Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 33

Canto 33

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Canto 32 Canto 34

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CANTO XXXIII



 [1]

T
Imagora, Parraſio, Polignoto,

     Protogene, Timante, Apollodoro,
     Apelle piū di tutti queſti noto,
     E Zeuſi, e gli altri ch’a quei tèpi ſoro
     Di quai la fama (mal grado di Cloto
     Che ſpinfe i corpi, e dipoi l’opre loro)
     Sempre ſtara, ſin che ſi legga e ſcriua
     Merce de gli ſcrittori al mondo viua.

 [2]
E quei che ſuro a noſtri di: o ſono hora
     Leonardo, Andrea mategna, Giā belilo,
     Duo Dotti: e ql ch’apar ſculpe e colora
     Michel piū che mortale Angel diuino,
     Baſtiano: Raphael: Titian e’ honora
     No men Cador che qi Venetia e Vrbino:
     E gli altri di cui tal l’opra ſi vede
     Qual de la priſca etā ſi legge e crede.

 [3]
Queſti che noi veggian pittori, e qlli
     Che giā mille e mill’anni in pregio ſuro:
     Le coſe che ſon ſtate co i pennelli
     Fatt’hanno, altri ſu l’affé altri fu’l muro,
     Non perho vdiſte antiqui, ne nouelli
     Vedette mai, dipingere il ſuturo
     E pur ſi ſono hiſtorie ancho trouate
     Che ſon dipinte inanzi che ſian ſtate.

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 [4]
Ma di ſaperlo far non ſi dia vanto
     Pittore antico, ne pittor moderno:
     E ceda pur queſt’ arte al ſolo incanto
     Delqual trieman gli ſpirti de lo’nferno
     La ſala ch’io dicea ne l’altro canto
     Merlin col libro, o foſſe al lago Auerno
     O foſſe ſacro alle Nurfine grotte,
     Fece far da i Demonii in vna notte.

 [5]
Queſt’ arte con che i noſtri antiqui ſéno
     Mirade proue, a noſtra etade e eſtinta,
     Ma ritornando oue aſpettar mi denno
     Quei che la ſala hano a veder dipinta,
     Dico ch’a vno feudier ſu fatto cenno
     Ch’accefe i torchi, onde la notte vinta
     Dal gran ſplendor ſi dileguo d’ intorno,
     Ne piú vi ſi vedria ſé foſſe giorno.

 [6]
Quel Signor diſſe lor vo che Tappiate
     Che de le guerre che ſon qui ritratte:
     Fin’ al di d’hoggi poche ne ſon (tate,
     E ſon prima dipinte che ſian fatte,
     Chi l’ha dipinte anchor l’ha indouinate,
     Quando vittoria hauran, quado disfatte
     In Italia faran le genti noſtre,
     Potrete qui veder come ſi moſtre.

 [7]
Le guerre ch’i Franceſchi da far’ hanno
     Di la da l’alpe, o bene o mal ſucceſſe,
     Dal tempo ſuo fin’ al millefim’anno
     Merlin Propheta in queſta ſala meſſe,
     Ilqual mandato ſu dal Re Britanno
     Al ſranco Re ch’a Marcomir ſucceſſe,
     E perche lo mandaffi, e perche fatto
     Da Merlin ſu il lauor, vi diro a vn tratto.

 [8]
Re Fieramonte che paſſo primiero
     Con l’eſercito Franco in Gallia il Rheno
     Poi che quella occupo, facea penderò
     Di porre alla ſuperba Italia il ſreno,
     Faceal perciò che piu’l Romao impero
     Vedea di giorno in giorno venir meno,
     E per tal cauſa col Britanno Arturo
     Volſe far lega, ch’ambi a vn tèpo ſuro.

 [9]
Artur ch’imprefa anchor ſenza coſiglio
     Del propheta Merlin non fece mai,
     Di Merlin dico del Demonio figlio
     Che del ſuturo antiuedeua assai,
     Per lui ſeppe, e ſaper fece il periglio
     A Fieramonte, a che di molti guai
     Porrá ſua gente, s’entra ne la terra
     Ch’Apenin parte e il mare e l’alpe ferra.

 [10]
Merlin gli ſé veder che quaſi tutti
     Glialtri ch poi di Fracia ſcettro haurano
     O di ferro gli eſerciti diſtrutti
     O di fame, o di peſte ſi vedranno,
     E che breui allegrezze, e lunghi lutti:
     Poco guadagno, & inſinito danno
     Riporteran d’ Italia, che non lice
     Che’l giglio in ql terreo habbia radice.

 [11]
Re Fieramonte gli preſto tal fede
     Ch’altroue diſegno volger l’armata,
     E Merlin che coſi la coſa vede
     C habbia a venir, come ſé giá ſia (tata,
     Hauere a prieghi di quel Re ſi crede
     La ſala per incanto hiſtoriata,
     Oue de i Frachi ogni ſuturo geſto,
     Come giá ſtato ſia fa manifeſto.

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 [12]
Accio chi poi ſuccedera: comprenda
     Ch come ha d’ acqltar vittoria e honore
     Qualhor d’ Italia la difeſa prenda
     Incontra ognaltro Barbaro furore,
     Coſi s’auuien ch’a danneggiarla ſcenda
     Per porle il giogo, e farſene ſignore,
     Comprenda dico e rendafi ben certo
     Ch’oltre a qi moti haura il ſepulchro apto
Coſi diſſe, e meno le donne doue

 [13]
Incomincian l’hiſtorie, e Singiberto
     Fa lor veder, che per theſor ſi muoue
     Che gli ha Mauritio Imperatore oſſerto:
     Ecco che ſcende dal monte di Gioue
     Nel pian da l’ambra e dal Ticino apto,
     Vedete Eutar che non pur l’ha reſpinto
     Ma volto in ſuga e ſracaſſato e vinto,
     
 [14]
Vedete Clodoueo ch’a piú di ceto
     Mila perſone fa paſſare il monte,
     Vedete il Duca la di Beneuento
     Che con numer diſpar vien loro a ſròte:
     Ecco ſinge laſciar l’alloggiamento
     E pon gli aguati, ecco con morti & onte
     Al vin lombardo la gente Franceſca
     Corre, e riman come la laſca all’eſca.

 [15]
Ecco in Italia Childiberto quanta
     Gente di Francia e capitani in via,
     Ne piú che Clodoueo ſi gloria e vanta
     C’habbia ſpogliata o vinta Lombardia:
     Che la ſpada del ciel ſcende con tanta
     Strage de ſuoi, che n’ e piena ogni via,
     Morti di caldo e di profluuio d’ aluo
     Si che di dieci vn non ne torna ſaluo.

 [16]
Moſtra Pipino e moſtra Carlo appreſſo
     Come in Italia vn dopo l’altro ſcenda,
     E v’ habbia queſto e quel lieto ſucceſſo
     Che venuto non v’e perche l’offenda,
     Ma l’úo accio il Paſtor Stephano oppſſo
     L’altro Adriano, e poi Leon difenda,
     L’un doma Aiſtulfo, e l’altro vince e pnde
     Il ſucceſſore, e al Papa il ſuo honor rède.

