Misure generali del tempo e del luogo nell'itinerario infernale di Dante

Bartolomeo Sorio

1863 Indice:Misure generali del tempo e del luogo nell'itinerario infernale di Dante.djvu saggi letteratura Misure generali del tempo e del luogo nell'itinerario infernale di Dante Intestazione 1 aprile 2012 100% saggi

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MISURE GENERALI

DEL TEMPO E DEL LUOGO


NELL'ITINERARIO INFERNALE


DI DANTE


PROPOSTE

DAL P. BARTOLOMEO SORIO D. O.


PUBBLICATE PER CURA

DEL

PROF. FRANCESCO LONGHENA




MILANO

DITTA BONIARDI-POGLIANI DI ERMEN. BESOZZI

MDCCCLXIII.



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Verona a dì 1 Marzo 1863.


Carissimo Amico.

Nell’Opuscolo da me pubblicato per Novello Paroco sul Vero concetto cattolico della Divina Comedia di Dante, toccai di qualche sbaglio che trovo nel computo dei giorni che Dante consumò nel cercare l’Inferno, e ’l Purgatorio, scrittura tratta la prima volta dal manoscritto di Messer Donato Giannotti (Firenze Tip. Galileiana 1859). Il vostro sunto che ne pubblicaste (Milano Boniardi-Pogliani 1861) non può essere meglio esatto. La cosa da me toccata fuggevolmente, penso di sporla a Voi stesso da pubblicarla, se Voi crederete opportuno. Me ne deste un cenno di invito con vostra lettera; [p. 4 modifica]conciossiachè la verità Voi amate sopra ogni cosa, anche contro la sposizione che Voi faceste sul testo del Giannotti, da Voi pigliato ad esporre con tutta la fedeltà tale quale il trovaste nel vostro autore, senza entrar pagatore della verità nel suo merito intrinseco, ma solo della fedele sua sposizione, e questa la faceste, il ripeto, colla maggior brevità e lucidezza possibile assai fedelmente.

Il Giannotti fa consumare a Dante tre dì naturali di 24 ore nel viaggio dell’Inferno; cioè due giorni dalla superficie della terra in Gerusalemme fino al centro infernale, ossia fino al centro terraqueo, ed il terzo giorno glie lo fa consumare dal centro terraqueo alla superficie della terra nell’altro emisfero sul punto antipodo a Gerusalemme, tre giorni in tutto da Gerusalemme al monte del Purgatorio vicino alle sue falde.

A provare i due primi giorni consumati dallo entrar dell’Inferno in Gerusalemme fino al centro infernale, pone per fondamento che dall’entrare dell’Inferno insino ch’egli arriva al centro terraqueo infernale, due volte descrive Dante la mattina. Se fosse vero questo la conseguenza è legittima, ma ciò non è vero. La prima delle due [p. 5 modifica]mattine da lui vagheggiate è nel Canto XI Inferni in quei versi:

Ma seguimi ora mai, che 'l gir mi piace,
Che i pesci guizzan su per l'orizzonta.

Ecco la prima mattina, che credette il Giannotti vedere descritta dal Poeta con questi suoi versi. Così ragiona il Giannotti: Essendo i pesci sull'orizzonte conveniva che l'Ariete, nel quale era il Sole avesse a star poco a salire sull'orizzonte; e conseguentemente anche il Sole, che nell'Ariete saliva aveva a star poco a levare, e così questo tempo viene ad essere da mattina.

Piglia il Giannotti un equivoco, spiegando il testo di Dante quasi dicesse che la costellazione dei Pesci, non pur si vedesse sull'orizzonte, ma si vedesse tutta e questo il Poeta non dice, dicendo:

Che i pesci guizzan su per l'orizzonta.

