Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 27

Canto 27

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Canto 26 Canto 28

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CANTO XXVII



 [1]

M
Olti conſigli de le donne ſono

     Meglio improuiſo ch’a penſarui vſciti
     Ch queſto e ſpetiale e proprio dono
     Fra tanti e tanti lor dal ciel largiti:
     Ma può mal ql de glihuomini eér buono
     Che maturo diſcorſo non aiti:
     Oue non s’habbia a ruminarui fopra
     Spefo alcun tépo e molto ſtudio & opra.

 [2]
Parue, e no ſu perho, buono il conſiglio
     Di Malagigi, anchor ch (come ho detto)
     Per queſto di grandiſſimo periglio
     Liberaſſi il cugin ſuo Ricciardetto,
     A leuare indi Rodomonte e il figlio
     Del Re Agrica, lo ſpirto hauea gſtretto
     Non auuertendo che farebbon tratti
     Doue i Chriſtian ne rimarrian disfatti.

 [3]
Ma ſé ſpatio a penſarui haueſſe hauuto
     Creder ſi può, che dato ſimilmente
     Al ſuo Cugino hauria debito aiuto
     Ne fatto danno alla Chriſtiana gente,
     Comandare allo ſpirto hauria potuto
     Ch’alla via di Leuante, o di Ponente
     Si dilungata haueſſe la Donzella
     Che non n’udiſſe Francia piū nouella.

 [4]
Coſi gliamanti ſuoi l’haurian ſeguita
     Come a Parigi, ancho in ogn’altro loco
     Ma ſu queſta auuertenza inauuertita
     Da Malagigi, per penſarui poco,
     E la malignitā dal ciel bandita
     Che ſemp vorria ſangue e ſtrage e fuoco
     Preſe la via donde piū Carlo affliſſe
     Poi che neſſuna il Maſtro gli preſeriſſe.

 [5]
Il palaſren e’ hauea il Demonio al ſianco
     Porto la ſpauentata Doralice,
     Che no potè arreſtarla fiume, e manco
     Foſſa, boſco, palude, erta, o pendice,
     Fin che p mezo il capo Ingleſe e Fraco
     E l’altra moltitudine fautrice
     De l’infegne di Chriſto, raffegnata
     No l’hebbe al padre ſuo Re di Granata.

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 [6]
Rodomonte, col figlio d’Agricane
     La ſeguitaro il primo giorno vn pezzo,
     Che le vedean le ſpalle, ma lontane
     Di viſta poi perderonla da ſezzo,
     E venner per la traccia come il cane
     La lepre o il capriol trouare auezzo
     Ne ſi fermar, che ſuro in parte, doue
     Di lei: ch’era col padre hebbono nuoue.

 [7]
Guardati Carlo, che’l ti viene adoſſo
     Tanto furor, ch’io non ti veggo (campo.
     Ne queſti pur ma’l Re Gradaſſo e moſſo
     Con Sacripante, a danno de’l tuo campo:
     Fortuna per toccarti fin’ all’oſſo
     Ti tolle a un tepo l’uno e l’altro lampo
     Di ſorza e di ſaper, che viuea teco:
     E tu rimaſo in tenebre fei cieco.

 [8]
Io ti dico d’Orlando e di Rinaldo
     Che l’uno al tutto ſurioſo e ſolle
     Al ſeréo, alla pioggia, al ſreddo, al caldo
     Nudo va diſcorrendo il piano e’l colle,
     l’altro con ſenno non troppo piú ſaldo
     D’ appreſſo al gran biſogno ti ſi tolle
     Che no trouando Angelica in Parigi
     Si parte, e va cercandone veſtigi.

 [9]
Vn ſraudolente vecchio incantatore
     Gli ſé (come a principio vi ſi diſſe)
     Creder per vn fantaſtico ſuo errore
     Che con Orlando Angelica veniſſe:
     Onde di Geloſia tocco nel core
     De la maggior ch’amante mai ſentiſſe:
     Venne a Parigi, e come apparue in corte
     D’ ire in Bretagna gli tocco per ſorte.

 [10]
Hor fatta la battaglia, onde portonne
     Egli l’honor d’ hauer chiuſo Agramante,
     Torno a Parigi, e moniſter di donne
     E caſe, e rocche, cerco tutte quante,
     Se murata non e tra le colonne
     l’hauria trouata il curioſo amante
     Vedendo al ſin ch’ella non v’e ne Orlado
     Amèduo va con gran diſio cercando.

 [11]
Pèſo che dètro Anglate o dètro a Braua
     Se la godeſſe Orlado i feſta e in giuocho
     E qua e la, per ritrouarla andaua
     Ne in quel la ritrouo ne in qſto loco:
     A Parigi di nuouo ritomaua
     Penſando che tardar doueſſe poco
     Di capitare il Paladino al varco:
     Che’l ſuo ſtar ſuor non era ſenza incarco

 [12]
Vn giorno o duo ne la citta ſoggiorna
     Rinaldo, e poi ch’Orlando non arriua
     Horverſo Anglate, hor verſo Braua torna
     Cercando ſé di lui nouella vdiua,
     Caualca, e qn annota, e qn aggiorna
     Alla ſreſca Alba, e all’ardete hora eſtiua
     E fa al lume del Sole e de la Luna
     Dugento volte queſta via non ch’una.

 [13]
Ma l’antiquo auerſario ilqual fece Eua
     AH’ interdetto pome alzar la mano
     A Carlo vn giorno i liuidi occhi leua
     Che’l buon Rinaldo era da lui lontano,
     E vedendo la rotta, che poteua
     Darſi in quel puto al populo Chriſtiano,
     Quata eccellétia d’arme al mondo ſuſſe
     Fra tutti i Saracini, iui conduſſe,

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 [14]
Al Re Gradalo e al buonRe Sacripate,
     Ch’eran fatti compagni all’uſcir ſuore
     De la piena d’error caſa d’Atlante:
     Di venire in ſoccorſo meſite in core
     Alle genti aſſediate d’Agramante:
     E a diſtruttion di Carlo Imperatore
     Et egli per l’incognite contrade
     Fé lor la ſcorta, e ageuolo le ſtrade.

 [15]
Et ad vn’ altro ſuo diede negotio
     D’affrettar Rodomonte e Mandricardo:
     Per le veſtigie, d’onde l’altro ſotio
     A condur Doralice non e tardo,
     Ne mada achora vn’ altro, perche in otio
     Nò ſtia Marphiſa ne Ruggier gagliardo
     Ma chi guido l’ultima coppia tenne
     La briglia piú, ne quando glialtri venne.

 [16]
La coppia di Marphiſa e di Ruggiero
     Di meza hora piú tarda ſi conduſſe,
     Perho ch’aſtutamente l’angel nero
     Volendo a gli Chriſtian dar de le buſſe:
     Prouide che la lite del deſtriero
     Per impedire il ſuo deſir non ſuſſe,
     Che rinouata ſi faria, ſé giunto
     Foſſe Ruggiero, e RodomOte a vn puto.

 [17]
I quattro primi ſi trouaro inſieme
     Onde potean veder gli alloggiamenti
     De l’efercito oppreſſo, e di chi’l preme
     E le bandiere in che feriano i venti,
     Si conſigliaro alquanto, e fur l’eſtreme
     Concluſion de i lor ragionamenti:
     Di dare aiuto, mal grado di Carlo,
     Al Re Agramante, e del’affedio trarlo.