 [17]
Lor moſtra appreſſo vn giouene Pipino
     Che co ſua gente par che tutto cuopra
     Da le ſornaci al lito peleſtino
     E faccia con gran ſpefa e co lung’ opra
     Il ponte a Malamocco, e che vicino
     Giunga a Rialto, e vi combatta fopra:
     Poi ſuggir ſembra, e che ifuoi laſci ſotto
     Lacqj, ch’I potè ilveto e’I mar gli ha rotto

 [18]
Ecco Luigi Borgognon che ſcende
     La doue par che reſti vinto e preſo,
     E che giurar gli faccia chi lo prende
     Che piú da l’arme ſue non fará oſſeſo,
     Ecco che’l giuramento vilipende
     Ecco di nuouo cade al laccio teſo,
     Ecco vi laſcia gliocchi: e come Talpe
     Lo riportano i ſuoi di qua da l’alpe.

 [19]
Vedete vn’Vgo d’Arli far gran fatti
     E che d’ Italia caccia i Berengari,
     E due o tre volte gli ha rotti e disfatti
     Hor da gli Huni rimeſſi hor da i Bauari,
     Poi da piú ſorza e ſtretto di far patti
     Con l’inimico, e non ſta in vita guari:
     Ne guari dopo lui vi ſta l’herede:
     E’I regno intero a Berengario cede.

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 [20]
Vedete vn altro Carlo che a conſorti
     Del buon paſtor fuoco i Italia ha meſſo:
     E in due ſiere battaglie ha duo Re morti
     Manfredi prima, e Coradino appreſſo,
     Poi la ſua gente che con mille torti
     Sembra tenere il nuouo regno oppreſſo,
     Di qua, e di la, per le citta diuiſa
     Vedete a vn ſuon di veſpro tutta vcciſa.

 [21]
Lor moſtra poi (ma vi parea intervallo
     Di molti e molti no channi ma luſtri)
     Scender da i monti vn capitano Gallo
     E róper guerra a i gran Viſconti illuſtri,
     E co gente Franceſca a pie e a cauallo
     Par ch Aleſſandria intorno cinga e luſtri
     E chel Duca il preſidio dentro poſto
     E ſuor halibi. i 1 aguato vn pò difeoſto.

 [22]
E la gente di Francia mal accorta
     Tratta co arte oue la rete e teſa
     Col conte Armeniaco la cui ſcorta
     Lhauea condotta allinfelice impreſa
     Giaccia per tutta la campagna morta:
     Parte ſia tratta in Aleſſandria preſa:
     E di ſangue non men che dacqua groſſo
     Il Tanaro ſi vede il Po far roſſo.

 [23]
Vn detto de la Marca e tre Angioini
     Moſtra lun dopo laltro: e dice queſti
     A Bruci, a Dauni, a Marfi, a Salentini,
     Vedete come ſon ſpeffo moleſti:
     Ma ne de Franchi vai ne de Latini
     Aiuto ſi, chalcun di lor vi reſti,
     Ecco li caccia ſuor del regno, quante
     Volte vi vanno, Alſonſo e poi Ferrante.

 [24]
Vedete Carlo ottauo che diſcende
     Da lalpe, e ſeco ha il fior di tutta Fracia
     Che paſſa il Liri, e tuttol regno prende
     Sèza mai ſtríger ſpada o abbaſſar lacia:
     Fuor ch lo ſcoglio ch a Tipheo ſi ſtéde
     Su le braccia ful petto e ſu la pancia
     Che del buon ſangue d Aualo al (jtraſto
     La virtú troua d Inico del Vaſto.

 [25]
Il Signor de la rocca che venia
     Queſt hiſtoria additando a Bradamáte,
     Moſtrato che 1 hebbe Iſchia, diſſe pria
     Cha vedere altro piú vi meni auante,
     10 vi diro, ql cha me dir ſolia
     11 biſauolo mio quad io era inſante,
     E ql che Umilmente mi dicea
     Che da ſuo padre vdito anchelfo hauea

 [26]
E1 padre ſuo da vn altro o padre, o foſſe
     Auolo, e lun da laltro ſin a quello
     Cha vdirlo da quel proprio ritrouoſſe
     Che V imagini ſé ſenza pennello
     Che qui vedete bianche azurre e roſſe,
     Vdi che quado al Re moſtro il cartello,
     C hor moſtro a voi ſu qſt altiero ſcoglio
     Gli diſſe ql ch a voi riferir voglio.

 [27]
Vdi che gli dicea ch in queſto loco
     Di ql buon cauallier che lo difende
     Con tato ardir che par diſprezzi il fuoco
     Che dognintorno e ſino al Faro incede,
     Naſcer debbe in qi tempi, o dopo poco
     (E ben gli diſſe V anno e le Kalende)
     Vn caualliero a cui fará fecondo
     Ogn altro che ſin q ſia ſtato al mondo.

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 [428]
ORLANDO FURIOSO
     
 [28]
     Non ſu Nireo ſi bel, no ſi eccellente
     Di ſorze Achille, e non ſi ardito Vliſſe,
     No ſi veloce Lada, non prudente
     Neſtor che tanto ſeppe e tanto viſſe,
     No tanto liberal tanto clemente
     L’antica Fama Ceſare deſcriffe,
Cheverfo l’huó ch’in Iſchia naſcer deue
No habbia ogni lor vato a reſtar lieue.

 [29]
E ſé ſi glorio l’antiqua Creta
     Quado il nipote in lei nacque di Celo
     Se Thebe fece Hercole e Bacco lieta
     Se ſi vanto de i duo gemelli Delo,
     Ne queſta Iſola haura da ſtarfi cheta
     Che no s’efalti e non ſi leui in cielo
     Ouado naſcera in lei ql gran Marcheſe
     C haura ſi d’ ogni graſia il ciel corteſe.

 [30]
Merlin gli diſſe e replicogli ſpeffo
     Ch’ era ſerbato a naſcere all’etade
     Che piú il Romano Iperio faria oppſſo:
     Accio per lui tornaſſe in libertade,
     Ma pche alcuno de ſuoi geſti appreſſo
     Vi moſtrero, predirli non accade:
     Coſi diſſe, e torno all’hiſtoria doue
     Di Carlo fivedean l’inclyte proue.

 [31]
Ecco dicea ſi pente Ludouico
     D’ hauer fatto in Italia venir Carlo,
     Che ſol per trauagliar l’emulo antico
     Chiamato ve l’hauea: non per cacciarlo:
     E ſé gli ſcuopre al ritornar nimico,
     Con Venetiani in lega, e vuol pigliarlo:
     Ecco la lancia il Re animoſo abbaſſa
     Apre la ſtrada, elor mal grado paſſa.