Potevano i pesci guizzare sull'orizzonte anche essendo in gran parte sotto, come erano in fatti secondo il contesto di Dante. Un altro equivoco piglia [p. 6 modifica]il Giannotti, ed è questo, che il Sole pur in Ariete, fosse nei primi gradi di Ariete, onde nascendo sull'orizzonte l'Ariete col suo sommo capo, anche il Sole nascesse con esso. Ma ciò non è vero, anzi ai primi d'Aprile quando si suppone aver Dante cominciato il suo Viaggio, era il Sole negli ultimi gradi d'Ariete, e non altrimente nei primi. Dal Sole dunque sotto l'orizzonte all'orizzonte medesimo ci era quasi tutta la costellazione di Ariete, ed una gran parte dei Pesci. Or sa ognuno che ogni costellazione porta due ore di spazio e di tempo, conciossiachè tutte e dodici fanno 24 ore.

Al Sole dunque mancava per giungere sull'orizzonte non poco, ma forse più che tre ore; due della costellazione di Ariete, alla quale era in coda, e un'altra ora almeno dei Pesci; la quale costellazione anche meno che mezza poteva al Poeta far dire:

Che i pesci guizzan su per l'orizzonta.

Era dunque allora ancor notte, 3 ore prima che il Sole nascesse, che nasce ne' primi di Aprile alle 5 ½, erano le 2 ½ antemeridiane circa [p. 7 modifica]secondo questo mio computo, che par vero. Non era dunque ancora, e a gran pezza, la levata del Sole, come dice il Giannotti.

Or veggiamo la seconda mattina infernale notata dal Giannotti nell'Inferno di Dante. Seguitando Dante il cammino per l'Inferno, e trovandosi nella quinta bolgia dell'ottavo cerchio, descrive un'altra volta la mattina nel Canto XX. Le parole son queste:

Ma vienne omai che già tiene il confine
D'ambedue gli emisferi, e tocca l'onda
Sotto Sibilia Caino e le spine (la luna).

Per le quali parole vuol Dante significare che il Sole s'appressava all'orizzonte orientale, poscia che la Luna, che gli era opposita, s'appressava all'orizzonte occidentale, anzi già lo toccava; di che più precisamente determina questo essere il Sole presso (cioè sopra) all'orizzonte orientale di contrapposto all'essere già la Luna sull'orizzonte occidentale, soggiungendo che veramente la perfetta opposizione fu ieri notte, oggi dunque l'opposizione è la prossima alla perfetta; ma non è oggi, come [p. 8 modifica]fu ieri, per diametro opposta la Luna al Sole. Virgilio seguita a dire:

E già ier notte fu la luna tonda,
Ben ten dee ricordar, che non ti nocque
Alcuna volta per la selva tonda.

» Dante finora ha dunque (soggiunge il Giannotti) descritte tre mattine:

» La prima quando uscito dalla selva si trovò nella valle dove disse:

Tempo era dal principio del mattino.

» La seconda quando arrivò al settimo cerchio dove Virgilio gli disse nel Canto XI

Ma seguimi ora mai, che 'l gir mi piace,
Che i pesci guizzan su per l'orizzonta.

» La terza è questa che diciamo al presente. E viene Dante ad essersi trovato due mattine in Inferno.

Dunque, conchiude il Giannotti, due giorni naturali consumò Dante dal principio dell’Inferno fino [p. 9 modifica]al centro infernale quando descriverà la sera. Per altro dissi, e mostrai che la prima mattina del giorno di introduzione è pur vera, ma non la seconda, la quale riesce la prima delle due volute infernali; questa mostrai non essere la vicina levata del Sole, ma ci mancavano ancora circa tre ore, ossia erano le 2 ½ antimeridiane all'incirca, alla quale ora susseguita poi l'una mattina infernale (la vera) dal Giannotti contata per la seconda, ma erroneamente, ed è la mattina del Sabato santo, al qual dì precedette il plenilunio del Venerdì santo: onde sbaglia il Giannotti anche a dire che il Viaggio infernale fu cominciato il Giovedì santo di sera, e che nella selva si fosse smarrito Dante il Mercoledì santo di notte. Anzi è questa la verità testuale di Dante, che si è smarrito nella selva la notte del Giovedì santo, e che cominciò il viaggio infernale la sera del Venerdì santo, e che la seguente mattina del Sabato santo si trovò Dante nell'ottavo cerchio alla quinta bolgia, quando la Luna toccava già l'orizzonte occidentale, e per ciò nell'orizzonte orientale il Sole non solamente levava dall'orizzonte, come il dì innanzi nel plenilunio sarebbe levato con opposizion diametrale alla Luna, [p. 10 modifica]ma già era levatone per lo spazio di 13 gradi circa, ossia mancavano soli due gradi ad essere un’ora dopo levato il Sole. Erano dunque le 6 ½ antemeridiane poco meno in quella stagione, ai primi di Aprile.

