Orlando furioso (sec. la stampa 1532)/Canto 14

Canto 14

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Canto 13 Canto 15

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CANTO QVARTODECIMO



 [1]

N
Ei molti aſſalti, e ne i crudel còflitti

     C hamiti hauea con Fracia Africa e Spagna
     Morti erano inſiniti, e derelitti
     Al Lupo al Coruo all’Aquila griſtagna:
     E benché i Franchi foſſero piū afflitti
     Che tutta hauean perduta la campagna,
     Piū ſi doleano i Saracin, per molti
     Principi e gran baron ch’eran lor tolti.

 [2]
Hebbon vittorie coſi ſanguinoſe
     Che lor poco auanzo di che allegrarli:
     E ſé alle antique le moderne coſe
     Inuitto Alphonſo, denno aſſimigliarſi:
     La gran vittoria, onde alle virtuoſe
     Opere voſtre, può la gloria darſi,
     Di e’ hauer ſempre lachrymoſe ciglia
     Rauenna debbe, a queſte s’aſſimiglia.

 [3]
Quando cedendo Morini e Picardi
     L’efercito Normando, e l’Aquitano:
     Voi nel mezo affaliſte li ſtendardi
     Del quaſi vincitor nimico Hiſpano:
     Seguendo voi quei gioueni gagliardi
     Che meritar con valoroſa mano
     Quel di da voi per honorati doni
     L’elſe idorate e gl’indorati ſproni.

 [4]
Con ſi animoſi petti che vi ſoro
     Vicini, o poco lungi al gran periglio,
     Crollaſte ſi le ricche Giande d’Oro:
     Si rompeſte il baſto giallo e vermiglio,
     Ch’a voi ſi deue il triomphale alloro
     Che non ſu guaſto ne sfiorato il Giglio,
     D’un’altra fròde v’orna ācho la chioma
     l’hauer ſeruato il ſuo Fabritio a Roma.

 [5]
La gran Colonna del nome Romano
     Che voi prendeſte e che ſeruaſſe intera
     Vi da piū honor, che ſé di voſtra mano
     Foſſe caduta la militia ſiera
     Quata n’ingraſſa il campo Rauegnano:
     E quanta ſé n’andò ſenza bandiera
     D’Aragon di Caſtiglia, e di Nauarra
     Veduto non giouar ſpiedi ne carra.

 [6]
Quella vittoria ſu piū di conſorto
     Che d’allegrezza, perche troppo peſa
     Contra la gioia noſtra, il veder morto
     Il capitan di Francia, e de l’impreſa,
     E ſeco hauere vna procella abſorto
     Tanti principi illuſtri, ch’a difeſa
     De i regni lor, de i lor confederati
     Di qua da le fredd’Alpi eran paſſati.

 [7]
Noſtra ſalute, noſtra vita, in queſta
     Vittoria, ſuſcitata ſi conoſce,
     Che difende che’l verno, e la tempeſta
     Di Gioue irato, fopra noi non crofee,
     Ma ne goder potiam ne farne feſta
     Sentendo i gran ramarichi e l’angofee
     Ch’in veſte bruna e lachrimofa guada
     Le vedouelle fan per tutta Francia.

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 [8]
Biſogna che proueggia il Re Luigi
     Di nuoui capitani alle lue ſquadre,
     Che per honor de l’aurea Fiordaligi
     Caſtighino le man rapaci e ladre,
     Che ſuore, e ſrati, e biachi, e neri, e bigi
     Violato hanno, e ſpofa, e ſiglia, e madre
     Gittato in terra Chriſto in ſacramento,
     Per torgli vn tabernaculo d’argento,

 [9]
O miſera Rauenna t’era meglio
     Ch’ al vincitor non feſſi refiſtenza
     Far ch’a te foſſe inanzi Breſcia ſpeglio
     Che tu lo ſoſſi a Arimino e a Faenza,
     Manda Luigi il buon Traulcio veglio
     Ch’ inſegni a queſti tuoi piú continenza,
     E conti lor quanti per ſimil torti,
     Stati ne ſian per tutta Italia morti,

 [10]
Come di capitani biſogna hora
     Che’l Re di Frácia al capo ſuo pueggia
     Coſi Marſilio & Agramante allhora
     Per dar buò reggimeto alla ſua greggia
     Da i lochi doue il verno ſé dimora
     Vuol ch’in capagna all’ordine ſi veggia
     Perche vedendo oue biſogno ſia,
     Guida e gouerno ad ogni ſchiera dia.

 [11]
Marſilio prima, e poi fece Agramante
     Paſſar la gente ſua ſchiera per ſchiera,
     I Cathalani a tutti glialtri inante
     Di Doriphebo van con la bandiera,
     Dopo vien ſenza il ſuo Re Foluirante,
     Che per man di Rinaldo giá morto era,
     La gente di Nauarra, e lo Re Hiſpano
     Halle dato Iſolier per capitano.

 [12]
Balugante del popul di Leone
     Grandonio cura de gli Algarbi piglia
     Il ſratel di Marſilio Falſirone
     Ha ſeco armata la minor caſtiglia,
     Seguon di Madaraffo il gonſalone
     Quei che Iaſciato ha Malaga e Siuiglia
     Dal Mar di Gade a Cordoua feconda
     Le verdi ripe ouunque il Bethy inonda.

 [13]
Stordilano e Tefira e Baricondo,
     L’un dopo l’altro moſtra la ſua gente
     Granata al primo Vliſbona al fecondo
     E Maiorica al terzo e vbidiente
     Fu d’ Vliſbona Re, tolto dal mondo
     Larbin, Teſſira di Larbin parente
     Poi vien Gallitia, che ſua Guida in vece
     Di Maricoldo: Serpentino fece.

 [14]
Quei di Tolledo, e quei di Calatraua
     Di c’hebbe Sinagon giá la bandiera,
     Con tutta quella gente che ſi laua
     In Guadiana, e bee della riuiera
     L’audace Mataliſta gouernaua:
     Biazardin quei d’Aſturga I vna ſchiera
     Co quei di Salamanca e di Piagenza,
     D’ Auila di Zamora, e di Palenza.

 [15]
Di quei di Saragoſa e de la corte
     Del Re Marſilio: ha Ferrau il gouerno,
     Tutta la gente e ben armata e ſorte:
     In queſti e Malgarino: Balinuerno:
     Malzariſe: e Morgante: ch’una ſorte
     Hauea fatto habitar paeſe eſterno:
     Che poi che i regni lor, lor ſuron tolti,
     Gli hauea Marſilio in corte ſua raccolti.

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 [16]
In queſta e di Marſilio il gran Baſtardo
     Follicon d’Almeria con Doriconte,
     Bauarte e Largaliſa, & Analardo:
     Et Archidante il Sagomino Conte,
     E l’Amirante, e Langhiran gagliardo:
     E Malagur c’hauea l’aſtutie pronte,
     Et altri & altri, di quai penſo doue,
     Tempo fará, di far veder le pruoue.

 [17]
Poi che paſſo l’efercito di Spagna
     Co bella moſtra inanzi al Re Agramate,
     Co la ſua ſquadra apparile alla capagna
     Il Re d’ Oran che quaſi era Gigante,
     l’altra che vien per Martafin ſi lagna
     II quai morto le ſu da Bradamante,
     E ſi duol ch’una femina ſi vanti.
     D’hauer vcciſo il Re de Garamanti.