 [32]
Ma la ſua gente ch’a difeſa reſta
     Del nuouo regno ha ben contraria ſorte:
     Che Ferrante, co l’opra che gli preſta
     Il Signor Mantuan, torna ſi ſorte,
     Ch’ in pochi meſi non ne laſcia teſta
     O in terra o í mar ch no ſia meſſa a morte,
     Poi p vn’ huom che gli e co ſraude eſtlto
     No par che ſenta il gaudio d’ hauer Vito.

 [33]
Coſi dicendo moſtragli il Marcheſe
     Alſonſo di Peſcara, e dice dopo
     Che coſtui comparito in mille impreſe
     Sara piú riſplendente che Piropo,
     Ecco q ne l’inſidie che gli ha teſe
     Con vn trattato doppio il rio Etiopo
     Come ſcánato di ſaetta cade,
     Il miglior cauallier di quella etade.

 [34]
Poi moſtra oue il duodecimo Luigi
     Paſſa con ſcorta Italiana i monti
     E ſuelto il Moro pon la Fiordaligi
     Nel fecondo terren giá de Viſconti,
     Indi manda ſua gente pei veſtigi
     Di Carlo, a far fu’l Garigliano i ponti,
     Laquale appreſſo andar rotta e diſperfa
     Si vede e morta: e nel fiume fummerfa.

 [35]
Vedete in Puglia no minor macello
     Del’eſercito ſranco, in ſuga volto,
     E Conſaluo Ferrante Hiſpano e quello
     Che due volte alla trappola l’ha colto,
     E come qui turbato: coſi bello
     Moſtra Fortuna al Re Luigi il volto
     Nel ricco pian ch ſin doue Adria ſtride
     Tra l’Apenino e l’Alpe il Po diuide.

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 [36]
Coſi dicendo ſé ſteffo riprende
     Che ql e’ hauea adir pria habbia laſciato
     E toma a dietro: e moſtra vno che vende
     Il caſtel che’l Signor ſuo gli hauea dato,
     Moſtra il perfido Suizero che prende
     Colui ch’a ſua difeſa l’ha aſſaldato,
     Lequai due coſe ſenza abbaſſar lancia
     Han dato la vittoria al Re di Francia. .

 [37]
Poi moſtra Ceſar Borgia col fauore
     Di queſto Re: farſi in Italia grande,
     Ch’ogni Baron di Roma ogni Signore
     Suggietto a lei, par ch’in eſilio mande:
     Poi moſtra il Re che di Bologna ſuore
     Leua la Sega, e vi fa entrar le Giande:
     Poi come volge i Genouefi in ſuga
     Fatti ribelli: e la citta fuggiuga.

 [38]
Vedete (dice poi) di gente morta
     Coperta in Giaradada la capagna:
     Par ch’apra ogni cittade al Re la porta
     E che Venetia a pena vi rimagna:
     Vedete come al Papa non comporta
     Che paſſati i confini di Romagna
     Moil; 111,1 al Duca di Ferrara toglia,
     Ne qui ſi fermi e’l reſto tor gli voglia.

 [39]
E fa all’incontro a lui Bologna torre
     Che v’ entra la Bentiuola famiglia:
     Vedete il campo de Franceſi porre
     A ſacco Breſcia poi che la ripiglia:
     E quaſi a vn tempo Felſina ſoccorre,
     E’l campo Ecclefiaſtico ſgombiglia:
     E l’uno e l’altro poi ne i luoghi baffi
     Par ſi riduca del litto de chiaffi.

 [40]
Di qua la Francia, e di la il capo ingroſſa
     Le gète Hiſpana, e la battaglia e grande,
     Cader ſi vede e far la terra roſſa
     La gente d’arme in amendua le bande,
     Piena di ſangue humá pare ogni ſoſſa:
     Marte ſta in dubbio v la vittoria m5de,
     Per virtú d’un’Alfonfo al ſin ſi vede
     Che reſta il Fraco, e che l’Hiſpano cede.

 [42]
E che Rauéna ſaccheggiata reſta,
     Si morde il Papa per dolor le labbia,
     E fa da monti a guiſa di tempeſta
     Scendere in fretta vna Tedeſca rabbia,
     Ch’ ogni Franceſe ſenza mai far teſta
     Di qua da l’alpe par che cacciat’ habbia,
     E che poſto un rapollo habbia del Moro
     Nel giardino onde ſuelſe i Gigli d’oro.

 [43]
Ecco torna il Fraceſe: eccolo rotto
     Dal’inſedele Eluetio, ch’in ſuo aiuto
     Con troppo riſchio ha il giouine codotto
     Del quale il padre hauea pſo e veduto.
     Vedete poi l’efercito: che ſotto
     La ruota di Fortuna era caduto
     Creato il nouo Re che ſi prepara
     De l’onta vendicar c’hebbe a Nouara.

 [43]
E con migliore auſpitio ecco ritorna,
     Vedete il Re Franceſco inanzi a tutti
     Che coſi rompe a Suizeri le corna
     Che poco reſta a no gli hauer diſtrutti:
     Si che’l titolo mai piú non gli adorna
     Ch’ufurpato s’haura quei villan brutti
     Che domator de principi: e difeſa
     Si nomeran de la Chriſtiana Chieſa.

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 [44]
Ecco malgrado de la lega prende
     Milano, e accorda il giouene Sforzeſco,
     Ecco Borbon che la citta difende
     Pel Re di Francia, dal furor Tedeſco,
     Eccoui poi che mentre altroue attende
     Ad altre magne ipreſe il Re Franceſco,
     Ne fa quanta ſuperbia e crudeltade
     Vfino i ſuoi: gli e tolta la cittade.

 [45]
Ecco vn’ altro Franceſco ch’aſſimiglia
     Di virtú all’Auo e no di nome ſolo
     Che fatto vſcirne i Galli, ſi ripiglia
     Col fauor de la chieſa il patrio ſuolo,
     Fracia ancho torna, ma ritien la briglia
     Ne ſcorre Italia come ſuole a volo,
     Che’l bo Duca di Mantua fu’l Ticino
     Le chiude il paſſo, e le taglia il camino,

 [46]
Federico ch’anchor non ha la guancia
     De primi fiori ſparfa, ſi fa degno
     Di gloria eterna, e’ habbia co la lancia
     Ma piú con diligentia, e con ingegno,
     Pauia difeſa dal furor di Francia,
     E del Leon del mar rotto il diſegno
     Vedete duo Marcheſi, ambi terrore
     Di noſtre genti: ambi d’ Italia honore.

 [47]
Ambi d’un ſangue, ambi in vn nido nati
     Di ql Marcheſe Alſonſo il pino e figlio,
     Ilqual tratto dal Negro ne gli aguati
     Vedeſte il terren far di ſé vermiglio,
     Vedete quante volte ſon cacciati
     D’ Italia i Franchi pel coſtui conſiglio,
     l’altro di ſi benigno e lieto aſpetto
     Il vaſto fignoreggia e Alſonſo e detto.