 [18]
Stringonſi inſieme, e prendono la via
     Per mezo oue s’alloggiano i Chriſtiani
     Gridando Africa e Spagna tuttauia
     E ſi ſcopriro in tutto eſſer pagani,
     Pel campo arme arme riſonar s’udia
     Ma menar ſi ſentir prima le mani
     E de la retroguardia vna gran ſrotta
     Non ch’affalita ſia, ma ſugge in rotta

 [19]
Leſercito Chriſtian moſſo a tumulto
     Sozopra va ſenza ſapere il fatto,
     Eſtima alcun che ſia vn’ tifato inſulto
     Che Suizari o Guaſconi habbino fatto,
     Ma perch’alia piú parte e il caſo occulto
     S’aduna inſieme ogni nation di fatto
     Altri a ſuon di tamburo, altri di tromba
     Grade e’l rumore e fin’ al ciel ribomba.

 [20]
Il magno Imperator ſuor che la teſta
     E tutto armato, e i Paladini ha preſſo:
     E domandando vien che coſa e queſta
     Che le ſquadre I diſordine gli ha meſſo:
     E minacciado, hor qſti, hor qlli arreſta,
     E vede a molti il viſo o il petto feſſo:
     Ad altri ífanguinare o il capo o il gozzo
     Alcun tornar co mano o braccio mozzo.

 [21]
Giunge piú inanzi, e ne ritroua molti
     Giacere in terra, anzi in vermiglio lago:
     Nel proprio ſangue horribilméte inuolti’
     Ne giouar lor può Medico ne Mago:
     E vede da gli buſti i capi ſciolti
     E braccia e gabe con crudele imago:
     E ritroua da i primi alloggiamenti
     A gliultimi per tutto huomini ſpenti.

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 [22]
Doue paſſato era il piccol drappello
     Di chiara fama eternamente degno
     Per lunga riga era rimalo quello
     Al mondo Tempre memorabil ſegno,
     Carlo mirando va il crudel macello
     Marauiglioſo e pien d’ira e di ſdegno.
     Come alcuno in cui danno il ſulgur véne
     Cerca per caſa ogni ſentier che tenne.

 [33]
Non era a gli ripari ancho arriuato
     Del Re African queſto primiero aiuto:
     Che con Marphiſa ſu da vn’ altro lato
     l’animoſo Ruggier foprauenuto:
     Poi ch’Da volta o due l’occhio aggirato
     Hebbe la degna coppia, e ben veduto
     Qual via piú breue per ſoccorrer foſſe
     L’affediato Signor, ratto ſi moſſe.

 [24]
Come, quando ſi da fuoco alla Mina
     Pel lungo ſolco de la negra polue
     Licentioſa ſiamma arde e cantina:
     Si ch’occhio a dietro a pena ſé le volue:
     E qual ſi ſente poi l’alta mina
     Che’l duro ſaſſo o il groſſo muro ſolue:
     Coſi Ruggiero e Marphiſa veniro
     E tai ne la battaglia ſi ſentiro.

 [25]
Per lungo e per trauerſo a fender teſte
     Incominciaro, e tagliar braccia e ſpalle
     De le turbe, che male erano preſte
     Ad eſpedire, e sgombrar loro il calle.
     C’ha notato il paſſar de le tempeſte
     Ch’ una parte d’ un monte, o d’ una valle
     Offende, e l’altra laſcia, s’apprefenti
     l.i via di queſti duo ſra quelle genti.

 [26]
Molti che dal furor di Rodomonte
     E di quegli altri primi eran ſuggiti:
     Dio ringratiauan e’ hauea lor ſi pfronte
     Gambe conceſſe, e piedi ſi eſpediti
     E poi dando del petto e dela ſronte
     In Marphiſa e í Ruggier vedea ſcherniti
     Come l’huom ne per ſtar ne per ſuggire
     Al ſuo ſiſſo deſtin può contradire.

 [27]
Chi ſugge l’un pericolo, rimane
     Ne l’altro, e paga il ſio d’ oſſa e di polpe:
     Coſi cader co i ſigli in bocca al cane
     Suol, ſperando, ſuggir, timida volpe,
     Poi che la caccia de l’antique tane
     Il ſuo vicin, che le da mille colpe,
     E cautamente con ſumo e con fuoco
     Turbata 1' ha da non temuto loco,

 [28]
Ne gli ripari entro de Saracini
     Marphiſa con Ruggiero a ſaluamento,
     Quiui tutti con gliocchi al ciel ſupini
     Dio ringratiar del buono auuenimento,
     Hor non v’ e piú timor de Paladini
     Il piú triſto pagan ne sfida cento,
     Et e concluſo che ſenza ripoſo
     Si torni a fare il campo ſanguinoſo.

 [29]
Corni, buffoni, timpani moreſchi
     Empieno il ciel di ſormidabil ſuoni,
     Ne l’aria tremolare a i venti freſchi
     Si veggon le bandiere e i gonſaloni,
     Da l’altra parte i capitan Carleſchi
     Stringon con Alamanni e con Britoni
     Quei di Fracia d’ Italia e d’ Inghilterra
     E ſi meſce aſpra e ſanguinoſa guerra.

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 [30]
La ſorza ilei terribil Rodomonte:
     Quella di Mandricardo ſuribondo:
     Quella del ’buon Ruggier di virtú ſonte
     Del re Gradaſſo ſi famoſo al mondo:
     E di Marphiſa l’intrepida ſonte:
     Col Re Circaſſo a neſſun mai fecondo.
     Fero chiamar fan Giani, e fan Dionygi,
     Al Re di Francia e ritrouar Parigi.

 [31]
Di queſti cauallieri, e di Marphiſa
     l’ardire inuitto, e la mirabil poſſa,
     Non ſu Signor di ſorte, non ſu in guiſa
     Ch’ imaginar, non che deſcriuer poſſa,
     Quindi ſi può ſtimar che gente vcciſa
     Foſſe quel giorno, e che crudel percoſſa
     Haueſſe Carlo, arroge poi con loro
     Con Ferau piú d’un famoſo Moro.

 [32]
Molti per fretta s’ affogaro in Senna
     Che’l ponte non potea ſupplire a tanti:
     E deſiar come Icaro la penna:
     Perche la morte haueá dietro e dauanti:
     Eccetto Vggieri, e il Marcheſe di Vièna
     I Paladin fur preſi tutti quanti,
     Oliuier ritorno ferito ſotto
     La ſpalla deſtra, Vggier col capo rotto.

 [33]
E ſé, come Rinaldo, e come Orlando,
     Laſciato Brandimarte haueſſe il giuoco:
     Carlo n’ andaua di Parigi in bando:
     Se potea viuo vſcir di ſi gran fuoco,
     Ciò che potè ſé Brandimarte, e quando
     Non potè piú, diede alla ſuria loco,
     Coſi Fortuna ad Agramante arrife
     Ch’unaltra volta a Carlo aſſedio miſe.

 [34]
Di vedouelle i gridi e le querele
     E d’Orphani fanciulli, e di vecchi orbi,
     Nel eterno ſeren doue Michele
     Sedea, ſalir ſuor di queſti aer torbi:
     E gli fecion veder come il fedele
     Popul, preda de Lupi era e de Corbi
     Di Francia, d’ Inghilterra, e di Lamagna
     Che tutta hauea coperta la campagna.

