Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/395


 [134]
Indi roppe il ſilentio, e con ſembianti
     Piú dolci vn poco, e viſo men turbato
     Domado all’hoſte e a glialtri circóſtanti
     Se d’ eſſi alcuno hauea mogliere a lato
     Che l’hoſte, e che queglialtri tutti quati
     L’haueano, per riſpoſta gli ſu dato,
     Domanda lor quel che ciaſcun ſi crede
     De la ſua donna nel feruargli fede,

 [135]
Eccetto l’hoſte, ſer tutti riſpoſta
     Che ſi credeao hauerle e carte e buone:
     Diſſe l’hoſte ognu pur creda a ſua porta,
     Ch’io ſo c’hauete falſa opinione,
     11 voſtro ſciocco credere vi corta
     Ch’ io ſtimi ognun di voi ſenza ragione:
     E coli far queſto Signor deue ancho
     Se non vi vuol moſtrar nero per bianco.

 [136]
Perche ſi come e ſola la Phenice
     Ne mai piú d’ una in tutto il mondo viue:
     Coſi ne mai piú d’uno eſſer ſi dice
     Che de la moglie i tradimenti ſchiue,
     Ognun ſi crede d’ eſſer quel felice
     D’effer quel ſol, ch’a qſta palma arriue:
     Come e poſſibil che v’arriui ognuno,
     Se non ne può nel modo eſſer piú d’ uno ?

 [137]
Io ſui giá nel’error che ſiate voi
     Che donna carta ancho piú d’una fufTe:
     Vn gentilhomo di Vinegia poi
     Che qui mia buona ſorte giá conduſſe.
     Seppe far ſi, con veri eſempi ſuoi
     Che ſuor del’ignoranza mi riduſſe,
     Gian Franceſco Valerio era nomato
     Che’l nome ſuo non mi s’ e mai feordato.

 [138]
Le ſraudi che le mogli e che l’amiche
     Sogliano vſar, ſapea tutte per conto,
     E fopra ciò moderne hiſtorie e antiche
     E proprie eſperienze hauea ſi in pronto:
     Che mi moſtro, che mai donne pudiche
     Non ſi trouaro, o pouere o di conto,
     E s’ una caſta piú de l’altra parfe
     Venia, perche piú accorta era a celarfe.

 [139]
E ſra l’altre, che tante me ne diſſe
     Che non ne porto il terzo ricordarmi,
     Si nel capo vna hiſtoria mi ſi ſcriffe
     Che non ſi ſcriffe mai piú ſaldo in marmi,
     E ben parria a ciaſcuno che l’udiffe
     Di qſte rie, quel, ch’a me parue e parmi,
     E ſé Signor a voi non ſpiace vdire
     A lor confufion ve la vo dire,

 [140]
Riſpoſe il Saracin che puoi tu farmi
     Che piú al preſente mi diletti e piaccia?
     Che dirmi hiſtoria, e qualche esèpio darmi
     Che co l’opinion mia ſi cófaccia:
     Perch io porta vdir meglio, e tu narrarmi
     Siedemi incontra, ch’io ti vegga i faccia,
     Ma nel canto che ſegue io v’ ho da dire
     Quel che ſé l’hoſte a Rodomonte vdire.