 [48]
Queſto e il buon cauallier di cui dicea
     Quando l’ifola d’ Iſchia vi moſtrai,
     Ch giá prophetizando detto hauea
     Merlino a Fieramonte coſe assai
     Che diferire a naſcere douea
     Nel tempo che d’ aiuto piú che mai
     L’afflitta Italia, la Chieſa, e l’Impero,
     Cotra a i barbari infulti hauria miſtiero.

 [49]
Coſtui dietro al cugin ſuo di Peſcara
     Con l’auſpicio di Proſper Colonneſe,
     Vedete come la Bicocca cara
     Fa parere all’Eluetio, e piú al Franceſe,
     Ecco di nuouo Francia ſi prepara
     Di riſtaurar le mal ſucceſſe impreſe,
     Scende il Re con vn capo in Lombardia
     Vn’ altro per pigliar Napoli inuia.

 [50]
Ma qlla che di noi fa come il vento
     D’arida polue, che l’aggira in volta,
     La leua fin’ al cielo, e in vn momento
     A terra la ricaccia onde l’ha tolta,
     Fa ch’intorno a Pauia crede di cento
     Mila perſone hauer fatto raccolta
     Il Re, che mira a ql che di man gli eſce,
     Non ſé la gente ſua ſi ſcema o creſce.

 [51]
Coſi per colpa de miniſtri auari,
     E per bontá del Re che ſé ne ſida,
     Sotto l’infegne ſi raccoglion rari
     Quado la notte il capo all’arme grida,
     Che ſi vede aſſalir dentro a i ripari
     Dal ſagace Spagnuol: che con la guida
     Di duo del ſangue d’Aualo: ardiria
     Farſi nel cielo e ne lo’nferno via.

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 [52]
Vedete il meglio de la nobiltade
     Di tutta Francia alla capagna eſtinto,
     Vedete quante lance, e quante ſpade,
     Han d’ognintorno il Re animoſo cinto,
     Vedete che’l deſtrier ſotto gli cade
     Ne per qſto ſi rende, o chiama vinto,
     Ben ch’a lui ſolo attenda, a lui ſol corra
     Lo ſtuol nimico, e non e ch’il ſoccorra.

 [53]
11 Re gagliardo ſi difende a piede
     E tutto del’hoſtil ſangue ſi bagna,
     Ma virtú al ſine a troppa ſorza cede,
     Ecco il Re pſo, & eccolo in Hiſpagna,
     Et a quel di Peſcara dar ſi vede
     Et a chi mai da lui non ſi ſcompagna,
     A quel del Vaſto le prime corone
     Del capo rotto e del gran Re prigione.

 [54]
Rotto a Pauia l’un capo l’altro ch’era
     Per dar trauaglio a Napoli in camino.
     Reſtar ſi vede come ſé la cera
     Gli manca o l’oglio, reſta il lumicino:
     Ecco che’l Re ne la prigione Hibera
     Laſcia i ſigliuoli, e torna al ſuo domino,
     Ecco fa a vn tempo egli in Italia guerra
     Ecco altri la fa a lui ne la ſua terra.

 [55]
Vedete gli homicidii e le rapine
In ogni parte far Roma dolente:
E con incendi e ſtupri, le diuine
E le profane coſe ire vgualmente,
Il campo de la lega le ruine
Mira d’ appreſſo, e’l piato e’l grido ſente,
E doue ir douria inanzi torna in dietro
E prender laſcia il ſucceſſor di Pietro.

 [56]
Mada Lotrecco il Re con nuoue ſquadre
     Non piú per fare in Lombardia l’imprefa
     Ma per leuar de le mani empie e ladre
     Il capo e l’altre membra de la Chieſa,
     Che tarda ſi che troua al Santo padre
     Non eſſer piú la liberta conteſa
     Affedia la cittade oue ſepolta
     E la Sirena, e tutto il regno volta.

 [57]
Ecco l’armata imperiai ſi ſcioglie
     Per dar ſoccorſo alla citta aſſediata,
     Et ecco il Doria che la via le toglie
     E P ha nel mar ſommerſa arſa e ſpezzata,
     Ecco Fortuna come cangia voglie
     Sin qui a FrScefi ſi propitia ſtata,
     Che di febbre gli vecide e nò di lancia
     Si ch di mille vn no ne torna in Francia.

 [58]
La ſala queſte & altre hiſtorie molte:
     Che tutte faria lungo riferire
     In varii e bei colori hauea raccolte:
     Ch’era ben tal, che le potea capire,
     Tornano a riuederle due e tre volte
     Ne par che ſé ne ſappiano partire:
     E rilegon piú volte quel ch’in oro
     Si uedea ſcritto ſotto il bel lauoro.

 [59]
Le belle donne e gli altri quiui ſlati
     Mirando e ragionando inſieme vn pezzo
     Fur dal Signore a ripoſar menati
     C’honorar glihoſti ſuoi molt’era auezzo
     Giá fendo tutti gli altri addormentati
     Bradamante a corcar ſi va da ſezzo:
     E ſi volta hor ſu queſto hor ſu ql ſianco,
     Ne può dormir fu’l deſtro ne fu’l maco.

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 [60]
Pur chiude aleuto appſſo all’alba i lumi
     E di veder le pare il ſuo Ruggiero
     Ilqual le dica perche ti conſumi
     Dando credenza a ql che non e vero?
     Tu vedrai prima all’erta andare i ſiumi
     Ch’ad altri mai ch’a te volga il penderò,
     S’ io non amaſſi te ne il cor potrei
     Ne le pupille amar de gli occhi miei.

 [61]
E par ch le ſuggiunga io ſon venuto
     Per battezarmi, e far quato ho promeſſo,
     E s’ io ſon ſtato tardi: m’ha tenuto
     Altra ferita che d’ amore oppreſſo,
     Fuggeſi in queſto il ſonno, ne veduto
     E piú Ruggier che ſé ne va con eſſo,
     Rinuoua allhora i pianti la donzella
     E ne la mente ſua coſi fauella.

 [62]
Fu ql che piacque vn falſo ſogno, e qſto
     Ch mi tormèta, ahi laſſa, e vn veggiar vero.
     Il ben ſu ſogno a dileguarſi pſto,
     Ma nò e ſogno il martire aſpro e fiero,
     Per e’ hor non ode e vede il ſenſo deſto
     Quel ch’udire e veder parue al pèſiero?
     A che conditione occhi miei ſete
     Che chiuſi il ben e apti il mal vedete?

 [63]
Il dolce ſonno mi promiſe pace
     Ma l’amaro veggiar mi torna in guerra,
     Il dolce ſonno e ben ſtato falace:
     Ma P amaro veggiare ohimè non erra,
     Se’l vero annoia e il falſo ſi mi piace
     Nò oda o vegga mai piú vero in terra:
     Se’l dormir mi da gaudio, e il veggiar guai
     Poſſa io dormir sèza deſtarmi mai.

