Misura per misura/Atto quarto

Atto quarto

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William Shakespeare - Misura per misura (1603)
Traduzione dall'inglese di Carlo Rusconi (1859)
Atto quarto
Atto terzo Atto quinto
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ATTO QUARTO


SCENA I.

Una camera nella casa di Marianna.

Marianna seduta; un fanciullo che canta.

Canzone. «Allontana, oh! allontana quelle labbra sì dolci e sì spergiure, e quegli occhi splendidi come il dì nascente, fanali che ingannano e fan traviare l'aurora. Ma rendimi i miei baci, rendimi quei baci che suggellarono il mio amore, e lo suggellarono invano».

Mar. Interrompi i tuoi canti, e vattene. Veggo l’uomo consolatore, i di cui savi ammonimenti hanno spesso calmato le grida del mio dolore, (il fanciullo esce; entra il Duca) Imploro il vostro perdono, mio caro signore; e vorrei che non mi aveste trovata mentre ascoltava vani canti. Scusatemi, e degnatevi credermi sopra quel che vi assicuro. Quei canti addolcivano i miei affanni, ma non potevano ispirarmi alcuna gioia.

Duc. La musica non è un male, sebbene i suoi allettamenti abbiano spesso la potenza di volgere il male in bene, e di mutare il bene in male. — Ve ne prego, ditemi, è venuto nessuno a chiedermi oggi? Avevo detto che sarei qui a quest’ora.

Mar. Alcuno non venne: sono stata qui sempre.

Duc. Ve lo credo. (entra Isabella) Ma l’ora è giunta. Vi prego di ritirarvi per alcuni istanti. Potrebbe essere che vi richiamassi, per parteciparvi cosa che vi sarà vantaggiosa.

Mar. Mi atterrò sempre ai vostri consigli. (esce)

Duc. (a Is.) Ci troviamo a proposito, e siete la ben giunta. Quali novelle di quel buon ministro?

Is. Egli ha un giardino circondato da un muro che dal lato di occidente dà in una vigna; quella vigna è chiusa da una porta cui apre questa grossa chiave; quest’altra chiave disserra una porticella che dalla vigna adduce al giardino; è là che ho promesso di andarlo a trovare a metà della notte.

Duc. Ma siete abbastanza esperta dei luoghi per non ismarrire la via? [p. 168 modifica]

Is. Ho voluto istruirmene con cara, ed egli stesso due volte mi ha insegnato il cammino con una rea esattezza, parlandomi sommessamente.

Duc. Avete combinato null’altro con lui?

Is. Null’altro, il ritrovo è fra le tenebre, e gli ho fatto intendere che non mi sarei potuta intrattenere seco che poco, perchè sarei stata accompagnata da un domestico che mi aspetterebbe, che crederebbe che fossi andata a trovare un mio fratello.

Duc. Ottimamente; ora chiamerò Marianna. Olà, Marianna! (rientra Marianna) Vi prego di stringer conoscenza con questa giovine; ella viene per farvi un gran bene.

Is. Almeno lo desidero.

Duc. Siete voi convinta ch’io m’interessi alla vostra sorte?

Mar. Buon religioso, so che mi amate, e ne ho grandi prove.

Duc. Date dunque la mano a questa fanciulla; ella ha da farvi una confidenza. Io starò qui aspettandovi, ma affrettatevi perchè l’umida notte si avvicina.

Mar. Volete far una passeggiata con me? (esce con Is.)

Duc. Oh grandezza! Milioni d’occhi perfidi sono rivolti in te! Mille volumi di racconti contraddittorii circolano pel mondo, e non narrano che le tue azioni! Mille spiriti inquieti ti prendono per l’oggetto dei loro sogni insensati, e indurano atroci spasimi per conquistarti! (rientrano Marianna ed Isabella) Siate le benvenute. Vi siete accordate?

Is. Ella assumerà l’impresa, mio padre, se voi glielo consigliate.

Duc. Non solo glielo consiglio, ma la prego di compierla.

Is.. (a Mar.) Non dovrete dirgli che pochissime cose, e quando lo lascierete, ricordategli a voce sommessa, la grazia di mio fratello.

Mar. Fidate in me.