 [35]
Nel viſo s’arroſſi l’Angel beato
     Parendogli che mal foſſe vbidito
     Al Creatore, e ſi chiamo ingannato
     Da la Diſcordia perfida, e tradito:
     D’accender liti tra i pagani, dato
     Le hauea l’affunto, e mal’era eſequito:
     Anzi tutto il cótrario al ſuo diſegno
     Parea hauer fatto, a chi guardaua al ſegno

 [36]
Come ſeruo fedel, che piú d’ amore,
     Che di memoria abondi, e che s’aueggia
     Hauer meſſo in oblio coſa ch’a core
     Quato la vita e l’anima hauer deggia,
     Studia con fretta d’emendar l’errore
     Ne vuol ch pria il ſuo Signor lo veggia:
     Coſi l’Angelo a Dio ſalir non volſe
     Se de l’obligo prima non ſi ſciolſe ,

 [37]
Al moniſter, doue altre volte hauea
     La Diſcordia veduta, drizzo l’ali:
     Trouolla ch’in capitulo ſedea
     A nuoua elettion de gli vfficiali,
     E di veder, diletto ſi prendea,
     Volar pel capo a ſrati i breuiali:
     Le man le poſe l’Angelo nel crine
     E pugna e calci le die ſenza ſine.

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 [38]
Indi le roppe vn manico di croce
     Per la teſta, pel doſſo, e per le braccia,
     Merce grida la miſera a gran voce:
     E le genocchia al diuin nutio abbraccia,
     Michel non l’abandona, che veloce
     Nel campo del Re d’Africa la caccia:
     E poi le dice, aſpettati hauer peggio
     Se ſuor di queſto campo piú ti veggio.

 [39]
Come che la Diſcordia haueſſe rotto
     Tutto il doſſo e le braccia, pur temendo
     Vn’ altra volta ritrouarſi ſotto
     A quei gran colpi, a quel furor tremèdo,
     Corre a pigliare i mantici di botto:
     Et agli acceſi ſuochi eſca aggiungendo
     Et accendendone altri: fa ſalire
     Da molti cori vn’alto incendio d’ire.

 [40]
E Rodomonte, e Mandricardo, e inſieme
     Ruggier, 1l’inh.iin.i ſi, che inanzi al Moro
     Li fa tutti venire, hor che non preme
     Carlo i pagani, anzi il vantaggio e loro:
     Le differentie narrano, & il ſeme
     Fanno ſaper da cui produtte ſoro:
     Poi del Re ſi rimettono al parere
     Chi di lor prima il capo debba hauere.

 [41]
Marphiſa del ſuo caſo ancho fauella
     E dice che la pugna vuol ſinire
     Che comincio col Tartaro, perch’ella
     Prouocata da lui vi ſu a uenire,
     Ne per dar loco all’altre, volea quella
     Vn’hora, non che vn giorno, differire,
     Ma d’effer prima fa l’inſtantia grande
     Ch’alia battaglia il Tartaro domande.

 [42]
Non men vuol Rodomóte il primo capo
     Da terminar col ſuo riual l’impreſa
     Che per ſoccorrer l’Africano campo
     Ha giá interrotta e fin’ a qui foſpefa:
     Mette Ruggier le ſue parole a campo
     E dice, che patir troppo gli peſa
     Che Rodomóte il ſuo deſtrier gli tenga,
     E ch’a pugna con lui prima non venga.

 [43]
Per piú intricarla il Tartaro viene anche
     E niega che Ruggiero ad alcun patto
     Debba l’Aquila hauer da l’ale bianche
     E d’ira e di furore e coſi matto
     Che vuol (qn da glialtri tre no manche)
     Cobatter tutte le querele a vn tratto,
     Ne piú da glialtri anchor faria mancato
     Se’l conſenſo de’l Re vi foſſe ſtato.

 [44]
CO prieghi il Re Agramate e buo ricordi
     Fa quato può perche la pace ſegua:
     E quando al ſin tutti li vede ſordi
     No volere aſſentire a pace o a triegua,
     Va diſcorrédo come alme gli accordi
     Si che l’un dopo l’altro il capo aſſegua:
     E pel miglior partito al ſin gli occorre
     Ch’ognúo a ſorte il capo s’habbia a torr,

 [45]
Fé quattro breui porre, vn Mandricardo
     E Rodomonte inſieme ſcritto hauea
     Ne l’altro era Ruggiero e Madricardo:
     Rodomonte e Ruggier l’altro dicea,:
     Dirci l’altra Marphiſa e Mandricardo,
     Indi all’arbitrio de l’inſtabil dea
     Li fece trarre, e’l primo ſu il Signore
     Di Sarza a vſcir con Madricardo ſuore.

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 [46]
Madricardo e Ruggier ſu nel fecondo:
     Nel terzo ſu Ruggiero e Rodomonte:
     Reſto Marphiſa e Madricardo in fondo:
     Di che la Donna hebbe turbata ſronte,
     Ne Ruggier piú di lei parue giocondo
     Sa che le ſorze de i duo primi pronte
     Han tra lor da ſinir le liti, in guiſa
     Che non ne ſia per ſé, ne per Marphiſa.

 [47]
Giacea non lungi da Parigi vn loco
     Ch volgea u miglio, o poco meno Itorno
     Lo cingea tutto vn’ argine: non poco
     Sublime, a guiſa d’un theatro adorno:
     Vn caſtel giá vi ſu, ma a ferro e a fuoco
     Le mura e i tetti, & a ruina andorno:
     Vn ſimil può vederne in ſu la ſtrada
     Qual volta a Borgo il Parmigiano vada.

 [48]
In queſto loco ſu la lizza fatta
     Di breui legni d’ognintorno chiuſa,
     Per giuſto ſpatio quadra, al biſogno atta
     Con due capaci porte come s’ uſa,
     Giunto il di ch’ai Re par che ſi còbatta
     Tra i cauallier che non ricercan ſcufa
     Furo appreſſo alle ſbarre in ambi i lati
     Contra i raſtrelli, i padiglion tirati.

 [49]
Nel padiglion ch’e piú verſo Ponente
     Sta il Re d’Algier e’ ha mèbra di gigate
     Gli pon lo ſcoglio in doſſo del ſerpente
     L’ardito Ferrau con Sacripante,
     Il Re Gradaſſo e Falſiron poſſente
     Sono in quell’altro al lato di Leuante,
     E metton di ſua man l’arme Troiane
     In doſſo al ſucceſſor del Re Agricane.

 [50]
Sedeua in tribunale ampio e ſublime
     Il Re d’Africa, e ſeco era l’Hiſpano
     Poi Stordilano e l’altre genti prime
     Che riueria l’efercito Pagano:
     Beato a chi pon dare argini e cime
     D’arbori ſtanza, che glialzi dal piano:
     Grande e la calca e grade in ogni lato
     Populo ondeggia Storno al gran ſteccato

 [51]
Eran con la Regina di Cartiglia
     Regine, e principeſſe, e nobil donne:
     D’ Aragon: di Granata, e di Siuiglia,
     E ſin di preſſo all’Atlantee colonne:
     Tra quai di Stordilau ſedea la ſiglia:
     Che di duo drappi hauea le ricche góne,
     L’un d’un roſſo mal tinto, e l’altro verde
     Ma’l primo quaſi ibianca e il color perde.

 [52]
In habito ſuccinta era Marphiſa
     Qual ſi couenne a Donna, & a guerriera:
     Termoodonte ſorſè a quella guiſa
     Vide Hippolyta ornarli e la ſua ſchiera:
     Giá con la cotta d’arme alla diuiſa
     Del Re Agramante, in capo venut’ era
     L’Araldo, a far diuieto e metter leggi
     Ch ne i fatto ne in detto alcun parteggi.

 [53]
La ſpeffa turba aſpetta diſiando
     La pugna, e ſbeſſo incolpa il venir tardo
     De i duo famoſi cauallieri, quando
     S’ode dal Padiglion di Mandricardo
     Alto rumor, che vien moltiplicando,
     Hor ſappiate Signor che’l Re gagliardo
     Di Sericana, e’l Tartaro poſſente
     Fanno il tumulto, e’l grido che ſi ſente.

