L'avaro fastoso/Atto V

Atto V

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Carlo Goldoni - L’avaro fastoso (1776)
Traduzione dal francese di Carlo Goldoni (1776)
Atto V
Atto IV Nota storica
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ATTO QUINTO1

SCENA PRIMA.

Il Conte e Frontino.

Conte. Presto, Frontino, finisci di mettere le candele, ed accendi per tutto. Fa che tutto sia illuminato.

Frontino. Ma, signore. Io son solo.

Conte. La tua abilità ti fa valere per quattro.

Frontino. (A parte) Obbligato del complimento, (finisce di mettere le candele nelle lumiere laterali.

Conte. Spiacemi non aver ritrovato in casa questa seconda volta la marchesina e sua zia. Ma verranno a cenar meco, io mi lusingo.... Frontino, prima di accendere, chiudi bene tutte le finestre e tutte le porte.

Frontino. Non mi pare che faccia freddo.

Conte. Non importa. Chiudi bene per tutto.

Frontino. (A parte) (Egli ha delle idee singolari). (va a chiudere per tutto

Conte. Sono oggi di una gioia, di una contentezza inesplicabile. Gran cena, grande illuminazione. Ma avrò almeno delle persone che conoscono, che hanno del merito, e che mi renderanno giustizia. Spendo, è vero, e la spesa sarà un poco forte: ma se la spesa è fatta a tempo, se è fatta a proposito, si può sopportare per una volta, (a Frontino) Se qualcheduno domanda di me, sarò nell’appartamento col signor marchese. (da sè) Concludiamo prima col padre, poi sarà la cosa men difficile colla figliuola. (parte, ed entra nell’appartamento

SCENA II.

Frontino, poi Fiorillo dall’appartamento.

Frontino. Ahi! Fiorillo.

Fiorillo. Amico, eccomi. [p. 428 modifica]


Frontino. (Gli dà una canna, a cui è attaccato un pezzo di cerino per accendere le candele di cera) Tieni, aiutami ad accendere le candele.

Fiorillo. Volentieri, (tutti due cominciano ad accendere, e parlando nel medesimo tempo.)

Frontino. (A Fiorillo che comincia ad accendere il gran lampadario di mezzo) Fa pian piano. Abbi attenzione alle candele. Non sono che pezzi vecchi, attaccati su de’ bastoni dipinti.

Fiorillo. Sì, farò piano, non dubitare. Ma, Frontino mio, spero che tu mi darai da cena questa sera.

Frontino. Vedremo, se avanzerà qualche cosa, I piatti sono grandi, ma il di dentro non è forte.

Fiorillo. Avremo una bottiglia almeno.

Frontino. Diancine! s’io osassi prendere una bottiglia, me la farebbe scontare col mio salario.

Fiorillo. Ma in una cena di tante persone, come può egli accorgersi, se manca una bottiglia di vino?

Frontino. Come potrebbe accorgersi? Egli ha in saccoccia un certo numero di pallottole di carta: le tira fuori ad una ad una, a misura che bevono, e al fine della tavola, sa quante bottiglie si son bevute.

Fiorillo. Che il diavolo...2

Frontino. (Vedendo venire il suo padrone) Zitto, zitto.

SCENA III3.

Il Conte e detti.

Conte. (Da sé, e adirato) (Poteva io aspettarmi un simile trattamento? Poteva egli dirmi, in pochi accenti, impertinenze maggiori? Poteva usarmi maggior disprezzo? Sua figlia non è per me: non verrà a cenar meco; e poi ridermi in faccia! E poi burlarsi di me! Sciocco! imbecille! Non sa parlar che di biada, e replica cento volte la biada), (a Fiorillo seriosamente, con isdegno) Il vostro padrone avrà bisogno di voi. Andate.

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Fiorillo. Signore, ho avuto l’onor di aiutare il mio camerata.

Conte. (Con più di collera) Abbiate la compiacenza di andarvene. (Fiorillo parte)

SCENA IV4.

Il Conte e Frontino.

Frontino. (Fa cattivo tempo. Vedo de’ nuvolotti in aria), (a parte

Conte. (Da sè) (Ma quale sciocchezza è la mia! Qual debolezza aveva io concepita! Il danaro vai molto più di tutte queste antichità rovinate. Sì, sì; la sposerò questa bellezza ritrosa: la sposerò, suo malgrado, malgrado quelli che non vorrebbero, e malgrado me stesso. Ma non più attenzioni, non più riguardi, non più compiacenze per chi che sia), (a Frontino) Smorza tutte queste lumiere.