Vedete dunque che le due mattine infernali del Giannotti tornano ad una, e che a questo punto abbiamo del viaggio infernale dalle 7 pomeridiane del Venerdì santo fino alla mezza notte, ore cinque, e dalla mezza notte in fino a quest’ora ore 6 ½ antemeridiane, ore in tutto 5 + 6 ½ = 11 ½.

Or seguitando il Giannotti a pag. 26 della stampa fiorentina, e a pag. 16 del ristretto nella stampa milanese « adunque trovasi Dante il Sabato mattina poco innanzi il nascimento del Sole (correggi tre ore innanzi al nascimento del Sole) all’entrare nella quinta bolgia; e, seguitando il cammino, arriva alla decima bolgia, nella quale innanzi che entri è ammonito da Virgilioche non perda tempo per essere già passato il mezzodì, ed avervi molte altre cose da vedere; le parole di Virgilio son queste:

E già la luna è sotto i nostri piedi,

[p. 11 modifica]» le quali senza dubbio non voglion altro dire se non che, il mezzodì è passato. Se fosse stato il dì innanzi (il Venerdì santo) nel plenilunio perfetto, la Luna sotto i piedi avrebbe indicato il perfetto mezzodì a chi l’aveva sotto i piedi; ma perchè la Luna dopo la diametrale opposizione aveva fatto trapasso di un segno (corr. un segno e mezzo) accostandosi al Sole, era forza che il mezzodì fosse valico (aggiungi di un’ora poco meno), quando la Luna era nell’altro emisfero contrappiedi a Virgilio, ed a Dante là dove ragionavano.

» Entrati Virgilio e Dante nella decima bolgia dopo il mezzogiorno (aggiungi un’ora poco meno) e dimorativi quel tempo che parve loro, discesero nel pozzo dei briganti, ed attraversando la ghiaccia, dove videro le quattro sperette, arrivarono finalmente a quel luogo, dove era Lucifero, il cui mezzo vuol Dante che fosse nel centro della terra. Arrivati dunque a Lucifero, poi che Dante lo ha bene considerato, Virgilio gli dice:

» Ma la notte risurge ed ora mai
» È da partir, che tutto avem veduto.»

Che ora si vuol qua indicare? Il finir dei [p. 12 modifica]crepuscoli vespertini, ed il cominciar della notte, erano dunque sui primi di aprile ore 7 ½ pomeridiane all’incirca. Il Giannotti da questo centro infernale alla superficie dell’altro emisfero fa a Dante impiegare dalle presenti ore 7 ½ pomeridiane fino a passata tutta la notte, e poscia il giorno seguente (che giorno era a noi, ma nell’altro emisfero era notte) e presso all’alba seguente (di là nell’altro emisfero) si trova fuori sulla superficie a vedere:

Lo bel pianeta che ad amar conforta
Faceva rider tutto l'oriente
Velando i pesci ch'erano in sua scorta.