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 [54]
Hauendo armato il Re di Sericana
     Di ſua man tutto il Re di Tartaria,
     Per porgli al ſianco la ſpada foprana
     Che giá d’Orlando ſu, ſé ne venia:
     Quando nel pome ſcritto Durindana
     Vide, e’l quartier ch’Almóte hauer ſolia
     Ch’a ql meſchin ſu tolto ad vna ſonte
     Dal giouenetto Orlando in Aſpramonte.

 [55]
Vedendola ſu certo ch’era quella
     Tanto famoſa del Signor d’Anglante:
     Per cui co grande armata e la piú bella
     Che giá mai ſi partiſſe di Leuante:
     Soggiogato hauea il regno di Cartella
     E Francia vinta eſſo pochi anni inante.
     Ma non può imaginarfi, come auenga
     C’hor Madricardo in ſuo poter la tenga.

 [56]
E dimandogli ſé per ſorza o patto
     L’haueſſe tolta al Cote, e doue, e quando,
     E Mandricardo diſſe, e’ hauea fatto
     Gran battaglia per eſſa con Orlando,
     E come ſinto quel s’era poi matto
     Coſi coprire il ſuo timor ſperando,
     Ch’era d’ hauer continua guerra meco
     Fin che la buona ſpada haueſſe ſeco,

 [57]
E dicea ch’imitato hauea il Caſtore
     Ilqual ſi ſtrappa i genitali ſui,
     Vedendoſi alle ſpalle il cacciatore
     Che fa che non ricerca altro da lui,
     Gradano non vdi tutto il tenore
     Che diſſe, non vo darla a te ne altrui:
     Tanto oro, tanto affanno, e tanta gente:
     Ci ho ſpefo che e ben mia debitamente.

 [58]
Cercati pur ſornir d’un’ altra ſpada
     Ch’io voglio queſta, e non ti paia nuouo
     Pazzo o faggio ch’orlando ſé ne vada
     Hauerla intendo, ouuncſi io la ritrouo,
     Tu ſenza teſtimoni in ſu la ſtrada
     Te l’ufurpaſti, io qui lite ne muouo:
     La mia ragion dira mia ſcimitarra
     E faremo il giudicio ne la ſbarra.

 [59]
Prima di guadagnarla t’apparecchia
     Che tu l’adopri contra a Rodomonte,
     Di coprar prima l’arme e vſanza vecchia
     Ch’alia battaglia il cauallier s’affronte,
     Piú dolce ſuon non mi viene all’orecchia
     Riſpoſe alzando il Tartaro la ſronte
     Che quádo di battaglia alcun mi tenta
     Ma fa che Rodomonte lo conſenta.

 [60]
Fa che ſia tua la prima, e che ſi tolga
     Il Re di Sarza la tenzon feconda:
     E non ti dubitar ch’io non mi volga
     E ch’a te & ad’ognialtro io non riſponda:
     Ruggier grido non vo che ſi diſciolga
     Il patto, o piú la ſorte ſi confonda:
     Rodomonte in campo prima faglia
     O ſia la ſua dopo la mia battaglia.

 [61]
Se di Gradaſſo la ragion preuale
     Prima acquiſtar che porre in opra l’arme
     Ne tu l’Aquila mia da le bianche ale
     Prima vſar dei, che non me ne difanne:
     Ma poi ch’e ſtato il mio voler giá tale
     Di mia ſentenza non voglio appellarme
     Che ſia feconda la battaglia mia
     Quando de’l Re d’ Algier la prima ſia.

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 [62]
Se turbarete voi l’ordine in parte
     Io totalmente turbarollo anchora,
     Io non intendo il mio ſcudo laſciarte
     Se contra me non lo combatti hor’ hora
     Se l’Uno e l’altro di voi foſſe Marte
     (Riſpoſe Mandricardo irato allhora)
     Non faria l’un nell’altro atto a vietarme
     La buona ſpada, o quelle nobili arme.

 [63]
E tratto da la cholera, auentoſſe
     Col pugno chiuſo al Re di Sericana:
     E la man deſtra in modo gli percoſſe
     Ch’ abandonar gli fece Durindana,
     Gradaſſo, non credendo ch’egli foſſe
     Di coſi ſolle audacia e coſi inſana,
     Colto improuiſo ſu che ſtaua a bada
     E tolta ſi trouo la buona ſpada.

 [64]
Coſi ſcornato di vergogna e d’ ira
     Nel viſo auampa e par che getti fuoco:
     E piú l’afflige il caſo e lo martira
     Poi che gliaccade in ſi paleſe loco,
     Bramoſo di vendetta ſi ritira
     A trar la ſcimitarra a dietro vn poco,
     Mandricardo in ſé tanto ſi confida
     Che Ruggiero acho alla battaglia sfida.

 [65]
Venite pure inanzi amenduo inſieme
     E vengane pel terzo Rodomonte:
     Africa e Spagna, e tutto l’human ſeme
     Ch’io ſon p ſempre mai volger la ſróte,
     Coſi dicendo quel che nulla teme
     Mena d’ intorno la ſpada d’ Almonte:
     Lo ſcudo imbraccia diſdegnoſo e fiero
     Cotra Gradaſſo e cetra il buó Ruggiero.

 [66]
Laſcia la cura a me (dicea Gradaſſo)
     Ch’ io guariſca coſtui de la pazzia:
     Per dio (dicea Ruggier) non te la laſſo
     Ch’ eſſer conuien queſta battaglia mia:
     Va indietro tu, vauui pur tu, ne paſſo
     Perno tornando, gridan tutta via:
     Et attacoſſi la battaglia in terzo:
     Et era per vſcirne vn ſtrano ſcherzo.

 [67]
Se molti non ſi foſſero interpoſti
     A quel furor, non con troppo conſiglio:
     Ch’a ſpeſe lor quaſi imparar, che coſti
     Voler altri ſaluar con ſuo periglio,
     Ne tutto’l mondo mai gli hauria cOpoſti
     Se non venia col Re d’Hiſpagna il figlio
     Del famoſo Troiano, al cui conſpetto
     Tutti hebbon riuerentia e gran riſpetto.

 [68]
Si ſé Agramante la cagione eſporre
     Di queſta nuoua lite coſi ardente:
     Poi molto affaticoſſi, per diſporre
     Che per quella giornata ſolamente
     A Mandricardo la ſpada d’ Hettorre
     Concedeſſe Gradaſſo humanamente:
     Tanto c’haueſſe ſin l’aſpra conteſa
     C hauea giá incontra a Rodomonte pſa.

 [69]
Metre ſtudia placarli il Re Agramante
     Et hor con qſto, & hor con quel ragiona
     Da l’altro padiglion tra Sacripante
     E Rodomonte, vn’ altra lite ſuona:
     Il Re Circaſſo (come e detto inante)
     Staua di Rodomonte alla perſona:
     Et egli e Ferau gli haueano indotte
     L’arme del ſuo progenitor Nembrotte.

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 [70]
Et eran poi venuti oue il deſtriero
     Facea mordendo il ricco ſren ſpumofo:
     Io dico il buon Fròtin, per cui Ruggiero
     Staua iracondo e piú che mai ſdegnoſo:
     Sacripante ch’a por tal caualliero
     In campo hauea, miraua curioſo,
     Se bè ferrato, e ben guemito, e in punto
     Era il deſtrier, come doueafi a punto.