Frontino. Ch’io le smorzi, signore?

Conte. Sì, assolutamente. Spicciati.

Frontino. Oh! la bella cosa! (prende lo spegnitoio e comincia a smorzare

Conte. (A parte) (M’ingannano... mi deridono.... veggiamo madama Araminta...) (a Frontino) Finirai tu una volta? (spegne egli stesso col suo cappello qualche candela.

Frontino. E la cena, signore? Tutto è pronto per metter in tavola.

Conte, Quanti piatti ci sono?

Frontino. Io ho impiegato tutta l’argenteria, come mi avete ordinato. Vi saranno, tra forti e deboli, ma più deboli che forti, vi saranno quaranta piatti.

Conte. (Spegnendo una candela) Serviranno per quaranta giorni.

Frontino. Ma, signore...

Conte. Finiamola, chiaccherone 5finiamola, (egli smorza l'ultima candela, e restano all’oscuro.

Frontino. Ecco finito. Siamo restati all’oscuro.

Conte. Perchè hai tu spento l’ultima candela? [p. 430 modifica]


Frontino. Non credo essere stato io, signore...

Conte. Vammi a cercar un lume.

Frontino. Sì, signore. Come farò a trovar la porta?

Conte. Aspetta, aspetta. Sento gente.

SCENA V6.

Fiorillo e detti.

Fiorillo. Che cos’è questa novità? Hanno spento i lumi sarebbe possibile che non si cenasse più questa sera? Se potessi veder Frontino! ma con questa oscurità non so dove mi vada.

Frontino. (Credo che sia Fiorillo). (piano al Conte)

Conte. (Piano a Frontino, tenendolo per il braccio) Resta qui e parlagli come se io non ci fossi (a parte) (Se potessi scoprire...)

Fiorillo. Chi è là? (urtando accidentalmente Frontino)

Frontino. Sono io, Fiorillo.

Fiorillo. Sei tu. Frontino? Perchè hai tu spento i lumi?

Frontino. Perchè... perchè era ancor troppo presto.

Fiorillo. Per bacco! si vede bene che tu servi un avaro.

Frontino. Come, birbante che sei, il mio padrone un avaro? (vorrebbe andarsene, e il Conte lo ritiene

Fiorillo. Io lo giudico tale per tutto quel che m’hai detto.

Conte. Ah! lo scellerato! (a parte, scuotendo con collera Frontino

Frontino. Tu menti. Io non son capace... (a Fiorillo

Fiorillo. Taci, taci, non ti riscaldar per ciò. Ascolta. Ho immaginato la maniera di far sparire una bottiglia, malgrado le pallottole di carta.

Frontino. Tu sei un furbo; e non so quello che tu voglia dire.

Fiorillo. Ma io non ti riconosco più, il mio caro Frontino. Tu sei cambiato da un momento all’altro. Tu parli ora come se il tuo padrone fosse presente.

Frontino. Io parlo come ho sempre parlato. Io amo il mio padrone, e lo venero, e lo rispetto, ed è un cavaliere generoso. [p. 431 modifica]


Conte. (Ah, l'indegno!) (scuotendo forte Frontino)

Fiorillo. E tutto quello che mi hai contato dell’avarizia del tuo padrone?

Conte. (Ah, lo scellerato!) (Io scuote ancora più forte, e lo fa cadere

Fiorillo. Che cos’è questo? Che cosa hai fatto? Dove sei, Frontino?

Conte. (Va tentone, trova la porta, e parte.

SCENA VI7.

Frontino, Fiorillo, poi il Conte.

Frontino. Che il diavolo ti porti! Signore, (si leva e cerca il padrone

Fiorillo. A chi parli, Frontino?

Frontino. Ah! signore. (cercando8 il padrone

Fiorillo. Amico, hai tu bevuto un poco?

Frontino. Ah! eccolo qui. Mi aspetto una tempesta sul dosso. (vedendo alla scena venire un lume

Conte. (Con in mano un candeliere acceso; a parte) (Traditore! ingrato!) (a Frontino, dissimulando) Ascolta.

Frontino. Signore.... (timoroso

Conte. (A parte, d’un tuono minacciante) (S’ei fosse solo!...) (a Frontino) Va da madama Araminta. Dille ch’io andrò da lei, se vuole, o che la prego discendere nel mio gabinetto.