 [64]
O felice animai ch’un ſonno ſorte
     Sei meſi tien ſenza mai gli occhi aprire,
     Che s’affimigli tal ſonno alla morte,
     Tal veggiare alla vita, io non vo dire,
     Ch’a tutt’ altre contraria la mia ſorte
     Sente morte a veggiar, vita a dormire
     Ma s’ a tal ſonno, morte s’ aſſimiglia
     Deh Morte horhora chiudimi le ciglia.

 [65]
Del’Orizonte il Sol fatte hauea roſſe
     l’eſtreme parti, e dileguato intorno
     S’ eran le nubi, e no parea che foſſe
     Simile all’altro il cominciato giorno,
     Quado ſuegliata Bradamante armoſſe,
     Per fare a tèpo al ſuo camin ritorno,
     Rendute hauendo gratie a ql Signore
     Del buono albergo: e del’hauuto honoſ.

 [66]
E trouo che la dona meſſaggiera
     Con damigelle ſue con ſuoi feudieri,
     Vſcita de la rocca venut’ era
     La doue l’attendean quei tre guerrieri,
     Quei che co l’haſta d’oro eſſa la ſera,
     Fatto hauea riuerſar giú de i deſtrieri,
     E che patito hauean con gran diſagio
     La notte l’acq e il vèto e il ciel maluagio.

 [67]
Arroge a tanto mal ch’a corpo voto
     Et eſſi e i lor caualli eran rimaſi:
     Battendo i denti e calpeſtando il loto:
     Ma quaſi lor piú increſce, e ſenza quaſi
     Increſce e preme piú, che fará noto
     La meſſaggiera appreſſo a glialtri caſi
     Alla ſua donna, che la prima lancia
     Glihabbia abbattuti e’ ha trouata i Fracia

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 [68]
E preſti o di morire, o di vendetta
     Subito far del riceuuto oltraggio,
     Accio la meſſaggiera che ſu detta
     Vllania, che nomata piú non haggio,
     La mala opinion e’ hauea concetta
     Forſè di lor, ſi tolga del coraggio,
     La ſigliuola d’ Amon sfidano a gioſtra
     Torto che ſuor del ponte ella ſi moſtra,

 [69]
Non penſando perho che ſia donzella
     Che neſſun geſto di donzella hauea,
     Bradamante ricuſa come quella
     Ch’in fretta giá, ne ſoggiornar volea,
     Pur tanto e tanto fur moleſti, ch’ella
     Che negar ſenza biaſmo non potea,
     Abbaffo l’haſta & a tre colpi in terra
     Li mando tutti: e qui ſini la guerra,

 [70]
Che ſenza piú voltarſi moſtro loro
     Lontan le ſpalle, e dileguoſſi toſto,
     Quei che per guadagnar lo ſcudo d’oro
     Di paeſe venian tanto difeoſto,
     Poi che ſenza parlar ritti ſi ſoro
     Che ben l’hauea co ogni ardir deporto,
     Stupefatti parean di marauiglia,
     Ne verſo Vllania ardian d’ alzar le ciglia

 [71]
Che con lei molte volte per camino
     Dato s’ hauean troppo orgoglioſi vanti:
     Che non e cauallier ne paladino
     Ch’ai minor di lor tre duraſſe auanti,
     La Dona pche anchor piú a capo chino
     Vadano, e piú non ſia coſi arroganti,
     Fa lor ſaper che ſu (emina quella,
     Non paladin che li leuo di fella.

 [72]
Hor che douete (diceua ella) quando
     Coſi v’habbia vna femina abbattuti,
     Penſar che ſia Rinaldo o che ſia Orládo?
     Nò ſenza cauſa in tant’honore hauuti,
     S’un d’effi haura lo ſcudo, io vi domado
     Se migliori di quel che ſiate ſuti
     Contra vna donna, contra lor farete?
     Noi credo io giá, ne voi ſorſè il credete.

 [73]
Queſto vi può baſtar, ne vi biſogna
     Del valor voſtro hauer piú chiara pua:
     E quel di voi che temerario aggogna
     Far di ſé in Francia eſperientia nuoua,
     Cerca giungere il dáno alla vergogna,
     In che hieri & hoggi s’ e trouato e troua:
     Se ſorſè egli non ſtima vtile e honore
     Qualhor p ma di tai guerrier ſi muore.

 [74]
Poi che ben certi i cauallieri fece
     Vllania che quell’era vna donzella
     Laqual fatto hauea nera piú che pece
     La fama lor: ch’eſſer ſolea ſi bella:
     E doue vna baſtaua: piú di diece
     Perſone il detto confermar di quella:
     Erti fur per voltar l’arme in ſé ſterti
     Da tal dolor da tanta rabbia opprerti.

 [75]
E da lo ſdegno e da la ſuria ſpinti
     L’arme ſi ſpoglian quate n’hano in doſſo,
     Ne ſi laſcian la ſpada onde eran cinti
     E del cartel la gittano nel ſoſſo,
     E giurati poi che gli ha vna donna vinti
     E fatto fu’l terren battere il doſſo,
     Che per purgar ſi graue error ſtaranno
     Senza mai veſtir l’arme intero vn’anno.

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 [76]
E che n’andrano a pie pur tutta via
     ſia la ſtrada piana: o ſcenda e faglia,
     Ne poi che l’anno ancho ſinito ſia
     Saran p caualcare o veſtir maglia,
     S’altr’ arme altro deſtrier da lor non ſia
     Guadagnato per ſorza di battaglia,
     Coſi fenz’ arme per punir lor fallo
     Eſſi a pie ſé n’andar: glialtri a cauallo.

 [77]
Bradamante la ſera ad vn cartello
     Ch’ alla via di parigi ſi ritroua
     Di Carlo e di Rinaldo ſuo fratello
     C’hauean rotto Aggramate vdi la nuoua
     Quiui hebbe buona méſa e buono hoſtello
     Ma qſto & ogn’ altro agio poco gioua
     Che poco magia, e poco dorme, e poco
     Non che poſar ma ritrouar può loco.

 [78]
Non perho di coſtei voglio dir tanto
     Ch’ io non ritorni a quei duo cauallieri
     Che d’accordo legato haueano a canto
     La ſolitaria ſonte i duo deſtrieri,
     La pugna lor, di che vo dirui alquanto,
     Non e per acquiſtar terre ne imperi:
     Ma perche Durindana il piú gagliardo
     Habbia ad hauere: e a caualcar Baiardo.

 [79]
Senza che tròba, o ſegno altro accènaſſe
     Quado a muouer s’ haueá: ſenza maeſtro
     Che lo ſchermo e’l ferir lor ricordaſſe:
     E lor pungeſſe il cor d’animofo Eſtro:
     L’uno e l’altro d’accordo il ferro traſſe
     E ſi venne a trouare agile e deſtro:
     1 ſpeſſi e graui colpi a farſi vdire
     Incominciaro, & a ſcaldarfi l’ire.