 [18]
Segue la terza ſchiera di Marmonda
     Ch’Argoſto morto abbadono f Guaſcogna,
     A qſta vn capo come alla fecóda
     E come ancho alla quarta dar biſogna:
     Quatunqs il Re Agramante non abóda
     I >i capitani, pur ne ſinge e ſogna
     Dunqj Buraldo, Ormida, Arganio eleſſe
     E doue vopo ne ſu guida li meſſe.

 [19]
Diede ad Arganio quei di Libicana
     Ch piagean morto il negro Dudrinaſſo:
     Guida Brunello i ſuoi di Tingitana
     Con viſo nubiloſo e ciglio baffo,
     Che poi che ne la ſelua, non lontana
     Dal cartel e’ hebbe Atlate i cima al ſaſſo
     Gli ſu tolto l’annel da Bradamante,
     Caduto era í diſgratia al Re Agramate.

 [20]
E fe’l ſratel di Ferrau Iſoliero
     Ch’ al arbore legato ritrouollo,
     Non facea fede inanzi al Re del vero,
     Haurebbe dato in ſu le ſorche vn crollo
     Muto a prieghi di Molti, il Re penderò,
     Giá hauédo fatto porgli il laccio al collo,
     Gli lo fece leuar, ma riferbarlo
     Pel primo error, ch poi giuro ípiccarlo.

 [21]
Si c’hauea cauſa di venir Brunello
     Col viſo meſto, e con la teſta china
     Seguia poi Farurante, e dietro a quello
     Eran caualli e fanti di Maurina,
     Venia Libanio appreſſo il Re nouello
     La gente era con lui di Conſtantina
     Perho che la corona, e il baſton d’ Oro
     Gli ha dato il Re che ſu di Pinadoro.

 [22]
Con la gente d’ Heſperia Soridano,
     E Dorilon ne vien con quei di Setta,
     Ne vien coi Nafamoni Puliano,
     Quelli d’Amonia il Re Agricalte affretta
     Malabuferfo quelli di Fizano,
     Da Finadurro e l’altra ſquadra retta
     Che di Canaria viene e di Marocco,
     Balaſtro ha qi ch fur del Re Tardocco.

 [23]
Due ſquadre vna di Mulga uá d’Arzilla
     Seguono, e qſta ha’l ſuo Signore antico,
     Quella n’ e priua, e perho il Re Sortilla
     Et diella a Corineo ſuo ſido amico,
     E coſi de la gente d’Almanlilla
     C hebbe Tanfirion, ſé Re Caico,
     Die quella di Getulia a Rimedonte
     Poi vien con quei di Coſca Balinfronte.

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 [24]
Quell’altra ſchiera e la gète di Bolga,
     Suo Re e Clarindo, e giá ſu Mirabaldo,
     Vien Baliuerzo, ilqual vuo che tu tolga
     Di tutto il gregge pel maggior ribaldo,
     Non credo in tutto il campo ſi diſciolga
     Bandiera e’ habbia eſercito piú ſaldo
     De l’altra con che ſegue il Re Sobrino,
     Ne piú di lui prudente ſaracino.

 [25]
Quei di Bellamarina, che Gualciotto
     Solea guidar, hor guida il Re d’ Algieri
     Rodomonte e di Sarza, che condotto
     Di nuouo hauea pedoni e cauallieri,
     Che mentre il Sol ſu nubiloſo ſotto
     Il gran Cetauro, e i corni horridi e ſieri,
     Fu in Africa mandato da Agramante
     Onde venuto era tre giorni inante.

 [26]
Non hauea il campo d’ Africa piú ſorte
     Ne ſaracin piú audace di coſtui,
     E piú temean le Parigine porte,
     Et hauean piú cagion di temer lui,
     Che Manilio Agramante e la gran corte
     C hauea ſeguito in Francia queſti dui:
     E piú d’ ogni altro che faceſſe moſtra,
     Era nimico de la fede noſtra.

 [27]
Vien Prufione il Re de l’Aluaracchie
     Poi quel de la Zumara Dardinello,
     No ſo s’ habbiao o nottole o cornacchie
     O altro manco & importuno augello
     Ilqual da i tetti e da le ſronde gracchie
     Futuro mal, predetto a queſto e a qllo,
     Che ſiſſa in ciel nel di ſeguente e l’hora
     Che l’uno e l’altro í qlla pugna muora.


 [28]
In campo non haueano altri a venire
     Che quei di Tremifenne e di Noritia:
     Ne ſi vedea alla moſtra comparire
     Il ſegno lor, ne dar di ſé notitia,
     No ſapendo Agramante che ſi dire
     Ne che penſar di queſta lor pigritia,
     Vno feudiero al ſin gli ſu condutto,
     Del Re di Tremiſen: che narro il tutto.

 [29]
E gli narro ch’Alzirdo e Manilardo
     Co molti altri de ſuoi giaceano al capo
     Signor (difs’egli) il cauallier gagliardo
     Ch’ ucciſo ha i nſi, vcciſo hauria il tuo capo,
     Se foſſe ſtato a torſi via piú tardo
     Di me ch’a pena anchor coſi ne ſcampo
     Fa quel de cauallieri e de pedoni,
     Che’l Lupo fa di capre e di montoni.

 [30]
Era venuto pochi giorni auante
     Nel capo del Re d’ Africa vn Signore
     Ne in Ponente era, ne in tutto Leuante,
     Di piú ſorza di lui, ne di piú core,
     Gli facea grade honore il Re Agramáte
     Per eſſer coſtui figlio e ſucceſſore
     In Tartaria de’l Re Agrican gagliardo
     Suo nome era il feroce Mandricardo.

 [31]
Per molti chiari geſti era famoſo
     E di ſua fama tutto il mondo empia,
     Ma lo facea piú d’altro glorioſo
     Ch’ai caſtel de la Fata di Soria
     l’usbergo hauea acquiſtato luminoſo
     C Hettor Troian porto mille anni pria
     Per ſtrana e ſormidabile auentura
     Che’l ragionarne pur mette paura.

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 [32]
Trouandoſi coſtui dunque preferite
     A quel parlar, alzo l’ardita faccia:
     E ſi diſpoſe andare immantinente
     Per trouar ql guerrier dietro alla traccia
     Ritenne occulto il ſuo penderò in mète
     O ſia perche d’alcun ſtima non faccia:
     O perche tema fe’l penſier paleſa
     Ch’unaltro inanzi a lui pigli l’imprefa.

 [33]
Allo ſcudier ſé dimandar come era
     La fopraueſta di quel caualliero,
     Colui riſpoſe quella e tutta nera
     Lo ſcudo nero, e nò ha alcun cimiero,
     E ſu Signor la ſua ríſpoſta vera,
     Perch laſciato Orlado hauea il qrtiero,
     Che come dentro l’animo era in doglia
     Coſi imbrunir di ſuor volſe la ſpoglia.