Adunque, secondo il Giannotti dalle ore 7 ½ circa pomeridiane del Sabato santo fino alle 3 circa pomeridiane della Domenica di Pasqua, alle quali ore 3 circa pomeridiane del nostro emisfero in Gerusalemme corrisponde l’alba dell’altro emisfero nel Purgatorio antipodo a Gerusalemme; tutte queste 19 ore circa ha impiegate Dante a passare dal centro infernale alla superficie dell’altro emisfero.

Il conto del Giannotti par ragionevole sul testo di Dante quale apparisce così all’ingrosso; conciossiachè se di qua dal centro infernale, ma poco [p. 13 modifica]distante, faceva notte nel nostro emisfero Ma la notte risurge, ecc. per conseguenza reciprocamente di là dal centro infernale agli antipodi nell’altro emisfero faceva giorno. E se nel nostro emisfero era già tramontato il Sole (per una ipotesi) sull’orizzonte di Gerusalemme in quel punto che Dante diceva Già la notte risurge, ecc. in quel punto medesimo sull’orizzonte antipodo doveva e converso il Sole già essere nato, cioè nel monte del Purgatorio; ma passa Dante dal centro infernale, e vi trova le ore 1 ½ antimeridiane nel fine della Giudecca, onde dice E già il sole a mezza terza riede. Così spiego io a mezza terza, ma da altri si interpreta ore 1 ½ dopo levato il Sole; ma peggio; conciossiachè poi consecutivamente vi trova Venere che scintillava nel cielo e velava i pesci, nella cui costellazione era:

Lo bel pianeta che ad amar conforta
Faceva rider tutto l'oriente
Velando i pesci ch'erano in sua scorta.
Purg, I, 20.

E poi innanzi vi trova l’alba:

L'alba vinceva l'ora mattutina
Che fuggia innanzi.
Purg, I, 115.

[p. 14 modifica]Come è tanta incoerenza? Su quell’orizzonte del Purgatorio nell’altro emisfero era nato già il Sole da un pezzo e procedendo col tempo nel Viaggio, cioè dal centro terraqueo fino alla circonferenza, egli ancora ha da nascere? È dunque il Sole tornato indietro? Se così fosse la cosa bisogna col Giannotti far rimanere Dante e Virgilio nella buca infernale aspettando che il Sole, già nato su quell’orizzonte di là fin da quando essi erano al centro infernale, torni a nascere un’altra volta a suo tempo, ed intanto sia in via di nascere colà un’altra volta, e si venga a trovare con Dante prima dell’alba, e poi nell’alba, e poi dopo l’alba, e poi levi sull’orizzonte della marina del Purgatorio quando il Poeta dirà:

Già era il sole all'orizzonte giunto,
Lo cui meridian cerchio coverchia
Gerusalem col suo più alto punto.
Purg. II, 1.

Ed è da doversi notare lo sconcio enorme, che Dante con Virgilio la Pasqua di Resurrezione fa nella tomba di Lucifero, e poi nella buca infernale. Tante ore al buio (19) senza far nulla! Non [p. 15 modifica]sembra verisimile questo sconcio nella mente di Dante.

Spieghiamo Dante e il suo computo in un'altra maniera che abbia del ragionevole.

Ad intendere Dante nel suo valore astronomico bisogna osservare, che non l'orizzonte della superficie orientale di Gerusalemme, nè l'altro reciproco occidentale del Purgatorio antipodo si dee pigliare per norma del computo, ma si dee pigliare per norma l'orizzonte del centro infernale ad intendere il passo, Ma la notte risurge, ecc.

Consideriamo dunque oltre il vero e reale orizzonte sensibile un altro orizzonte che dicesi razionale, in servigio di Dante che si trovava quasi nel centro infernale, nel mezzo diametro della terra tra l'un de' due raggi da Gerusalemme al centro, e l'altro raggio dal centro al Purgatorio antipodo.

