a vela e a remi andare
     Come quel che pſtezza al biſogno vſa:
     Che ſu a Biſerta, e trouo Orlando quiui
     Ch’a ſuoi le ſpoglie diuidea e i captiui.

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[56]
Lo’nuito di Gradaſſo e d’ Agramante
     E di Sobrino in publico ſu eſpreffo:
     Tanto giocOdo al principe d’ Anglante
     Che d’ampli doni honorar fece il meſſo,
     Hauea da i ſuoi compagni vdito inante
     Che Durindana al ſianco s’ hauea meſſo
     Il Re Gradaſſo, onde egli per deſire
     Di racquiſtarla, in India volea gire.

[57]
Stimando non hauer Gradaſſo altroue
     Poi ch’udí che di Francia era partito,
     Hor piú vicin gli e oſſerto luogo, doue
     Spera che’l ſuo gli ſia reſtituito,
     Il bel corno d’ Almonte ancho lo muoue
     Ad accettar ſi volentier lo’nuito,
     E Brigliador non me: che ſapea in mano
     Eſſer venuti al figlio di Troiano.

[58]
Per compagno s’elegge alla battaglia
     11 fedel Brandimarte e’l ſuo Cognato,
     Prouato ha quanto l’uno e l’altro vaglia
     ’ Sa che da trambi e ſommamente amato,
     Buò dſtrier, buOa piaſtra, e buoa maglia
     E ſpade cerca, e lancie in ogni lato
     A ſé e a cópagni, che Tappiate parme
     Che neſſun d’elfi hauea le folite arme.

[59]
Orlando (come io v’ ho detto piú volte)
     De le ſue ſparfe per furor la terra,
     A glialtri ha Rodomonte le lor tolte
     C hor alta torre in ripa vn fiume ferra,
     Nò ſé ne può per Africa hauer molte:
     Si pche í Fracia hauea tratto alla guerra
     Il Re Agramante ciò ch’era di buono:
     Si perche poche in Africa ne ſono.

[60]
Ciò che di ruginoſo e di brunito
     Hauer ſi può, fa ragunare Orlando,
     E co i compagni in tanto va pel lito
     De la ſutura pugna ragionando,
     Gli auuié, ch’eſſédo ſuor del capo vſcito
     Piú di tre miglia, e gliocchi al mar alzando
     Vide calar co le vele alte vn legno
     Verſo il lito african ſenza ritegno,

[61]
Senza nocchieri e ſenza nauiganti
     Sol come il vento e ſua fortuna il mena
     Venia con le vele alte il legno auanti:
     Tanto che ſé ritenne in ſu l’arena,
     Ma prima che di queſto piú vi canti
     L’amor ch’a Ruggier porto mi rimena
     Alla ſua hiſtoria, e vuol ch’io vi raccote
     Di lui e del guerrier di Chiaramonte.

[62]
Di queſti duo guerrier, diſſi che tratti
     S’ erano ſuor del martiale Agone,
     Viſte conuention rompere e patti
     E turbarli ogni ſquadra e legione,
     Chi prima i giuramenti habbia disfatti
     E ſtato ſia di tanto mal cagione,
     O l’Imperator Carlo o il Re Agramante
     Studian ſaper da chi lor paſſa auante.

[63]
Vn ſeruitor in tanto di Ruggiero
     Ch’era fedele e pratico & aſtuto
     Ne pel cOflitto de i duo campi fiero
     Hauea di viſta il patron mai perduto,
     Véne a trouarlo, e la ſpada e’l deſtriero
     Gli diede, perche a ſuoi foſſe in aiuto:
     Monto Ruggiero e la ſua ſpada tolſe
     Ma ne la zuffa entrar non perho volſe.