Duc. E voi, amabile fanciulla, non abbiate alcun scrupolo; egli è vostro sposo, e non v’è alcun peccato nell’unirvi così: la giustizia dei vostri diritti vi assolve dall’inganno. Su via, partiamo; la nostra messe sarà in breve matura, se la semineremo in tempo. (escono) [p. 169 modifica]

SCENA II.

Una stanza nella Prigione.

Entrano il Prevosto e il Clown.

Prev. Vien qua, furfante: sai tu tagliare il capo ad un uomo?

Cl. Se è celibe lo potrò fare, ma se è ammogliato è capo della sua sposa, e non potrei tagliare un capo di donna.

Prev. Lascia là le tue ciancie e rispondimi direttamente; dimani mattina Claudio e Bernardino debbono essere giustiziati. Il nostro carnefice della prigione ha bisogno di un aiutante: se vuoi secondarlo, sarai riscattato dai tuoi ferri, se no, sconterai tutto il tuo tempo in prigione, e non ne uscirai che dopo essere stato spietatamente bastonato, perchè fosti un infame mezzano di libidini.

Cl. Signore, è vero, fui da tempo immemoriale un mezzano illegittimo, e godo di divenire un legittimo carnefice. Sarei contento però di aver prima una qualche lezione dal mio collega.

Prev. Olà, Abhorson! Dove è Abhorson? (entra Abhorson)

Ab. Chiamate, signore?

Prev. Eccovi un uomo che vi aiuterà nelle esecuzioni di dimani. Se lo giudicate conveniente intendetevela con lui ad annate, e ch’ei rimanga qui nel carcere; se no, valetevi della sua opera in questa circostanza, e accomiatatelo poscia: ei non dovrebbe esser molto difficile per la paga, se si contentò di quelle di mezzano.

Ab. Foste mezzano? Vergogna, disonorerete la nostra arte.

Prev. Ite; state bene insieme; una penna farebbe piegare fra di voi la bilancia. (esce)

Cl. Ve ne prego, signore, con vostra licenza, voi chiamate un’arte la vostra?

Ab. Sì certo, un’arte.

Cl. La pittura, da quanto ho udito dire, è pure un’arte, e le prostitute poste sotto la mia protezione, facendo uso della pittura nell’imbellettarsi, provano che la mia occupazione era del pari un’arte: ma quale arte vi possa essere nell’appiccare, è ciò che, dovessi io essere appiccato, non potrei mai comprendere.

Ab. Eppure è un’arte.

Cl. La prova.

Ab. La spoglia d’ogni onest’uomo si addice al ladro; se ella rassembra al ladro troppo povera, l’onest’uomo la crede [p. 170 modifica]abbastanza buona per sè, e se è troppo buona per un ladro, il ladro nondimeno la crede per sè troppo umile; così buona o cattiva la spoglia d’ogni onest’uomo conviene al malfattore. (rientra il Prevosto)

Prev. Vi siete accordati?

Cl. Signore, io lo servirò, perchè trovo che il mestiere di carnefice è più proficuo di quello di mezzano.

Prev. Preparate allora le cose necessarie per dimani a quattr’ore.

Ab. Vieni, mezzano; t’istruirò nella mia professione.

Cl. Desidero d’apprenderla, e spero che se avrete occasione di impiegarmi al vostro servizio, mi troverete abile e destro: qnanto alla fedeltà non se ne parla.

Prev. Fate venir qui Bernardino e Claudio. (escono il Cl. e Ab.) L’uno m’ispira pietà; non così l’altro. Essendo un assassino, fosse egli mio fratello... (entra Claudio) Mirate, Claudio; ecco l’ordine della vostra morte. Adesso è mezzanotte, e dimattina sarete fatto immortale. Dove è Bernardino?

Claud. Immerso in un sonno così profondo, come quello a cui va soggetto l’innocente viaggiatore, dopo un lungo cammino; par che non voglia svegliarsi.

Prev. Come giovare a colui? Su via, bisogna che vi prepariate voi intanto. Ma che strepito è questo? (si ode battere) il Cielo vi sconcede le sue consolazioni! (Claudio esce) Vengo, vengo. — Spero sia qualche grazia o qualche dilazione per la sentenza del povero Claudio. (entra il Duca) Benvenuto, padre.

Duc. Gli angeli della notte i più propizii vi circondino, buon Prevosto! Chi venne qui poco fa?

Prev. Nessuno, dopo il coprifuoco.

Duc. Neppure Isabella?

Prev. Neppure.

Duc. Ella giungerà dunque a momenti.