 [34]
Marſilio a Mandricardo hauea donato
     Vn deſtrier baio a ſcorza di caſtagna
     Con gambe e chiome nere, & era nato
     Di Friſa madre, e d’un vilan di Spagna,
     Sopra vi ſalta Mandricardo armato
     E galoppando va per la campagna.
     E giura non tornare a quelle ſchiere,
     Se non truoua il campion da l’arme nere.

 [35]
Molta incontro de la pauroſa gente
     Che da le man d’Orlando era ſuggita,
     Chi dtl ſigliuol chi del ſratel dolente
     Ch’ inanzi a gliocchi ſuoi perde la vita
     Anchora la codarda e triſta mente
     Ne la pallida faccia era ſculpita,
     Anchor per la paura che hauuta hanno
     Pallidi muti, & infenfati vanno.

 [36]
Non ſé lungo camin che venne doue
     Crudel ſpettaculo hebbe, & inhumano:
     Ma teſtimonio alle mirabil pruoue
     Che far raconte inanzi al Re Africano:
     Hor mira queſti hor qlli morti, e muoue
     E vuol le piaghe miſurar con mano,
     Moſſo da ſtrana inuidia ch’egli porta
     Al cauallier e’ hauea la gente morta.

 [37]
Come Lupo o Martin ch’ultimo giugne
     Al bue laſciato morto da villani,
     Che truoua ſol le corna l’oſſa e Pugne
     Del reſto ſon sfamati augelli e cani:
     Riguarda i vano il teſchio che no vgne
     Coſi fa il crudel Barbaro in que piani:
     Per duol beſtémia, e moſtra iuidia íméfa
     Che venne tardi a coſi ricca menſa.

 [38]
Quel giorno e mezo l’altro ſegue icerto
     Il cauallier dal negro, e ne domanda,
     Ecco vede vn pratel d’ombre coperto
     Che ſi d’un’ alto fiume ſi ghirlanda
     Che Iaſcia a pena vn breue ſpatio aperto
     Doue l’acqua ſi torce ad altra banda,
     Vn fimi] luogo con gireuol’onda
     Sotto Ocricoli il Teucre circonda.

 [39]
Doue entrar ſi potea, co Parme indoſſo
     Stanano molti cauallieri armati,
     Chiede il pagan chi glihauea in ſtuol ſi graſſo
     Et a ch effetto iſieme iui adunati
     Gli ſé riſpoſta il Capitano, moſſo
     l’ai (Ignori! ſembiante, e da ſregiati
     D’oro e di gemme arneſi di gran pregio,
     Che lo moſtrauan caualliero egregio.

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 [40]
Dal noſtro Re ſian (diſſe) di Granata
     Chiamati in compagnia de la ſigliuola:
     Laquale al Re di Sarza ha maritata
     Benché di ciò la fama anchor non vola:
     Come appreſſo la ſera racchetata
     La cicaleta ſia, e’ hor s’ ode ſola
     Auati al padre ſra l’Hiſpane torme
     La condurremo, intanto ella ſi dorme.

 [41]
Colui che tutto il mondo vilipende
     Diſegna di veder torto la pruoua.
     Se quella gente o bene, o mal difende
     La donna alla cui guardia ſi ritruoua,
     Diſſe, cortei per quanto ſé n’ intende
     E bella, e di ſaperlo hora mi gioua,
     Allei mi mena, o falla qui venire
     Ch’ altroue mi còuien ſubito gire.

 [42]
Eſſer per certo dei pazzo ſolenne,
     Riſpoſe il Granatin, ne piú gli diſſe,
     Ma il Tartaro a ferir torto lo venne
     Con l’haſta baſſa, e il petto gli trafiſſe,
     Che la corazza il colpo non ſoſtenne
     E ſorza ſu che morto in terra giſſe:
     l’haſta ricoura il figlio d’ Agricane,
     Perche altro da ferir non gli rimane,

 [43]
Non porta ſpada ne baſton, che quando
     l’arme acqſto che fur d’ Hettor Troiano
     Perche trouo che lor mancaua il brado
     Gli couenne giurar (ne giuro in vano)
     Che ſin che no togliea quella d’ Orlado
     Mai non porrebbe ad altra ſpada mano,
     Duridana ch’Almote hebbe i gra ſtima
     E Orlado hor porta, Hettor portaua pria

 [44]
Grande e l’ardir del Tartaro che vada
     Con diſuantaggio tal contra coloro,
     Gridando chi mi vuol vietar la ſtrada?
     E con la lancia ſi caccio tra loro:
     Chi l’haſta abbaſſa, e chi tra ſuor la ſpada
     E d’ogn’ intorno ſubito gli ſoro:
     Egli ne fece morire vna ſrotta
     Prima che quella lancia foſſe rotta.

 [45]
Rotta che ſé la vede, il gran troncone
     Che reſta intero, ad ambe mani afferra:
     E fa morir con quel tante perſone,
     Che non ſu viſta mai piú crudel guerra,
     Come tra Philiſtei l’hebreo Sanſone
     Co la maſcella che leuo di terra
     Scudi ſpezza, elmi ſchiaccia, e vn colpo ſpeffo
     Spége i caualli a i cauallieri appſſo.

 [46]
Correno a morte que miſeri a gara
     Ne perche cada l’un, l’altro andar ceſſa,
     Che la maniera del morire, amara
     Lor par piú assai, che no e morte iſteffa:
     Patir non ponno che la vita cara
     Tolta lor ſia da un pezzo d’ haſta feſſa,
     E ſieno ſotto alle picchiate ſtrane
     A morir giunti, come bifeie o rane.

 [47]
Ma poi ch’a ſpeſe lor, ſi ſuro accorti
     Che male in ogni guiſa era morire:
     Sendo giá preſſo alli duo terzi morti
     Tutto l’auanzo comincio a ſuggire,
     Come del proprio hauer via ſé gli porti
     Il Saracin crudel non può patire
     Ch’ alcun di quella turba sbigottita
     Da lui partir ſi debba co la vita.

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 [48]
Come in palude aſciutta dura poco
     Stridula caria, o in campo arrida ſtoppia
     Cotra il ſoſſio di Borea, e cótra il fuoco
     Chel cauto agricultore iſieme accoppia
     Quando la vaga ſiamma occupa il loco
     E ſcorre per li ſolchi, e ſtride e ſcoppia:
     Coſi coſtor, contra la ſuria acceſa
     Di Mandricardo fan poca difeſa.

 [49]
Poſcia ch’egli reſtar vede l’entrata
     Che mal guardata ſu ſenza cuſtode,
     Per la via che di nuouo era ſegnata,
     Ne l’herba, e al ſuono d i ramarchi ch’e
     Viene a veder la Donna di Granata
     Se di bellezze e pari alle ſue lode,
     Palla tra i corpi de la gente morta
     Doue gli da, torcendo il fiume, porta.

 [50]
E Doralice in mezo il prato vede
     (Che coſi nome la Dózella hauea)
     Laqual ſuſſolta da l’antico piede
     D’un Fraſſino filueſtre ſi dolea,
     Il pianto come vii riuo che ſuccede
     Di viua vena, nel bel ſen cadea,
     E nel bel viſo ſi vedea che inſieme
     De l’altrui mal ſi duole, e del ſuo teme.