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[64]
Quindi ſi parte, ma prima rinuoua
     La conuention che con Rinaldo hauea:
     Che ſé pergiuro il ſuo Agramante troua
     Lo Iaſciera con la ſua fetta rea,
     Per ql giorno Ruggier fare altra proua
     D’ arme non volſe, ma ſolo attendea
     Affermar qſto eqllo, e a domandarlo
     Chi pria roppe o’I Re Agramate o Carlo

[65]
Ode da tutto’ 1 modo che la parte
     Del Re Agramate ſu che roppe prima:
     Ruggiero ama Agramante, e ſé ſi parte
     Da lui per qſto: error non lieue ſtima,
     Fur le gente Africane e rotte e ſparte
     (Queſto ho giá detto inazi) e da la cima
     De la volubil mota tratte al fondo
     Come piacque a colei ch’aggira il mòdo

[66]
Tra ſé volue Ruggiero e fa diſcorfo
     Se reſtar deue: o il ſuo Signor ſeguire,
     Gli pon l’amor de la ſua Dona vn morſo
     Per non laſciarlo in Africa piú gire,
     Lo volta e gira & a còtrario corſo
     Lo ſprona e lo minaccia di punire
     Se’l patto e’l giuramento non tien ſaldo
     Che fatto hauea col paladin Rinaldo.

[67]
Non men da l’altra parte sferza e ſprona
     La vigilante e ſtimulofa cura
     Che s’ Agramante in ql caſo abbadona
     A viltá gli ſia aſcritto & a paura,
     Se del reſtar la cauſa parrá buona
     A molti, a molti ad accettar ſia dura,
     Molti diran che non ſi de offeruare
     Quel ch’era ingiuſto e illicito a giurare.

[67]
Tutto quel giorno e la notte ſeguente
     Stette ſolingo, e coſi l’altro giorno,
     Pur trauagliando la dubbioſa mente
     Se partir deue: o far quiui ſoggiorno:
     Pel Signor ſuo conclude ſinalmente
     Di fargli dietro in Africa ritorno:
     Potea in lui molto il coniugale amore
     Ma vi potea piú il debito e l’honore.

[69]
Torna verſo Arli che trouarui ſpera
     L’armata achor, ch’in Africa il traſporti:
     Ne legno in mar ne dentro alla riuera
     Ne ſaracini vede ſé non morti,
     Seco al partire ogni legno che v’ era
     Traſſe Agramate, e’l reſto arſe ne i porti
     Fallitogli il pender, preſe il camino
     Verſo Marſilia pel lito marino.

[70]
A qualche legno penſa dar di piglio
     Ch’a prieghi o ſorza il porti all’altra riua
     Giá v’era giunto del Daneſe il figlio
     Con l’armata de Barbari captiua,
     Non ſi haurebbe potuto vn gra di miglio
     Gittar ne l’acqua: tanto la copriua
     La ſpeffa moltitudine de naui
     Di vincitori e di prigioni graui.

[71]
Le naui de pagani, ch’auanzaro
     Dal fuoco, e dal nauſragio quella notte,
     (Eccetto poche ch’in ſuga n’ andaro)
     Tutte a Marſilia hauea Dudon codotte,
     Sette di quei ch’in Africa regnaro,
     Che poi che le lor genti vider rotte
     Con fette legni lor s’eran renduti:
     Stauan dolenti lachrymoſi e muti.

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[72]
Era Dudon fopra la ſpiaggia vſcito
     Ch’a trouar Carlo ádar volea ql giorno,
     E de captiui e de lor ſpoglie, ordito
     CO lúga pòpa hauea vn triopho adorno:
     Eran tutti i prigion ſtefi nel lito
     E i Nubi vincitori allegri intorno:
     Che faceano del nome di Dudone
     Intorno riſonar la regione.

[73]
Véne in ſperanza di lontan Ruggiero
     Che queſta foſſe armata d’Agramante,
     E per ſaperne il vero vrto il deſtriero
     Ma riconobbe come ſu piú inante,
     Il Re de Nafamona prigionero,
     Bambirago, Agricalte, e Farurante,
     Manilardo, e Balaſtro, e Rimedonte
     Che piangendo tenean baſſa la ſronte.