 [71]
E venendo a guardargli piú a minuto
     I ſegni le fattezze iſnelle & atte:
     Hebbe ſuor d’ ogni dubbio conoſciuto
     Che queſto era il deſtrier ſuo Frotalatte,
     Che tanto caro giá s’ hauea tenuto
     Per cui giá hauea mille querele fatte:
     E poi che gli ſu tolto: vn tempo volſe
     Sempre ire a piedi: in modo gliene dolſe.

 [72]
Inazi Albracca glie l’hauea Brunello
     Tolto di ſotto, quel medeſmo giorno
     Ch’ad Angelica anchor tolſe l’annello
     Al Conte Orlando Baliſarda e’l corno:
     E la ſpada a Marphiſa, & hauea quello
     Dopo che fece in Africa ritomo:
     Con Baliſarda inſieme a Ruggier dato
     Ilqual l’hauea Frontin poi nominato.

 [73]
Quando conobbe non ſi apporre in fallo:
     Dine il Circaffo al Re d’Algier riuolto
     Sappi Signor, che queſto e mio cauallo
     Ch’ ad Albracca di ſurto mi ſu tolto,
     Bene haurei teſtimoni da prouallo
     Ma perche ſon da noi lontani molto
     S’ alcun lo niega, io gli vo foſtenere
     Con l’arme in man le mie parole vere

 [74]
Ben ſon contento per la compagnia
     In queſti pochi di ſtata ſra noi:
     Che preſtato il cauallo hoggi ti ſia,
     Ch’io veggo ben che ſenza far nò puoi,
     Perho con patto, ſé per coſa mia
     E preſtata da me conoſcer vuoi
     Altrimente d’ hauerlo non far ſtima
     O ſé non lo combatti meco prima.

 [75]
Rodomote del quale vn piú orgoglioſo
     Nò hebbe mai tutto il meſtier de l’arme
     Alquale in eſſer ſorte e coraggioſo
     Alcuno antico d’uguagliar non parme:
     Riſpofe, Sacripante ogn’ altro ch’ofo
     Fuor che tu, foſſe in tal modo a parlarme
     Con ſuo mal ſi faria toſto auueduto
     Che meglio era per lui di naſcer muto.

 [76]
Ma per la cópagnia ch (come hai detto)
     Nouellamente inſieme riabbiamo preſa:
     Ti ſon contento hauer tanto riſpetto
     Ch’io t’ammonifea a tardar qſta impreſa,
     Fin che de la battaglia veggi effetto
     Che ſra il Tartaro e me toſto ſia acceſa:
     Doue, porti vno eſempio inanzi ſpero,
     C haurai di giá a dirmi habbi ildeſtriero

 [77]
Glie teco corteſia l’eſſer villano
     (Ditte ilCircaſſo pie d’ ira e di iſdegno)
     Ma piú chiaro ti dico bora e piú piano
     Che tu no faccia i quel deſtrier diſegno:
     Che te lo defendo io, tanto ch’in mano
     Queſta vindice mia ſpada foſtegno,
     E metteroui inſino l’ugna e il dente
     Se non potrò difenderlo altrimente.

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 [78]
Venner da le parole alle conteſe
     A i gridi, alle minaccie, alla battaglia,
     Che per molt’ira in piú fretta s’accefe
     Che s’accendeſſe mai per fuoco paglia,
     Rodomonte ha l’ofbergo & ogni arneſe,
     Sacripante non ha piaſtra ne maglia:
     Ma par (ſi ben con lo ſchermir s’ adopra)
     Che tutto con la ſpada ſi ricuopra.

 [79]
Non era la poſſanza e la ſierezza
     Di Rodomonte (anchor ch’era inſinita!
     Piú che la prouidenza e la deſtrezza
     Con che ſue ſorze Sacripante aita,
     Non volto ruota mai con piú preſtezza
     Il macigno ſouran che’l grano trita:
     Che faccia Sacripáte, hor mao hor piede
     Di qua di la doue il biſogno vede.

 [80]
Ma Ferrau, ma Serpentino arditi
     Traffon le ſpade, e ſi cacciar tra loro:
     Dal Re Grandonio, da Iſolier ſeguiti
     Da molt’ altri Signor del popul Moro:
     Queſti erano i romori iquali vditi
     Ne l’altro padiglion fur da coſtoro
     Quiui per accordar venuti in vano
     Col Tartaro Ruggiero, e’l Sericano.

 [81]
Venne chi la nouella al Re Agramante
     Riporto certa, come pel deſtriero
     Hauea con Rodomonte Sacripante
     Incominciato vn’aſpro aſſalto e fiero,
     Il Re confuſo di diſcordie tante
     Diſſe a Manilio, babbi tu qui penſiero
     Che ſra queſti guerrier nò ſegua peggio
     Mentre all’altro diſordine io proueggio.

 [82]
Rodomonte che’l Re ſuo Signor mira
     Frena l’orgoglio, e torna Idietro il paſſo
     Ne con minor riſpetto ſi ritira
     Al venir d’ Agramante il Re Circaſſo,
     Quel domanda la cauſa di tant’ ira
     Con real viſo e parlar graue e baffo:
     E cerca, poi che n’ha compreſo il tutto
     Porli d’accordo, e no vi fa alcun ſrutto.

 [83]
Il Re Circaſſo il ſuo deſtrier non vuole
     Ch’ai Re d’Algier piú lungamente reſti
     Se non s’ humilia tanto di parole
     Che lo vèga a pregar che glie lo preſti,
     Rodomonte ſuperbo come ſuole
     Gli riſponde, ne’l ciel ne tu fareſti
     Che coſa che per ſorza hauer poteſſi
     Da altri che da me mai conoſceſſi,

 [84]
Il Re chiede al Circaſſo, che ragione
     Ha nel cauallo, e come gli ſu tolto,
     E quel di parte in parte il tutto eſpone
     Et eſponendo s’ arroſſiſce in volto,
     Quando gli narra che’l fottíi ladrone
     Ch’in vn’alto penſier l’haueua colto:
     La fella ſu quattro haſte gli fuffolſe :
     E di ſotto il deſtrier nudo gli tolſe.

 [85]
Marphiſa che tra glialtri al grido venne
     Toſto che’l ſurto del cauallo vdi
     In viſo ſi turbo, che le ſouenne
     Che perde la ſua ſpada ella quel di,
     E quel deſtrier che parue hauer le pène
     Da lei ſuggendo, riconobbe qui,
     Riconobbe ancho il buon Re Sacripáte
     Che non hauea riconoſciuto inante

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 [86]
Glialtri ch’erano intorno, e che vantarti
     Brune! di queſto haueano vdito ſpeffo:
     Verſo lui cominciaro a riuoltarſi
     E far paleſi cenni ch’era deſſo,
     Marphiſa foſpettando, ad inſormarli
     Da qſto e da quell’altro e’ hauea appſſo,
     Tanto che venne a ritrouar, che ciucilo
     Che le tolſe la ſpada era Brunello.

 [87]
E ſeppe che pel ſurto, onde era degno
     Ch gli anodaſſe il collo vn capeſtro vnto
     Dal Re Agratnante al Tingitano regno
     Fu con eſempio inuſitato, aſſunto:
     Marphiſa rífrefeado il vecchio ſdegno
     Diſcgno vendicartene a quel punto:
     E punir ſellemi e ſcorni, che per ſtrada
     Fatti l’hauea fopra la tolta ſpada.