 [51]
Crebbe il timor come venir lo vide
     Di ſangue brutto e con faccia empia e oſcura
     E’l grido ſin al del l’aria diuide
     Di ſé e de la ſua gente per paura,
     Che oltre i cauallier v’ erano guide
     Che de la bella inſante haueano cura,
     Maturi vecchi, e assai donne e donzelle
     Del regno di Granata, e le piú belle,

     
 [52]
Come il Tartaro vede quel bel viſo
     Che non ha paragone in tutta Spagna,
     E e’ ha nel piato, hor ch’effer de nel riſo?
     Teſa d’Amor l’ineſtricabil ragna,
     Non fa ſé viue, o in terra o in paradiſo.
     Ne de la ſua vittoria altro guadagna
     Se non che in man de la ſua prigioniera,
     Si da prigione e non fa in qual maniera.

 [53]
Allei perho non ſi concede tanto
     Che del trauaglio ſuo le doni il ſrutto,
     Benché piangendo ella dimoſtri, quáto
     Poſſa donna moſtrar dolore e lutto,
     Egli ſperado volgerle quel pianto
     In ſommo gaudio, era diſpoſto al tutto
     Menarla ſeco, e fopra vn bianco vbino.
     Montar la fece, e torno al ſuo camino,

 [54]
Dóne e donzelle e vecchi & altra gente
     Ch’eran con lei venuti di Granata,
     Tutti licentio benignamente,
     Dicendo assai da me ſia accompagnata,
     lo maſtro, io balia, io le faro ſergente
     In tutti i ſuoi biſogni, a dio brigata,
     Coſi non gli poſſendo far riparo
     Piangendo e ſoſpirando ſé n’ andaro.

 [55]
Tra lor dicendo quanto doloroſo
     Ne fará il padre come il caſo intenda,
     Quata ira, qjto duol ne haura il ſuo ſpofo,
     O come ne fará vedetta horrenda,
     Deh perche a tempo tanto biſognoſo,
     Non e qui preſſo, a far che coſtui renda
     Il ſangue illuſtre del Re Stordilano,
     Prima che ſé lo porti piú lontano.

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 [56]
De la gran preda il Tartaro contento
     Che Fortuna e valor gli ha poſta inanzi
     Di trouar quel dal negro veſtimento
     Non par e’ habbia la fretta e’ hauea diázi
     Correua dianzi, hor viene adagio e lèto
     E penſa tutta via doue ſi ſtanzi,
     Doue ritruoui alcun comodo loco
     Per eſhalar tanto amoroſo ſoco.

 [57]
Tuttauolta conforta Doralice
     C hauea di piato e gliocchi e’l viſo molle,
     Copone e ſinge molte coſe, e dice
     Che per fama gran tempo ben le volle,
     E che la patria e il ſuo regno felice
     Che’l nome di gradezza a glialtri tolle,
     Laſcio no per vedere o Spagna o Fracia,
     Ma ſol per cótemplar ſua bella guancia.

 [58]
Se per amar l’huom debbe eſſere amato
     Merito il voſtro amor ch v’ ho amat’ io,
     Se per ſtirpe, di me chi e meglio nato?
     Che’l poſſente Agrican ſu il padre mio,
     Se p richezza, chi ha di me piú ſtato?
     Che di dominio io cedo ſolo a Dio,
     Se per valor, credo hoggi hauer eſpto
     Ch’ eſſere amato per valore io merto.

 [59]
Queſte parole & altre assai, ch’Amore
     A Mandricardo di ſua bocca ditta,
     Van dolcemente a conſolare il core
     De la Donzella di paura afflitta,
     Il timor ceſſa, e poi ceſſa il dolore
     Che le hauea quaſi l’anima trafitta,
     Ella comincia con piú patienza,
     A dar piú grata al nuouo amate vdiéza.

 [60]
Poi con riſpoſte piú benigne molto
     A moſtrarfegli affabile e corteſe:
     E non negargli di fermar nel volto
     Tal’hor le luci di pietade acceſe,
     Onde il Paga che da lo ſtral ſu colto
     Altre volte d’Amor, certezza preſe
     Non che ſperanza, che la donna bella
     No faria a ſuo deſir ſempre ribella.

 [61]
Con queſta compagnia lieto e gioioſo
     Che ſi gli ſatisfa, ſi gli diletta,
     Eſſendo preſſo all’hora ch’a ripoſo
     La ſredda notte ogni animale alletta
     Vedédo il Sol giá baffo e mezo aſcoſo,
     Comincio a caualcar co maggior fretta,
     Tanto ch’udí ſonar zuffoli e canne,
     E vide poi fumar ville e capanne.

 [62]
Erano paſtorali alloggiamenti
     Miglior ſtaza e piú comoda che bella,
     Quiui il guardian corteſe de gli armèti
     Honoro il Caualliero e la Donzella
     Tanto che ſi chiamar da lui contenti,
     Che non pur per cittadi e per cartella,
     Ma per tugurii anchora e per fenili,
     Speſſo ſi trouan gli huomini gentili.

 [63]
Quel che foſſe dipoi fatto all’ofeuro
     Tra Doralice e il figlio d’Agricane
     A punto racontar non m’aſſicuro
     Si ch’al giudicio di ciaſcun rimane,
     Creder ſi può che be d’accordo ſuro
     Che ſi leuar piú allegri la dimane
     E Doralice ringratio il Paſtore,
     Ch nel ſuo albergo l’hauea fatto honor.

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 [64]
Indi d’uno in vn’ altro luogo errando
     Si ritrouaro al ſin fopra vn bel fiume,
     Che con ſilentio al mar va declinando
     E ſé vada o ſé ſtia mal ſi profume,
     Limpido e chiaro ſi: ch’in lui mirando
     Senza conteſa al fondo porta il lume,
     In ripa a qllo a vna freſca ombra e bella
     Trouar dui cauallieri e vna donzella,

 [65]
Hor l’alta fantaſia, ch’un ſentier ſolo
     No vuol chi ſegua ogn’hor, qndi mi guida
     Et mi ritorna oue il Moreſco ſtuolo
     Aſſorda di rumor Fracia e di grida
     D’intorno il padiglione oue il ſigliuolo
     Del Re Troiano il ſanto Imperio sfida,
     E Rodomonte audace ſé gli vanta
     Arder Parigi, e ſpianar Roma ſanta.

 [66]
Venuto ad AgramAte era all’orecchio,
     Che giá l’Ingleſi hauea paſſato il mare,
     Perho Marſilio e il Re del Garbo vecchio
     E glialtri capita fece chiamare:
     Cofiglian tutti a far grade apparecchio
     Si che Parigi poſſino eſpugnare,
     Pono eſſer certi che piú nò s’ eſpugna,
     Se noi fan prima che l’aiuto giugna.

 [67]
Giá ſcale innumerabili per queſto
     Da luoghi intorno hauea fatto raccorre
     Et affé e traui, e vimine conteſto
     Che lo poteano a diuerſi vſi porre:
     E naui e ponti, e piú facea che’l reſto
     Il primo e il fecondo ordine diſporre
     A dar l’affalto, & egli vuol venire
     Tra quei che la citta denno aſſalire.