[74]
Ruggier che gli ama foſſerir non puote
     Che ſtian ne la miſeria in che li troua:
     Quiui fa ch’a uenir con le man vote
     Senza vſar ſorza il pregar poco gioua,
     La lancia abbaſſa, e chi li tien percuote
     E fa del ſuo valor l’ufata proua:
     Stringe la ſpada e in vn piccol momento
     Ne fa cadere intorno piú di cento.

[75]
Dudone ode il rumor, la ſtrage vede
     Che fa Ruggier, ma chi ſia non conoſce,
     Vede i ſuoi c’háno in ſuga volto il piede
     Con gran timor co pianto e co angofee,
     Preſto il dſtrier lo ſcudo e l’elmo chiede
     Che giá hauea armato e petto e braccia e coſce
     Salta a cauallo e ſi fa dar la lacia
     E non oblia ch’e paladin di Francia.

[76]
Grida che ſi ritiri ognun da canto,
     Spinge il cauallo, e fa ſentir gli ſproni:
     Ruggier cèt’ altri n’ hauea vcciſi in tanto
     E gran ſperanza dato a quei prigioni:
     E come venir vide Dudon ſanto
     Solo a cauallo, e glialtri eſſer pedoni
     Stimo che capo e che Sgnor lor foſſe
     E contra lui con gran deſir ſi moſſe.

[77]
Giá moſſo prima era Dudon, ma quando
     Senza lancia Ruggier vide venire,
     Lunge da ſé la ſua gitto, ſdegnando
     Con tal vantaggio il cauallier ferire,
     Ruggiero al corteſe atto riguardando
     Diſſe ſra ſé, coſtui non può mentire
     Ch’ uno non ſia di quei guerrier perfetti
     Che Paladin di Francia ſono detti,

[78]
S’ impetrar lo potrò, vo che’l ſuo nome
     Inanzi che ſegua altro, mi paleſe:
     E coſi domandollo, e ſeppe come
     Era Dudon ſigliuol d’Vggier Daneſe,
     Dudo grauo Ruggier poi d’ ugual ſome
     E pari mentre lo trouo corteſe:
     Poi che i nomi tra lor s’ hebbono detti
     Si disfidare e vennero a gli effetti.

[79]
Hauea Dudon quella ferrata mazza
     Ch’ in mille impſe gli die eterno honore,
     Con eſſa moſtra ben, ch’egli di razza
     Di quel Daneſe pien d’ alto valore,
     La ſpada ch’ap ogni elmo ogni corazza
     Di che non era al mondo la migliore
     Traſſe Ruggiero: e fece paragone
     Di ſua virtude al paladin Dudone.

[p. 521 modifica]


[80]
Ma pcheí méte ognihora hauea, di meno
     Offender la ſua Donna che potea,
     Et era certo ſé ſpargea il terreno
     Del ſangue di coſtui, che la oſſendea,
     (De le caſe di Francia inſtrutto a pieno
     La madre di Dudone eſſer ſapea
     Armelina ſorella di Beatrice.
     Ch’era di Bradamante genitrice.)

[81]
Per queſto mai di punta non gli tratte
     E di taglio rariſſimo feria:
     Schermiaſi ouunque la mazza calaſſe
     Hor ribattèdo hor dandole la via:
     Crede Turpip che per Ruggier reſtaffe
     Che Dudo morto in pochi colpi hauria,
     Ne mai qualunque volta ſi ſcoperfe
     Ferir ſé non di piatto lo foſſerſe.

[82]
Di piatto vſar potea come di taglio
     Ruggier la ſpada ſua e’ hauea gra ſchèa,
     E quiui a ſtrano giuoco di ſonaglio
     Sopra Dudon con tanta ſorza mena
     Ch ſpeffo a gliocchi gli pò tal barbaglio
     Che ſi ritien di non cadere a pena,
     Ma per eſſer piū grato a chi m’aſcolta
     Io differifeo il canto a vn’altra volta.