Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/389


 [86]
Glialtri ch’erano intorno, e che vantarti
     Brune! di queſto haueano vdito ſpeffo:
     Verſo lui cominciaro a riuoltarſi
     E far paleſi cenni ch’era deſſo,
     Marphiſa foſpettando, ad inſormarli
     Da qſto e da quell’altro e’ hauea appſſo,
     Tanto che venne a ritrouar, che ciucilo
     Che le tolſe la ſpada era Brunello.

 [87]
E ſeppe che pel ſurto, onde era degno
     Ch gli anodaſſe il collo vn capeſtro vnto
     Dal Re Agratnante al Tingitano regno
     Fu con eſempio inuſitato, aſſunto:
     Marphiſa rífrefeado il vecchio ſdegno
     Diſcgno vendicartene a quel punto:
     E punir ſellemi e ſcorni, che per ſtrada
     Fatti l’hauea fopra la tolta ſpada.

 [88]
Dal ſuo feudier V elmo allacciar ſi fece
     Che del reſto de l’arme era guernita:
     Seza oſhergo io no trouo ch mai diece
     Volte, foſſe veduta alla ſua vita,
     Dal giorno ch’a portarlo aſſuefece
     La ſua perſona, oltre ogni fede ardita,
     CO l’elmo in capo andò doue ſra i primi
     Brunel ſedea ne gli argini ſublimi.

 [89]
Gli diede a prima giunta ella dipiglio
     In mezo il petto, e da terra leuollo,
     Come leuar ſuol col falcato artiglio
     Tal volta la rapace Aquila il pollo,
     E la, doue la lite inanzi al figlio
     Era del Re Troian, coſi portollo,
     Brunel che giunto in male man ſi vede
     Pianger no cella, e domandar mercede.

 [90]
Sopra tutti i rumor ſtrepiti e gridi
     Di che’l capo era pien quali vgualmete:
     Brunel e’ hora pietade, hora ſuſſidi
     Domandando venia, coſi ſi ſente,
     Ch’ai ſuono de ramarichi e de (íridi
     Si fa d’intorno accor tutta la gente,
     Giunta inanzi al Re d’Africa Marphiſa
     Con viſo altier gli dice in queſta guiſa.

 [91]
Io voglio queſto ladro tuo vaſallo
     Con le mie mani impender per la gola,
     Perche il giorno medeſmo che’l cauallo
     A coſtui tolle, a me la ſpada inuola,
     Mi ſé glie alcú chevoglia dir ch’io fallo
     Facciali inanzi e dica vna parola:
     Ch’ in tua preſentia gli vo foſtenere
     Che ſé ne mente, e ch’io ſo il mio douere.

 [92]
Ma perche ſi potria ſorſè imputarme
     C ho atteſo a farlo in mezo a tante liti:
     Mentre che queſti piú famoſi in arme
     D’ altre querele ſon tutti impediti:
     Tre giorni ad ípiccarlo io vo ídugiarme
     In tanto o vieni o manda chi l’aiti:
     Che dopo, ſé non ſia chi me lo vieti:
     Faro di lui mille vccellacci lieti.

 [93]
Di qui preſſo a tre leghe, a quella torre
     Che ſiede inanzi ad vn piccol boſchetto
     Senza piú compagnia mi vado a porre
     Che d’una mia donzella e d’un valletto:
     S’ alcuno ardiſce di venirmi a torre
     Queſto ladroni la venga ch’io l’aſpetto:
     Coſi diſſe ella, e doue diſſe preſe
     Toſto la via, ne piú riſpoſta atteſe.