 [68]
l’Imperatore il di che’l di preceſſe
     De la battaglia, ſé dentro a Parigi
     Per tutto celebrare vflíci, e meſſe
     A Preti, a Frati, bianchi, neri, e bigi
     E le gente che dianzi eran confeffe
     E di man tolte a gl’inimici ſtigi
     Tutti communicar non altramente
     C haueſſino a morire il di ſeguente.

 [69]
Et egli tra Baroni e Paladini
     Principi, & Oratori, al maggior tempio
     Con molta religione a quei diuini
     Atti iteruène, e ne die a glialtri eſempio,
     CO le man giúte, e gliocchi al ciel ſupini
     Diſſe: Signor bè ch’io ſia iniquo & apio
     Non voglia tua bontá pel mio fallire
     Che’l tuo popul fedele habbia a patire.

 [70]
E ſé glie tuo voler ch’egli patiſca
     E e’ habbia il noſtro error degni ſupplici,
     Almen la punition ſi differiſca
     Si che per man non ſia de tuoi nemici,
     Che quado lor d’uccider noi ſortiſca
     Ch nome hauemo pur d’ eſſer tuo’ amici:
     I Pagani diran che nulla puoi,
     Che perir laſci i partigiani tuoi.

 [71]
E per vn che ti ſia fatto ribelle
     Cento ti ſi faran per tutto il mondo,
     Tal che la legge falſa di Babelle
     Cacciera la tua fede e porrá al fondo,
     Difendi queſte genti che ſon quelle
     Ch’I tuo ſepulchro hano purgato e mòdo
     Da brutti cani, e la tua Sata Chieſa
     Con li vicarii ſuoi ſpeffo difeſa.

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 [72]
So che i meriti noſtri atti non ſono
     A ſatisfare al debito d’ un’ oncia,
     Ne deuemo ſperar da te perdono
     Se riguardiamo a noſtra vita ſconcia,
     Ma ſé vi aggiugni di tua gratia il dono
     Noſtra ragion ſia ragguagliata e concia
     Ne del tuo aiuto diſperar poſſiamo
     Qualhor di tua pietá ci ricordiamo.

 [73]
Coſi dicea l’Imperator deuoto
     Con humiltade e contrition di core:
     Giunſe altri prieghi e conueneuol voto
     Al gran biſogno e all’alto ſuo ſplédore,
     Non ſu il caldo pregar d’ effetto voto
     Perho che’l Genio ſuo l’Angel miglior
     I prieghi tolſe e ſpiego al del le penne
     Et a narrare al Saluator li venne.

 [74]
E ſuro altri inſiniti in quello inſtante
     Da tali meſſagier portati a Dio,
     Che come gli aſcoltar l’anime fante
     Dipinte di pietade il viſo pio,
     Tutte miraro il ſempiterno Amante
     E gli moſtraro il comun lor diſio.
     Che la giuſta oration foſſe efaudita
     Del populo Chriſtian che chiedea aita.

 [75]
E la bontá ineſſabile, ch’in vano
     Non ſu pregata mai da cor fedele,
     Leua gli occhi pietoſi, e fa con mano
     Cenno, che venga a ſé l’Angel Michele
     Va (gli diſſe) all’efercito Chriſtiano
     Che dianzi in Picardia calo le vele:
     E al muro di Parigi l’appreſenta
     Si che’l campo nimico non lo ſenta.

 [76]
Truoua prima il Silentio, e da mia parte
     Gli di, che teco a queſta impreſa venga,
     Ch’egli ben pueder con ottima arte
     Sapra di quato proueder conuenga,
     Fornito queſto, ſubito va in parte
     Doue il ſuo ſeggio la Diſcordia tenga,
     Dille che l’eſca e il fucil ſeco prenda,
     E nel capo de Mori il fuoco accenda.

 [77]
E tra quei che vi ſon detti piú ſorti
     Sparga tante zizanie e tante liti,
     Che còbattano inſieme, & altri morti:
     Altri ne ſieno preſi, altri feriti.
     E ſuor del capo altri lo ſdegno porti:
     Si che il lor Re poco di lor s’aiti,
     Non replica a tal detto altra parola
     II benedetto Augel, ma dal ciel vola.

 [78]
Douunque drizza Michel Angel l’ale
     Fuggon le nubi, e torna il ciel ſereno:
     Gli gira itorno vn’ aureo cerchio: quale
     Veggian di notte lampeggiar baleno,
     Seco penſa tra via doue ſi cale
     Il celeſte Corrier per fallir meno,
     A trouar quel nimico di parole
     A cui la prima comiffion far vuole,

 [79]
Vien ſcorrèdo ou’ egli habiti, ou’ egli vſi
     E ſé accordaro in ſin tutti i penſieri
     Che de Frati e de Monachi rinchiuſi
     Lo può trouare in chieſe e in monaſteri,
     Doue ſono i parlari in modo eſclufi
     Che’l Silentio, oue cantano i ſalteri,
     Oue dormeno, oue hanno la piatanza,
     E ſinalmente e ſcritto in ogni ſtanza.

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 [80]
Credendo quiui ritrouarlo, moſſe
     Con maggior fretta le dorate penne,
     E diveder ch’anchor pace vi foſſe
     Quiete e Charita ſicuro tenne,
     Ma da la opinion ſua ritrouoſſe
     Toſto inganato, che nel chioſtro venne.
     Non e Silentio quiui, e gli ſu ditto,
     Che non v’habita piú ſuor ch in iſcritto.

 [81]
Ne pietá, ne quiete, ne humiltade
     Ne quiui Amor, ne quiui Pace mira,
     Ben vi fur giá, ma ne l’antiqua etade:
     Che le cacciar, Gola, Auaritia, & Ira,
     Supbia, Inuidia, Inertia, e Crudeltade
     Di tanta nouita l’Angel ſi ammira
     Ando guardado quella brutta ſchiera,
     E vide ch’ancho la diſcordia v’era.

 [82]
Quella ch gli hauea detto il Padre eterno
     Dopo il Silètio, che trouar doueſſe,
     Penſato hauea di far la via d’Auemo
     Che ſi credea che tra dannati ſteffe,
     E ritrouolla in queſto nuouo inſerno
     (Ch’ il crederia:) tra fanti vfficii e meſſe
     Par di ſtrano a Michel ch’ella vi ſia
     Che p trouar credea di far gran via.

 [33]
La conobbe al veſtir di color cento,
     Fatto a liſte inequali & inſinite:
     C’hor la copruono hor no, ch i paſſi e’l ;
     Le giano aprendo, ch’erano ſdrucite,
     I crini hauea qual d’oro, e qual d’argèto
     E neri, e bigi e hauer pareano lite
     Altri i treccia altri i naſtro eran raccolti
     Molti alle ſpalle, alcuni al petto ſciolti.

 [84]
Di citatorie piene e di libelli
     D’effamine e di carte di procure
     Hauea le mani e il ſeno, e gran faſtelli
     Di chioſe di conſigli e di letture,
     Per cui le faculta de pouerelli
     Non ſono mai ne le citta ſicure,
     Hauea dietro e dinanzi e d’ambi i lati.
     Notai Procuratori Et Auocati.

