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E che ſpito del Regno in duolo e í lutto
Viua Agramante, miſero e mendico:
E ch’effo ſia, che poi gli renda il tutto
E lo riponga nel ſuo ſeggio antico,
E de la fede ſua produca il ſrutto
E gli faccia veder, ch’un vero amico
A dritto e a torto eſſer douea prepoſto
Se tutto’l mondo ſé gli foſſe oppoſto.
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E coſi quando al Re, quando alla Donna
Volgendo il cor turbato: il Saracino
Caualca a gran giornate, e non aſſonna
E poco Ripoſar laſcia Frontino,
Il di ſeguente o l’altro in ſu la Sonna
Si ritrouo e’ hauea dritto il camino
Verſo il mar di Prouenza, con diſegno
Di nauigare in Africa al ſuo regno,
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Di barche e di fottíi legni era tutto
Fra P una ripa e l’altra il fiume pieno:
Ch’ad vſo de Peſercito condutto,
Da molti lochi vettouaglie hauieno,
Perche in poter de Mori era ridutto
Venendo da Parigi al lito ameno
D’ Acqmorta, e voltado I ver la Spagna
Ciò che v’e da man deſtra di campagna.
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Le vettouaglie in carra & in iumenti
Tolte ſuor de le naui, erano carche
Et tratte con la ſcorta de le genti
Oue venir non ſi potea con barche,
Hauean piene le ripe i graſſi armenti
Quiui condotti da diuerſe marche,
E i conduttori intorno alla riuiera
Per varii tetti albergo hauean la ſera.
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Il Re d’Algier perche gli foprauenne
Quiui la notte, e P aer nero e cieco:
D’ un’ hoſtier paeſan lo’nuito tenne
Che lo prego che rimaneſſe ſeco,
Adagiato il deſtrier, la menſa venne
Di varii cibi, e di vin Corſo e Greco:
Che’l Saracin nel reſto alla Moreſca
Ma volſe far nel bere alla Franceſca.
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l’hoſte con buona menſa e miglior viſo
Studio di fare a Rodomonte honore,
Che la preſentia gli die certo auiſo
Ch’era huomo illuſtre e pie d’alto valor,
Ma quel che da ſé ſteffo era diuiſo
Ne quella ſera hauea ben ſeco il core:
(Che mal ſuo grado s’ era ricondotto
Alla Donna giá ſua) non facea motto.
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Il buono hoſtier che ſu de i diligenti
Che mai ſi ſien per Francia ricordati,
Quando tra le nimiche, e ſtrane genti
L’albergo e beni ſuoi s’hauea ſaluati,
Per ſera ir quiui alcuni ſuoi parenti,
A tal ſeruigio pronti, hauea chiamati,
De quai non era alcun di parlar’ oſo
Vedendo il Saracin muto e penſoſo.
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Di penſiero in penſiero andò vagando
Da ſé ſteffo lontano il Pagan molto,
Col viſo a terra chino, ne leuando
Si gli occhi mai, ch’alcu guardaſſe i volto,
Dopo vn lugo ſtar cheto, fuſpirádo
Si come d’un gran ſonno allhora ſciolto
Tutto ſi ſcolſe , e inſieme alzo le ciglia
E volto gli occhi all’hoſte e alla famiglia