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ATTO QUARTO | 169 |
SCENA II.
Una stanza nella Prigione.
Entrano il Prevosto e il Clown.
Prev. Vien qua, furfante: sai tu tagliare il capo ad un uomo?
Cl. Se è celibe lo potrò fare, ma se è ammogliato è capo della sua sposa, e non potrei tagliare un capo di donna.
Prev. Lascia là le tue ciancie e rispondimi direttamente; dimani mattina Claudio e Bernardino debbono essere giustiziati. Il nostro carnefice della prigione ha bisogno di un aiutante: se vuoi secondarlo, sarai riscattato dai tuoi ferri, se no, sconterai tutto il tuo tempo in prigione, e non ne uscirai che dopo essere stato spietatamente bastonato, perchè fosti un infame mezzano di libidini.
Cl. Signore, è vero, fui da tempo immemoriale un mezzano illegittimo, e godo di divenire un legittimo carnefice. Sarei contento però di aver prima una qualche lezione dal mio collega.
Prev. Olà, Abhorson! Dove è Abhorson? (entra Abhorson)
Ab. Chiamate, signore?
Prev. Eccovi un uomo che vi aiuterà nelle esecuzioni di dimani. Se lo giudicate conveniente intendetevela con lui ad annate, e ch’ei rimanga qui nel carcere; se no, valetevi della sua opera in questa circostanza, e accomiatatelo poscia: ei non dovrebbe esser molto difficile per la paga, se si contentò di quelle di mezzano.
Ab. Foste mezzano? Vergogna, disonorerete la nostra arte.
Prev. Ite; state bene insieme; una penna farebbe piegare fra di voi la bilancia. (esce)
Cl. Ve ne prego, signore, con vostra licenza, voi chiamate un’arte la vostra?
Ab. Sì certo, un’arte.
Cl. La pittura, da quanto ho udito dire, è pure un’arte, e le prostitute poste sotto la mia protezione, facendo uso della pittura nell’imbellettarsi, provano che la mia occupazione era del pari un’arte: ma quale arte vi possa essere nell’appiccare, è ciò che, dovessi io essere appiccato, non potrei mai comprendere.
Ab. Eppure è un’arte.
Cl. La prova.
Ab. La spoglia d’ogni onest’uomo si addice al ladro; se ella rassembra al ladro troppo povera, l’onest’uomo la crede abba-