 [85]
La chiama a ſé Michele, e le comanda
     Che tra i piú ſorti Saracini ſcenda,
     E cagion truoui, che con memoranda
     Ruina iſieme a guerreggiar gliaccèda:
     Poi del Silentio nuoua le domanda
     Facilmente eſſer può ch’eſſa n’intenda
     Si come quella ch’accendendo ſochi
     Di qua e di la va per diuerſi lochi.

 [86]
Riſpoſe la Diſcordia io nò ho a mente
     In alcun loco hauerlo mai veduto,
     Vdito l’ho ben nominar ſouente
     E molto còmendarlo per aſtuto,
     Ma la Fraude vna qui di noſtra gente
     Che compagnia tal volta gli ha tenuto
     Penſo che dir te ne ſapra nouella,
     (Everfo vna alzo il dito, e diſſe e qlla)

 [87]
Hauea piaceuol viſo, habito honeſto
     Vn’humil volger d’occhi, u adar graue:
     éto Vn parlar ſi benigno e ſi modeſto:
     Che parea Gabriel che diceſſe aue:
     Era brutta e deforme in tutto il reſto:
     Ma naſcondea queſte fattezze praue
     Co lungo habito e largo, e ſotto quello
     Attoficato hauea ſempre il coltello.

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 [88]
Domanda a cortei l’Angelo, che via
     Debba tener, ſi che’l Silentio truoue:
     Diſſe la Fraude, giá coſtui ſolia
     Fra virtudi habitare, e non altroue
     Con Benedetto, e con quelli d’ Helia
     Ne le Badie, qn erano anchor nuoue:
     Fé ne le Scuole assai de la ſua vita
     Al tempo di Pythagora e d’Archita.

 [89]
Mancati quei Philoſophi e quei Santi,
     Che lo ſolean tener pel camin ritto
     Da glihoneſti coſtumi e’ hauea inanti
     Fece alle ſceleraggini tragitto,
     Comincio andar la notte co gli amanti
     Indi co i ladri, e fare ogni delitto:
     Molto col Tradimento egli dimora
     Veduto l’ho con l’homicidio anchora.

 [90]
Co quei che falſan le monete ha vſanza
     Di ripararli in qualche buca ſcura:
     Coſi ſpeffo cópagni muta e ſtanza:
     Che’l ritrouarlo ti faria ventura:
     Ma pur ho d’ inſegnartelo ſperanza
     Se d’arriuare a meza notte hai cura
     Alla caſa del Sonno, ſenza fallo
     Potrai (che quiui dorme) ritrouallo.

 [91]
Ben che ſoglia la Fraude eſſer bugiarda
     Pur’ e tanto il ſuo dir ſimile al vero
     Che l’Angelo le crede, indi non tarda
     A volarſene ſuor del monaſtero,
     Tepra il batter de l’ale, e ſtudia e guarda
     Giungere i tempo al ſin del ſuo ſentiero
     Ch’alia caſa del Sonno, che ben doue
     Era ſapea, queſto Silentio truoue.

 [92]
Giace in Arabia vna valletta amena
     Lontana da cittadi e da villaggi,
     Ch’ali’ ombra di duo monti e tutta piena
     D’antiqui Abeti, e di robuſti Faggi,
     Il Sole indarno il chiaro di vi mena
     Che non vi può mai penetrar co i raggi,
     Si glie la via da ſolti rami tronca
     E quiui entra ſotterra vna ſpelonca.

 [93]
Sotto la negra ſelua vna capace
     E ſpatiofa grotta entra nel ſaſſo,
     Di cui la ſronte l’Hedera ſeguace
     Tutta aggirando va con ſtorto paſſo,
     In queſto albergo il graue Sonno giace
     L’Otio da vn cato corpulento e graſſo
     Da l’altro la Pigritia in terra ſiede
     Ch nò può ádare, e mal reggerti 1 piede.

 [94]
Lo ſmemorato Oblio ſta ſu la porta
     Non laſcia entrar, ne riconoſce alcuno,
     Non aſcolta imbaſciata ne riporta
     E parimente tien cacciato ognuno,
     Il Silentio va intorno, e fa la ſcorta,
     Ha le ſcarpe di feltro, e’l mantel bruno,
     Et a quanti n’ incontra, di lontano
     Che no debban venir cenna co mano.

 [95]
Se gli accoſta all’orecchio, e pianamente
     l’Angel gli dice, Dio vuol che tu guidi
     A Parigi Rinaldo con la gente
     Che p dar mena al ſuo Signor ſuſſidi,
     Ma che lo facci tanto chetamente
     Ch’alcun de ſaracin non oda i gridi,
     Si che piú toſto che ritruoui il calle
     La fama d’ auiſar, glihabbia alle ſpalle.

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 [96]
Altrimente il Silentio non riſpofe,
     Che col capo, accennando che faria,
     E dietro vbidiente ſé gli poſe,
     E ſuro al primo volo in Picardia,
     Michel moſſe le ſquadre coraggioſe,
     E ſé lor breue vn gran tratto di via,
     Si che in vn di a Parigi le conduſſe,
     Ne alcun s’ auide che miracol ſuſſe.

 [97]
Diſcorreua il Silentio, e tutta volta,
     E dinanzi alle ſquadre e d’ ognintorno
     Facea girare vn’alta nebbia in volta,
     Et hauea chiaro ogn’ altra parteil giorno
     E non Iaſciaua queſta nebbia ſolta
     Che s’ udiſſe di ſuor tromba ne corno,
     Poi n’ andò tra Pagani e meno ſeco
     Vn no ſo che, ch’ognii ſé ſordo e cieco.

 [98]
Mentre Rinaldo in tal fretta venia
     Che ben parea da l’Angelo condotto:
     E con ſilentio tal, che non s’udia
     Nel campo ſaracin farſene motto:
     Il Re Agramante hauea la fanteria
     Meſſo ne borghi di Parigi, e ſotto
     Le minacciate mura in ſu la ſoſſa:
     Per far quel di l’eſtremo di ſua poſſa.

 [99]
Chi può contar l’efercito che moſſo
     Queſto di cotra Carlo ha’l Re Agramate
     Conterá anchora in ſu l’ombroſo doſſo
     Del ſiluoſo Apennin tutte le piante,
     Dira quate onde qn e il mar piú groſſo
     Bagnano i piedi a’l Mauritano Atlante:
     E per quanti occhi il ciel le furtiue opre
     De gli amatori a meza notte ſcuopre.

 [100]
Le campane ſi ſentono a martello
     Di ſpeſſi colpi e ſpauentofi tocche,
     Si vede molto in qſto tépio e in quello
     Alzar di mano e dimenar di bocche,
     Se’l theſoro pareſſe a Dio ſi bello
     Come alle noſtre openioni ſciocche,
     Queſto era il di che’l ſanto confiſtoro
     Fatto hatiria 1 terra ogni ſua ſtatua d’ oro

 [101]
S’ odon ramaricare i vecchi giuſti
     Che s’erano ſerbati in quelli affanni,
     E nominar felici i l’acri huſti
     Còpoſti in terra giá molti e molt’anni,
     Ma glianimoſi gioueni robuſti
     Che miran poco i lor propinqui danni,
     Sprezzando le ragion de piú maturi
     Di qua di la vanno correndo a muri.