Prev. Quali consolazioni vi sono per Claudio?

Duc. Vi è qualche speranza.

Prev. Quel ministro è ben severo.

Duc. No, no, la sua condotta corre in linea parallela colla sua esatta giustizia; con una santa e austera astinenza egli spegne in sè le inclinazioni a quei vizii, che il suo zelo armato di potere cerca di correggere in altrui. Se egli fosse lordo delle colpe che punisce, sarebbe allora un tiranno; ma colla sua condotta non è che un giusto. (battono al di dentro) Eccoli. (il Prev. esce) È un buon Prevosto; è raro che in questa condizione si trovi un’anima [p. 171 modifica]così fatta. — Che rumore si ode? Debbe avere una gran fretta ccolui che batte così una porta insensibile. (il Prevosto ritorna parlando a qualcuno al di dentro)

Prev. Bisogna ch’ei rimanga là fino a che Tuffiziale l’abbia fatto entrare; è stato già chiamato.

Duc. Non riceveste ancora alcun contrordine per la morte di Claudio?

Prev. Nessuno, signore, nessuno.

Duc. Prevosto, il giorno sta per spuntare, e avrete nuove ingiunzioni prima del mattino.

Prev. Codesto non è impossibile, ma nondimeno non credo che verrà alcun contrordine; noi non abbiamo di tali esempii. Inoltre il signor Angelo dal suo tribunale ha fatta palese al pubblico la sua fermezza. (entra il Messaggiere)

Duc. Ecco uno dei suoi domestici.

Prev. Ed è forse il perdono di Claudio che arreca.

Mess. Il mio signore vi manda questo scritto, e volle vi dicessi tk voce di non allontanarvi in nessun modo da quanto vi è notato sia pel tempo, o per l’oggetto, o per le altre circostanze. Buon giorno, perocchè credo che sia quasi giorno.

Prev. L’obbedirò. (esce il Messaggierè)

Duc. (a parte) Quella è la grazia di Claudio, comprata col delitto stesso pel quale si dovrebbe punir quegli che ne concede il perdono. Il delitto si propaga rapidamente quando nasce in seno dell’autorità: quando il vizio fa grazia, la mansuetudine si stende così lungi, che il fallo divien caro e il trasgressore è amato. — Ebbene, Prevosto, quali novelle?

Prev. Ve lo dissi, il signor Angelo, secondo ogni apparenza credendomi negligente nel mio dovere, mi eccita con quest’avviso importante, e secondo me, molto strano, perchè egli non ne aveva mai mandati di tali fino a questo dì.

Duc. Ve ne prego, leggete.

Prev. (legge) Qualunque cosa poteste udire in contrario, fate che Claudio sia giustiziato alle quattro, e Bernardino a mezzodì, per mia maggior sicurezza mandatemi la testa di Claudio a cinque ore. Pensate a far eseguire esattamente tutto ciò, che è del massimo interesse; se mancate al vostro dovere, ne risponderete colla vostra testa. — Che ne dite, signore?

Duc. Chi è questo Bernardino, che deve pure patire la sorte?

Prev. Un Boemo per nascita, ma che fu educato qui; son nove anni che è prigione. [p. 172 modifica]

Duc. Come mai non ottenne finora la sua libertà, o non subì prima d’ora la condanna della legge?

Prev. Gli amici del prigioniero si son sempre così bene adoperati per lui, che gli hanno fatto avere molte dilazioni una dopo l’altra: e poi il suo delitto infino ad ora non era stato abbastanza provato.

Duc. Ed ora lo è?

Prev. Sì, e neppur egli lo nega.

Duc. Si è dimostrato pentito in prigione? È stato molto afflitto?

Prev. È un uomo che riguarda la morte come il sonno d’un ubbriaco; senza pensieri, interamente indolente, ei non cura nè il passato, nè il presente, nè l’avvenire: insensibile è all’idea della morte, e morirà impenitente.

Duc. Egli ha bisogno di consiglio.

Prev. Non ne ascolterà alcuno: ha sempre avuta la più grande libertà in prigione: se anche gli deste i mezzi di fuggirne, non se ne prevarrebbe. È ubbriaco per tre quarti del giorno, e ubbriaco è anche per giorni interi. Noi l’abbiamo spesso vegliato, come per condurlo al patibolo, mostrandogli un ordine finto, ma egli non è restato punto commosso.