Adunque abbiamo per conseguenza da considerare due nascite e due tramonti del Sole; l'una razionale appo il centro, dove si suppone di vedere per calcolo tutta la circonferenza dell'emisfero col Sole che nasce e tramonta qua o là; l'altra nascita e tramonto del Sole, che è la vera e [p. 16 modifica]sensibile, è sulla superficie del globo, donde il Sole si vede sol poche miglia lontano.

Adunque Dante poco distante dal centro, ma tuttavia nel nostro emisfero dice:

Ma la notte risurge ed ora mai
È da partir, che tutto avem veduto.

A che ora siamo in questo momento? A tramontato il Sole senza alcun dubbio: ma il Sole era già tramontato fino da allora che nel pozzo dei giganti i Poeti dall'ultima bolgia dell'ottavo cerchio calavano nel nono:

Quivi era men che notte e men che giorno
Si che 'l viso m'andava innanzi poco
Canto XXXI, Inferni.

Il Sole dunque era già tramontato fino da allora: e la luce non era omai più che dei soli crepuscoli vespertini. Adunque questo momento, che dice il Poeta Ma la notte risurge, ecc. credo che sia sul terminare eziando dei crepuscoli, almeno un'ora dopo il tramonto del Sole, ore 7 ½ poemeridiane. Ma nota bene che questo è da intendere non già [p. 17 modifica]secondo l'orizzonte sensibile e vero di Gerusalemme, sì secondo l'orizzonte razionale del centro terraqueo; e dall'uno orizzonte sensibile della superficie di Gerusalemme all'altro orizzonte razionale del centro terraqueo la differenza nelle ore è niente meno che mezzo il quadrante. Se qua dunque coll'orizzonte del centro sono le ore 7 ½ di sera, ossia più che un'ora dal tramonto del sole, sull'orizzonte sensibile corrispondente di Gerusalemme è troppo altra cosa, quale si può computare col calcolo.

Ma tiriamo innanzi sul fatto, che a questo punto sono le 7 ½ di sera, un'ora circa dopo il tramonto, adunque di là dal centro, nel punto correspettivo ad eguale distanza dal centro, nel punto correspettivo ad eguale distanza dal centro, essendo antipodo a questo da noi ragionato, Ma la notte risurge, ecc. come qua si fa notte colà si fa giorno; anzi come abbiamo noi computato che qua fosse il Sole già tramontato da un'ora circa, nel punto antipodo sarà nato il Sole da un'ora circa.

Or bisogna porre ben mente, cioè ricordarsi nel computo cosa che tutti sanno, che il Sole da oriente va ad occidente, e però se a questo punto vicino al centro nell'altro emisfero occidentale troviamo [p. 18 modifica]che il Sole è nato da un'ora circa, più che ci discostiamo dal centro sul raggio per l'occidente per alla volta del Purgatorio di Dante, il Sole aveva ancora da nascere, e tanto più indugia a nascere quanto più procediamo verso la superficie del Purgatorio. Dante procede sul raggio suddetto per entro alla tomba di Lucifero, ed esce dall'altra parte della Giudecca infernale, e spuntandone fuori esce a dire:

Levati su, disse il maestro, in piede,
La via è lunga e 'l cammino è malvagio,
E già il sole a mezza terza riede.

Restava da fare la via della buca infernale fino alla superficie dell'altro emisfero. A che ora siamo? A mezza terza. La terza può secondo lo stile Dantesco essere o le tre ore da mezza notte in su, o le tre ore dal nascere del Sole retrocedendo verso mezza notte; e nel secondo caso ai primi di aprile, che nasce il sole a 5 ½ circa, la mezza terza sarebbe alle ore 4 antemeridiane. Ma così non può essere qua, conciossiachè troveremo dopo questo tempo delle ore 4 antemeridiane il pianeta Venere, che precede l'alba, la quale ai primi di aprile è [p. 19 modifica]certo prima delle 4 antemeridiane, di che dopo le ore 4 antemeridiane si troverebbe le 3 ½ circa con Venere, ed è un assurdo.