 [102]
Quiui erano Baroni, e Paladini,
     Re, Duci, Cauallier, Marcheſi, e Conti,
     Soldati foreſtieri, e cittadini,
     Per Chriſto e pel ſuo honoſ a morir proti
     Che per vſcire adoſſo a i Saracini
     Pregan l’Imperator ch’abbaffi i ponti:
     Gode egli diveder l’animo audace
     Ma di laſciarli vſcir non li compiace.

 [103]
E li diſpone in oportuni lochi
     Per impedire a i barbari la via,
     La ſi contenta che ne vadan pochi,
     Qua non baſta vna groſſa compagnia,
     Aliuni han cura maneggiare i ſuochi
     Le machine altri, oue biſogno ſia:
     Carlo di qua di la non ſta mai fermo
     Va foccorrendo, e fa per tutto Cenerino

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 [104]
Siede Parigi in vna gran pianura
     Nel’ombilico a Francia, anzi nel core
     Gli paſſa la Riuiera entro le mura,
     E corre & eſce in altra parte ſuore
     Ma fa vn’ iſola prima: e v’ aſſicura
     De la citta vna parte, e la migliore:
     L’altre due (ch’i tre parti, e la gra terra)
     Di ſuor la ſoſſa e dentro il fiume ferra.

 [105]
Alla citta che molte miglia gira
     Da molte parti ſi può dar battaglia:
     Ma perche ſol da vn canto aſſalir mira
     Ne volentier l’eſercito ſbarraglia
     Oltre il fiume Agramante ſi ritira
     Verſo Ponete, accio che qndi aſſaglia
     Perho che ne cittade ne campagna
     Ha dietro (ſé non ſua) fin’ alla Spagna.

 [106]
Douunqj intorno il gran muro circonda
     Gran munitioni hauea giá Carlo fatte:
     Fortificando d’ argine ogni ſponda
     Con ſcannafoſſi dentro, e caſe matte:
     Onde entra ne la terra, onde eſce l’onda
     Groſſiſſime cathene haueua tratte,
     Ma fece piú ch’altroue prouedere
     La doue hauea piú cauſa di temere.

 [107]
Con occhi d’ Argo il figlio di Pipino
     Preuide oue aſſalir douea Agramante:
     E non fece diſegno il Saracino
     A cui non foſſe riparato inante:
     Con Ferrau, Iſoliero Serpentino
     Grandonio, Falſirone, e Balugante
     E con ciò che di Spagna hauea menato
     Reſto Marfiglio alla campagna armato.

 [108]
Sobrin gliera a man maca in ripa a Sena
     Con Pulian, con Dardinel d’Almonte,
     Col Re d Oran ch’effer gigante accenna
     Lungo fei braccia da i piedi alla ſronte,
     Deh pche a muouer me fon’ io la pena
     Che quelle géti a muouer l’arme prote?
     Che’l Re di Sarza pie d’ ira e di ſdegno,
     Grida e beſtémia, e nò può ſtar piú a ſegno

 [109]
Come aſſalire, o vaſi paſtorali
     O le dolci reliquie de conuiui
     Soglion con rauco ſuon di ſtridule ali
     Le ipronte moſche a caldi giorni eſtiui.
     Come li ſtorni a roſſeggianti pali
     Vanno de mature vue: coſi quiui
     Empiendo il ciel di grida e di rumori
     Veniano a dare il fiero affatto i Mori.

 [110]
l’eſercito Chriſtian fopra le mura
     Co lácie, ſpade, e ſcure, e pietre, e fuoco,
     Difende la citta ſenza paura,
     E il Barbarico orgoglio eſtima poco,
     E doue Morte vno & vn’ altro ſura
     Non e chi per viltá ricuſi il loco,
     Tornano i Saracin giú ne le foſſe,
     A ſuria di ferite e di percoſſe.

 [111]
Non ferro ſolamente vi s’ adopra
     Ma groſſi maſſi: e merli integri e ſaldi:
     E muri diſpiccati con molt’ opra
     Tetti di torri, e gran pezzi di ſpaldi:
     l’acque bollenti che vengon di fopra
     Portano a Mori inſupportabil caldi,
     E male a queſta pioggia ſi refiſte
     Ch’entra p glielmi e fa acciecar le viſte.

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 [112]
E queſta piú nocea che’l ferro quaſi:
     Hor che de far la nebbia di calcine?
     Hor che doueano far li ardenti vaſi?
     Con olio e zolfo, e peci, e trementine,
     I cerchii in munition non ſon rimaſi
     Ctí d’ognintorno háno di ſiama il crine,
     Queſti ſcagliati per diuerſe bande
     Mettono a Saracini aſpre ghirlande.

 [113]
In tanto il Re di Sarza hauea cacciato
     Sotto le mura la ſchiera feconda:
     Da Buraldo da Ormida accópagnato
     Quel Garamate, e qſto di Marmonda:
     Clarindo e Soridan gli ſono allato
     Ne par che’l Re di Setta ſi naſconda:
     Segue il Re di Marocco, e ql di Coſca
     Ciaſcun perche il valor ſuo ſi conoſca.

 [114]
Ne la bandiera ch’e tutta vermiglia
     Rodomonte di Sarza il Leon ſpiega:
     Che la feroce bocca ad vna briglia
     Che gli pon la ſua dona, aprir nò niega,
     Al Leon ſé medeſimo aſſimiglia
     E per la dona che lo ſrena e lega
     La bella Doralice ha figurata
     Figlia di Stordilan Re di Granata.

 [115]
Quella ch tolto hauea (eoe io narraua)
     Re Madricardo (e diſſi doue e a cuil
     Era coſtei che Rodomonte amaua
     Piú che’l ſuo regno, e piú che gliocchi ſui
     E corteſia, e valor p lei moſtraua,
     Non giá ſapendo ch’era in ſorza altrui
     Se ſaputo l’hauefle allhora allhora
     Fatto hauria ql: ch ſé ql giorno áchora.

 [116]
Sono appoggiate a vn tempo mille ſcale
     Che no han men di dua per ogni grado,
     Spinge il fecondo quel ch’inanzi ſale
     Che’l terzo lui motar fa ſuo mal grado,
     Chi per virtú chi per paura vale,
     Couien ch’ognfl p ſorza etri nel guado,
     Che qualúche s’adagia, il Re d’Algere
     Rodomonte crudele vecide o fere.

 [117]
Ognun dunque ſi sforza di ſalire
     Tra il fuoco e le ruine in ſu le mura,
     Ma tutti glialtri guardano ſé aprire
     Veggiano paſſo, oue ſia poca cura:
     Sol Rodomonte ſprezza di venire
     Se non doue la via meno e ſicura,
     Doue nel caſo diſperato e rio
     Glialtri fan voti, egli beſtemmia Dio.

 [118]
Armato era d’un ſorte e duro vſbergo,
     Che ſu di drago vna ſcagliofa pelle:
     Di queſto giá ſi cinſe il petto e’l tergo
     Quello Auol ſuo ch’edifico Babelle:
     E ſi penſo cacciar de l’aureo albergo
     E torre a Dio il gouerno de le ſtelle:
     L’elmo e lo ſcudo fece far perfetto
     E il brando inſieme, e ſolo a qſto effetto.