Duc. Riparleremo di lui frappoco. — Prevosto, l’onestà e la fermezza dell’animo stanno dipinte sulla tua fronte; s’io non vi leggo il tuo vero carattere, la mia antica esperienza di fisonomie m’inganna assai; ma nella fiducia che provo, vuo’ espormi a tentarne l’esperimento. Claudio, che devi far morire, non ha prevaricato contro la legge di più di quello che Angelo stesso, che l’ha condannato, abbia fatto. Per farti comprender chiaramente quello ch’io ti dico, non chieggo che quattro giorni di differimento, e devi perciò concedermi una grazia pericolosa.

Prev. Quale è essa, signore?

Duc. Aggiorna la sua morte.

Prev. Oimè! Come posso farlo, essendomi stata prefissa l’ora, e dovendo a costo della mia vita far portare la sua testa ad Angelo? Arrischierei di pormi nel caso in cui è Claudio, se mancassi anche menomamente a quello che mi è ordinato.

Duc. Io ti sarò cauzione, e il mio ordine sacro ti guarentisce. Attienti al mio consiglio: fa morir Bernardino, e mandane il capo al ministro.

Prev. Il ministro gli ha veduti tutti e due, e conoscerà l’inganno.

Duc. Ah! la morte sfigura ogni viso, e in tale sua opera puoi [p. 173 modifica]aiutarla. Radigli i capelli, e legane la barba, e di’ che fu il paziente che volle morire così: tu sai che ciò accade spesso. Se da tal opera ritrarrai altro che ringraziamenti e ricchezze, giuro pel santo che adoro qual patrono, che saprò io stesso difenderti a pericolo della mia vita.

Prev. Perdonatemi, buon padre, ma mancherei al mio giuramento.

Duc. Fu al duca o al ministro che giurasti?

Prev. Al duca, e ai suoi rappresentanti.

Duc. Crederai tu d’aver male adoprato, se il duca approva la tua condotta?

Prev. Quale possibilità ch’egli l’approvi?

Duc. Non solo possibilità, ma certezza. Nondimeno, poichè ti veggo sì timido, che nè la mia veste, nè la mia integrità, nè i miei argomenti valgono a vincerti, andrò più lungi che non volevo farlo per toglierti ogni dubbiezza. Mira, ecco il carattere e il suggello del duca; tu conosci il suo modo di scrivere, ed anche credo il suggello suo?

Prev. Entrambe cose conosco.

Duc. Questo foglio annunzia il ritorno di lui; lo leggerai con tuo agio, e vedrai che prima del termine di due giorni egli sarà qui; è una cosa che Angelo ignora, perocchè lettere di diverso tenore furono a lui dirette; lettere che forse gli annunziano la morti del suo sovrano, o la sua entrata in qualche monastero; ma nulla vi è di vero in quanto gli fu scritto. Mira, la stella del mattino chiama il pastore ai campi; non istupire, non ti confondere; ogni mistero verrà dilucidato. Chiama il carnefice e fagli mozzare la testa di Bernardino, ch’io confesserò, dandogli istruzione per un soggiorno migliore che non è questa prigione. Tu resti inerte; ma questo foglio ti farà decidere. Usciamo; è già quasi chiaro. (escono)

SCENA III.

Altra stanza della Prigione.

Entra il Clown.

Cl. Trovo qui tanti amici, quanti ne avevo nella casa del mestiere. Si direbbe che la mia comare fosse venuta ad abitar questo luogo, così grande è il numero de’ suoi clienti, in cui ad ogni istante m’imbatto. Prima di tutto v’è il giovine messer Rash, marcio fallito. Poi messer Caper, che dagli abiti di moda è [p. 174 modifica]passsato a quello di mendico. Poi il caro Dizy e il caro Deep-Vow, e monsieur Coper-Spur e monsieur Starve uom da brogli e da litigi, e il vago Drop-Hir, che ha ucciso il robusto Pudding, e monsieur Fort-Right, il pugillatore, e il valente monsieur Shoe-Tye, il giullare, e il feroce Half-Can, che ha pugnalato Pots, e credo quarant’altri; tutti gran consumatori di vino, gran protettori della nostra professione, e qui venuti per l’amor dì Dio. (entra Abhorson)

Ab. Marrano, fa venir Bernardino.