Dunque la mezza terza è da intendere nell'altro modo, cioè le tre ore da mezzanotte in su, onde il verso E già il sole a mezza terza riede vuole indicare le ore 1 ½ antemeridiane.

Dante prosegue il cammino mettendosi per entro alla buca infernale:

Lo duca ed io per quel cammino ascoso
Entrammo a ritornar nel chiaro mondo,
E senza cura aver d'altro riposo
Salimmo su ei primo ed io secondo,
Tanto ch'io vidi de le cose belle,
Che porta il ciel per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.

A che ora siamo? Certo prima che comparisca Venere in cielo, la quale è descritta poi (Purg. c. I), ma certo dopo le ore 1 ½ antemeridiane e prima delle 3 antemeridiane, ma dell'altro emisfero occidentale. Siamo circa alle 3 antemeridiane del Purgatorio di Dante, e reciprocamente nel punto antipodo a questo del Purgatorio, ossia sull'orizzonte [p. 20 modifica]vero e sensibile di Gerusalemme sono ore 2 ½ dopo il tramonto del Sole, come nel Purgatorio sono 2 ½ prima della nascita del Sole; e per conseguenza sull’orizzonte di Gerusalemme sono le ore 9 circa di sera del Sabato santo, mattina agli antipodi nel Purgatorio dove erano Dante e Virgilio. Il Viaggio dunque infernale non è di tre giorni naturali, ma di 26 ore, dalle 7 pomeridiane del Venerdì santo alle 9 di sera del Sabato santo.

Darotti un corollario ancor per grazia.
DANTE Purg. XXVIII, 136.

Con quanta velocità percorse Dante il diametro della terra? L’asse della terra secondo Picard è di 6879 miglia, un raggio dunque sarà di miglia 3439 ½ poichè la circonferenza è di miglia 21600.

Nel secolo IX il Califfo Al-Mammum ordinò la misura di un grado del meridiano secondo la quale sarebbe la circonferenza terraquea di sole 20340 miglie arabiche di 56 ½ al grado. E questa misura fu adottata e tenuta dagli Europei fino al risorgimento delle scienze con Copernico, Keplero, Galilei, Newton, Leibniz, ecc. Per conseguenza il diametro della terra era allora di miglia 6780, ed il raggio di 3890.

[p. 21 modifica] In quanto tempo percorse Dante il raggio da Gerusalemme al centro infernale? In 24 ore, cioè dalla sera del Venerdì Santo alla sera del Sabato Santo. E l’altro raggio dal centro infernale alla circonferenza dell’altro emisfero del Purgatorio in quanto tempo il percorse? In 1 ½ ore, cioè dalle 7 ½ alle ore 9 di sera. Nel fare il primo raggio percorse 3890 miglia in 24 ore, e dal centro infernale alla circonferenza dell’altro emisfero percorse il raggio in 1 ½ ore, cioè miglia 3890.

Nel primo caso fece dunque Dante all’incirca 162 miglia all’ora; e nel secondo caso fece all’incirca 43 miglia al minuto.

Nel primo caso abbiamo la velocità superiore alla strada ferrata, e nel secondo caso la velocità del telegrafo, e più là.

Del resto le vere misure astronomiche della circonferenza della terra, del suo diametro, e del suo raggio col computo che si facea della sfera al tempo di Dante, le ho già dimostrate nel Trattato della Sfera di ser Brunetto Latini, il maestro di Dante, nel suo testo del Tesoro da me corretto e illustrato con note critiche. Vedine la stampa. Milano, [p. 22 modifica]Tipografia Boniardi-Pogliani 1858, e più precisamente vedi a pag. 16 e seguenti.

Le misure generali del luogo nell’Inferno di Dante, cioè la circonferenza e la profondità, secondo il computo fatto nel testo di Dante dal mio ottimo amico Dantista D. Luigi Benassuti veronese arciprete di Cerea, sono queste.