Frontino. Sì, signore, (a parte) (Eh! non mi fido di questa tranquillità), (al Conte) Non crediate, signor padrone...

Conte. Va ad eseguire la commissione. (con isdegno

Frontino. (A parte) L’ho detto, l’ho detto. Signor Frontino, preparate il vostro baule. (parte

SCENA VII9

Il Conte e Fiorillo.

Fiorillo. Signore, voi avete un servitore che vi è bene attaccato.

Conte. Voi non lo conoscete, amico. Egli è un ingrato, per cui [p. 432 modifica]


ho gettato invano tutte le beneficenze di cui l'ho colmato. Egli è un mentitore di professione. L’ho scoperto. Gli ho dato il suo congedo, ed ei, per vendicarsi, sparla di me, ardisce di screditarmi, (va per partire collo stesso lume con cui è venuto).

Fiorillo. Signore, vi domando perdono: non vi è lume ancora nell’appartamento. Se volesse permettere.... (prendendo un altro candeliere che trova sopra una tavola.)

Conte. Volentieri. Non so perchè i lumi ch’erano accesi, sieno ora estinti, (dando il candeliere a Fiorillo, perchè accenda l'altra candela)

Fiorillo. Perchè Frontino è un giovine attento, e sa quel che convien al buon ordine della casa, (rende il candeliere al Conte,) e tiene il suo in mano.

Conte. (A parte) (Frontino è un indegno. Dovrei cacciarlo al diavolo: ma dove trovarne un altro a sì buon mercato?) (parte ed entra nel suo gabinetto

SCENA VIII10.

Fiorillo, poi il Marchese.

Fiorillo. E bene qualche volta essere ardito. Come avrei fatto senza lume a ritrovar l’uscita?

Marchese. (Da sè) Son curioso di sapere... (a Fiorillo) Non m’hai tu detto?... Digli che discenda!

Fiorillo. Chi, signore?

Marchese. Mio figlio.

Fiorillo. Vado subito, (a parte) (Qualche volta faccio fatica anch’io a capirlo). (al Marchese) Aspettate, signore, se non volete restarvi all’oscuro. (accende un altro lume

Marchese. Anche questo. Io amo... bene, bene, benissimo, veder chiaro. (allumando un terzo candeliere

Fiorillo. Qualcheduno potrebbe venir a spegnerlo. (sorridendo [p. 433 modifica]


Marchese. Oh!... chi?

Fiorillo. (Ridendo) L’ illustrissimo signor conte. (parte

SCENA IX11.

Il Marchese, poi madama Araminta.

Marchese. È vero, è vero... Senza un grano di biada!

Araminta. Sì, sì, andrò nel suo gabinetto... (parlando verso la scena per dove viene) Oh! riverisco il signor marchese.

Marchese. Servitore. Come va?... Si sta bene?

Araminta. A’ vostri comandi. E voi, signore?

Marchese. Io... bene, bene, benissimo... desiderava per l’appunto... mio figlio vi avrà parlato.

Araminta. Vostro figlio, madama Dorimene, la mia figliuola, non hanno fatto che stordirmi, che tormentarmi..... sono sì stanca che non ne posso più.

Marchese. Voi dite dunque, madama... ma... voi mi conoscete... io non ho... egli è vero, ma... i miei beni, le mie terre.... il bosco, marchesato, Sette fontane, Contea costa, bassa Contea, campo, verde, baronia12... bene, bene, benissimo... due milioni, madama.

Araminta. A che servono i vostri milioni? Il povero mio marito con niente ha fatto de’ milioni, e voi con de’ milioni non avete niente. Il punto è che mio marito non perdeva di vista i propri interessi, ed aveva una moglie che sapeva dirigere l’interno della famiglia. Ma voi, signor marchese, sia detto fra di noi, tutto è in disordine in casa vostra.

Marchese. È vero che la marchesa, buona memoria.... era un poco troppo portata... e la povera donna sempre perdeva. Io... non ho altro piacere... ho questa passione... ho de’ bravi cani... ho delle caccie superbe... ma... mio figlio! bene, bene, benissimo.... oh! mio figlio è un ragazzo che... un giorno, un giorno... i nostri feudi, le nostre terre. [p. 434 modifica]


Araminta. Eh! se i beni vostri, se le vostre terre fossero nelle mie mani, questo giorno non tarderebbe lungo tempo a arrivare.

