Pagina:Ariosto - Orlando furioso, secondo la stampa del 1532, Roma 1913.djvu/355


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Faccio o no’l faccio al ſin mi par ch buono
     Sempre cercar ql che diletti, ſia
     Del mio penſier con altri non ragiono
     Ne vo ch’in ciò conſiglio altri mi dia
     Io vo la notte oue quell’arme ſono,
     Che s’ hauea tratte la ſorella mia
     Tolgole, e col deſtrier ſuo via camino
     Ne ſto aſpettar che luca il matutino.

 [52]
Io me ne vo la notte: Amore e duce,
     A ritrouar la bella Fiordiſpina,
     E v’arriuai che non era la luce
     Del Sole aſcoſa anchor ne la marina,
     Beato e chi correndo ſi conduce
     Prima de glialtri a dirlo alla Regina,
     Da lei ſperado per l’annuntio buono
     Acquiſtar gratia, e riportarne dono.

 [53]
Tutti m’haueano tolto coſi in fallo
     Com’hai tu fatto anchor p Rradamante,
     Tanto piú che le veſti hebbi e’l cauallo
     Con che partita era ella il giorno inante,
     Vieti Fiordiſpina di poco interuallo
     Con feſte incontra, e con carezze tante
     E con ſi allegro viſo e ſi giocondo
     Ch piú gioia moſtrar nò potria al mòdo.

 [54]
Le belle braccia al collo indi mi getta
     E dolcemente ſtringe e bacia in bocca,
     Tu puoi penſar s’ allhora la ſaetta
     Dirizzi Amor, s’ in mezo il cor mi tocca,
     Per man mi piglia, e in camera con fretta
     Mi mena, e non ad altri ch’a lei tocca
     Clic da l’elmo allo ſpron l’arme mi f lacci
     E neſſun’ altro vuol che ſé n’impacci.

 [55]
Poi fattali arrecare vna ſua veſte
     Adorna e ricca, di ſua man la ſpiega,
     E come io ſoſſi femina mi veſte
     E in reticella d’ oro il crin mi lega,
     Io muouo gliocchi co maniere honeſte,
     Ne ch’io ſia Dona alcú mio geſto niega:
     La voce ch’accufar mi potea ſorſè
     Si ben’ufai ch’alcun non ſé n’accorfe.

 [56]
Vſcimmo poi la doue erano molte
     Perſone in ſala e cauallieri e donne,
     Da i quali ſummo con l’honor raccolte
     Ch’alle Regine faſſi e gran madonne,
     Quiui d’alcuni mi riſi io piú volte
     Che non ſappiendo ciò che ſotto gonne
     Si nafeondeffe, valido egagliardo
     Mi vagheggiauan con laſciuo ſguardo

 [57]
Poi che ſi fece la notte piú grande
     E giá vn pezzo la menſa era leuata,
     La menſa, che ſu d’ottime viuande
     Secondo la Ragione apparecchiata,
     Non aſpetta la Donna ch’io domande
     Quel che m’era cagion del venir ſtata,
     Ella m’inuita per ſua corteſia
     Che quella notte a giacer ſeco io ſtia.

 [56]
Poi che donne e donzelle hormai leuate
     Si ſuro e paggi e camerieri intorno,
     Eſſendo ambe nel letto diſpogliate
     Co i torchi acceſi che parea di giorno,
     Io cominciai non vi marauigliate
     Madonna ſé ſi toſto a voi ritorno:
     Che ſorſè v’ andauate imaginando
     Di non mi riueder ſin, Dio fa quando.