Siccome l’Inferno di Dante è fatto in forma di cono colla punta in giù, ed è diviso in varii riparti, così le misure metriche d’ogni luogo sono due. Quella di circonferenza, e quella di profondità dalla superficie al centro. Importa assai per la intelligenza del poema saperne le misure precise. Dante ce le dà in due soli luoghi; al Canto XXIX e al Canto XXX, che sono registrati come necessarii, e da questi due soli dati vuol Dante che col nostro studio troviamo il resto. Come si fa dunque a trovare la circonferenza, e la profondità di ciascun altro luogo? si fa così: si prende la circonferenza che Dante assegna alla IX.a bolgia Canto XXIX, vers. 9, dove dice:

Che miglia ventidue la valle volge.

Poi si prende la circonferenza che pur Dante [p. 23 modifica]assegna alla X.^ bolgia, Canto XXX, vers. 86 dove dice:

Con tutto ch'ella volge undici miglia.

Finalmente si istituisca un confronto fra le circonferenze di queste due bolge ragionando così: Se la circonferenza della IX.^ bolgia è il doppio della circonferenza della X.^, dunque la VIII.^ sarà il triplo, la VII.^, il quadruplo ecc., e così con questa proporzione si va sino a tutto il I.° cerchio, il quale verrà ad avere la circonferenza di miglia 209, così indietreggiando eccoci all'atrio infernale. Il più difficile è qui, ma la difficoltà non è che apparente, conciossiachè basta tornare alla proporzione trovata tra la IX.^ e la X.^ bolgia, la quale era del doppio, cioè di miglia 22 la IX.^ e di miglia 11 la X.^ e così dare all'atrio il doppio della circonferenza del I.° cerchio annesso. Con questa proporzione si troverà che se il I.° cerchio ha la circonferenza di miglia 209, l'atrio nella sua bocca più alta avrà il doppio di 209 cioè 418. Dissi nella sua bocca più alta, perchè nella parte più bassa, dove si congiunge al I.° cerchio ritiene che la proporzione che corre tra il I.° II.° III.° cerchio, ecc., che è l'accrescimento [p. 24 modifica]di undici miglia di circonferenza per ogni giro diverso, così che se il primo cerchio era della circonferenza di miglia 209, la parte più bassa dell'atrio, che ad esso si congiunge riesce a miglia 220. Questo sia detto quanto alla circonferenza di tutti i riparti superiori alla X.^ bolgia, ma quanto alla circonferenza dei riparti inferiori andando all'ingiù, si ritiene anche qua la medesima proporzione, ma decrescente della metà, come era accrescente della metà andando in su. Salvo che quando siamo allo spazio tra l'ottavo cerchio ed il nono al pozzo dei giganti invece di miglia 5 ½ metà di undici, circonferenza della X.^ bolgia, si assegnino sole 5 miglia di circonferenza, perocchè non essendo luogo fatto per abitarvi, ma una semplice scarpa, o rivellino, ragion voleva che fosse di qualche cosa minore; così si ottiene anche un numero rotondo. Fin qui fu detto della circonferenza.

Ora diciamo in sunto della profondità dell'Inferno di Dante, la quale ci darà la chiave di un inatteso e bellissimo ritrovato, non conosciuto finora, secondo ch'io credo, onde sbagliano le misure infernali date finor dagli interpreti comunemente. La [p. 25 modifica]profondità si desume dallo stesso Canto XXX, vers. 87 in quelle parole:

E men d'un mezzo (miglio) di traverso non ci ha.