Marchese. Bene, bene, benissimo... prendete... fate... io vi abbandono.... oh! di buon cuore.

Araminta. Credete voi, signor marchese, che una donna della mia sorte sia fatta per essere l’agente di un particolare? (con un poco di alterezza)

Marchese. No... non dico questo... voi siete ancora.... ed io.... non sono sì vecchio che... mi capite.

Araminta. Voi scherzate, signor marchese.

Marchese. Io?... oh! quando dico... bene, bene, benissimo.

Araminta. Non ho alcuna idea di maritarmi, ma se mai dovessi far la corbelleria, io non fo caso de’ titoli, ma de’ fondi e de’ capitali.

Marchese. Tutto, tutto.... se voi voleste.... non ci sarebbe che voi... padrona di tutto... Carta bianca, madama, carta bianca, bene, bene, benissimo. Carta bianca.

Araminta. Carta bianca?

Marchese. Assoluta.

SCENA X.

Il Cavaliere13 ed i suddetti.

Cavaliere. Eccomi a’ vostri cenni. (al Marchese)

Marchese. Voi vedete, madama.... è il mio unico.... è il più buon figliuolo... (ad Araminta)

Araminta. Lo conosco, signore, ed ho per lui quella stima ch’ei merita.

Cavaliere. Ah! qual bontà, signore! Voi sareste sorpreso quando saprete di quante grazie, di quante beneficenze il di lei cuor generoso mi ha recentemente colmato. (al Marchese

Marchese. Tutto è fatto?... Eleonora... ella è tua? (con gioia [p. 435 modifica]


Araminta. Mia figlia, signore? l'ho detto e lo ridico. Io l’amo teneramente, e non voglio porre all’azzardo il suo destino, i suoi beni e la sua tranquillità.

Marchese. (Ad Araminta) Ma... (al Cavaliere pateticamente) udite, mio figlio... noi siamo in uno stato... bene, bene, benissimo... che, per dire la verità... non vi sarebbe che madama che ci potrebbe per me... Eccomi qui il mio cuore, la mia mano, carta bianca.

Cavaliere. Ah! padre amatissimo, sono pronto anch’io a sotto scriverla... mi sottometterò volentieri agli ordini suoi, alla sua volontà, alla sua direzione, (volgendosi verso la scena) Venite, Eleonora, venite. Superate il vostro timore. Venite ad unire le vostre preghiere alle nostre, e procurate d’ intenerire il cuor d’una madre, che non è difficile che per troppa delicatezza14.

SCENA XI15.

Eleonora ed ì suddetti. Madama Dorimene resta in disparte.

Eleonora. (Gettandosi a’ piedi di sua madre) Ah! madre mia amorosissima, voi conoscete il mio cuore. Sapete quanto ho sempremai rispettato gli ordini vostri, la vostra volontà, il mio dovere. Voi m’avete scelto uno sposo: ma una forza invincibile m’impedisce di amarlo. Una inclinazione innocente si è impossessata dell’animo mio. Avrei dovuto dirvelo prima, ma il timore, il rispetto mi hanno finor ritenuta, e non ostante la violenza dell’amor mio, mi era quasi determinata a tutto sacrificare ad una rispettosa obbedienza. Deh! per quell’amore che mi avete sempre portato, per quel tenero attaccamento con cui mi avete allevata, deh! non mi forzate a formare un nodo che io detesto, e che mi renderebbe la più infelice, la più disperata donna del mondo.

Araminta. (A parte) (Povera figlia!.... sento che mi penetra il cuore). [p. 436 modifica]


Marchese. (Singhiozzando, ed asciugandosi gli occhi) Davvero... che... bene, bene, benissimo.

Araminta. (Ad Eleonora) Ebbene.... Vi contenterò, ma ad una condizione. Questa carta bianca, signor marchese...

Marchese. (Ad Araminta presentandole la mano) Sì, e se volete.... L’accettate voi?...

Araminta. La vostra mano?

Eleonora. Ah! mia madre, la vostra presenza, la vostra cura, la bontà vostra formeranno la nostra16 felicità.

Cavaliere. Ah! sì, madama, gli ordini vostri saran rispettati; i vostri consigli ed il vostro esempio saranno le regole della nostra condotta, saranno per noi continuamente lezioni di virtù, stimoli di riconoscenza.

Araminta. (parte, con passione) Ah! mia figlia! ah! mia figlia!

Marchese. (Con la mano sempre in aria, e con tenerezza) Madama...