Cl. (chiamando) Messer Bernardino? Alzatevi, che dovete esser appiccato, messer Bernardino.

Ab. Bernardino, olà!

Ber. (dal di dentro) La peste alle vostre gole! Chi fa tanto strepito? Chi siete?

Cl. Vostri amici, signore; il carnefice. Bisogna che abbiate la compiacenza di alzarvi, e di lasciarvi appiccare.

Ber. (dal di dentro) Al diavolo, furfante, al diavolo; son mezzo addormentato.

Ab. Digli che bisogna che si svegli e tosto.

Cl. Di grazia, messer Bernardino, svegliatevi fino a che siate stato giustiziato, e dormite poi a vostro agio.

Ab. Vallo a prendere, e conducilo qui.

Cl. Egli viene, collega, viene; odo il fruscio della sua paglia. (entra Bernardino)

Ab. É preparato tutto, aiutante?

Cl. Tutto pronto, gran chirurgo.

Ber. Ebbene, Abhorson? Che diavolo volete?

Ab. Per verità, messere, vorrei che diceste presto le vostre orazioni, perchè l’ordine è venuto.

Ber. Ho passato tutta la notte a bere, furfante, e non posso morire ora.

Cl. Tanto meglio, signore; quegli che beve tutta la notte e che è appiccato di buon mattino, può dormir tranquillo tutto il resto del dì. (entra il Duca)

Ab. Mirate, signore, viene il vostro padre spirituale. Credevate celiassimo?

Duc. Amico, indottovi dalla carità, e sapendo che state per lasciare questo mondo, son venuto per darvi alcuni conforti, e per pregare con voi.

Ber. Frate, non mi infestare: ho bevuto tutta notte, e mi deve esser concesso più tempo per prepararmi, o converrà che mi rompano la testa come a un dannato: non voglio morir oggi. [p. 175 modifica]

Duc. Oh! mio amico, non potete esentarvene; ve ne scongiuro dunque, mirate al viaggio che state per imprendere.

Ber. Giuro che nessun uomo sopra la terra potrà convincermi che io debba morir oggi.

Duc. Udite...

Ber. Non una parola di più; se avete qualche altra cosa da dirmi, venite nella mia prigione, da cui non escirò per tutta la giornata. (esce; entra il Prevosto)

Duc. Egualmente indegno di vivere e di morire. Oh cuore dello stolto!... Voi altri, andategli dietro, e conducetelo al patibolo. (escono Ab. e il Cl.)

Prev. Come trovaste, signore, il prigioniero?

Duc. Molto mal apparecchiato: egli non è disposto a morire, e toglierlo dal mondo nello stato in cui si trova sarebbe un causare la sua eterna dannazione.

Prev. Abbiamo qui nelle prigioni un manigoldo che è morto stamane di febbre violenta, un pirata infame; egli ha l’età di Claudio, ed ha la barba e capelli dello stesso colore. Se ci astenessimo dal far morire quell’altro reprobo fino a che si fosse meglio preparato, e se per soddisfare il ministro gli mandassimo la testa di questo morto, che somiglia a Claudio anche di più, che direste?

Duc. Oh! questa è una vera provvidenza. Fatelo senza indugi; l’ora prefissa da Angelo s’avvicina; deludete il suo ordine intantochè io andrò ad esortare quel tapino perchè sì rassegni alla morte.

Prev. Vi obbedirò, buon padre. Ma bisogna che Bernardino muoia a mezzodì, e come prolungheremo noi l’esistenza di Claudio, salvandomi dai pericoli che mi minacciano, se si sapesse che egli è vivo?

Duc. Fate così, separateli. Mettete Bernardino e Claudio in carceri diverse, ma ben segrete, e prima che il sole sia stato a salutar due volte le generazioni che abitano sotto i nostri piedi, troverete la vostra sicurezza assai ben guarentita.

Prev. Mi affido in voi.

Duc. Affrettatevi, e mandate la testa ad Angelo. (il Prev. esce) Ora scriverò una lettera a questo ministro, e il Prevosto gliene recherà. Essa gli farà palese che io son vicino a’ miei dominii, e che per motivi importantissimi son costretto a fare il mio ritorno con gran pubblicità; gli soggiungerò di venirmi incontro al fonte sacro, a una lega di distanza. Riuniti poi tratteremo Angelo con molta circospezione, e svolgeremo le pieghe più recondite del suo cuore. (rientra il Prevosto)

Prev. Ecco la testa; vado io stesso a portarla. [p. 176 modifica]

Duc. A meraviglia; affrettatevi e ritornate presto, perchè avrei da comunicarvi segreti che non debbono essere confidati che a voi.