 [88]
Dal ſuo feudier V elmo allacciar ſi fece
     Che del reſto de l’arme era guernita:
     Seza oſhergo io no trouo ch mai diece
     Volte, foſſe veduta alla ſua vita,
     Dal giorno ch’a portarlo aſſuefece
     La ſua perſona, oltre ogni fede ardita,
     CO l’elmo in capo andò doue ſra i primi
     Brunel ſedea ne gli argini ſublimi.

 [89]
Gli diede a prima giunta ella dipiglio
     In mezo il petto, e da terra leuollo,
     Come leuar ſuol col falcato artiglio
     Tal volta la rapace Aquila il pollo,
     E la, doue la lite inanzi al figlio
     Era del Re Troian, coſi portollo,
     Brunel che giunto in male man ſi vede
     Pianger no cella, e domandar mercede.

 [90]
Sopra tutti i rumor ſtrepiti e gridi
     Di che’l capo era pien quali vgualmete:
     Brunel e’ hora pietade, hora ſuſſidi
     Domandando venia, coſi ſi ſente,
     Ch’ai ſuono de ramarichi e de (íridi
     Si fa d’intorno accor tutta la gente,
     Giunta inanzi al Re d’Africa Marphiſa
     Con viſo altier gli dice in queſta guiſa.

 [91]
Io voglio queſto ladro tuo vaſallo
     Con le mie mani impender per la gola,
     Perche il giorno medeſmo che’l cauallo
     A coſtui tolle, a me la ſpada inuola,
     Mi ſé glie alcú chevoglia dir ch’io fallo
     Facciali inanzi e dica vna parola:
     Ch’ in tua preſentia gli vo foſtenere
     Che ſé ne mente, e ch’io ſo il mio douere.

 [92]
Ma perche ſi potria ſorſè imputarme
     C ho atteſo a farlo in mezo a tante liti:
     Mentre che queſti piú famoſi in arme
     D’ altre querele ſon tutti impediti:
     Tre giorni ad ípiccarlo io vo ídugiarme
     In tanto o vieni o manda chi l’aiti:
     Che dopo, ſé non ſia chi me lo vieti:
     Faro di lui mille vccellacci lieti.

 [93]
Di qui preſſo a tre leghe, a quella torre
     Che ſiede inanzi ad vn piccol boſchetto
     Senza piú compagnia mi vado a porre
     Che d’una mia donzella e d’un valletto:
     S’ alcuno ardiſce di venirmi a torre
     Queſto ladroni la venga ch’io l’aſpetto:
     Coſi diſſe ella, e doue diſſe preſe
     Toſto la via, ne piú riſpoſta atteſe.

[p. 356 modifica]


 [94]
Su’l collo inanzi del deſtrier, ſi pone
     Brunel, che tuttauia tien per le chiome,
     Piange il miſero e grida, e le perſone
     In che ſperar ſolia, chiama per nome,
     Reſta Agramante in tal confuiíone
     Di queſti intrichi che non vede come
     Poterli ſciorre, e gli par via piú greue
     Che Marphiſa Brunel coſi gli leue.

 [95]
No che l’apprezzi, o che gli porti amore
     Anzi piú giorni ſon che l’odia molto:
     E ſpeffo ha d’ impiccarlo hauuto in core
     Dopo che gli era ſtato l’annel tolto:
     Ma qſto atto gli par cótra il ſuo honore
     Si che n’auampa di vergogna in volto:
     Vuole in perſona egli feguirla in fretta:
     E a tutto ſuo poter farne vendetta.

 [96]
Ma il Re Sobrino ilquale era preſente
     Da queſta impreſa molto il diſſuade:
     Dicendogli, che mal conueniente
     Era all’altezza di ſua maeſtade:
     Se ben haueſſe d’efferne vincente
     Ferma ſperanza, e certa ſicurtade:
     Piú c’honor gli ſia biaſmo, che ſi dica
     C habbia vinta vna femina a fatica.

 [97]
Poco l’honore, e molto era il periglio
     D’ogni battaglia che con lei pigliaſſe,
     E che gli daua per miglior conſiglio
     Ch Bruello alle ſorche hauer laſciaffe:
     E ſé credeſſe, ch’uno alzar di ciglio
     A torlo dal capeſtro gli baſtaffe:
     Non douea alzarlo, per non contradire
     Che s’ habbia la giuſtitia ad eſequire.

 [98]
Potrai Madare vn che Marphiſa prieghi
     (Dicea) ch’in queſto giudice ti faccia:
     Co promiſſion, ch’ai ladroncel ſi leghi
     Il laccio al collo, e a lei ſi ſodisſaccia,
     E quado ancho oſtinata te lo nieghi
     Se l’habbia, e il ſuo deſir tutto còpiaccia:
     Pur che da tua amicitia non ſi ſpicchi
     Brunello e glialtri ladri tutti impicchi.

 [99]
Il Re Agramante volentier s’ attenne
     Al parer di Sobrin diſcreto e faggio:
     E Marphiſa laſcio, che non le venne
     Ne pati ch’altri andaſſe a far le oltraggio
     Ne di farla pregare ancho ſoſtenne
     E tolero: Dio fa con che coraggio,
     Per poter acchetar liti maggiori
     E del ſuo campo tor tanti romori.

 [100]
Di ciò ſi ride la Diſcordia pazza
     Che pace o triegua homai piú teme poco
     Scorre di qua e di la tutta la piazza:
     Ne può trouar per allegrezza loco,
     La Superbia con lei ſalta e gauazza:
     E legne & eſca va aggiungèdo al fuoco,
     E grida ſi, che ſin nel’alto regno
     Manda a Michel de la vittoria ſegno.

 [101]
Tremo Parigi e turbidoſſi Senna,
     All’alta voce a qllo horribil grido:
     Rimbóbo il ſuon fin’ alla ſelua Ardenna
     Si che laſciar tutte le ſiere il nido,
     Vdiron l’Alpi, e il monte di Gebenna
     Di Blaia e d’Arli, e di Roano il lido,
     Rodano e Sona: vdi Garona e il Rheno,
     Si ſtrinfero le madri i ſigli al ſeno.

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 [102]
Son cinque cauallier c’han fiſſo il chiodo
     D’eſſere i primi a terminar ſua lite:
     L’una ne l’altra auiluppata in modo
     Che non l’haurebbe Apolline eſpedite:
     Cornicia ilRe Agramate aſciorre il nodo
     De le prime tenzon c’haueua vdite:
     Che per la ſiglia del Re Stordilano
     Era tra il Re di Scythia e il ſuo Africăo.

 [103]
Il Re Agramăte andò per porre accordo
     Di qua e di la piu volte a qſto e a qllo:
     E a queſto e a quel piú volte die ricordo
     Da Signor giuſto e da fedel fratello:
     E quando parimente troua ſordo
     l’un come l’altro indomito e rubello:
     Di volere eſſer quel che reſti ſenza
     La donna, da cui vien lor differenza.

 [104]
S’ appiglia al ſin come a miglior partito:
     Di che amendui ſi contentar gli amanti:
     Che de la bella donna ſia marito
     l’uno de duo quel che vuole eſſa inanti:
     E da quanto per lei ſia ſtabilito
     Piú non ſi poſſa andar dietro ne auanti
     All’uno e all’altro piace il compromeſſo
     Sperando ch’eſſer debbia a fauor d’eſſo.

 [105]
Il Re di Sarza che gran tempo prima
     Di Mandricardo: amaua Doralice
     Et ella l’hauea poſto in ſu la cima
     D’ogni fauor, ch’a Donna caſta lice,
     Che debba in vtil ſuo venire eſtima
     La gran ſententia che’l può far felice,
     Ne egli hauea queſta credenza ſolo
     Ma con lui tutto il Barbareſco ſtuolo.