Araminta. (Con giovialità) Ebbene, signor marchese... Sì, vi consento, (gli dà la mano

Marchese. (Con gioia) ed io... bene, bene, benissimo.

Dorimene. (Avanzandosi) Udite, udite, di grazia, signori miei, nulla ho detto finora per l’interesse ch’io prendo per la felicità di madamigella Eleonora. Ma riflettete che la ragione e la convenienza non vi permettono di terminar quest’affare senza la partecipazione di mio fratello.

Eleonora. (A Dorimene) Oh! cielo, che dite voi, signora?

Araminta.(A Dorimene) Egli avrebbe avuto mia figlia, se non fosse così fastoso.

Marchese. Gli avrei dato la mia, se non fosse un avaro17

Eleonora. (Guardando alla scena, e tremando) Ah! mia madre: eccolo.

Marchese. Non temete... Lasciate... gli parlerò io. Sì, io.... Chiaro, chiarissimo, bene, bene, benissimo, parlerò io. [p. 437 modifica]


SCENA XII18.

Il Conte ed i suddetti, poi Frontino.

Conte. (A parte) Eccoli qui per l’appunto. Convien finirla, è forza determinarsi, (ad Araminta) Vi aveva fatta pregare, madama....

Araminta. Io era incamminata verso di voi. Ho qui incontrato il signor marchese....

Marchese. (Al Conte) Sì, signor conte... vi dirò...

Conte. Perdonate, signor marchese. Presentemente ho qualche affare con madama Araminta. (ad Araminta) Signora, il notaro non tarderà a qui venire, e noi sottoscriveremo il contratto.

Araminta. Come! voi persistete ancora nelle pretensioni sopra mia figlia? Non ci avete voi rinunziato?

Conte, No, signora. Il progetto di cui vi veggio istruita, e di cui mia sorella probabilmente vi avrà fatto parte, era concepito con delle condizioni onorevoli per voi, e per me: ma il signor marchese disapprova...

Marchese. (Al Conte) Ma... ascoltatemi... voi m’avete domandato... Sì, avrei anche.... perchè no? Ma.... fatemi grazia bene, bene, benissimo, non andate in collera... centomila lire di diamanti, e neanche un grano di biada?

Conte. Ma che vuol dire questa biada che voi non cessate rimproverarmi? Chi può comprendere quel che volete dire? Signore mie, vi comprendete voi qualche cosa?

Dorimene. (Piano al Conte) Ah! fratello mio, il vostro cocchiere avrà rifiutato, può essere...

Conte. (Al Marchese) Come! hanno negato forse il nutrimento a’ vostri cavalli? Sarò io responsabile della indiscretezza de’ miei cocchieri? Passerò per questo per un avaro? Io un avaro! (a parte) (Ah! i miei servitori han parlato. La mia riputazione è in pericolo). [p. 438 modifica]


Frontino. (Al Conte) Signore, vi è molta gente nell’anticamera che domanda d’entrare.

Conte. (A parte) Saranno i convitati alla cena: ecco il momento favorevole per sostener l’onor mio. (a Frontino) Evvi fra questa gente il notaro?

Frontino. Sì, signore.

Conte. (A Frontino) Venga il notaro. Fa passar gli altri nel salone del giuoco. Fa che tutto sia illuminato, e che la cena sia pronta. (Frontino parte

Marchese. Bene, bene, benissimo.

SCENA ULTIMA.

Il Notaro, il signor Giacinto, il Giojelliere ed i suddetti, poi Frontino.

Conte. (Al Notaro) Signore, voi siete pregato di leggere e di rogare il contratto (scoprendo il signor Giacinto) Come, signore, voi avete dunque indovinato che madamigella si porta bene, e che la cena deve aver luogo?

Giacinto. Non, signore, non è per questo. Ma come non posso lusingarmi di far imprimere la mia commedia, vengo ad avvertirvi che una compagnia di persone curiose mi ha domandato la vostra genealogia, con idea di pubblicarla con delle note e delle osservazioni essenziali.

Conte. (A parte e con dispetto) Ah! comprendo l’insulto, (al signor Giacinto dissimulando) Avete con voi lo scritto che mi riguarda?

Giacinto. Sì, signore: eccolo.