Il traverso, è la profondità da noi detta, perocchè dall'una circonferenza superiore del cono traversava il poeta all'altra circonferenza inferiore. Dante non dà che la profondità, ossia il traverso, o vogliamo anche dir la larghezza, della sola X.^ bolgia, ma ciò basta all'uopo, conciossiachè per la larghezza, o diciamola profondità, avvi la stessa proporzione che vedemmo per la circonferenza. Avendoci dunque il Poeta date le proporzioni di due circoli nella IX.^ e X.^ bolgia, bastava che qua ci desse una sola larghezza, ossia profondità, perchè noi subito ne inferissimo la conseguenza, che nella bolgia superiore deve esserci eziandio di larghezza il doppio, nella successiva superiore il triplo, ecc. Così retrocedendo si arriva sino al I.° cerchio, che ha la larghezza di miglia 9 ½ e così invece avanzando al centro della X.^ bolgia all'ingiù, sino a Lucifero si trova la larghezza, ovvero la profondità di solo 1/64 di miglio.

Resterebbero adesso da sapere due cose. Prima [p. 26 modifica]da che sia occupato il sessantaquattresimo di miglio per arrivare al centro che è zero; seconda dimanda: come risulta la prima larghezza, ovvero profondità del solo atrio Infernale, cioè dalla porta infernale fino al primo cerchio? la qual lunghezza, cioè profondità vedremo risultare di miglia 3120. Cosa che parrà pure incredibile, ed è pur vera.

Quanto alla prima dimanda rispondo, che il sessantaquattresimo di miglio è occupato dalla crosta della ghiaccia, la quale da mezzo il petto di Lucifero va sino al suo ombelico, che è il centro infernale, così veniamo in cognizione che Lucifero dalla metà del petto insino all'ombelico era lungo 1/64 di miglio.

Quanto poi alla seconda dimanda il conto è facilissimo. Si prenda il semidiametro della terra conosciuto ai tempi di Dante, che era di miglia 3215. Da questo si dibattono miglia 94 63/64 + 1/64 della ghiaccia, che fa 95, le quali 95 miglia sono la somma delle parziali larghezze, o profondità già conosciute dei cerchi infernali. La rimanenza ad andare a tutto il semidiametro della terra di miglia 3215 viene ad essere tutta la larghezza, ossia profondità dell'Atrio infernale, che perciò viene ad essere [p. 27 modifica]di 3120 miglia. Così l'Atrio è vastissimo, mentre il vero Inferno Dantesco non è lungo, ossia profondo che sole miglia 95.

Ma perchè (ecco il ritrovato inatteso e bellissimo), perchè un atrio sì grande per un inferno in proporzione sì piccolo? Perchè è destinato, secondo il pensare di Dante, a contenere quasi tutti gli uomini peccatori dal principio del mondo in poi, essendo gli uomini quasi tutti ignavi, onde vivono senza infamia e senza lode, e si muoiono dalla storia dimenticati. Invece i peccatori famosi, dei quali soli intendeva Dante parlare, sono a proporzion degli ignavi, infinitamente meno. Laonde i primi dovevano avere un luogo vastissimo, ed assai ristretto i secondi. A restar persuasi questa essere la intenzione di Dante leggasi quella terzina dell'Inferno, Canto III; dove Dante lo dice aperto, quando nell'Atrio infernale parla degli ignavi:

Che visser senza infamia e senza lodo.

e correvan dietro alla loro insegna:

E dietro le venia sì lunga tratta
Di gente ch'i' non avrei mai creduto
Che morte tanta n'avesse disfatta.

[p. 28 modifica]E Canto XVII Paradisi, vers. 133:

Questo tuo grido farà come il vento
Che le più alte cime più percuote
E ciò non fia d'onor poco argomento.
Però ti son mostrate in queste ruote;
Nel monte, e nella valle dolorosa
Pur l'anime, che son di fama note.

Questo mio bravo concittadino Don Luigi Benassuti, per miei conforti, è già all’opera bene avanzata d’interpretare e illustrare la Divina Commedia, e sperando i tempi avvenire meno avversi, credo che si potrà pubblicar colle stampe in Verona anche Dante nella Divina Commedia recata alla sua vera lezione, e da vera critica illustrata con note brevi, ma giuste, e sole le necessarie all’intelligenza del testo.


Tutto Vostro
Bart. Sorio, P. D. O.