 [106]
Ognun ſapea ciò ch’egli hauea giá fatto
Per eſſa in gioſtre, i torniamĕti, in guerra
E che ſtia Mandricardo a queſto patto
Dicono tutti che vaneggia & erra:
Ma quel che piú ſiate e piú di piatto
Con lei ſu, mentre il Sol ſtaua ſotterra
E ſapea quanto hauea di certo in mano
Ridea del popular giudicio vano.

 [107]
Poi lor conuention ratificaro
     In man del Re quei duo prochi famoſi,
     Et indi alla Donzella ſé n’andaro
     Et ella abbaſſo gli occhi vergognoſi,
     E diſſe, che piú il Tartaro hauea caro:
     Di che tutti reſtar marauiglioſi,
     Rodomonte ſi attonito e ſmarrito
     Che di leuar non era il viſo ardito.

 [108]
Ma poi che l’ufata ira caccio quella
     Vergogna, che glihauea la faccia tinta,
     Ingiuſta e falſa la ſententia appella.
     E la ſpada impugnando ch’egli ha cinta
     Dice: vdendo il Re e glialtri: che vuol ch’ella
     Gli dia pduta qſta cauſa o vinta
     E non l’arbitrio di femina lieue
     Che ſemp inchina a ql che me far deue.

 [109]
Di nuouo Mandricardo era riſorto
     Dicendo, vada pur come ti pare,
     Si che prima che’l legnoentraſſe in porto
     ;' era a ſolcare vn gran ſpatio di mare,
     Se no che’l Re Agramante diede torto
     A Rodomonte, che non può chiamare
     Piú Mandricardo per quella querela,
     E ſé cadere a quel furor la vela.

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 [110]
Hor Rodomonte che notar ſi vede
     Dinanzi a quei Signor di doppio ſcorno,
     Dal ſuo Re, a cui per riuerentia cede:
     E da la donna ſua: tutto in vn giorno,
     Quiui non volſe piú fermare il piede,
     E de la molta turba e’ hauea intorno
     Seco non tolſe piú che duo Tergenti
     Et vſci de i Moreſchi alloggiamenti.

 [111]
Come partendo afflitto Tauro ſuole
     Che la giuuéca al vincitor ceffo habbia:
     Cercar le ſelue, e le riue piú ſole,
     Lugi da i paſchi, o qualche arrida ſabbia
     Doue muggir non ceſſa all’òbra e al ſole
     Ne perho ſcema l’amorofa rabbia:
     Coſi ſen va di gran dolor confuſo
     Il Re d’Algier da la ſua donna eſclufo.

 [112]
Per rihauere il buon deſtrier ſi moſſe
     Ruggier, che giá per qſto s’era armato
     Ma poi di Mandricardo ricordoſſe
     A cui de la battaglia era vbligato,
     Non ſegui Rodomonte, e ritornoſſe
     Per entrar col Re Tartaro in ſteccato
     Prima che’ntraffe il Re di Sericana
     Che l’altra lite hauea di Durindana.

 [113]
Veder torſi Frontin troppo gli peſa
     Dinanzi a gliocchi, e non poter vietarlo:
     Ma dato e’ habbia ſine a queſta impreſa
     Ha ferma intention di ricourarlo,
     Ma Sacripante che non ha conteſa
     Come Ruggier, che poſſa diſtornarlo
     E che non ha da far altro che queſto
     Per l’orme vien di Rodomonte preſto.

 [114]
E toſto l’hauria giunto ſé non era
     Vn caſo ſtrano che trouo tra via:
     Che lo ſé dimorar fin’ alla ſera
     E perder le veſtigie che ſeguia:
     Trouo vna donna che ne la riuiera
     Di Senna, era caduta, e vi peria
     S’ a darle toſto aiuto non veniua:
     Salto ne l’acqua e la ritraſſe a ri uá.

 [115]
Poi quando in fella volſe riſalire
     Aſpettato non ſu dal ſuo deſtriero,
     Che fin’ a ſera ſi fece ſeguire
     E non ſi laſcio prender di leggiero:
     Preſelo al ſin, ma non ſeppe venire
     Piú d’ onde s’ era tolto dal ſentiero:
     Duceto miglia erro tra piano e monte
     Prima che ritrouaſſe Rodomonte.

 [116]
Doue trouollo, e come ſu conteſo
     Con diſuantaggio assai di Sacripante,
     Come perde il cauallo e reſto preſo,
     Hor non diro, e’ ho da narrarui inante
     Di quanto ſdegno, e di quanta ira acceſo
     Cetra la Dona, e cétra il Re Agramante
     Del campo Rodomonte ſi partiſſe
     E ciò che contra all’uno e all’altro diſſe.

 [117]
Di cocenti ſoſpir l’aria accendea
     Douunq3 andaua il Saracin dolente:
     Eccho per la pietá che gli n’ hauea
     Da caui faſſi riſpondea ſouente,
     O feminile ingegno (egli dicea)
     Come ti volgi e muti facilmente:
     Contrario oggetto proprio de la fede:
     O inſelice, o miſer chi ti crede.

[p. 359 modifica]


 [118]
Ne lunga ſeruitu, ne grand’ amore
     Che ti ſu a mille proue manifeſto,
     Hebbono ſorza di tenerti il core
     Che no ſoſſi a cangiarli almen ſi preſto:
     Non perdi’ a Mandricardo inſeriore
     Io ti pareſſi: di te priuo reſto:
     Ne ſo trouar cagione a i caſi miei
     Se nò queſt’una che femina fei.

 [119]
Credo che t’ habbia la Natura e Dio
     Produtto o ſcelerato feſſo al mondo
     Per vna ſoma: per vn graue ſio
     Del’huom, che ſenza te faria giocondo:
     Come ha produtto ancho il ſerpente rio
     E il Lupo e l’Orio, e fa l’aer fecondo
     E di moſche, e di veſpe, e di tafani
     E l’oglio e auena fa naſcer tra i grani.

 [120]
Perche fatto non ha V alma Natura
     Che ſenza te poteſſe naſcer l’huomo?
     Come s’ ineſta per humana cura
     L’u fopra l’altro, il pero, ilſorbo, e’l pome
     Ma quella non può far ſempre a miſura:
     Anzi s’io vo guardar come io la nomo
     Veggo che non può far coſa perfetta
     Poi che Natura femina vien detta.

 [121]
Non ſiate perho tumide e faſtofe
     Dóne, per dir ch F huom ſia voſtro figlio.
     Che de le ſpine anchor naſcon le roſe:
     E d’una fetida herba naſce il giglio,
     Importune, ſuperbe, diſpettofe,
     Priue d’amor, di fede, e di conſiglio,
     Temerarie, crudeli, inique, ingrate
     Per peſtilentia eterna al mondo nate.

 [122]
Con queſte & altre & inſinite appreſſo
     Querele, il Re di Sarza ſé ne giua:
     Hor ragionando in vn parlar ſommeſſo
     Quado in vn ſuon che di lontan s’ udiua:
     In onta e in biaſmo del femineo feſſo,
     E certo da ragion ſi dipartiua
     Che per vna o per due che troui ree
     Che cento buone ſien creder ſi dee.

 [123]
Se ben di quante io n’ habbia ſin q amate
     Non n’ habbia mai trouata vna fedele:
     Perfide tutte io non vo dir ne ingrate:
     Ma darne colpa al mio deſtin crudele,
     Molte hor ne ſono, e piú giá ne ſon ſtate
     Che no dan cauſa ad huom che ſi qrele:
     Ma mia fortuna vuol, che s’una ria
     Ne ſia tra cento, io di lei preda ſia.