Conte. (Prendendo lo scritto, e procurando nasconderlo ad ognuno) Signore... Io ho sempre stimati i talenti... Li ho sempre incoraggati e ricompensati... (a parte) Lo sdegno mi divora, (a Giacinto) Ecco venticinque luigi ch’io vi regalo, e che non ne sia più parlato. (straccia il foglio. Giacinto parte contento)

Araminta. (A parte) (Oh, che uomo! Oh! come avrebbe fatto saltare i centomila scudi di mia figlia!) [p. 439 modifica]


Conte. (Al Notaro) Veggiamo dunque il contratto... (al Giojelliere che si presenta, e lo saluta) Voi qui? Come? Perchè?

Giojelliere. Signore, vi domando perdono.

Conte. Non vi aveva io detto di ritornare alla fine della settimana? (tirandolo in disparte)

Giojelliere. È verissimo. Ma avendo penetrato che questa sera si faceva da voi la cerimonia del rogito, prendo la libertà di dirvi che se le mie gioje sono poste in opera...

Conte. (A parte) Oh! per costui, non farò la pazzia certamente. (tira con dispetto il Giojelliere a parte, e gli dà lo scrignetto segretamente) Tenete, i vostri diamanti non mi convengono: portateli con voi e lasciatemi in pace. (Il Giojelliere esamina lo scrignetto e parte

Frontino. (Al Conte) Signore, la cena è pronta. Volete ch’io metta in tavola?

Conte. Aspetta: te lo dirò. Accostatevi, signor notaro. (ad Araminta) Madama, sentiamo la lettura del contratto nuziale, e se va bene, noi sottoscriveremo.

Araminta. (Al Conte) Signore, quando io era vedova, poteva disporre da me medesima, senza l’altrui consiglio; ma or ch’io sono rimaritata...

Conte. Voi siete rimaritata? Con chi, madama?

Marchese. Bene, bene, benissimo... Sì, signore, con me.

Conte. (A parte) Che colpo per me terribile è questo! se gli fa donazione, la speranza dell’eredità è perduta, (ad Araminta) E madamigella Eleonora?

Araminta. Amo troppo mia figlia per potermi allontanare da lei senza pena e senza rammarico, e contando sulla vostra rinunziazione, io l'ho destinata...

Marchese. Bene, bene, benissimo... al cavaliere mio figlio.

Conte. (Piano e sdegnoso a Dorimene) (Ah! sorella mia, mi deridono. È un’azione indegna!)

Dorimene. (Piano al Conte) (Ah! fratello, non ve l’ho detto? Avete voluto persistere... ma, badate bene. La casa è piena di gente... abbiate prudenza... non precipitate la vostra riputazione). [p. 440 modifica]


Conte. (A parte) (Sì, sì, è vero, convien soffrire, convien morir di dispetto, ma conviene dissimulare). Olà! che tutti entrino, (si apre la porta nel fondo della scena, e vedesi la folla de’ convitati) Venite, signori miei, venite ad assistere alla sottoscrizione di un contratto di nozze. Il cavaliere del Bosco sposa madamigella che voi vedete, (a parte) (Fremo di sdegno, non posso più). E son io che ha l’onore19 di contribuire... a questa pompa... a questa pompa nuziale, (a parte) (La rabbia mi divora). Passiamo tutti nella mia biblioteca fintanto che si prepara la cena.

Araminta. E viva il fasto!

Marchese. E crepi l’avarizia!

Fine della Commedia.

  1. L’autore portò a quest’atto profonde modificazioni. Si veda l’originale francese.
  2. In qualche esemplare dell’ed. Zatta: Che diavolo...
  3. Sc. 5 dell’originale.
  4. Scena 6 dell’originale.
  5. Così nel testo.
  6. Scena 7 dell’originale.
  7. Manca nell’originale.
  8. In qualche esemplare dell’ed. Zatta: cerca.
  9. Manca nell'originale.
  10. Corrisponde alla scena 9, ma tutta diversa.
  11. Corrisponde con molte varianti alla scena 10 dell’originale.
  12. Così il testo. Si veda scena 10, atto V dell’originale francese, a pag. 366.
  13. Testo: Cavalier.
  14. Queste parole del Cavaliere corrispondono alla scena 11 dell’originale.
  15. Scena 12 dell’originale.
  16. Nei testo dello Zatta si legge vostra.
  17. Vedasi la fine della commedia nell'originale francese, pag. 369.
  18. Questa scena e la seguente corrisponderebbero all’ultima dell’originale, ma l’autore modificò in parte lo svolgimento finale e rifece tutto il dialogo.
  19. Così nel testo