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[108]
Se per mangiare o ber quello inſelice
     Venia cacciato dal biſogno grande,
     Toſto apparia l' inſernal ſchiera vltrice
     Le moſtruoſe Harpie brutte e neſande,
     Che col griſſo e con l’ugna predatrice
     Spargeano i vaſi, e rapian le viuande,
     E ql che non capia lor ventre ingordo
     Vi rimanea contaminato e lordo.

[109]
E queſto, perch’ eſſendo d’anni acerbo
     E viſtofi leuato in tanto honore,
     Che oltre alle ricchezze, di piú nerbo
     Era di tutti glialtri, e di piú core,
     Diuenne come Lucifer ſuperbo
     E penſo muouer guerra al ſuo ſattore,
     Con la ſua gente la via preſe al dritto
     Al mote onde eſce il gra fiume d’ Egytto.

[110]
Inteſo hauea, che ſu quel monte alpeſtre
     Ch’oltre alle nubi, e preſſo al ciel ſi leua
     Era quel Paradiſo, che terreſtre
     Si dice, oue habito giá Adamo & Eua,
     Con camelli, elephanti, e con pedeſtre
     Eſercito, orgoglioſo ſi moueua,
     Con gran deſir, ſé v’ habitaua gente
     Di farla alla ſue leggi vbbidiente.

[111]
Dio gli ripreſſe il temerario ardire
     E mando l’Angel ſuo tra quelle ſrotte,
     Che centomila ne fece morire
     E condanno lui di perpetua notte,
     Alla ſua menſa poi fece venire
     L’horrédo moſtro da l’inſernal grotte:
     Che gli rapiſce e contamina i cibi
     Ne laſcia che ne guſti o ne delibi.

[112]
Et in deſperation continua il meſſe
     Vno, che giá glihauea prophetizato,
     Che le ſue mèſe non fariano oppreſſe
     Da la rapina e dal’odore ingrato,
     Quado venir per l’aria ſi vedeſſe:
     Vn cauallier fopra vn canali. > alato,
     Perche dunque impoſſibil parea qſto
     Priuo d’ogni ſperanza viuea meſto.

[113]
Hor che con gran ſtupor vede la gente
     Sopra ogni muro: e fopra ogn’ alta torre:
     Entrare il caualliero, immantinente
     E chi a narrarlo al Re di Nubia corre,
     A cui la prophetia ritorna a mente:
     Et obliando per letitia torre
     La fedel verga, con le mani inante
     Vien bracolando al cauallier volante.

[114]
Aſtolfo ne la piazza del cartello
     Con ſpatioſe ruote in terra ſcefe,
     Poi che ſu il Re condotto inanzi a qllo
     Inginochioſſi, e le man giunte ſtefe
     E diſſe, angel di Dio Meſſia nouello
     S’ io non merto perdono a tante oſſeſe,
     Mira che proprio e a noi peccar ſouente
     A voi perdonar ſempre a chi ſi pente.

[115]
Del mio error coſapeuole, no chieggio
     Ne chiederti ardirei gli antiqui lumi,
     Che tu lo poſſa far ben creder deggio:
     Che fei de cari a Dio beati numi,
     Ti baſti il gran martir ch’io no ci veggio
     Senza ch’ognihor la fame mi conſumi,
     Almen difeaccia le fetide Harpie
     Che non rapifean le viuande mie.