 [80]
Due ſpade altre non ſo per proua elette
     Ad eſſer ferme e ſolide e ben dure:
     Ch’a tre colpi di quei ſi foſſer rette
     Ch’ erano ſuor di tutte le miſure,
     Ma quelle fur di tempre ſi perfette,
     Per tante eſperientie ſi ſicure:
     Che ben poteano inſieme riſcontrarfi
     Con mille colpi e piú, ſenza ſpezzarfi,

 [81]
Hor qua Rinaldo hor la mutado il paſſo
     Co gra deſtrezza e molta iduſtria & arte
     Fuggia di Durindana il gran ſracaſſo,
     Che fa ben come ſpezza il ferro e parte,
     Feria maggior percoſſe il Re Gradaſſo,
     Ma quaſi tutte al vento erano ſparte,
     Se coglieua talhor, coglieua in loco
     Oue potea grauare e nuocer poco.

 [82]
l’altro con piú ragion ſua ſpada inchina
     E fa ſpeffo al Pagan ſtordir le braccia:
     E quádo a i ſianchi, e quado oue còfina
     La corazza con V elmo, gli la caccia,
     Ma troua l’armatura adamantina
     Si ch’una maglia nò ne rompe o ſtraccia,
     Se dura e ſorte la ritroua tanto
     Auuien, perch’ella e fatta per incanto.

 [83]
Senza prender ripoſo erano ſtati
     Gran pezzo tanto alla battaglia ſiſi
     Che volti gliocchi in neſſun mai de lati
     Haueano, ſuor che ne i turbati viſi,
     Quádo da vn’ altra zuffa diſtornati
     E da tanto furor ſuron diuiſi:
     Ambi voltare a vn gran ſtrepito il ciglio
     E videro Baiardo in gran periglio.

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 [84]
Vider Baiardo a zuffa con vn moſtro
     Ch’era piú di lui grande, & era augello,
     Hauea piú lungo di tre braccia il roſtro
     L’altre fattezze hauea di vipiſtrello,
     Hauea la piuma negra come inchioſtro:
     Hauea l’artiglio grande acuto e fello:
     Occhi di fuoco, e ſguardo hauea crudele
     L’ale hauea grandi che parean due vele.

 [85]
Forſè era vero augel, ma non ſo doue
     O quando vn’ altro ne ſia ſtato tale,
     Non ho veduto mai: ne letto altroue
     Fuor ch’in Turpin: d’un ſi fatto animale,
     Queſto riſpetto a credere mi muoue
     Che l’augel foſſe vn diauolo inſernale,
     Che Malagigi in quella ſorma traſſe
     Accio che la battaglia diſturbaffe.

 [86]
Rinaldo il credette ancho, e gra parole
     F ſconcie poi con Malagigi n’hebbe,
     Egli giá confeſſar non glie lo vuole
     E perche tor di colpa ſi vorrebbe,
     Giura pel lume che da lume al Sole
     Che di qſto imputato eſſer non debbe,
     Foſſe augello o demonio, il moſtro ſcefe
     Sopra Baiardo, e con l’artiglio il preſe.
 [87]
Le redine il deſtrier ch’era poſſente
     Subito rompe, e con ſdegno e con ira
     Contra l’augello i calci adopra e’l dente:
     Ma quel veloce in aria ſi ritira.
     Indi ritorna, e con l’ugna pungente
     Lo va battendo e dognintomo aggira:
     Baiardo oſſeſo e che non ha ragione
     Di ſchermo alcun, ratto a ſuggir ſi pone.

 [88]
Fugge Baiardo alla vicina ſelua
     E va cercando le piú ſpeſſe ſronde,
     Segue di fopra la pènuta belua
     Con gliocchi ſiſi, oue la via feconde.
     Ma pure il buon deſtrier tanto s’ inſelua
     Ch’ al ſin ſotto vna grotta ſi naſconde,
     Poi che l’alato ne perde la traccia
     Ritorna in cielo e cerca nuoua caccia.

 [89]
Rinaldo e’l Re Gradano che partire
     Veggono la cagion de la lor pugna,
     Reſtan d’accordo quella differire
     Fin che Baiardo ſaluino da l’ugna
     Che per la ſcura ſelua il fa ſuggire:
     Con patto che qual d’effi lo raggiugna
     A quella ſonte lo reſtituifea,
     Oue la lite lor poi ſi ſiniſca.
 [90]
Seguendo ſi partir da la ſontana
     l’herbe nouellamente in terra peſte,
     M>0to da lor Baiardo s’allontana
     C hebbon le piate in ſeguir lui mal pſte,
     Gradaflb che non lungi hauea l’Alfana
     Sopra vi falſe, e per quelle foreſte
     Molto lontano il Paladin laſcioffe
     Triſto e peggio contento che mai foſſe.

 [91]
Rinaldo perde l’orme in pochi paſſi
     Del ſuo deſtrier, che ſé ſtrano viaggio,
     Ch’ andò riui cercando arbori e faſſi
     Il pili ſpinofo luogo il piú ſeluaggio,
     Accio che da quella vgna ſi celaſſi
     Che cadèdo dal ciel gli facea oltraggio,
     Rinaldo dopo la fatica vana
     Ritorno ad aſpettarlo alla ſontana.

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 [92]
Se da Gradaſſo vi foſſe condutto:
Si come tra lor dianzi ſi conuenne:
Ma poi che far ſi vide poco ſrutto
Dolente e a piedi in campo ſé ne venne:
Hor torniamo a qll’altro alquale in tutto
Diuerſo da Rinaldo il caſo auuenne:
NO per ragion, ma per ſuo gran deſtino
Senti anitrire il buon deſtrier vicino.

 [93]
E lo trouo ne la ſpelonca caua
     Da l’hauuta paura ancho ſi oppreſſo
     Ch’uſcire allo ſcoperto non oſaua,
     Per ciò l’ha in ſuo potere il pagan meſſo,
     Ben de la conuention ſi raccordaua
     Ch’alia ſonte tornar douea con eſſo:
     Ma non e piú diſpoſto d’ oſſeruarla
     E coſi in mente ſua tacito parla.

 [94]
Habbial chi hauer lo vuol co lite e guerra
     Io d’ hauerlo con pace piú diſio,
     Da l’uno all’altro capo de la terra
     Giá venni: e ſol per far Baiardo mio:
     Hor ch’io l’ho i mao, bévaneggia & erra
     Chi crede che depor lo voleſſe io
     Se Rinaldo lo vuol no diſcouiene
     Coe io giá í Fracia, hor s’ egli í India viene

 [95]
Non men ſicura a lui ſia Sericana
     Che giá due volte Fracia a me ſia ſtata,
     Coſi dicendo, per la via piú piana
     Ne venne in Arli, e vi trouo l’armata,
     E quindi con Baiardo e Durindana
     Si parti fopra vna galea ſpalmata.
     Ma qſto a vn’ altra volta, e’ hor Gradaſſo
     Rinaldo e tutta Francia a dietro laſſo.

 [96]
Voglio Aſtolfo ſeguir, ch’a fella e a morſo
     A vſo facea andar di palaſreno
     l’Hippogrypho per l’aria, a ſi gran corſo
     Che l’Aquila e il Falco vola assai meno,
     Poi che de Galli hebbe il paeſe ſcorſo
     Da u mare a l’altro e da Pyrene al Rheo
     Torno verſo Ponente, alla montagna
     Che fepara la Francia da la Spagna.