 [124]
Pur vo tanto cercar prima ch’io mora,
     Anzi prima che’l crin piú mi s’imbiachi,
     Che ſorſè diro vn di, che p me anchora
     Alcuna ſia che di ſua ſé non manchi,
     Se qſto auuien (che di ſperanza ſuora
     Io no ne ſon) no ſia mai ch’io mi ſtanchi:
     Di farla a mia poſſanza glorioſa
     CO ligua e co ichioſtro, e i verſo e i pſa.

 [125]
Il Saracin non hauea manco ſdegno
     Contra il fu’o Re, che contra la Dòzella,
     E coſi di ragion paſſaua il ſegno
     Biaſmando lui, come biaſmando quella,
     Ha diſio diveder che fopra il regno
     Gli cada tanto mal: tanta procella,
     Ch’ in Africa ogni caſa ſi funeſti
     Ne pietra ſalda fopra pietra reſti.

[p. 360 modifica]


 [126]
E che ſpito del Regno in duolo e í lutto
     Viua Agramante, miſero e mendico:
     E ch’effo ſia, che poi gli renda il tutto
     E lo riponga nel ſuo ſeggio antico,
     E de la fede ſua produca il ſrutto
     E gli faccia veder, ch’un vero amico
     A dritto e a torto eſſer douea prepoſto
     Se tutto’l mondo ſé gli foſſe oppoſto.

 [127]
E coſi quando al Re, quando alla Donna
     Volgendo il cor turbato: il Saracino
     Caualca a gran giornate, e non aſſonna
     E poco Ripoſar laſcia Frontino,
     Il di ſeguente o l’altro in ſu la Sonna
     Si ritrouo e’ hauea dritto il camino
     Verſo il mar di Prouenza, con diſegno
     Di nauigare in Africa al ſuo regno,

 [128]
Di barche e di fottíi legni era tutto
     Fra P una ripa e l’altra il fiume pieno:
     Ch’ad vſo de Peſercito condutto,
     Da molti lochi vettouaglie hauieno,
     Perche in poter de Mori era ridutto
     Venendo da Parigi al lito ameno
     D’ Acqmorta, e voltado I ver la Spagna
     Ciò che v’e da man deſtra di campagna.

 [129]
Le vettouaglie in carra & in iumenti
     Tolte ſuor de le naui, erano carche
     Et tratte con la ſcorta de le genti
     Oue venir non ſi potea con barche,
     Hauean piene le ripe i graſſi armenti
     Quiui condotti da diuerſe marche,
     E i conduttori intorno alla riuiera
     Per varii tetti albergo hauean la ſera.

 [130]
Il Re d’Algier perche gli foprauenne
     Quiui la notte, e P aer nero e cieco:
     D’ un’ hoſtier paeſan lo’nuito tenne
     Che lo prego che rimaneſſe ſeco,
     Adagiato il deſtrier, la menſa venne
     Di varii cibi, e di vin Corſo e Greco:
     Che’l Saracin nel reſto alla Moreſca
     Ma volſe far nel bere alla Franceſca.

 [131]
l’hoſte con buona menſa e miglior viſo
Studio di fare a Rodomonte honore,
Che la preſentia gli die certo auiſo
Ch’era huomo illuſtre e pie d’alto valor,
Ma quel che da ſé ſteffo era diuiſo
Ne quella ſera hauea ben ſeco il core:
(Che mal ſuo grado s’ era ricondotto
Alla Donna giá ſua) non facea motto.

 [132]
Il buono hoſtier che ſu de i diligenti
     Che mai ſi ſien per Francia ricordati,
     Quando tra le nimiche, e ſtrane genti
     L’albergo e beni ſuoi s’hauea ſaluati,
     Per ſera ir quiui alcuni ſuoi parenti,
     A tal ſeruigio pronti, hauea chiamati,
     De quai non era alcun di parlar’ oſo
     Vedendo il Saracin muto e penſoſo.

 [133]
Di penſiero in penſiero andò vagando
     Da ſé ſteffo lontano il Pagan molto,
     Col viſo a terra chino, ne leuando
     Si gli occhi mai, ch’alcu guardaſſe i volto,
     Dopo vn lugo ſtar cheto, fuſpirádo
     Si come d’un gran ſonno allhora ſciolto
     Tutto ſi ſcolſe , e inſieme alzo le ciglia
     E volto gli occhi all’hoſte e alla famiglia

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 [134]
Indi roppe il ſilentio, e con ſembianti
     Piú dolci vn poco, e viſo men turbato
     Domado all’hoſte e a glialtri circóſtanti
     Se d’ eſſi alcuno hauea mogliere a lato
     Che l’hoſte, e che queglialtri tutti quati
     L’haueano, per riſpoſta gli ſu dato,
     Domanda lor quel che ciaſcun ſi crede
     De la ſua donna nel feruargli fede,

 [135]
Eccetto l’hoſte, ſer tutti riſpoſta
     Che ſi credeao hauerle e carte e buone:
     Diſſe l’hoſte ognu pur creda a ſua porta,
     Ch’io ſo c’hauete falſa opinione,
     11 voſtro ſciocco credere vi corta
     Ch’ io ſtimi ognun di voi ſenza ragione:
     E coli far queſto Signor deue ancho
     Se non vi vuol moſtrar nero per bianco.

 [136]
Perche ſi come e ſola la Phenice
     Ne mai piú d’ una in tutto il mondo viue:
     Coſi ne mai piú d’uno eſſer ſi dice
     Che de la moglie i tradimenti ſchiue,
     Ognun ſi crede d’ eſſer quel felice
     D’effer quel ſol, ch’a qſta palma arriue:
     Come e poſſibil che v’arriui ognuno,
     Se non ne può nel modo eſſer piú d’ uno ?

 [137]
Io ſui giá nel’error che ſiate voi
     Che donna carta ancho piú d’una fufTe:
     Vn gentilhomo di Vinegia poi
     Che qui mia buona ſorte giá conduſſe.
     Seppe far ſi, con veri eſempi ſuoi
     Che ſuor del’ignoranza mi riduſſe,
     Gian Franceſco Valerio era nomato
     Che’l nome ſuo non mi s’ e mai feordato.

 [138]
Le ſraudi che le mogli e che l’amiche
     Sogliano vſar, ſapea tutte per conto,
     E fopra ciò moderne hiſtorie e antiche
     E proprie eſperienze hauea ſi in pronto:
     Che mi moſtro, che mai donne pudiche
     Non ſi trouaro, o pouere o di conto,
     E s’ una caſta piú de l’altra parfe
     Venia, perche piú accorta era a celarfe.

 [139]
E ſra l’altre, che tante me ne diſſe
     Che non ne porto il terzo ricordarmi,
     Si nel capo vna hiſtoria mi ſi ſcriffe
     Che non ſi ſcriffe mai piú ſaldo in marmi,
     E ben parria a ciaſcuno che l’udiffe
     Di qſte rie, quel, ch’a me parue e parmi,
     E ſé Signor a voi non ſpiace vdire
     A lor confufion ve la vo dire,

 [140]
Riſpoſe il Saracin che puoi tu farmi
     Che piú al preſente mi diletti e piaccia?
     Che dirmi hiſtoria, e qualche esèpio darmi
     Che co l’opinion mia ſi cófaccia:
     Perch io porta vdir meglio, e tu narrarmi
     Siedemi incontra, ch’io ti vegga i faccia,
     Ma nel canto che ſegue io v’ ho da dire
     Quel che ſé l’hoſte a Rodomonte vdire.