 [119]
Rodomonte non giá men di Nembrotte
     Indomito ſuperbo e ſuribondo,
     Che d’ ire al ciel non tarderebbe a notte
     Quando la ſtrada ſi trouaſſe al mondo,
     Quiui non ſta a mirar s’ intere o rotte
     Sieno le mura, o s’ habbia l’acqua fondo
     l’affa la ſoſſa, anzi la corre, e vola
     Ne l’acqua e nel pantan fin’ alla gola.

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 [120]
Di fango brutto e molle d’ acqua, vanne
     tra il ſoco e i faſſi e gliarchi e le baleſtre
     Come andar ſuol tra le paluſtri canne
     De la noſtra Mallea porco filueſtre,
     Che col petto col griſo, e con le zanne
     Fa douunque ſi volge ampie fineſtre:
     Con lo ſcudo alto il Saracin ſicuro
     Ne vien ſpzzado il ciel, no ch ql muro.

 [121]
Nò ſi toſto all’aſciutto e Rodomonte
     Che giunto ſi ſenti ſu le bertreſche
     Che dentro alla muraglia facean ponte
     Capace e largo alle ſquadre Fraceſche,
     Hor ſi vede ſpezzar piú d’una ſronte
     Far chieriche maggior de le frateſche,
     Braccia e capi volare, e ne la ſoſſa
     Cader da muri vna ſiumana roſſa.

 [122]
Getta il Paga lo ſcudo, e a duo ma pnde
     La crudel ſpada, e giuge il Duca Arnolſo
     Coſtui venia di la doue diſcende
     L’acqua del Rheno nel ſalato golſo,
     Quel miſer contra lui non ſi difende
     Meglio ch faccia cótra il fuoco il zolfo:
     E cade in terra, e da l’ultimo crollo
     Dal capo feſſo vn palmo ſotto il collo.

 [123]
Vcciſe di roueſcio in vna volta
     Anſelmo, Oldrado, Spineloccio, e Prando,
     Il luogo ſtretto, e la grá turba ſolta
     Fece girar ſi pienamente il brando,
     Fu la prima metade a Fiandra tolta,
     L’altra ſcemata al populo Normando,
     Diuife appreſſo da la ſronte al petto
     Et indi al vètre il Maganzeſe Orghetto.

 [124]
Getta da merli Andropono e Moſchino
     Giú ne la ſoſſa, il primo e ſacerdote:
     Non adora il fecondo altro che’l vino
     E le bigonce a vn ſorſo n’ ha giá vuote
     Come veneno e ſangue viperino,
     l’acque ſugia quanto ſuggir ſi puote:
     Hor qui muore, e ql che piú l’annoia
     E’l ſentir che ne l’acqua ſé ne muoia.

 [125]
Taglio In due parti il Prouenzal Luigi
     E paſſo il petto al Toloſano Arnaldo,
     Di Torſe Obto, Claudio, Vgo, e Dionigi
     Mandar lo ſpirto ſuor col ſangue caldo,
     E preſſo a queſti, quattro da Parigi
     Gualtiero, Satallone, Odo, & Ambaldo,
     Et altri molti, & io non ſaprei come
     Di tutti nominar la patria e il nome.

 [126]
La turba dietro a Rodomonte preſta
     Le ſcale appoggia, e mòta i piú d’ u loco
     Quiui non fanno i Parigin piú teſta
     Che la prima difeſa lor vai poco,
     San ben ch’agli nemici assai piú reſta
     Dentro da fare, e non l’hauran da gioco,
     Perche tra il muro e l’argine fecondo
     Diſcéde il ſoſſo horribile e profondo.

 [127]
Oltra che i noſtri facciano difeſa
     Dal baffo all’alto, e moſtrino valore,
     Nuoua gente ſuccede alla conteſa
     Sopra l’erta pendice interiore.
     Che fa con lancie e con ſaette oſſeſa
     Alla gran moltitudine di ſuore,
     Che credo ben che faria ſtata meno
     Se nò v’ era il ſigliuol del Re Vlieno.

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 [128]
Egli queſti conforta e quei riprende
     E lor mal grado inanzi ſé gli caccia:
     Ad altri il petto, ad altri il capo fende
     Che per ſuggir veggia voltar la faccia:
     Molti ne ſpinge, & vrta, alcuni prende
     Pei capelli, pel collo, e per le braccia:
     E ſozopra la giú tanti ne getta
     Che quella ſoſſa a capir tutti e ſtretta.

 [129]
Mentre Io ſtuol de Barbari ſi cala
     Anzi trabocca al periglioſo fondo
     Et indi cerca per diuerſa ſcala
     Di ſalir fopra l’argine fecondo:
     Il Re di Sarza (come haueſſe vn’ ala
     Per ciaſcun de ſuoi mébri) leuo il pódo
     Di ſi gran corpo, e con tant’ arme indoſſo
     E netto ſi lancio di la dal ſoſſo.

 [130]
Poco era men di trenta piedi, o tanto
     Et egli il paſſo deſtro come vn veltro,
     E fece nel cader ſtrepito, quanto
     Haueſſe hauuto ſotto i piedi il feltro,
     Et a queſto, & a quello affrappa il malo
     Come ſien l’arme di tenero peltro
     E non di ferro, anzi pur ſien di ſcorza
     Tal la ſua ſpada, e tanta e la ſua ſorza.

 [131]
In queſto tempo i noſtri da chi teſe
     l’inſidie ſon ne la caua profonda
     Che v’ han ſcope e faſcine in copia ſtefe
     Intorno a quai di molta pece abonda,
     Ne perho alcuna ſi vede paleſe
     Ben che n’ e piena l’una e l’altra ſponda
     Dal fondo cupo inſino all’orlo quaſi
     E ſenza ſin v’hanno appiatati vaſi.

 [132]
Qual con ſalnitro, qual con oglio, quale
     Con zolfo, qual con altra fimil’efea,
     I noſtri in queſto tempo perche male
     A i Saracini il ſolle ardir rieſca
     Ch’eran nel ſoſſo, e per diuerſe ſcale
     Credean montar ſu l’ultima bertrefea
     Vdito il ſegno da oportuni lochi
     Di qua e di la fenno auampare i ſochi.

 [133]
Torno la ſiamma ſparfa tutta in vna
     Che tra vna ripa e l’altra ha’l tutto pieno
     E tanto aſcende in alto, ch’alla Luna
     Può d’appreffo aſciugar l’humido ſeno,
     Sopra ſi volue oſcura nebbia e bruna
     Che’ISole adóbra e ſpegne ogni ſereno:
     Sentefi vn feoppio in vn perpetuo ſuono
     Simile a vn grande e ſpauentofo tuono.

 [134]
Aſpro concento horribile harmonia
     D’alte querele d’ululi e di ſtrida
     De la miſera gente che peria
     Nel fondo per cagion de la ſua guida:
     Iſtranamente concordar s’ udia
     Col fiero ſuon de la ſiamma homicida,
     Non piú Signor non piú di queſto cato
     Ch’ io ſon giá rauco e vo pofarmi alqjto.