 [97]
Paſſo in Nauarra, & indi in Aragona
     Laſciado a chil vedea gran marauiglia,
     Reſto lungi a finiſtra Taracona,
     Biſcaglia a deſtra, & arriuo in Cartiglia,
     Vide Gallitia, e’l Regno d’Vlifbona,
     Poi volſe il corſo a Cordoua e Siuiglia,
     Ne laſcio preſſo al mar ne ſra campagna
     Citta che non vedeſſe tutta Spagna.

 [98]
Vide le Gade e la meta che poſe
     A i primi nauiganti Hercole inuitto,
     Per l’Africa vagar poi ſi diſpofe
     Dal mar d’Atlate a i termini d’ Egytto:
     Vide le Baleariche famoſe
     E vide Euiza appſſo al camin dritto,
     Poi volſe il ſreno e torno verſo Arzilla,
     Sopra’l mar che da Spagna dipartilla.

 [99]
Vide Marocco, Feza, Orano, Hippona
     Algier, Buzea, tutte citta ſuperbe,
     C hanno d’ altre citta tutte corona
     Corona d’oro, e no di ſronde o d’ herbe:
     Verſo Biſerta e Tunigi poi ſprona
     Vide Capiſſe e l’Iſola d’ Alzerbe,
     E Tripoli, e Bernicche, e Tolomitta
     Sin doue il Nilo in Aſia ſi tragitta.

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 [100]
Tra la marina e la ſiluoſa ſchena
     Del fiero Atlante, vide ogni contrada,
     Poi die le ſpalle a i monti di Carena
     E fopra i Cyrenei preſe la ſtrada:
     E trauerſando i campi de l’arena
     Venne a confin di Nubia in Albaiada,
     Rimaſe dietro il Cimiter di Batto
     E’l gra tepio d’ Amon e’ hoggi e disfatto.

 [101]
Indi giunſe ad un’altra Tremifenne
     Che di Maumetto pur ſegue lo itilo:
     Poi volſe a glialtri Ethiopi le penne
     Che contra queſti ſon di la dal Nilo,
     Alla citta di Nubia il camiti tenne
     Tra Dobada e Coalle in aria a ſilo:
     Queſti Chriſtiani ſon, quei Saracini
     E ſtan co l’arme in man ſempre a confini.

 [102]
Senapo Imperator de la Ethiopia
     Ch’in loco tien di ſcettro i man la Croce,
     Di gente di cittadi e d’ oro ha copia
     Quindi ſin la doue il mar roſſo ha ſoce,
     E ſerua quaſi noſtra fede propia
     Che può ſaluarlo da l’efilio atroce:
     Glie (s’io non piglio errore) in qſto loco
     Oue al batteſmo loro vfano il fuoco.

 [103]
Diſmoto il duca Aſtolfo alla gran corte
     Dentro di Nubia, e viſito il Senapo:
     Il cartello e piú ricco assai che ſorte
     Oue dimora d’ Ethiopia il capo:
     Le catene de i ponti e de le porte
     Gangheri e chiauiſtei da piedi a capo
     E ſinalmente tutto quel lauoro
     Ch noi di ferro vſiamo, ini vfan d’oro.

 [104]
Anchor che del ſiniſſimo metallo
     Vi ſia tale abondanza, e pur in pregio,
     Colonnate di limpido chryſtallo
     Son le gran loggie del palazzo Regio,
     Fan roſſo, biáco, verde, azurro, e giallo
     Sotto i bei palchi vn relucente ſregio:
     Diuifi tra proportionati ſpatii
     Rubili, Smeraldi, Zaphiri, e Topatii.

 [105]
In mura in tetti in pauimenti ſparte
Eran le perle, eran le ricche gemme,
Quiui il balſamo naſce, e poca parte
N’hebbe appo queſti mai Hieruſalème,
Il muſchio ch’a noi vien, quindi ſi parte
Quldi vien l’abra e cerca altre maréme,
Vengon le coſe in ſomma da quel canto
Che ne i paeſi noſtri vaglion tanto.

 [106]
Si dice che’l Soldan Re de l’Egitto
     A quel Re da tributo e ſta ſuggetto,
     Pereti’ e in poter di lui dal camiti dritte)
     Leuare il Nilo e dargli altro ricetto,
     E per queſto laſciar ſubito afflitto
     Di fame il Cairo, e tutto quel diſtretto,
     Senapo detto e da i fubditi ſuoi:
     Gli dician Preſto o Preteianni noi.

 [107]
Di quanti Re mai d’ Ethiopia ſoro
     Il piú riccho ſu queſti e il piú poſſente.
     Ma con tutta ſua polla e ſuo theſoro
     Gliocchi perduti hauea miſeramente,
     E queſto era il minor d’ogni martoro,
     Molto era piú noioſo e piú ſpiacente
     Che quantunque ricchifTímo ſi chiame
     Cruciato era da perpetua fame.

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 [108]
Se per mangiare o ber quello inſelice
     Venia cacciato dal biſogno grande,
     Toſto apparia l' inſernal ſchiera vltrice
     Le moſtruoſe Harpie brutte e neſande,
     Che col griſſo e con l’ugna predatrice
     Spargeano i vaſi, e rapian le viuande,
     E ql che non capia lor ventre ingordo
     Vi rimanea contaminato e lordo.

 [109]
E queſto, perch’ eſſendo d’anni acerbo
     E viſtofi leuato in tanto honore,
     Che oltre alle ricchezze, di piú nerbo
     Era di tutti glialtri, e di piú core,
     Diuenne come Lucifer ſuperbo
     E penſo muouer guerra al ſuo ſattore,
     Con la ſua gente la via preſe al dritto
     Al mote onde eſce il gra fiume d’ Egytto.

 [110]
Inteſo hauea, che ſu quel monte alpeſtre
     Ch’oltre alle nubi, e preſſo al ciel ſi leua
     Era quel Paradiſo, che terreſtre
     Si dice, oue habito giá Adamo & Eua,
     Con camelli, elephanti, e con pedeſtre
     Eſercito, orgoglioſo ſi moueua,
     Con gran deſir, ſé v’ habitaua gente
     Di farla alla ſue leggi vbbidiente.

 [111]
Dio gli ripreſſe il temerario ardire
     E mando l’Angel ſuo tra quelle ſrotte,
     Che centomila ne fece morire
     E condanno lui di perpetua notte,
     Alla ſua menſa poi fece venire
     L’horrédo moſtro da l’inſernal grotte:
     Che gli rapiſce e contamina i cibi
     Ne laſcia che ne guſti o ne delibi.

 [112]
Et in deſperation continua il meſſe
     Vno, che giá glihauea prophetizato,
     Che le ſue mèſe non fariano oppreſſe
     Da la rapina e dal’odore ingrato,
     Quado venir per l’aria ſi vedeſſe:
     Vn cauallier fopra vn canali. > alato,
     Perche dunque impoſſibil parea qſto
     Priuo d’ogni ſperanza viuea meſto.