Prev. Userò ogni maggior diligenza. (esce)

Is. (dal di dentro) La pace sia in questi luoghi! Olà qualcuno!

Duc. La voce d’Isabella. Ella verrà per sapere se la grazia di suo fratello è stata spedita; ma vuo’ lasciarle ignorare la sua felicità per offrirle poi le consolazioni del Cielo, quand’ella le aspetterà meno. (entra Isabella)

Is. Con vostra licenza...

Duc. Buon giorno, bella e virtuosa fanciulla.

Is. Tanto più buono, quanto che mi è così augurato da un sant’uomo. Mio fratello è alfine salvo?

Duc. Egli è stato sprigionato da questo mondo, Isabella; la sua testa è caduta e fu mandata ad Angelo.

Is. Oh! ciò è impossibile.

Duc. Io vi parlo il vero, mostratevi ragionevole, figliuola, e siate paziente.

Is. Correrò a strappar gli occhi a quel vile ministro.

Duc. Non trovereste accesso da lui.

Is. Infelice Claudio! Sventurata Isabella! Odioso mondo! Dannato Angelo!

Duc. Codeste imprecazioni non gli fanno alcun male, e a voi non giovano; astenetevene e rimettete al Cielo le vostre vendette. Badate a quel che vi dico, e che vedrete avverarsi. Il duca ritorna dimani. Asciugate le vostre lagrime; un padre del nostro convento, suo confessore, mi disse questa novella, che ha partecipato ad Escalo e ad Angelo; essi gli andranno incontro, per riporre nelle sue mani i loro poteri. Se voi lo potete, date alla vostra prudenza il corso salutare, ch’io desidero per vostro bene ella prenda, e otterrete il favore del duca, la vendetta a cui agognate, e una stima generale.

Is. Mi lascierò guidare da voi.

Duc. Recate allora questa lettera a frate Pietro; è la lettera con cui m’istruisce del ritorno del nostro principe: ditegli, garantendolo con questo pegno, ch’io desidero ch’egli venga a trovarmi questa sera nella casa di Marianna: lo istruirò della di lei situazione e della vostra, ed egli vi presenterà al duca, accuserà Angelo, e lo confonderà. Quanto a me, povero frate, io sono stretto da un sacro voto, e dovrò assentarmi. Andate, e raffrenate quei pianti che sgorgano dai vostri occhi. Non crediate mai più ad alcuno del mio sant’ordine, s’io vi distolgo dalla retta via. — Chi si avanza? (entra Lucio) [p. 177 modifica]

Luc. Buon dì! Frate, dov’è il Prevosto?

Duc. Non nella prigione.

Luc. Oh graziosa Isabella! il mio cuore geme al vedere i tuoi occhi così rossi: bisogna che tu abbia pazienza; di qui innanzi io pure cenerò a pane ed acqua, perchè temerei d’esporre la mia testa al patibolo, ove mi riempissi lo stomaco. Però si dice che il duca sarà qui dimani. Sull’onor mio, Isabella, io amavo tuo fratello. Se il buon duca, che è gioviale e valoroso, e a cui piacciono le prodezze siano di guerra o d’amore, fosse stato nel suo regno, egli vivrebbe ancora. (Is. esce)

Duc. Signore, il duca non vi deve essere obbligato, per le parole che usate parlando di lui: quello che v’è di bene, è che il suo carattere non rimane alterato dai vostri propositi.

Luc. Frate, tu non conosci il duca come io. Egli è un cacciatore migliore che non credi.

Duc. Bene; di tutto ciò risponderete un giorno. Addio.

Luc. No, aspetta: vuo’ accompagnarti: ti darò belle nuove del duca.

Duc. Troppe anche me ne avete dette di lui, signore, se parlato avete il vero; se poi mentiste, non potreste più con alcun discorso giustificarvi.

Luc. Comparvi dinanzi a lui una volta, per avere incinta una fanciulla.

Duc. Faceste tal cosa?

Luc. Sì, in verità; ma giurai di no, altrimenti mi avrebbero costretto a sposarla.

Duc. Signore, la vostra compagnia è più piacevole che onesta: restatevi in pace.