 [113]
Hor che con gran ſtupor vede la gente
     Sopra ogni muro: e fopra ogn’ alta torre:
     Entrare il caualliero, immantinente
     E chi a narrarlo al Re di Nubia corre,
     A cui la prophetia ritorna a mente:
     Et obliando per letitia torre
     La fedel verga, con le mani inante
     Vien bracolando al cauallier volante.

 [114]
Aſtolfo ne la piazza del cartello
     Con ſpatioſe ruote in terra ſcefe,
     Poi che ſu il Re condotto inanzi a qllo
     Inginochioſſi, e le man giunte ſtefe
     E diſſe, angel di Dio Meſſia nouello
     S’ io non merto perdono a tante oſſeſe,
     Mira che proprio e a noi peccar ſouente
     A voi perdonar ſempre a chi ſi pente.

 [115]
Del mio error coſapeuole, no chieggio
     Ne chiederti ardirei gli antiqui lumi,
     Che tu lo poſſa far ben creder deggio:
     Che fei de cari a Dio beati numi,
     Ti baſti il gran martir ch’io no ci veggio
     Senza ch’ognihor la fame mi conſumi,
     Almen difeaccia le fetide Harpie
     Che non rapifean le viuande mie.

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 [116]
E di marmore vn tempio ti prometto
     Edificar de l’alta Regia mia,
     Che tutte d’ oro habbia le porte, e’l tetto
     E dentro e ſuor di gemme ornato ſia,
     E dal tuo ſanto nome fará detto,
     E del miracol tuo ſcolpito ſia,
     Coſi dicea ql Re, che nulla vede
     Cercado in van baciar al Duca il piede.

 [117]
Riſpoſe Aſtolfo, ne l’Angel di Dio
     Ne ſon Meſſia nouel: ne dal ciel vegno:
     Ma ſon mortale e peccatore anch’io
     Di tanta gratia a me conceſſa indegno,
     10 faro ogn’opra accio che’l moſtro rio
     Per morte o ſuga io ti leui del regno:
     S’io il ſo, me non, ma Dio ne loda ſolo
     Che per tuo aiuto qui mi drizzo il volo.

 [118]
Fa queſti voti a Dio debiti a lui
     A lui le chieſe edifica, e gli altari:
     Coſi parlando, andauano ambidui
     Verſo il cartello ſra i baron preclari:
     11 Re commanda a i ſeruitori ſui
     Che ſubito il conuito ſi prepari:
     Sperando che non debba eſſergli tolta
     La viuanda di mano a queſta volta.

 [119]
Dentro vna ricca ſala immantinente
     Apparecchioſſi il conuito ſolenne,
     Col Senapo s’ aſſi ſé ſolamente
     Il Duca Aſtolfo, e la viuanda venne:
     Ecco per l’aria lo ſtridor ſi ſente
     Percoſſa intorno da l’horribil penne:
     Ecco venir l’Harpie brutte e neſande
     Tratte dal cielo a odor de le viuande.

 [120]
Erano fette in vna ſchiera, e tutte
     Volto di donne hauean pallide e ſmorte,
     Per lunga fame attenuate e aſciutte
     Horribili a veder piú che la morte,
     l’alaccie gradi hauean deformi e brutte:
     Le man rapaci, e Pugne incurue e torte:
     Grande e fetido il ventre, e lunga coda
     Come di ſerpe che s’aggira e ſnoda.

 [121]
Si ſentono venir per Paria, e quali
     Si veggon tutte a vn tèpo in ſu la menſa,
     Rapire i cibi e riuerſare i vaſi
     E molta feccia il ventre lor diſpenfa,
     Tal che glie ſorza d’atturare i naſi
     Che non ſi può patir la puzza immenſa,
     Aſtolfo come Pira lo foſpinge
     Cetra gli ingordi augelli il ferro ſtrige.

 [122]
V’no fu’l collo vn’ altro ſu la groppa
     Percuote, e chi nel petto, e chi ne l’ala
     Ma come ſera in fu’n ſacco di ſtoppa
     Poi langue il colpo e ſenza effetto cala,
     E quei non vi laſciar piatto ne coppa
     Che foſſe intatta, ne ſgombrar la ſala
     Prima che le rapine e il fiero parto
     Contaminato il tutto hauefTe e guaſto.

 [123]
Hauuto hauea quel Re ferma ſperanza
     Nel Duca che P Harpie gli diſcacciaſſi,
     Et hor che nulla oue ſperar gli auanza
     Soſpira e geme, e diſperato ſtaffi,
     Viene al Duca del corno rimembranza
     Che ſuole aitarlo ai periglioſi partí,
     E conchiude tra ſé, che queſta via
     Per difeacciare i moſtri ottima ſia.

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 [124]
E prima fa che’l Re co ſuoi baroni
     Di calda cera l’orecchia ſi ferra
     Accio che tutti, come il corno ſuoni
     Non habbiano a ſuggir ſuor de la terra,
     Prende la briglia e ſalta ſu gli arcioni,
     De l’Hippogrypho & il bel corno afferra
     E con cenni allo Scalco poi commanda,
     Che riponga la menſa e la viuanda.

 [125]
E coſi in vna loggia s’apparecchia
     Con altra menſa altra viuanda nuoua,
     Ecco l’Harpie che fan l’uſanza vecchia
     Aſtolfo il corno ſubito ritroua,
     Gli augelli che nò han chiuſa l’orecchia
     Vdito il ſuon, non puon ſtare alla proua
     Ma vanno in ſuga pieni di paura
     Ne di cibo ne d’altro hanno piū cura.

 [126]
Subito il Paladin dietro lor ſprona
     Volado eſce il deſtrier ſuor de la loggia
     E col cartel la gran citta abandona
     E per l’aria, cacciando i moſtri, poggia,
     Aſtolfo il corno tuttauolta ſuona
     Fuggon l’Harpie verſo la Zona roggia,
     Tanto che ſono all’altiffimo monte
     Oue il Nilo ha: ſé I alca luogo ha: ſonte.

 [127]
Quaſi de la montagna alla radice
     Entra ſotterra vna profonda grotta:
     Che certiſſima porta eſſer ſi dice
     Di ch’allo’ nſerno vuol ſceder talhotta,
     Quiui s’è quella turba predatrice
     Come in ſicuro albergo, ricondotta,
     E giū ſin di Cocito in ſu la proda
     Scefa, e piū la doue quel ſuon non oda.

 [128]
All’infernal caliginoſa buca
     Ch’apre la ſtrada a chi abandona il lume
     Fini l’horribil ſuon l’inclyto Duca
     E ſé raccorre al ſuo deſtrier le piume:
     Ma prima che piū inanzi io lo conduca
     Per non mi dipartir dal mio coſtume,
     Poi che da tutti i lati ho pieno il ſoglio
     Finire il canto: e ripoſar mi voglio.