Luc. In fede, verrò con voi fino al termine della via; se una celia vi offende starem sul grave. Io, frate, sono come il vischio: attaccatomi una volta, non mi stacco più. (escono)

SCENA IV.

Una stanza nella casa di Angelo.

Entrano Angelo e Escalo.

Esc. Ogni lettera ch’egli scrive smentisce la lettera antecedente.

Ang. Nel modo più contraddittorio e più bizzarro. Le sue azioni lo farebbero creder tocco da follia; preghiamo il Cielo che la sua saviezza non sia alterata! E perchè dovremo andargli incontro fuori della città, e là rimettergli i nostri poteri? [p. 178 modifica]

Esc. Non saprei imaginarlo.

Ang. E perchè vuole che facciamo pubblicare un’ora prima della sua entrata che, se qualcuno chiede riparazione di qualche ingiuria, faccia le sue lagnanze e le sue dimande per strada?

Esc. In ciò si mostra giudizioso e sennato; è per dar termine ad ogni cruccio, e liberarne per sempre dall’invidia che, passato questo giorno, non avrà più presa sopra di noL Ang. A meraviglia. Vi prego di fer pubblicare dunque quest’avviso, e dimani di buon mattino verrò a casa vostra. Fate avvertire le personeche debbono andargli incontro.

Esc. Così farò, signore: addio.

Ang. Buona notte. — (Esc. esce) L’opera che ho commessa mi rende tutto diverso da me medesimo, e mi fa inetto ad ogni negozio. Una vergine ingannata, e ingannata da un uomo insignito di un alto ufficio, che ha trasgredita la legge bandita contro quel delitto! Se non fosse che il suo tenero pudore non oserà querelarsi per la perdita della sua verginità, oh come ella potrebbe accusarmi! Ma la ragione le darà ardire. No: perocchè la mia autorità è di una forza e di un credito troppo solido per poter essere offuscata da un’accusa; col suo solo pondo essa soffocherà la voce dell’accusatrice. — L’avrei lasciato vivere, se non fosse stato il timore che la sua focosa giovinezza, serbando un pericoloso risentimento, non avesse potuto nell’avvenire cercare di vendicarsi, per avere ricevuta una vita disonorata da un riscatto, così vergognoso: e nondimeno piacesse al Cielo ch’egli vìvesse ancora! Oimè! Allorchè abbiamo perduta una volta la nostra innocenza, tutto è turbato, e non sappiamo più cosa desiderare. (esce)

SCENA V.

Campagna in vicinanza della città.

Entra il Duca sotto i suoi veri abiti e frate Pietro.

Duc. Consegnatemi queste lettere in tempo debito. (dandogli alcune lettere) Il prevosto è istrutto d’ogni cosa, e la bisogna una volta cominciata, seguite bene le vostre istruzioni, e tendete costantemente al nostro scopo, da cui pare ora che vogliate ad ogni momento allontanarvi. Andate a chiamar Flavio, e ditegli dove sono; istruitene egualmente Valentino, Rolando e Crasso, fate che mandino trombe alle porte della città. Ma inviatemi Flavio per primo. [p. 179 modifica]

Piet. È ciò che farò. (esce; entra Varrio)

Duc. Ti ringrazio, Varrio; fosti sollecito. Vieni, passeggieremo aspettando gli altri amici che non tarderanno a raggiungerne. (escono)

SCENA VI.

Strada in vicinanza della porta della città.

Entrano Isabella e Marianna.

Is. Parlare con tante ambagi mi ripugna, vorrei dire la verità; ma toccherebbe a voi l’accusarlo apertamente. Nondimeno fui consigliata io a farlo: egli dice che ciò riescirà meglio.

Mar. Lasciamoci guidare da lui.

Is. Mi dice ancora, che se a caso parla contro di me in favore dell’altra parte, non lo trovi strano; è un rimedio, soggiunge, di cui l’amaro finirà col dolce.

Mar. Vorrei che frate Pietro...

Is. Eccolo che viene. (entra frate Pietro)

Piet. Andiamo, ho trovato un posto assai buono per voi in cui starete, e da cui il duca non potrà passare senza che lo veggiate: le trombe squillarono già due volte. I più nobili e i più egregii cittadini sono alle porte, e il duca non tarderà ad entrare, venite dunque, andiamo. (escono)